giovedì 7 aprile 2011

Da Chernobyl a Fukushima, il disastro tra errore umano e contesto sociale. - di Marcello Cini.



Tutti sono d'accordo se dico che un'auto può anche essere dotata dei più raffinati dispositivi di sicurezza, ma diventa un oggetto molto pericoloso se alla sua guida c'è un ubriaco. Così come tutti ci aspettiamo che il pilota dell'aereo sul quale stiamo salendo sia sobrio e periodicamente aggiornato e controllato.

Molti invece dimenticano che anche le centrali nucleari hanno bisogno di un guidatore e dunque che la sicurezza intrinseca garantita dal progetto e dalla manutenzione di queste macchine è soltanto un elemento necessario ma certamente non sufficiente. Un documentario di grande interesse trasmesso poche sere fa in tv sulla ricostruzione storica della catastrofe di Chernobyl ci ha per esempio ricordato che fu il delirio di onnipotenza dell'ingegnere capo dell'impianto a fargli ordinare di procedere, nonostante il parere contrario dei suoi sottoposti, all'esecuzione di un test (paradossalmente un test di sicurezza!) estremamente rischioso mai eseguito prima, innescando così il surriscaldamento del nocciolo del reattore e la sua esplosione in conseguenza dell'aumento incontrollato della pressione del vapore al suo interno.

Anche il precedente incidente (1979) della centrale di Three Miles Island negli Usa, che per miracolo non provocò un disastro paragonabile, ha avuto inizio, così almeno si disse allora, dall'omesso intervento di un addetto al controllo, al quale la pancia troppo abbondante aveva impedito di vedere le luci d'allarme che si accendevano sul pannello al quale stava appoggiato. Una cosa comunque è certa: che la debolezza di una catena è quella del suo anello più debole, e che siamo proprio noi umani, che inevitabilmente facciamo parte di qualunque sistema da noi costruito per soddisfare i nostri bisogni, che alla fine ne diventiamo il punto di rottura.

In un recente articolo Andrea Masullo, docente di Sostenibilità Ambientale all'Università di Camerino, che da giovane voleva fare l'ingegnere nucleare, spiega che tra le ragioni della sua rinuncia c'è stata proprio questa consapevolezza. «I maggiori incidenti negli impianti nucleari - scrive - sono stati generati da errori umani di sottovalutazione o da fattori esterni non previsti - lo tsunami dopo il terremoto che blocca i circuiti di raffreddamento - possiamo pensare a operatori addetti al controllo che non sono lucidi mentalmente e al loro posto per la paura del terremoto e la centrale va fuori controllo e la scienza della sicurezza non serve più a nulla. Nella disperazione tutto viene affidato all'improvvisazione».

Quello che mi preme sottolineare con questa premessa è che la tendenza a decontestualizzare i problemi, isolandoli come se la loro origine e la loro soluzione dipendessero solo dagli elementi costitutivi della realtà all'interno di un perimetro teorico e pratico ben definito e dalle loro relazioni logicamente consistenti, è un errore concettuale pericoloso.

Ma dobbiamo fare un passo avanti. Se l'elemento umano è la goccia che fa traboccare il vaso, il vaso è stato prima riempito dal contesto sociale. In questo contesto domina il contrasto fra gli interessi della collettività e gli interessi privati di chi investe il proprio capitale nell'impresa coinvolta in una catastrofe. Gli ostacoli incontrati fin dall'inizio nell'affrontarne subito le reali dimensioni e le drammatiche conseguenze sociali sono frutto evidente del tentativo di salvare per quanto possibile i soldi da parte di chi ce li ha messi.

Si tratta di un fenomeno che, per esempio, si è già manifestato nel disastro ecologico della rottura del pozzo petrolifero off-shore della British Petroleum nel Golfo del Messico. Tutti ricordano l'impotenza di Obama di fronte a quello che diceva e faceva la Bp. È stato un fenomeno che potrebbe ripetersi anche più vicino a casa nostra, così come potrebbe manifestarsi in futuro anche nel campo delle biotecnologie o delle tecnologie informatiche e delle comunicazioni. Sempre di più infatti le strutture di prevenzione e di controllo pubbliche a salvaguardia degli interessi della collettività risultano arretrate e inadeguate rispetto agli strumenti di conoscenza e di azione sviluppati e impiegati dalle imprese, che sono sempre finalizzati a massimizzarne i profitti e a minimizzarne le perdite. Se non vengono percepiti e affrontati subito, questi colossali conflitti di interessi sono destinati a moltiplicarsi e ad aggravarsi.

Anche la vicenda della centrale di Fukushima dimostra che persino nel paese che più di ogni altro al mondo è caratterizzato da un diffuso controllo sociale dei comportamenti e dei doveri di ogni individuo, il capitale e i suoi interessi prevalgono su ogni altra regola, tradizione o convenzione.

Per scendere nel caso italiano, parlare di sicurezza delle centrali come se costruire centrali nucleari da noi fosse la stessa cosa che costruirle in un altro paese, equivale a colpevolmente tapparsi gli orecchi e chiudere gli occhi. Le differenze materiali, culturali, civili, economiche e sociali con gli altri paesi industrialmente avanzati dove già le centrali esistono sono purtroppo evidenti, e sarebbero già comunque tutte a sfavore della scelta nucleare, anche se non fosse accaduta la catastrofe di Fukushima.

Nel concreto, sappiamo tutti che lo smaltimento dei rifiuti ordinari è spesso nelle mani delle organizzazioni mafiose, che la selezione degli appalti è affidata con criteri molto personali da parte di politici e amministratori corrotti, sappiamo dell'abitudine dei costruttori a sostituire il cemento con la sabbia e dei fornitori a non andare per il sottile sulla qualità delle forniture, sono forme, diciamo, di facilitazione delle attività produttive sempre più diffuse a tutti i livelli e in tutto il territorio nazionale. Sono forme però poco compatibili con le garanzie di sicurezza che la tecnologia nucleare può tollerare.

La decisione è tanto più irresponsabile, inoltre, anche perché il mantenimento in coma farmacologico del piano nucleare nella speranza di richiamarlo in vita tra un anno, impedisce l'adozione di misure, che sarebbero sempre più urgenti, di conversione economica e tecnologica verso lo sviluppo delle energie rinnovabili e delle pratiche di risparmio e di uso efficiente dell'energia. Non a caso esso si accompagna con la riduzione degli incentivi per lo sviluppo del fotovoltaico e la campagna contro l'eolico che sta colpevolmente stroncando sul nascere un promettente settore di piccole e medie industrie, il cui sviluppo avrebbe effetti benefici sull'occupazione, e dunque anche sull'economia del paese in generale.

Il nesso stretto che lega le prossime elezioni amministrative con i referendum per l'acqua pubblica e per le energie pulite non è stato ancora colto dall'opinione pubblica italiana, che non ha reagito a sufficienza al mancato accorpamento delle due consultazioni elettorali da parte del governo che punta a far mancare il quorum per seppellire definitivamente la questione. Dobbiamo fare in modo che la diffusa sfiducia dei cittadini nei confronti della politica non travolga con il disastro nucleare anche l'ultimo strumento che abbiamo per contrastarne i possibili nefasti effetti futuri.

http://www.ilmanifesto.it/archivi/commento/anno/2011/mese/04/


Giuseppe Graviano a Sonia Alfano: "Se parlavo di Berlusconi, lui finiva in galera. Ma io ero solo tra due fuochi"


Incontro in carcere tra il boss di Brancaccio e Sonia Alfano che lo racconta nel suo libro 'La Zona d'ombra'

di Giuseppe Pipitone

Carcere di Opera, braccio speciale per i detenuti in regime di 41 bis. Maggio 2010. Una fioca luce artificiale illumina l’interno di una cella. Dentro ci sono due persone. La prima è un detenuto per associazione a delinquere di stampo mafioso. La seconda invece è una parlamentare europea e proprio per questo può visitare liberamente i carcerati, anche quelli detenuti in regime di “carcere duro”.

"Lei deve capire, cara onorevole, che i miei figli stanno pagando colpe che non hanno"
Sguardo fisso, un po' vacuo, il detenuto cerca di solleticare la compassione del suo interlocutore. Che però non abbocca.
"A tutto questo lei poteva anche pensare prima di commettere reati del genere"
"Ma quali reati? Io sono vittima di errori giudiziari, ha letto le carte dei miei processi?"
"Le ho lette, ed infatti non credo proprio che si tratti di errori giudiziari."
"E allora se lei la pensa così, noi non abbiamo niente da dirci".
A questo punto la parlamentare europea si alza immediatamente dalla sedia ed esce dalla cella. Ma un attimo dopo il detenuto le parla di nuovo.
"Se io parlavo di Berlusconi, e confermavo quello che aveva detto Spatuzza, Berlusconi sarebbe finito in galera ed io sarei diventato la persona migliore del mondo”
Occhi lucidi, voce impastata e nervosa. Poi ancora: “Ma io che dovevo fare? Ero solo tra due fuochi!".
Il secondino, fino a quel momento parte quasi integrante dell’arredamento carcerario, si attiva. "SignorGraviano stia zitto, la smetta di gridare così, lasci stare l'onorevole”.

Giuseppe Graviano Il “signor Graviano” è Giuseppe Graviano, boss mafioso del quartiere palermitano di Brancaccio. Nel gennaio del 2010 Graviano preferì non confermare le dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza, rifiutandosi di deporre per motivi di salute. Secondo le dichiarazioni di Spatuzza, Cosa Nostra avrebbe, nel 1993, stabilito un vero e proprio e patto con Marcello Dell’Utri e Silvio Berlusconi per sostenere Forza Italia. L’onorevole invece è Sonia Alfano, europarlamentare diItalia dei Valori, che dall’anno scorso gira le carceri incontrando tutti i più importanti boss di Cosa Nostra: da Totò Riina - che le ha confidato: “A voi deputati, vi farei fucilare tutti, non fate niente per farci stare meglio in carcere” - fino a Bernardo Provenzano - che invece le ha regalato una criptica e agghiacciante considerazione personale: “Nella vita solo i grandi uomini fanno grandi cose, poi arriva la natura e fa il suo corso”.

Molti degli incontri avuti con i boss mafiosi di prima grandezza, Sonia Alfano li racconta nel libro La Zona d’Ombra, scritto per Rizzoli, nel quale l'europarlamentare di Idv riassume tutta la sua esperienza di vita dopo l’omicidio del padre, il giornalistaBeppe Alfano. “Ho cercato in questo libro di conservare la memoria di mio padre – dichiara la Alfano – raccontando passo dopo passo l’esperienza della mia famiglia dopo la sua uccisione. Il racconto parte proprio da quella terribile giornata in cui fu assassinato mio padre.”
L’8 gennaio del 1993 Beppe Alfano, collaboratore de La Sicilia , fu ucciso per mano mafiosa proprio mentre si trovava alla guida della sua auto, in via Marconi, a Barcellona Pozzo di Gotto. Dopo la sua morte si aprì un lunghissimo processo, ancora in corso, e in cui non sono ancora emersi i veri mandanti del delitto. “Nel libro – spiega Sonia Alfano – racconto anche le difficili vicende giudiziarie inerenti il processo sulla morte di mio padre. Dai vari depistaggi, fino ai momenti più difficili in cui noi familiari siamo stati costretti a difendere la memoria di mio padre, che in molti hanno cercato d’infangare.”

Ne La Zona d’Ombra sono raccontati anche gli anni in cui la Alfano si è impegnata per i diritti dei familiari di vittime della mafia, fino alla sua esperienza al Parlamento Europeo: “anche da parlamentare, ho sempre cercato di capire quale fosse l’essenza di Cosa Nostra. Prima ero governata da un sentimento di odio verso quelli che sono gli assassini di mio padre. Poi però ho deciso di mettere da parte i sentimenti negativi, che non portano a nulla, e ho cercato di riflettere. Per questo ho incontrato quasi tutti i boss mafiosi, per cercare di comprendere meglio cosa li avesse spinti a scegliere una vita del genere. Tutti però sembrano convinti di non aver sbagliato nulla, anzi invocano l’errore giudiziario”. La Zona d'Ombra uscirà nelle librerie il 6 aprile e sarà presentato alla libreria Kalhesa di Palermo domenica 10. Nel frattempo, però, l'autrice denuncia strane coincidenze telematiche: "Proprio oggi che è la vigilia dell'uscita del libro mi sono accorta che le mie pagine sul social network Facebook sono state parzialmente disattivate. Ovviamente non voglio pensare a nulla di male, è strano però che proprio ora qualcuno abbia segnalato 'contenuto offensivo' nell'account del principale mezzo di comunicazione da me utilizzato, dalle manifestazioni antimafia fino alle campagne elettorali".

http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=134


Processo breve, il Pd fa "ostruzionismo creativo".



Tour de force a Montecitorio per approvare in tempi rapidi il processo breve. Il premier Berlusconi spinge infatti perchè il provvedimento diventi legge al più presto. Un pressing, riferiscono esponenti del Pdl, che ha causato anche alcuni momenti di fibrillazione nella stessa maggioranza, costretta a fare i conti con la necessità di accelerare i tempi e un calendario dei lavori non favorevole. Tutti i deputati della maggioranza vengono precettati in Aula, nessuna defezione è concessa e si va avanti ad oltranza, con l'opposizione che rallenta i lavori e fa ostruzionismo. La discussione va avanti fino a notte e, per evitare 'incidenti' che possano compromettere il voto finale del processo breve, anche il Consiglio dei ministri subisce il 'contingentamento' dei tempi. Giovedì la riunione è stata convocata dalle 13,30 alle 15, recita la nota ufficiale di palazzo Chigi. Giusto il tempo della necessaria pausa pranzo. I ministri così potranno partecipare alla riunione dell'esecutivo senza far mancare il loro voto alla Camera,come era successo giovedì scorso, quando si è scatenata una vera e propria bagarre. Nonostante il lavoro dello stato maggiore del Pdl per reclutare nuove forze continui a dare i suoi frutti, la maggioranza, per essere effettivamente tale, ha infatti ancora la necessità di chiamare a raccolta tutti i parlamentari, ministri compresi. Martedì, con il voto sul conflitto di attribuzione, è stata ancora una volta raggiunta quota 314: 12 voti in più rispetto all'opposizione e, soprattutto, tre nuovi voti - due dei liberaldemocratici Melchiorre e Tanoni, e uno dell'autonomista Aurelio Misiti. Ma, anche se dall'Mpa sono in arrivo un paio di altri possibili deputati, la fatidica quota 330, necessaria alla maggioranza per navigare tranquilla a Montecitorio, non è ancora raggiunta.

http://tg24.sky.it/tg24/politica/2011/04/06/processo_breve_maggioranza_accelera_tempi_ostruzionismo_opposizione_camera.html


mercoledì 6 aprile 2011

Strage migranti in mare, anche bimbi tra vittime.




A bordo del barcone naufragato erano in 300. Incertezza sul numero dei dispersi, salvi in 51.


Sarebbero state circa 300 le persone sulla barca che è affondata la notte scorsa nel canale di Sicilia. Lo riferisce l'Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), che ha un team presente a Lampedusa, sulla base delle testimonianze raccolte dai sopravvissuti giunti nell'isola. Tra le vittime del naufragio ci sarebbero anche donne e bambini. Finora sono stati avvistati una ventina di cadaveri e sono state tratte in salvo 48 persone. Nella zona del naufragio stanno operando mezzi aerei e navali della Capitaneria di Porto, che hanno lanciato in mare zattere e salvagente. "Sono passate ancora poche ore dal naufragio - ha spiegato un operatore della Guardia costiera - per considerare perse tutte le speranze".

Le ricerche, coordinate dalla Centrale operativa della Capitaneria di Porto di Palermo, sono ostacolate dalle condizioni proibitive del mare, Forza 6, con raffiche di vento da Nord Oves che supera i 30 nodi. Le forze impegnate nei soccorsi fanno osservare che è difficile sopravvivere ad una prolungata permanenza in mare in queste condizioni senza l'ausilio di un salvagente o di qualcosa che galleggi.

"Temiamo che molte persone possano essere morte": così ha risposto all'ANSA una fonte contattata a Lampedusa, che sta seguendo le operazioni di soccorso.

DECINE CADAVERI IN MARE, ANCHE DI BAMBINI - Sono decine i cadaveri che l'equipaggio dell'elicottero della Guardia di finanza ha visto in mare, nell'area dove il barcone dei migranti e' naufragato. Lo riferiscono al loro rientro i piloti che hanno volato dalle 10.30 alle 12.30 per fornire assistenza agli uomini della Capitaneria di porto che coordina i soccorsi. ''Abbiamo sperato di vedere qualcuno che alzasse il braccio - dicono - ma non e' accaduto. Tra i cadaveri, difficili da quantificare, anche corpicini di bambini''. I cadaveri galleggiano a gruppi nello specchio d'acqua, dice l'equipaggio della Gdf, e questo consente di compararne le dimensioni: purtroppo ci sono anche bambini. L'elicottero e' tornato alla base per rifornirsi e si alzera' di nuovo in volo.

TESTIMONI, DONNE E BAMBINI TRA VITTIME
- Ci sarebbero molte donne e bambini tra le vittime del naufragio. E' quanto si apprende dalle prime testimonianze riferite agli operatori umanitari dai sopravvissuti giunti in porto a Lampedusa. Ma dalla Capitaneria di porto spiegano che le notizie sono ancora molto frammentarie ed è ancora presto per confermare questo dato.

Cinque extracomunitari, tra i sopravvissuti al naufragio nel Canale di Sicilia, sono ricoverati nel poliambulatorio di Lampedusa. Il cardiologo che li ha appena visitati ha riscontrato ipotermia ma complessivamente li ha trovati in discrete condizioni di salute. Tra le persone ricoverate c'é anche una donna all'ottavo mese di gravidanza. Le sue condizioni non sono preoccupanti e anche il bambino, secondo quanto dicono i sanitari, sta bene.

TRAGEDIA AVVENUTA IN ACQUE MALTESI - Il naufragio del barcone è avvenuto in acque Sar (le operazioni di ricerche e soccorso ndr) di competenza maltese, a 39 miglia da Lampedusa. Sono state proprio le autorità della Valletta a segnalare il barcone in difficoltà alla centrale operativa delle Capitanerie di Porto di Roma, dopo avere ricevuto un Sos lanciato dal barcone attraverso un telefono satellitare. La Marina Militare maltese ha aggiunto di non essere in grado di intervenire.

Il barcone sarebbe partito quasi certamente dalla Libia. Alla Capitaneria di porto di Lampedusa questa ipotesi viene data "al 90 per cento", anche sulla base della posizione in cui è avvenuta la tragedia, il tratto di mare tra Malta e Lampedusa. Si tratta di una rotta battuta dalle imbarcazioni provenienti dalle coste libiche rispetto a quella più a ovest seguita dai barconi partiti dalle coste tunisine.

REGIONE SICILIA, 1447 MIGRANTI A LAMPEDUSA - Sono 1447 i migranti presenti a Lampedusa (Ag), tra cui i sopravvissuti al naufragio del barcone proveniente dalla Libia. Lo rende noto l'ufficio della giunta regionale siciliana insediato a Lampedusa, coordinato dall'assessore all'Ambiente, Gianmaria Sparma. Sono stati trasferiti dall'isola anche i 212 minori che fino a stamane si trovavano a Lampedusa.

25.800 SBARCATI, 2.300 DA LIBIA, ALTRI TUNISINI - Fino ad oggi sono sbarcati 25.800 immigrati dall'inizio dell'anno: 2.300 provenienti dalla Libia, gli altri dalla Tunisia. Il dato, secondo quanto si apprende, e' emerso nel corso della riunione a Palazzo Chigi della cabina di regia tra Governo e Regioni sull'emergenza immigrazione.

IN 104 COMPRANO BARCONE, SBARCATI A LAMPEDUSA - Avvistato nella serata di ieri, è arrivato a Lampedusa mezz'ora dopo la mezzanotte un barcone con 104 migranti proveniente dalle coste tunisine. Almeno sei degli extracomunitari, tutti uomini, sono stati soccorsi dai medici perché in stato di lieve ipotermia. I migranti sono stati accompagnati nel centro d'accoglienza dell'isola. Giunti al porto commerciale, "scortati" da una motovedetta della Guardia di finanza, hanno raccontato di aver acquistato la barca con una colletta di 400 euro a testa, servita per comprare anche un Gps, navigatore satellitare che consente di stabilire la rotta. Sadok, uno dei migranti, ha detto che nessuno di loro sapeva come condurre la barca: "Abbiamo programmato il Gps sulla rotta 74 gradi - ha spiegato - e siamo giunti fin qui". La bassa temperatura e un vento di discreta intensità che soffiava da nord ovest hanno reso problematica la traversata.

GIUNTA A NAPOLI NAVE EXCELSIOR CON MIGRANTI - E' giunta a Napoli proveniente da Lampedusa la nave Excelsior, con 531 persone a bordo. Tra poco i migranti verranno fatti salire sugli autobus diretti al campo allestito nell'ex caserma Ezio Andolfato di Santa Maria Capua Vetere, in provincia di Caserta. Sul molo 44 del porto di Napoli è presente un ingente schieramento di forze dell'ordine e di volontari della Croce Rossa che provvederanno a fornire la prima assistenza agli immigrati.

DOMANI ALLE 9 INFORMATIVA MARONI ALLA CAMERA - Domani mattina alle 9 il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, riferira' in Aula alla Camera sulla gestione degli immigrati provenienti dal Nord Africa e sbarcati a Lampedusa. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo di Montecitorio.

ACCORDO MARONI CON TUNISI, RIMPATRI PER NUOVI ARRIVI
dell'inviato Massimo Nestiscò

La Tunisia dice no ai rimpatri massicci per i 20 mila sbarcati a Lampedusa quest'anno ma si impegna a rafforzare i controlli per evitare nuove partenze e ad accettare la riammissione rapida delle persone che arriveranno in Italia dopo l'entrata in vigore del decreto che concede il permesso di soggiorno temporaneo di sei mesi, che sarà firmato domani (oggi, ndr). Questi i termini dell'accordo tecnico raggiunto a Tunisi dal ministro dell'Interno Roberto Maroni e dal suo collega Habib Essid. E' stato un negoziato fiume, durato quasi nove ore, nel corso del quale la delegazione italiana ha provato a spingere sui rimpatri di massa dei 20 mila tunisini arrivati in questi tre mesi. Roma ha già inviato nei giorni scorsi a Tunisi un elenco di mille persone pronte per essere rispedite nel Paese di partenza. Le ipotesi messe sul tavolo erano quelle di farne partire un centinaio al giorno con navi e aerei, già pronti per l'operazione. Un impegno, però, che il fragile governo transitorio di Tunisi non si è sentito di prendere. Niente numeri e date dei voli di rimpatrio dunque, ma la disponibilità del Paese nordafricano a riprendersi direttamente, con procedure semplificate (basterà il riconoscimento della persona da parte dell'autorità consolare, senza l'invio delle schede dattiloscopiche) coloro che arrivano in Italia dopo l'entrata in vigore del permesso di soggiorno a tempo. In questo modo, fanno notare dal Viminale, c'é un effetto deterrente, perché i tunisini non saranno incentivati a partire sapendo di andare incontro al rimpatrio spiccio. "Soddisfatto" dell'intesa si è detto Maroni, spiegando che "così si apre una fase di cooperazione più intensa tra i due Paesi: ora bisognerà attuarla. Se gli impegni saranno mantenuti avremo risolto il problema". Un risultato, dunque, che va messo alla prova, tenendo conto della debolezza del nuovo Stato tunisino che sta faticosamente ricomponendo i suoi pezzi dopo la caduta del regime di Ben Alì. L'accordo, un "processo verbale" lo ha definito il ministro dell'Interno, prevede anche la donazione alla Tunisia di sei motovedette, quattro pattugliatori ed un centinaio di fuoristrada alle forze di polizia tunisine in modo che possano riprendere i controlli sulle coste, per ora praticamente inesistenti.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/speciali/2011/03/18/visualizza_new.html_1534187903.html


GOVERNO: SCILIPOTI CONTESTATO DAVANTI MONTECITORIO.



L'Aquila, cittadini prigionieri delle "C.A.S.E" di Berlusconi"



Mattonelle rotte, tubature che perdono acqua e sistemi antisismici non brevettati. Sono solo alcuni dei problemi delle cosiddette “case di Berlusconi”, il progetto C.A.S.E., (complessi antisismici sostenibili ecocompatibili) le abitazioni costruite dopo il terremoto del 6 aprile 2009. “Siamo isolati, è come fossimo in un domicilio coatto”, dicono gli inquilini che dopo il sisma che sconvolse l’Abruzzo sono andati ad abitare in quei palazzi. E hanno ragione. Questi nuovi edifici sono a decine di chilometri dall’Aquila. Non ci sono bar né negozi né luoghi di ritrovo. “In questi luoghi, strappati dalla loro città, gli anziani rischiano di morire di noia”, dicono gli abitanti. Di Alberto Puliafito



Il manifesto dei Responsabili firmato Scilipoti è copiato da quello fascista di Gentile.



Domenico Scilipoti
è il segretario nazionale del Movimento di Responsabilità nazionale, il gruppo che si è costituito per supportare la maggioranza in occasione della fiducia del 14 dicembre. Il leader ex Italia dei Valori ha pubblicato sul sito il “Manifesto” politico che, però, copia pari pari alcuni passi del manifesto dei Giovani intellettuali fascisti redatto da Giovanni Gentile nel 1925. Analogie passate sottotraccia in queste settimane che la Rete ha denunciato, scoprendo che gli stralci scelti da Scilipoti attingevano dal testo redatto al Convegno per la Cultura fascista di Bologna. Le parole sottoscritte da 250 intellettuali e ispirate alla conferenza di Giovanni Gentile “Libertà e liberalismo” intendono gettare le basi per un manifesto ispirato al rispetto della Patria e al suo carattere religioso, dove il fascismo nasce come un “movimento politico e morale”, in cui la politica “sentì e propugnò […] l’ idea che è Patria, come ideale che si viene realizzando storicamente senza mai esaurirsi, tradizione storica determinata e individuata di civiltà ma tradizione che nella coscienza del cittadino”. Un testo che pose le basi politico-culturali del movimento totalitarista e a cui Benedetto Croce reagì con il “Manifesto degli intellettuali antifascisti”, in cui rimproverava ai firmatari di avere sottoscritto un documento “per patrocinare deplorevoli violenze e prepotenze e la soppressione della libertà di stampa”. E che, evidentemente, ha posto anche le basi per il Movimento dei Responsabili.

Nonostante il manifesto di Gentile sia infatti legato al regime totalitario, il leader dei Responsabili sceglie di riprenderne alcune frasi, pensando, peraltro di passare inosservato. Ma la Rete lo smaschera. Su Facebook infatti Antonio Scalari ha pubblicato una nota in cui mette a confronto le frasi scelte dall’ex Italia dei Valori per il copia e incolla. Se Gentile scrive che “il Fascismo è un movimento recente ed antico dello spirito italiano, intimamente connesso alla storia della Nazione italiana, ma non privo di significato e interesse per tutte le altre”, a Scilipoti basta sostituire il nome del partito e riscrivere la frase così: “Responsabilità Nazionale è il movimento recente ed antico dello spirito italiano, internamente connesso alla storia della Nazione Italiana”. E il copia e incolla prosegue in tutto il manifesto. Scrive Scilipoti: “Responsabilità è politica morale. Una politica che sappia coinvolgere l’individuo a un’idea in cui esso possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà, il suo futuro e ogni suo diritto” mentre nel documento originale leggiamo “…. un’idea in cui l’individuo possa trovare la sua ragione di vita, la sua libertà e ogni suo diritto”.

Una chiosa anche sulla “Reponsabilità di Patria” che “è la riconsacrazione delle tradizioni e degli istituti che sono la costanza della civiltà” mentre per gli intellettuali fascisti “Codesta Patria è pure riconsacrazione delle tradizioni e degli istituti che sono la costanza della civiltà, nel flusso e nella perennità delle tradizioni”. E infine “Responsabilità è concezione austera della vita, non incline al compromesso, ma duro sforzo per esprimere i propri convincimenti facendo sì che alle parole seguano le azioni”, mentre nel 1925 lo Stato “è concezione austera della vita, è serietà religiosa [... ] ma è duro sforzo di idealizzare la vita ed esprimere i propri convincimenti nella stessa azione o con parole che siano esse stesse azioni”. Forse il problema è proprio nel concetto di “Responsabilità”.