lunedì 24 ottobre 2011

Berlusconi paga il congresso di Domenico Scilipoti ma pretende donne in minigonna e tacchi a spillo.





Domenico Scilipoti è diventato ormai il simbolo della degradazione umana, politica e culturale della casta italiana.
Ieri il Cettolaqualunque siciliano, cui restano ancora misteriose le qualità e le motivazioni per le quali è stato scovato dal nulla da Antonio Di Pietro e portato in parlamento,  ha celebrato il congresso fondativo dell'ennesimo partito di cui nessuno in Italia avverte la necessità, se non lui stesso e il suo conto corrente bancario.
Un tempo transfughi e voltagabbana avevano la decenza di nascondersi, i Clemente Mastella di turno scomparivano sotto i colpi dell'indignazione trasversale dell'opinione pubblica, oggi sbandierano ai quattro venti la loro ignoranza e la loro voracità: oggi addirittura Scilipoti vuol fondare su queste basi addirittura un partito.
 Un congresso di partito che - forse proprio per questo - non solo sfugge alle liturgie e alle rappresentazioni tradizionali della partitocrazia della Prima Repubblica, ma assomiglia più ai festini e ai bunga-bunga di Arcore.
Probabilmente Gianpaolo Tarantini non avrebbe saputo fare di meglio.
Nella sua conclamata generosità Berlusconi ha pagato l'organizzazione dell'evento, dettando però la linea da seguire.
No. Non la linea politica, quella è un orpello secondario facile da tirar fuori, con un bell'impasto di qualche quintale di luoghi comuni, una tonnellata di retorica, chili e chili di bugie e una spruzzata di cristianità.
In cambio dell'assegno di qualche decina di migliaia di euro (l'assegno è metaforico, lui paga in contanti: le avete mai viste o utilizzate le banconote da 500 euro? dubito, le hanno coniate appunto solo ed esclusivamente per questi affari in nero di lor signori), ha preteso di poter dar sfogo anche in tale occasione al suo repertorio di perversioni maniacali, a suon di giovani ventenni in minigonna e tacchi a spillo (alcune sono nella foto qui allegata= e allegre barzellette.
Fuori il mondo va a puttane. Ma anche lì dentro non ci scherzano.


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