Noi popolo lo sappiamo da tempo immemore oramai, lo sanno tutti: quelli di sinistra come quelli di destra, compreso quelli che una volta stanno di qua ed una volta stanno di là. Berlusconi non c’entra più niente, o meglio lui ha ampiamente dimostrato che oltre ai casi suoi non è in grado di occuparsi di altro, anche quelli, tra cui tanta povera gente purtroppo, che fin qui hanno tollerato sperando che all’occorrenza L’ARCORIANO AVREBBE FATTO anche per loro si sono convinti mettendosi le mani in tasca e constatando quanto vi resta, che L’UOMO NON C’E’ PIU’ ammesso che ci sia mai stato. Deve alzarsi un solo grido che deve andare dalle Alpi a Lampedusa: “ BASTA! “ E’ ora che qualcuno cominci a fare sul serio e lo faccia in poche ore perché altrimenti DIVENTA NECESSARIO CHE TUTTI NOI, ZONA PER ZONA, CI SI COORDINI per chiedere nelle sedi opportune, COMUNI, PREFETTURE, PROVINCE ( che servano a qualche cosa finalmente) e REGIONI di trasmettere a chi di competenza IL DISAGIO DI UN POPOLO CHE NON SI RICONOSCE PIU’ IN QUESTO STATO e che non è disposto più a OBBEDIR TACENDO!.
Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 11 agosto 2011
TEN … NINE … EIGHT … SEVEN …- di Claudia Petrazzuolo
Noi popolo lo sappiamo da tempo immemore oramai, lo sanno tutti: quelli di sinistra come quelli di destra, compreso quelli che una volta stanno di qua ed una volta stanno di là. Berlusconi non c’entra più niente, o meglio lui ha ampiamente dimostrato che oltre ai casi suoi non è in grado di occuparsi di altro, anche quelli, tra cui tanta povera gente purtroppo, che fin qui hanno tollerato sperando che all’occorrenza L’ARCORIANO AVREBBE FATTO anche per loro si sono convinti mettendosi le mani in tasca e constatando quanto vi resta, che L’UOMO NON C’E’ PIU’ ammesso che ci sia mai stato. Deve alzarsi un solo grido che deve andare dalle Alpi a Lampedusa: “ BASTA! “ E’ ora che qualcuno cominci a fare sul serio e lo faccia in poche ore perché altrimenti DIVENTA NECESSARIO CHE TUTTI NOI, ZONA PER ZONA, CI SI COORDINI per chiedere nelle sedi opportune, COMUNI, PREFETTURE, PROVINCE ( che servano a qualche cosa finalmente) e REGIONI di trasmettere a chi di competenza IL DISAGIO DI UN POPOLO CHE NON SI RICONOSCE PIU’ IN QUESTO STATO e che non è disposto più a OBBEDIR TACENDO!.
Analisi di alcuni psicologi dei tumulti di Londra. - di Viviana Vivarelli.
Chiamare questa rivolta ‘inter-razziale’ non ha senso. Solo in certi quartieri la metà dei vandali sembrano essere immigrati. Dai 600 arrestati e dalle foto, appare che sono ragazzini dai 10 ai 14 anni, mossi dall’avidità. In genere il comportamento umano è guidato dalla propria identità e dai propri valori, che ci dicono di non fare certe cose o di non prendere certe cose senza pagarle. Ma in certe situazioni di gruppo queste regole saltano. La morale è inversamente proporzionale al numero delle persone. La maggior parte di questi ragazzi non era mai stata in una rivolta prima d’ora. Guardano quello che fanno gli altri e sono trascinati ad imitarli. Quando la rivolta è scoppiata a Londra, le forze di polizia erano in netta minoranza a causa dei tagli di Camerun e si sono limitati a guardare il vandalismo senza intervenire. Questo ha dato la spinta a fare peggio. Solo dopo tre notti la Polizia ha aumentato le sue forze richiamandole da tutto il paese ma ormai le cose erano degenerate. I vandali si sono serviti della forza dei numeri. In genere si imita ciò che ha successo. Se vedi qualcuno portare via un televisore da un negozio e nessuno lo ferma, ti chiedi: “Perché no? I ricchi hanno queste cose, perché non posso averle io?” Il loro comportamento è stato simile a quello degli hooligan. E’ lo stesso teppismo dello stadio in cui il singolo segue il peggio del gruppo. Per 30 anni l’Inghilterra ha visto un vandalismo simile che partiva dagli stadi. Nel 1980, quando giocava il Manchester United, fu saccheggiata una gioielleria. Nessuno se lo era proposto come scopo iniziale, molti seguirono il gruppo per provare una emozione, il saccheggio fu un bonus in più. In questi giorni è successo qualcosa di simile, i capi hanno attaccato dei negozi, gli altri li hanno seguiti. Per i cittadini normali dar fuoco a un bus o assaltare un negozio è impensabile. Molti di questi ragazzi probabilmente non lo avevano mai fatto prima. Ma nell’eccitazione della folla e sentendosi impunibili hanno cercato il bottino, oggetti di lussi, cellulari, computer portatili, tv a schermo ultrapiatto, vestiti… Si sono ripetute le scene del 1980. Ma questa possiamo chiamarla “una rivolta della società dei consumi”. Le cause no sono riducibili al solo teppismo. Sullo sfondo c’è il disagio crescente di una generazione che si sente emarginata, che ha davanti solo la disoccupazione, che non ha le stesse opportunità di altri, che ha scuole peggiori, famiglie disarticolare, una disparità di reddito che non colmerà mai. La maggior parte di questi ragazzi è povera ed essi sanno che partecipando al saccheggio non avranno niente da perdere. Non hanno una carriera a cui pensare. Non hanno proprietà, non emarginati, delusi, privi di speranza. Essi non sono ‘noi’. Vivono ai margini del mondo, sono incazzati e in grado di fare cose terribili.
Viviana Vivarelli
Berlusconi imprenditore di successo? Una favola. - di Peter Gomez.
Mentre quello che suo padre chiamava “l’orologio rotto della Borsa” riprendeva in chiusura un po’ di fiato, i titoli Mediaset e Mondadori hanno continuato a segnare rosso fisso (rispettivamente meno 47,14 % in un anno e meno 25,92 in sei mesi). E nemmeno il leggero recupero di Mediolanum (+1,92%) è bastato per ridare al Cavaliere il buon umore. Pure a guardare il grafico del gruppo gestito dal socio Ennio Doris vengono, del resto, le vertigini: qui l’asticella dal febbraio a oggi è scesa del 38,61%. Il tutto in una Piazza Affari che in un anno ha perso solo (si fa per dire) il 25 per cento.
Eh sì, il Cavaliere ha un bel ripetere che le “Borse hanno una vita scostata da quella economica”. Può benissimo tentare di usare Palazzo Chigi per invitare i cittadini a comprare azioni del suo gruppo (“io se avessi risparmi importanti da parte, investirei prepotentemente nelle mie aziende” ha detto in conferenza stampa pochi giorni fa). E può persino (non senza qualche ragione) ricordare che la crisi è internazionale e generalizzata. Resta però un fatto. Anzi ne restano due. Il primo: negli ultimi dieci anni (otto dei quali con Berlusconi al governo) il Pil italiano è cresciuto in media dello 0,25% ogni 12 mesi: un dato migliore solo a quello di Haiti e Zimbabwe. Il secondo: la storia italiana del Berlusconi imprenditore di successo, che proprio per questo avrebbe saputo cosa fare con la nostra economia, è appunto una storia. Anzi una favola.
E non perché il politico più ricco del mondo una volta andato al potere sia diventato improvvisamente un incapace. Ma perché il Cavaliere ha applicato al sistema Italia le stesse tecniche che utilizzava nella gestione delle sue aziende. Scorciatoie, trucchi, poco o nessun rispetto delle regole. Sistemi buoni per fare cassa, per salvarsi per il rotto della cuffia, ma non certo per modernizzare e rendere competitivo un paese.
Così, se un tempo i suoi manager per evitare problemi con le tasse versavano mazzette alla Guardia di Finanza (lo ha fatto l’attuale senatore Pdl, Salvatore Sciascia), Berlusconi per tre volte, tra il 2001 e il 2009, tira su qualche miliardo, facendo approvare lo scudo fiscale. La tangente (legalizzata)è del 5 per cento e mette l’evasore al riparo al riparo da ogni conseguenza. Per chi non ha conti all’estero il premier, inventa invece due condoni tombali (2003 e 2009) e una legge che depenalizza di fatto il falso in bilancio (2001).
Anche in campo economico a Palazzo Chigi si va avanti allo stesso modo, prendendo a modello ciò che si era fatto con la vecchia e gloriosa Fininvest tra il 1992-93. Si scommette per anni sulla ripresa internazionale (che quando poi è arrivata non si è peraltro stati in grado di agganciare), ma si evita di procedere con le ristrutturazioni. Per rendersene conto basta leggere alcuni documenti: i verbali delle riunioni dei manager del Biscione allora redatti dall’ex segretario di Berlusconi e attuale senatore Guido Possa. A quel tempo i debiti totali del gruppo ammontavano 4.550 miliardi di lire, contro i 3.300 comunicati ai giornali. I manager temevano il default e suggerivano dismissioni e profondi cambiamenti. Niente da fare. Il colpo di genio di Berlusconi è una furbata: aspettare, spingere la Rai a smetterla con la concorrenza e risparmiare così “300-350 miliardi di lire l’anno”. Come? Il Cavaliere, scrive Possa, ordina di trovare dei nomi di manager da inserire in Rai con un’operazione di lobby con i quali sia possibile “raggiungere un buon accordo”. Poi decide di entrare in politica. Vince il piatto e in Rai si mette a comandare. Una mossa da gambler spregiudicato. Utile di certo per salvare un’azienda. Perfettamente inutile oggi per tentare di far progredire un Paese.
mercoledì 10 agosto 2011
I sacrifici dei concessionari pubblici.
Ora si parla di privatizzazioni, di mettere all'asta i beni pubblici, le aziende dello Stato, dall'ENI all'Enel, per fare cassa. E' una spoliazione fatta senza il consenso dei cittadini che ne sono i legittimi proprietari. Nessun bene dello Stato va venduto, è anzi vero il contrario per avere una possibilità di sviluppo. Cedere sovranità su aziende chiave per il Paese vuol dire abdicare a qualunque ruolo internazionale, come è avvenuto per la sciagurata cessione a debito di Telecom Italia, che era allora il motore dell'innovazione del Paese, da parte di D'Alema, il merchant banker di Gallipoli.
I sacrifici? Partiamo dai concessionari, da coloro che usano beni pubblici in concessione per farci una montagna di soldi. Per brevità ne cito soltanto due, ma sono molti di più: Benettone Berlusconi. Benetton ha la concessione di alcuni rami delle autostrade italiane attraversoAtlantia Spa, società quotata in borsa. Nel 2010 ha realizzato 3,750 miliardi di euro di ricavi con 701 milioni di euro di utili di esercizio. Chiunque paghi il biglietto autostradale sa di quanto siano aumentati i pedaggi negli ultimi anni. Atlantia non è la sola ad avere in concessione autostrade già strapagate dalle nostre tasse, da quelle dei nostri padri e nonni. La domanda da porsi è semplice: "Perché delle società private devono beneficiare di beni dello Stato?". In alcuni Paesi europei le autostrade sono gratuite, in quanto il loro costo è già stato pagato dai cittadini. Si vuole delegare Atlantia come gestore? Lo si faccia per i solicosti di manutenzione con gare d'appalto. Lo Stato vuole incassare i proventi autostradali per ridurre il debito? Lo faccia! Vuole rendere gratuito il pedaggio, come sarebbe corretto, per diminuire i costi di trasporto che ricadono su imprese e cittadini? Lo faccia. Ma quello che non può fare è arricchire dei privati con beni pubblici.
Veniamo a Berlusconi, l'imprenditùr. Il tizio che oggi chiede "sacrifici" al Paese paga solo l'uno per cento del fatturato della sua azienda per la concessione governativa di tre frequenze nazionali. La gratifica ad vitam la deve al sempiterno D'Alema, che come primo ministro fece approvare la legge 488 del 1999, (pagina 32, articolo 27, comma 9). Credo che sia corretto, in tempi di sacrifici, rivedere la legge e portare l'un per cento del concessionario Berlusconi almeno al 30% (e mi tengo basso) oppure mettere all'asta le frequenze. Cari concessionari, la festa è finita. Prima di chiedere a un qualunque cittadino un solo euro in più, lo Stato deve riprendersi e farsi remunerare ciò che è suo. Loro non si arrenderanno mai (ma gli conviene?). Noi neppure.
Rispunta la questione delle liquidazioni (Mastella 307mila euro, Biondi 278mila, Cossutta 345mila, etc). E sono pure esentasse!!! by MARIO GIORDANO on
Non solo i vitalizi. Anche la liquidazione (esentasse). La “Stampa” di oggi (mercoledì 10 agosto) rilancia a tutta pagina un tema caro al popolo anti-Sanguisughe. Non solo infatti ai nostri ex parlamentari paghiamo un ricco vitalizio, che matura con soli 5 anni di contributi alle spalle (Cinque! Mica 35 come i cittadini comuni!), macché: noi paghiamo loro anche un abbondante “liquidazione”, motivata per “il reinserimento” (è naturale, no? Chi ha fatto il parlamentare deve essere “reinserito”. E ha bisogno di un bel malloppo di nostri soldi per farlo) e tecnicamente definita “assegno di solidarietà”. Proprio così, amici miei: siamo solidali (senza volerlo) con i conti correnti dei nostri ex parlamentari…
Badate bene: si tratta di un assegno molto molto robusto. Per restare all’ultima legislatura finita, quella del 2008, ecco quanto hanno portato a casa, fra pensione e liquidazione, alcuni parlamentari non rieletti: Clemente Mastella (9604 euro di pensione e 307mila euro di liquidazione); Luciano Violante (9363 euro di pensione e 278mila euro di liquidazione); Alfredo Biondi (9604 euro di pensione e 278mila euro di liquidazione), Armando Cossutta (9604 euro di pensione e 345mila euro di liquidazione).
Ultima beffa: le liquidazioni dei comuni cittadini sono sempre tassate al 27 per cento. Quelle dei parlamentari invece sono esentasse. Esentasse, proprio così. La solidarietà del resto non può mica soggiacere alle leggi del fisco. E la faccia di bronzo neppure.
LA RIVOLTA DEGLI ESCLUSI. I tumulti inglesi. - di Viviana Vivarelli
In psicologia come in sociologia, nel teatro delle passioni come delle comunità, vige una regola dura, per cui ciò che è rimosso, sottratto alla visibilità, tende violentemente a tornare alla luce, nella forma del sintomo o della follia. Nel neoliberismo spietato, il rimosso è la povertà, sottratta ad ogni riconoscimento del Potere, e destinata a divenire miseria, cioè spinta selvaggia senza anima, programma o ideologia. Nei gruppi tribali primitivi la pena maggiore era l’esilio, l’essere cacciati dalla pace sociale, peggiore della morte, perché implicava la fuoruscita dell’individuo dai legami del gruppo che gli davano senso e guida, il ripudio del suo riconoscimento sociale. Nella società neoliberiste questo ripudio avviene all’interno delle comunità stesse nella sottrazione che il Potere fa ai poveri dei loro diritti. Il nuovo esilio si chiama ‘emarginazione’, la nuova rimozione è ancora più dura, perché il reietto mantiene dinanzi agli occhi le icone, che gratificano gli ‘integrati’. I poveri sono allontanati dal benessere e desiderano i suoi simboli che oggi sono tecnologici, le tv al plasma, gli ipode, gli iphone…Questa emarginazione colpisce in particolare i più giovani, quelli dell’età di mezzo, gli adolescenti o ragazzi, non ancora formati e dunque più fragili. Il sistema li emargina da ogni possibilità e preparazione, blocca il loro futuro, taglia loro le ali. Ai ragazzi poveri non viene offerta scuola, formazione o lavoro, ma disoccupazione, miseria e rifiuto sociale, o, al più, un impiego in guerre lontane come mercenario in cambio di una paga che porterà con sé una disumanizzazione anche maggiore.
Nei ghetti inglesi come nella banlieu francese sono i giovanissimi le vittime prescelte, il rimosso sociale, e saranno loro il sintomo che esploderà nella follia e nella devastazione.
Due cose colpiscono nei tumulti di Londra: la prima è che né il governo né la stampa hanno parlato di rivolte razziali, anche se in certi quartieri i ragazzi immigrati sono il 50% dei rivoltosi (all’accusa di ‘rivolta razziale’ si sono invece attaccati i razzisti nostrani che cercano pretesti per aizzare l’odio sociale e hanno ripetuto gli attacchi alla società multiculturale, così come scelsero immediatamente la tesi anti-islamica nella strage di Breivik), la seconda cosa che colpisce è che i membri del governo centrale o locale hanno rifiutato la causa prima della rivolta: l’emarginazione strutturale, e hanno parlato solo di criminalità vandalica. Hanno inteso così di eliminare una lettura sociologica che sarebbe stata critica del sistema.
Ma ciò che viene rimosso tenderà solo a riproporsi. Il neoliberismo non può pretendere di creare problemi gravissimi per poi ignorarli. L’Inghilterra porta in sé un’odissea di emarginazione sociale delle classi più povere presente in ogni momento della sua storia, aggravata dall’industrialismo prima e dall’esplosione del terziario poi, durissima in città minerarie o operaie come Manchester, Liverpool o Glasgow, e irrisolta nella Londra dove il lusso della City fa a pugni con l’abbandono di certi quartieri bassi, ghetti promiscui dove in luogo dei legami sociali si creano provvisorie gang, bande di giovanissimi vandali. Il pretesto per l’esplosione è indifferente, ma in genere, come in Francia o negli USA, si lega ad atti di violenza della polizia, che, come sempre quando il disagio sociale va di pari passo con quello economico, sfoga il proprio malessere sui più poveri, i più giovani, i neri, gli immigrati, l’anello debole del sistema, i non riconosciuti e dunque i non difesi. Le morti in carcere, le torture impunite, gli atti violenti delle forze dell’ordine contro comuni cittadini sono, anche da noi, un sintomo da non ignorare di un malessere pronto a esplodere. Ma il Potere non solo lo ignora, ma premia le repressioni anche inique trattenendo a sé i suoi vigilantes con l’omertà e la carriera.
Se gran parte della società inglese è più emancipata che altrove, proprio grazie alla multiculturalità, alla non invasività di una chiesa di Stato, all’ambientalismo, alla difesa dei diritti umani, si mantiene, nell’ambito del potere statuale, una rigida struttura neoliberista anglosassone, non diversa da dx a sx, che spinge al colonialismo, alla guerra, alla depredazione, all’emarginazione, sia fuori che dentro lo Stato.
Il sistema è violento e semina violenza. Non ammette cura e prevenzione, ma risolve con iniquità e sanzione. Le sommosse sono un’esplosione di rabbia e alienazione. Sono una reazione selvaggia al consumismo che depreda i prodotti del consumismo stesso per poi distruggerli: i vestiti, gli oggetti tecnologici, le merci di lusso…si rubano questi oggetti ma si danno anche alle fiamme gli edifici o i negozi che le contengono, odio e amore insieme, avvalendosi del fatto che il Potere ha fatto tagli rovinosi nelle forze dell’ordine, il che dà il senso di una razzia impunita. Hanno distrutto perché potevano, perché le probabilità di essere fermati erano basse grazie ai tagli fatti dal governo sulle forze di polizia.
Questi ragazzi sono molto giovani, intorno ai 14 anni, è stato arrestato persino un undicenne grazie al fatto che la legge inglese punisce sopra i 10 anni e Camerun ha chiarito in modo secco che chi è abbastanza vecchio per fare del male è abbastanza vecchio per essere punito. Sono le vittime primarie di una sopraffazione politica.
Il sistema ha creato alienazione, assenza di legami sociali, assenza di relazione positiva col proprio ambiente che è vissuto come un sub-ambiente, deprivato dei diritti fondamentali. Questi ragazzi crescono con la convinzione di essere estranei al proprio intorno, sono nemici in casa, il sistema li ha ributtati e loro sanno che il sistema non farà nulla per loro e che loro non devono nulla al sistema. La città esiste in quanto li esclude. I quartieri dormitorio. I tagli alle reti sociali, culturali, sportive, scolastiche, di contenimento e di realizzazione, che sempre si legano ai sistemi classisti e oppressivi e che, ora, con la crisi, falcidiano le possibilità dei più giovani, creano ghetti di malessere e di alienazione.
Il problema delle rivolte inglese non è, come vorrebbe far credere il razzismo della dx, l’immigrazione, è l’alienazione, che colpisce gli immigrati come gli autoctoni. Per questi ragazzi non esiste un ’noi’, esiste un ‘io’ che si unisce ad altri ‘io’ solo saltuariamente nella razzia, nella banda selvaggia, nella distruzione. Essi stanno gridando: “Non esiste qualcosa come la società! Non esisto io!” E tentano impropriamente di riaffermare, con la violenza, se stessi.
Indice notevole di questa anomia da perdita di identità è stato il fatto che la comunità turca, dotata di maggiore spirito comunitario, ha difeso le proprie case e i propri beni dai vandali, riuscendo dove la polizia falliva. Là dove la società esiste, esiste il diritto. Là dove la società diventa sopraffazione politica ed economica, esiste solo la rabbia. Questo dimostra come la disintegrazione sociale sia la causa del fenomeno. Ma la disintegrazione sociale è causata dal fatto che il sistema ha separato il Potere dal Valore.
Dalla Thatcher in poi, il neoliberismo, sistema perverso e classista, ha prevalso in Occidente, peggiorando la vita dei più poveri e spingendo dalla povertà alla miseria, che è anche povertà d’anima, e le cose non sono migliorate con le guerre e la falsa sx di Blair. La crisi attuale ha accentuato i tagli a uno stato sociale che non ha mai brillato in UK. La sanità inglese solo in tempi recenti ha coperto l’assistenza ai più poveri e la scuola è troppo cara per essere, come da noi, un parcheggio per ragazzi privi di lavoro e di prospettive. I tagli più recenti si sono abbattuti, come negli USA, sulle classi più basse. Sono stati appena tagliati i sussidi di solidarietà e le indennità scolastiche EMA, l’anno scorso l’Inghilterra è stata scossa dalle manifestazioni scolastiche e i durissimi tagli hanno portato migliaia di inglesi a manifestazioni pacifiche molto insolite in un paese che scende malvolentieri in piazza per motivi economici. Con la crisi e i tagli a senso unico del governo, la disoccupazione ha infierito su un paese senza più risorse interne e senza più apporti coloniali. Questo rende insostenibile la situazione nelle parti più povere del paese e accentuerà la violenza della reazione sociale dal basso. Le rivolte dei ragazzi sono solo un sintomo, ma le esplosione sociali per il malessere politico ed economico rischiano di essere il flagello dell’Occidente come di altri paesi che si stanno ribellando.
I poveri del mondo non hanno nessuna intenzione di pagare solo loro i pesi di una crisi che è stata prodotta dalla speculazione dei più ricchi.
Ma di questo né Camerun né Johnson hanno parlato. L’Europa tutta e ancora più gli USA non hanno nessuna intenzione di iniziare una critica al sistema. E’ più facile bollare come criminalità comune quanto accade. Ma il neoliberismo con la sua spietatezza ha prodotto una crisi che non farà che allargarsi se questa critica non sarà iniziata. Le rivolte giovanili sono solo il sintomo iniziale che la situazione è rovente. Gli anelli più deboli della catena esplodono e il neoliberismo non può pretendere di liquidarli come movimenti criminali lavandosi le mani delle proprie colpe.
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Lettera da mia figlia da Londra. Lei vive a Ealing che è uno dei focolari dei tumulti, mentre mio genero lavora nella City che, paradossalmente, confina coi quartieri più poveri:
“Ho sentito stamattina per un paio di ore i telegiornali prima di partire e nessuno dico nessuno ha accennato a cause per scontri razziali. I più' ragionano sul fatto che poiché tutto è cominciato da uno ucciso dalla polizia adesso la polizia ci va con la mano leggera e questo ha creato le condizioni per prenderne vantaggio. In più' ci sono tanti giovani un po’ allo sbando come in tutte le metropoli che ultimamente sono stati persi dai servizi sociali a causa dei tagli del Governo. Purtroppo con i telefonini si crea una specie di euforia, questi ragazzi sono tutti esaltati all’idea di mettere a fuoco un quartiere. A Ealing ci sono stati diversi negozi attaccati con gli estintori, per distruggere le vetrine, qualcuno è stato derubato ma la maggior parte mi è parsa di no. Un paio di macchine sono state bruciate ma altri quartieri di Londra hanno avuto veri e propri incendi.
Il proprietario del ristorante italiano vicino a noi ha visto qualche centinaia di ragazzi mezzi ubriachi che arrivavano e uno ha acceso un giornale per dargli fuoco al ristorante. Lui si è precipitato a dir loro: “Prendi quel che vuoi ma non bruciare il ristorante”, e quelli se ne sono andati via senza neanche entrare. La stessa cosa si è ripetuta in una zona turca di un collega di David, i proprietari dei ristoranti si sono messi di fronte ai locali e non sono stati toccati, perché questi sono ragazzi buoni a dar fuoco ma non reali violenti.
Io sono andata nel Centro di Ealing con la mia scopa, ho aiutato un negozio a tirare sui vetri e spazzato un po' per la strada. Pare che si siano trovati in un centinaio a Ealing oggi, ma la maggior parte delle cose non si potevano toccare perché c'era il cordone della polizia e tutti fotografavano. Ho parlato con tante persone, e come ti ripeto, nessuno, ma proprio nessuno, ha mai nominato il razzismo o la multiculturalià. Semmai i tagli della coalizione e questi giovani che sono un po’ senza casa né storia e non sanno come altro divertirsi, altro argomento è la fiacchezza della polizia, che non ha abbastanza agenti ma che pare anche inadeguata a rispondere.
http://ealingsustainable.wordpress.com/2011/08/09/clean-up-riots-in-ealing-my-story/
Questo mi pare un buon articolo che ti riassume l'analisi fatta in questi giorni. Come vedi non si dice nulla sul multiculturalismo:
http://www.bbc.co.uk/news/magazine-14463452
From now on I will try to live as if my efforts will make a big difference.
Da ora in poi proverò a vivere come se i miei sforzi faranno una grossa differenza.
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Quando i missionari vennero per la prima volta nella nostra terra, loro avevano le Bibbie e noi avevamo la terra.
Cinquant'anni dopo, noi avevamo le Bibbie e loro avevano la terra.
(Jomo Kenyatta, primo presidente del Kenya dopo l'indipendenza)