giovedì 11 agosto 2011

Analisi di alcuni psicologi dei tumulti di Londra. - di Viviana Vivarelli.


Chiamare questa rivolta ‘inter-razziale’ non ha senso. Solo in certi quartieri la metà dei vandali sembrano essere immigrati. Dai 600 arrestati e dalle foto, appare che sono ragazzini dai 10 ai 14 anni, mossi dall’avidità. In genere il comportamento umano è guidato dalla propria identità e dai propri valori, che ci dicono di non fare certe cose o di non prendere certe cose senza pagarle. Ma in certe situazioni di gruppo queste regole saltano. La morale è inversamente proporzionale al numero delle persone. La maggior parte di questi ragazzi non era mai stata in una rivolta prima d’ora. Guardano quello che fanno gli altri e sono trascinati ad imitarli. Quando la rivolta è scoppiata a Londra, le forze di polizia erano in netta minoranza a causa dei tagli di Camerun e si sono limitati a guardare il vandalismo senza intervenire. Questo ha dato la spinta a fare peggio. Solo dopo tre notti la Polizia ha aumentato le sue forze richiamandole da tutto il paese ma ormai le cose erano degenerate. I vandali si sono serviti della forza dei numeri. In genere si imita ciò che ha successo. Se vedi qualcuno portare via un televisore da un negozio e nessuno lo ferma, ti chiedi: “Perché no? I ricchi hanno queste cose, perché non posso averle io?” Il loro comportamento è stato simile a quello degli hooligan. E’ lo stesso teppismo dello stadio in cui il singolo segue il peggio del gruppo. Per 30 anni l’Inghilterra ha visto un vandalismo simile che partiva dagli stadi. Nel 1980, quando giocava il Manchester United, fu saccheggiata una gioielleria. Nessuno se lo era proposto come scopo iniziale, molti seguirono il gruppo per provare una emozione, il saccheggio fu un bonus in più. In questi giorni è successo qualcosa di simile, i capi hanno attaccato dei negozi, gli altri li hanno seguiti. Per i cittadini normali dar fuoco a un bus o assaltare un negozio è impensabile. Molti di questi ragazzi probabilmente non lo avevano mai fatto prima. Ma nell’eccitazione della folla e sentendosi impunibili hanno cercato il bottino, oggetti di lussi, cellulari, computer portatili, tv a schermo ultrapiatto, vestiti… Si sono ripetute le scene del 1980. Ma questa possiamo chiamarla “una rivolta della società dei consumi”. Le cause no sono riducibili al solo teppismo. Sullo sfondo c’è il disagio crescente di una generazione che si sente emarginata, che ha davanti solo la disoccupazione, che non ha le stesse opportunità di altri, che ha scuole peggiori, famiglie disarticolare, una disparità di reddito che non colmerà mai. La maggior parte di questi ragazzi è povera ed essi sanno che partecipando al saccheggio non avranno niente da perdere. Non hanno una carriera a cui pensare. Non hanno proprietà, non emarginati, delusi, privi di speranza. Essi non sono ‘noi’. Vivono ai margini del mondo, sono incazzati e in grado di fare cose terribili.

Viviana Vivarelli


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