Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 26 maggio 2011
Berlusconi si sfoga con Obama: "Abbiamo una dittatura di giudici di sinistra".
Scilipoti, prove di resistenza all'insulto.
Riprese David Perluigi, montaggio Paolo Dimalio
Siete senza cervello (Berlusconi soverchia). - di Andrea Scanzi
E’ stata una puntata straordinaria. Se ne faccia una breve, ma seria esegesi.
- “Queste sono elezioni particolarissime in cui influisce la personalità del candidato”.
Subito una frase importante. In queste elezioni influiva la personalità del candidato. Nelle altre, invece, l’aspetto determinante era se il lapis fosse temperato.
- “Manes Bernardini a Bologna non aveva nessuna possibilità, ma è stato scelto dalla Lega. E’ stata una concessione fatta a un alleato, perché per essere alleati ogni tanto qualche concessione bisogna farla”.
- Fine mossa strategica. La Lega, e Radio Padania Libera, non ne possono più di fare da zerbino al Sire, e lui gli attribuisce le colpe della sconfitta. Neanche Von Clausewitz era così arguto.
- “I magistrati mi hanno gettato addosso discredito, fango, angoscia, problemi con i familiari”.
Oddio, sui problemi con i familiari mi pare che Berlusconi se la cavi già bene da solo.
- “C’è un blocco mediatico della sinistra, un blocco mediatico terrificante: Corriere della Sera, Sky, La7 e le trasmissioni Rai pagate con i soldi di tutti che stanno con la sinistra”.
Qui ha ragione. E’ ora di finirla con queste inchieste puntute di RaiUno, RaiDue, Rete4, Canale5, Italia1, Libero, Il Giornale, Il Foglio, Il Tempo, Tempi (eh?), Chi. E soprattutto basta con gli editoriali bolscevichi di Antonio Polito e Massimo Franco.
- “La sconfitta della Moratti è colpa della disinformazione dei media”.
Vero. E aggiungerei anche, tra i responsabili della sconfitta, Barbara D’Urso. La sua idea di farle ballare il Waka Waka, unita alla danza lasciva di Viva la mamma, sono chiari sabotaggi sovversivi (ideati da Brachino, quel comunista).
- “Una multa folle (quella dell’Agcom), non credo che la Rai pagherà”.
La Rai no. Noi, sì.
- “C’è un sistema folle che si chiama par condicio, una norma liberticida dove il partito dell’1% deve avere lo stesso spazio di un partito che ha il 30%. Non succede in nessuna parte al mondo”.
Questa è così bella che non la commento. Rischierei di sporcarla.
- “Ho preso meno preferenze perché chi faceva la croce sopra al simbolo del Pdl con il nome della Moratti, poiché era riportato anche il mio nome, credeva di avermi dato la preferenza”.
Tradotto: chi mi vota è deficiente e non sa fare neanche una “x”. Un’ammissione che fa onore al Premier.
- “Come fa a governare Pisapia che non ha mai amministrato neppure un’edicola di giornali?”
E neanche è mai stato iscritto alla P2 o ha avuto Mangano come stalliere. Che minchione, ‘sto Pisapia.
- “In Parlamento Pisapia ha fatto solo leggi a tutela terroristi, o per l’eutanasia?”.
Non solo. Faceva anche le puzzette in ascensore quando saliva Mussi e, di nascosto, attaccava le caccole nello chignon di Anna Maria Bernini.
- “Non credo che ci sia una persona con la testa sulle spalle che possa votare per il signor De Magistris; uno che vota per il signor del De Magistris vada a casa, si guardi nello specchio e dica sono un uomo o una donna senza cervello”.
E’ vero: sono senza cervello. Tu però sei basso, pelaticcio e ce l’hai piccolo. Tiè.
- “De Magistris è un demagogo che piace alle donne“.
Cioè De Magistris è, secondo Berlusconi, la sua bella copia. Qui viene fuori tutta l’insicurezza dell’Homo Brutto-Tascabilis che, nella vita, non avrebbe mai visto una donna se non avesse fatto i soldi. Se il premier fosse andato da Freud, lo psicologo lo avrebbe accolto così: “Se ne vada, la prego. Non mi piace vincere facile”.
- “Ho dovuto subire 30 differenti processi e in 24, già finiti, le accuse sono state poi ritenute infondate. Mi hanno gettato discredito, fango, angoscia, problemi con i familiari e mi hanno impedito di lavorare”.
Che palle.
- “Leonardo da Vinci avrebbe finito la Gioconda se fosse stato preso a schiaffi tutto il giorno?”.
Non credo, ma se vuoi facciamo una prova. Nel senso degli schiaffi.
- “Solo grazie ai miei genitori che mi hanno dato una scorza dura e una resistenza disumana ce l’ho fatta”.
Quante colpe, Luigi Berlusconi. Come se non bastasse quella di dare il nome al Trofeo calcistico più portasfiga del mondo.
- “Nei miei comizi parlavo di giustizia 3-4 minuti, ma poi i tg parlavano solo di questo”.
E’ vero: negli altri 56-57, parlava di fregna.
- “Noi pensiamo che la sovranità appartenga al popolo? No è di Magistratura democratica e dei suoi pm. Io ho un solo potere, quella di suggerire una legge al Parlamento. Se la legge poi non piace alle Procure, la portano di fronte alla loro Corte costituzionale che la abroga”.
Quanto sei noioso, però. E cambia disco, dai.
- “Moratti e Lettieri erano candidati deboli” (poi ha smentito, poi no, poi ni).
Ormai la Moratti è la “pora schifosa” del Pdl. La scaricano tutti, nei faccia a faccia parla da sola, nelle interviste trasuda la stessa sicurezza di Eduardo tra i pali. Metterebbe quasi tenerezza (ho scritto “quasi“). L’analisi politica berlusconiana è chiara: a Milano abbiamo già perso e a Napoli si rischia. Però – sia chiaro – hanno perso loro, mica io. Come nelle partite di calcetto. E’ colpa del portiere, del “10″ che non me l’ha passata, dell’arbitro che non ci ha dato un rigore, ma io sono stato il migliore in campo (anche se ho sbagliato sette gol a porta vuota). E ora porto via il pallone, che è mio. Cazzo.
- “Figli e nipoti di Gheddafi sono vivi e stanno bene”.
Che sagoma.
- “Chiamerò anche per far liberare Mubarak dicendo che è lo zio di Ruby”.
Che mattacchione.
- “Sono la persona più gentile del mondo. Sono una persona che soccorre le persone in pericolo…. Lo farei anche per Rosy Bindi”.
Che simpatico umorista.
Glossa finale. Più che somigliare all’autunno del patriarca di Gabo Marquez, Silvio Berlusconi ricorda ormai il nonno scorreggione e ridanciano che tocca le zinne alla badante e racconta barzellette davanti al camino, mentre i nipoti sbadigliano e i figli si vergognano. Con la differenza, sostanziale, che in Italia tanti figli ancora non si vergognano.
P.S. Consigli musicali. Desolation Row, Bob Dylan, versione MTV Unplugged. Ci racconta bene.
Berlusconi a Obama: 'In Italia dittatura pm'.
DEAUVILLE - Si apre il g8 a Deauville, nella Francia settentrionale, dove i grandi della Terra discuteranno di temi cche vanna dalla Libia, a Bin Laden, all'economia.
BERLUSCONI VA A PARLARE CON OBAMA, DUE MINUTI COLLOQUIO - Due minuti di colloquio tra Silvio Berlusconi e Barack Obama, con stretta di mano e grande sorriso finali. Prima di sedersi al tavolo della prima sessione dei lavori pomeridiani del G8 il premier italiano si e' avvicinato al presidente Usa, intrattenendosi con lui assistito da un interprete. Sotto lo sguardo stupito di Nicolas Sarkozy e quello, un po' indispettito, di Angela Merkel che attendevano per dare il via alla riunione.
BERLUSCONI A OBAMA,ABBIAMO DITTATURA GIUDICI SINISTRA - ''Noi abbiamo presentato la riforma della giustizia e per noi e' fondamentale, perche' in questo momento abbiamo quasi una dittatura dei giudici di sinistra''. E' quanto si coglie dal labiale di un colloquio tra il premier Berlusconi e il presidente Usa Obama, trasmesso dal circuito chiuso prima dell'inizio dei lavori di una sessione del G8.
OBAMA A SARKOZY, 'CONGRATULAZIONI PER IL PICCOLO...' - "Congratulazioni al piccolo Sarkozy...". Barack Obama - riferiscono alcune fonti presenti - avrebbe esordito così, all'inizio del pranzo che ha aperto i lavori del G8, salutando il padrone di casa. Un evidente riferimento alla cicogna attesa da Carlà.
G8, GHEDDAFI CESSI VIOLENZE - Il G8 chiede al colonnello libico Muammar Gheddafi di "cessare ogni violenza" e sostiene la necessità di trovare "una soluzione politica". E' quanto contenuto nella bozza di dichiarazione finale del summit, secondo quanto riferiscono fonti diplomatiche europee.
PASSEGGIATA OBAMA-SARKOZY-MEDVEDEV, OVAZIONE PER BARACK - Passeggiata e bagno di folla per i presidenti di Francia, Nicolas Sarkozy, Usa, Barack Obama, e Russia, Dmitri Medvedev, oggi sul lungomare di Deauville subito dopo la fine della colazione di lavoro e prima dell'inizio della prima sessione. I tre presidenti sono usciti dal pranzo alla Villa Le Cercle e hanno passeggiato a piedi lungo la strada verso il CID, il Centro internazionale di Deauville, che ospita il vertice. Passeggiata breve ma grande entusiasmo dei presenti, che hanno chiamato ripetutamente Obama, che si è concesso alla folla stringendo mani e salutando con grandi sorrisi.
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/mondo/2011/05/23/visualizza_new.html_846193681.html
Marcegaglia: “Sulla crescita l’Italia ha perso dieci anni, ma la politica ha altre priorità”
L’Italia “ha già vissuto il suo decennio perduto” in termini di “minore competitività” e di “mancata crescita”. Ora “dobbiamo muoverci in fretta. Il tempo è un fattore discriminante”. Così il presidente di Confindustria, Emma Marcegaglia, incalza il governo nella sua relazione all’assemblea annuale degli imprenditori e chiede “semplificazioni e liberalizzazioni subito, infrastrutture e riforma fiscale”. Un discorso che è “un forte richiamo al governo e al Paese”, secondo il presidente del Senato, Renato Schifani. Che ha anche annunciato la discussione in Aula del ddl anticorruzione il prossimo 7 giugno. L’Italia “è forte e sana, consapevole delle sue capacità – risponde prendendo la parola il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani -. La nostra economia ha retto”. Ma “accettiamo la vostra sfida e non è un percorso semplice”, aggiunge. Polemiche anche sul ruolo della Fiat, su cui Marcegaglia ha dichiarato: “Non pieghiamo le regole della maggioranza per le esigenze di un singolo”, ha dichiarato. Pronta la replica del presidente dell’azienda automobilistica, John Elkann, per cui un’uscita del Lingotto dall’associazione: “Non è un tema d’attualità”.
“Se il risultato elettorale finale – dice il presidente nel passaggio della relazione dedicato alla politica – convincerà governo e maggioranza di avere davanti a se ancora due anni di lavoro la loro agenda deve concentrarsi su un’unica priorità: la crescita. Temporeggiare o muoversi a piccoli passi è un lusso che non possiamo più permetterci. I concorrenti non stanno lì a guardare e le speranze dei giovani non aspettano”, aggiunge la leader di Confindustria, spiegando che la sua associazione ha “incessantemente incalzato la politica sulla priorità della crescita, ma ha poi dovuto prendere atto che le priorità della politica erano altre e diverse”. Il ministro Romani ammette “tanti punti critici, molte difficoltà e infinite necessità” nell’economia del Paese, ma rilancia: “Non siamo stati fermi”. Adesso – aggiunge - bisogna puntare a fattori che possono essere più competitivi per il Paese. Ad esempio, siamo rallentati dalla burocrazia, nonché dai tempi della giustizia”. Davanti al capo dello Stato Giorgio Napolitano, Marcegaglia ha chiesto “uno scatto d’orgoglio di tutta la classe dirigente del Paese”, e che “si abbassino i toni della polemica politica: che cessino attacchi e delegittimazioni reciproche”. La Marcegaglia lancia poi un “avviso finale” alla politica. “Attenti – aggiunge -, in un momento così noi saremo pronti a a batterci per l’Italia, anche fuori dalle nostre imprese, con tutta la nostra energia, con tutta la nostra passione, con tutto il nostro coraggio”.
“Non agiamo sotto la pressione di nessuno” ha poi continuato la presidente. Il riferimento è alla Fiat e il passaggio riguarda la parte della relazione sul tema dei contratti, al centro del confronto tra l’associazione degli industriali e l’azienda automobilistica. Staccandosi dal testo, Marcegaglia fa una digressione e specifica: “Sono finiti i tempi in cui poche aziende decidevano l’agenda di Confindustria, proseguiremo a modernizzare le regole sindacali senza strappi improvvisi che fanno male al sistema delle imprese e del Paese”. Il dovere che sente come guida dell’associazione, spiega, è quello di “rappresentare tutti: piccoli, medi e grandi”. “Non ci sono soci di serie A e di serie B”, conclude.
Bari, a 78 anni l’ex vice sindaco vince lo strano concorso dell’Università. - di Roberto Rotunno
Egidio Pani spacca l'opinione pubblica. Non solo perché questo concorso sembra essergli stato cucito addosso, ma anche perché, dopo aver vinto, ha tentato di calmare le acque rinunciando allo stipendio. L'atto sarà poi smascherato. pani incassa 21mila euro
Il bando presentava le sue mille ambiguità già dal giorno della sua pubblicazione, lo scorso natale. Quando l’Assostampa protestò contro un requisito definito assurdo: iscrizione all’albo dei pubblicisti da almeno 25 anni. Una condizione che avrebbe escluso l’accesso al posto almeno agliunder 45. Fu l’Università a fare un passo indietro e a rimuovere la clausola. Ma nei fatti cambiò poco, perché non veniva fissato un tetto massimo di età per i partecipanti. E 30 dei 50 punti richiesti venivano acquisiti con l’esperienza.
Il risultato è stato quanto mai scontato. L’ “esperto” Pani ha sbaragliato la concorrenza ottenendo tutti quei punti. E lo scorso marzo gli è stato assegnato l’incarico dal rettore Corrado Petrocelli. Suscitando l’ira del sindacato dei giornalisti, dei giovani precari, di alcune associazioni studentesche e persino del sindaco di Bari, Michele Emiliano.
A questa ondata di malumori, l’eterno ragazzo ha risposto con un atto simbolico. La rinuncia al compenso. Decisione definita dal presidente dell’Assostampa Raffaele Lorusso (giornalista diRepubblica) un ulteriore errore. “Accettando una prestazione professionale gratuita – si legge nel comunicato – per giunta da parte di un pensionato, l’Università di Bari avalla l’idea che il lavoro giornalistico non vale niente”.
Tutto inutile. Egidio Pani non demorde e si tiene bella stretta la poltrona. La polemica si affievolisce fino a quando pochi giorni fa l’Università di Bari pubblica nell’ambito delle prescrizioni del decreto Brunetta i compensi ai consulenti. Tra questi spunta una voce: Egidio Pani, al quale viene destinata la retribuzione di poco più di 21 mila euro per l’incarico annuale, a partire dal 20 maggio 2011. Senza nessuna comunicazione di rinuncia, di fatto smascherando la promessa disattesa.
L’Università ribadisce ancora una volta che il giornalista rinuncerà alla sua busta paga e che la somma prevista verrà utilizzata per “attività dell’ufficio stampa, di giornalisti professionisti esterni alla struttura e a borse di studio per gli allievi del Master in giornalismo”. Insomma, in un Italia precaria, c’è chi si può permettere di lavorare gratis a 78 anni. Per giunta nell’Università, la casa dei giovani per eccellenza. Dove è stato inutile sperare che a guidare la comunicazione fosse un trentenne. Magari una donna. Laureata e con tanto di master. Alla ricerca di un lavoro che sia fonte di sostentamento e di crescita personale.
Un po’ quello che è l’identikit di Manuela Lenoci. La seconda classificata al concorso, che ha esternato tutto il suo disappunto. “Ho già lavorato per enti pubblici – racconta Manuela – e la mia specializzazione è la comunicazione istituzionale, dato che ho frequentato un master a Tor Vergata, dopo aver vinto una borsa di studio. Egidio Pani ha detto che per lui questo lavoro sarà un sacrificio. Per me era un’opportunità. E l’Università, anziché destinare la somma per cose imprecisate, dovrebbe rispettare la graduatoria di merito. Sarei ben lieta di affiancare Pani. Non voglio attaccare la persona, ma che senso ha presentarsi ad un concorso e poi rinunciare al compenso?”.