Terminate le manifestazioni domenica 22 luglio la città di Genova rilevò i danni: le devastazioni cagionate da elementi violenti, mai arrestati nonostante le numerose chiamate alle forze dell'ordine da parte di cittadini e persino da parte dell'allora presidente della Provincia di Genova, attuale sindaco della città Marta Vincenzi, e nel corso degli scontri tra manifestanti e forze dell'ordine, causarono notevoli danni a proprietà private e pubbliche ed a distanza di anni, la grandissima maggioranza dei responsabili, sia tra i manifestanti che tra le forze dell'ordine, non è ancora stata identificata, mentre quasi tutti i fermati dalle forze dell'ordine, con un totale di 329 arresti, nei giorni degli scontri sono poi risultati estranei ai fatti contestati, o non sono state individuate responsabilità specifiche a loro carico.
Alcuni sospettarono la responsabilità da parte di simpatizzanti del movimento internazionale Black block, il cui arrivo dell'ala più estremista in Italia era stato preannunciato nelle settimane precedenti alle manifestazioni dalle autorità tedesche a quelle italiane ma, nonostante tali avvisi, essi non furono fermati alle frontiere diversamente da altri manifestanti, e i simpatizzanti di tale movimento solitamente usi rivendicare come propria pratica di lotta azioni simili compiute in passato, questa volta negarono la loro responsabilità, e prove della loro partecipazione non sono state trovate, perlomeno per quello che riguarda una partecipazione organizzata.
Da testimonianze di manifestanti e giornalisti che seguivano i cortei autorizzati, risulterebbe che parte dei componenti del gruppo di "manifestanti violenti" che vestivano di nero e che si mossero liberamente per la città durante i cortei e le manifestazioni, non sembrava parlare italiano e suscitò polemiche anche la presenza dell'allora vice presidente del Consiglio Gianfranco Fini nella sala operativa della Questura genovese, presenza che, da diversi giornalisti dell'area di sinistra[100], venne messa in relazione ai molti abusi poi compiuti dalle forze dell'ordine.
Il 14 dicembre 2007 24 manifestanti son stati condannati in primo grado a complessivi 110 anni di carcere[101], le condanne riguardano gli scontri in via Tolemaide ed i cosiddetti fatti del "blocco nero"; tra i condannati 10 sono stati giudicati responsabili per devastazione e saccheggio, 13 per danneggiamento ed uno per lesioni, la resistenza a pubblico ufficiale è stata scriminata per tre imputati in quanto i giudici ritennero che la resistenza alle cariche della polizia durante il corteo delle tute bianche era legittima solo per tali tre imputati, al contrario dei danneggiamenti successivi.[102] In appello, nell'ottobre 2009, 15 dei manifestanti sono stati assolti, sia per l'intervento della prescrizione, sia perché la carica dei carabinieri in via Tolemaide è stata nuovamente valutata come illegittima e quindi la reazione a questa è stata considerata una forma di legittima difesa, sia con assoluzione piena per una manifestante già assolta in primo grado. Ai 10 condannati (accusati di devastazione e saccheggio) sono tuttavia state sensibilmente aumentate le pene rispetto a quelle erogate in primo grado, per un totale di 98 anni e 9 mesi di carcere.[103][104][105][106]
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