venerdì 7 settembre 2018

Voti in cambio case: arrestati ex amministratori Lecce.





Sono 46 le persone indagate.


Ex amministratori comunali, consiglieri comunali, alcuni dei quali ancora in carica, e dirigenti del Comune di Lecce vengono arrestati in queste ore dai militari della Guardia di Finanza. Gli arresti sono stati richiesti dai Pm Massimiliano Carducci e Roberta Licci. Sono 46 le persone indagate, tutte a vario titolo accusate per associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, abuso d'ufficio e falso ideologico. Voti elettorali sarebbero stati 'scambiati' con alloggi popolari.
Compare anche il nome del senatore leccese della Lega Roberto Marti tra i 34 indagati che non sono stati raggiunti da alcun provvedimento restrittivo. Marti, dal 2004 al 2010, è stato assessore a Lecce ai Servizi sociali, ai progetti mirati e alle pari opportunità. Il reato contestato é abuso d'ufficio e falso ideologico.
http://www.ansa.it/puglia/notizie/2018/09/07/voti-in-cambio-case-arrestati-ex-amministratori-lecce-_6bfe9c42-0126-461d-af94-ed7994ee2904.html

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Lecce, voti in cambio di case popolari: arrestati ex amministratori e consiglieri comunali. Indagato senatore della Lega.

Sette le misure di custodia cautelare, anche nei confronti dell'ex assessore e attuale consigliere comunale Attilio Monosi (centrodestra), del consigliere comunale Pd Antonio Torricelli e dell'ex assessore della giunta Perrone Luca Pasqualini (centrodestra). Tutti gli indagati sono accusati di associazione a delinquere, peculato, corruzione, corruzione elettorale, abuso d’ufficio, falso, occupazione abusiva, violenza privata e lesioni. Sotto inchiesta anche il senatore leghista Roberto Marti.

Sette persone arrestate e 46 indagati a Lecce. Sono ex amministratori comunali, consiglieri – alcuni dei quali ancora in carica – e dirigenti, tutti accusati di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale, abuso d’ufficio e falso ideologico. Scambiavano voti per alloggi popolari. Sono finiti ai domiciliari l’ex assessore e attuale consigliere comunale Attilio Monosi (centrodestra), il consigliere comunale Pd Antonio Torricelli, l’ex assessore della giunta Perrone Luca Pasqualini (oggi consigliere di centrodestra), il dirigente comunale Lillino Gorgoni e il 27enne Andrea Santoro. Interdittiva invece per i dirigenti e funzionari dell’ufficio casa Piera Perulli, Giovanni Puce, Paolo Rollo e Luisa FracassoTra gli indagati c’è anche il senatore della Lega, Roberto Marti, ex assessore leccese, il cui nome era emerso già oltre un anno fa in un altro filone dell’inchiesta sulle case popolari. Gli arresti sono stati richiesti dai pm Massimiliano Carducci e Roberta Licci. Il sindaco di Lecce, Carlo Salvemini, è sostenuto da una maggioranza di centrosinistra ed è stato eletto nel 2017, dopo 20 anni di amministrazione di centrodestra.

I finanzieri del Comando Provinciale di Lecce, al termine di indagini coordinate dalla Procura della Repubblica, hanno eseguito un’ordinanza di misura cautelare nei confronti di 9 persone (di cui due in carcere, cinque agli arresti domiciliari e due con obblighi di dimora), indagati a vario titolo per reati di associazione a delinquere, peculato, corruzione, corruzione elettorale, abuso d’ufficio, falso, occupazione abusiva, violenza privata e lesioni. Secondo quanto riporta il Nuovo Quotidiano di Puglia, a Pasqualini viene contestata anche l’accusa “di avere approfittato delle prestazioni di una donna” che “sarebbe la moglie di un uomo residente nel Quartiere Stadio che sarebbe stato particolarmente raccomandato all’assessore per avere una casa parcheggio“. Le indagini, scrive il quotidiano leccese, hanno documentato uno scambio di telefonate e messaggi con questa donna con cui ci sarebbero stati due incontri.

L’ordinanza di 800 pagine, che ha interessato, tra gli altri, amministratori pubblici pro-tempore e dipendenti della amministrazione comunale, è stata emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Lecce, Giovanni Gallo, in seguito a richiesta avanzata dalla Procura nel mese di dicembre dello scorso anno nell’ambito di indagini svolte dal Nucleo di Polizia Economico Finanziaria di Lecce. Secondo l’ipotesi di reato formulata dai magistrati, è stata accertata l’assegnazione indebita di alloggi di Edilizia Residenziale Pubblica in favore di persone non collocati in graduatoria in posizione utile, l’occupazione abusiva di alloggi resisi disponibili per l’assegnazione nonché l’accesso illegittimo a forme di sanatoria di cui alla Legge Regionale 10 del 2014 concesse in assenza dei requisiti richiesti. Si tratta di comportamenti che al momento non vedono coinvolti ulteriori soggetti oltre a quelli colpiti dalla misura cautelare di oggi. Secondo i magistrati la finalità era quella di acquisire consenso elettorale dei potenziali beneficiari di alloggi pubblici.
Dalle intercettazioni telefoniche e dai capi di imputazione che compaiono nella corposa ordinanza, ci sono anche nomi di vari big della politica locale e nazionale, ma il loro coinvolgimento nel mercato illecito dello scambio di voti in cambio di alloggi popolari è stato escluso dagli investigatori. Le indagini a loro carico non hanno prodotto alcun elemento che ne attestasse il coinvolgimento. Nell’ordinanza vengono ricostruiti su fonti di prova, concrete, episodi e modalità con cui avveniva il giro del mercato illecito legato all’assegnazione degli alloggi popolari in cambio di voti elettorali.

L’inchiesta principale, aperta tre anni fa, aveva conosciuto un primo momento di svolta nel pieno della campagna elettorale 2017, quando emerse il nome dell’allora sindaco Paolo Perrone, l’ex primo cittadino Adriana Poli Bortone, gli ex assessori alle Politiche giovanili e al Welfare, Damiano D’Autilia e Nunzia Brandi; i due ultimi segretari comunali Domenico Maresca e Vincenzo Specchia; il capo di Gabinetto Maria Luisa De Salvo; i dirigenti Luigi ManiglioNicola Elia e Raffaele Attisani; l’ex consigliere regionale di Azzurro Popolare Aldo Aloisi. Intere palazzine di via Potenza, via Pistoia, Piazzale Cuneo e Piazzale Genova sarebbero state assegnate con criteri poco trasparenti, tra il 2006 e il 2016. Per almeno 28 appartamenti, cioè, si sospettano attribuzioni senza requisiti, a colpi di sanatorie di occupazioni abusive, semplici delibere, passaggi indebiti dalle case parcheggio agli alloggi. Il tutto con la presunta influenza degli amministratori e commistione dei dipendenti di Palazzo Carafa, per agevolare precisi gruppi di inquilini. Tra questi ci sono anche persone ritenute vicine ai clan della Scu.

Cdm approva ddl Anticorruzione. Daspo a vita per reati sopra i due anni. - Vittorio Nuti

Via libera del Consiglio dei ministri al Ddl Bonafede con “Misure per il contrasto dei reati contro la pubblica amministrazione”, ribattezzato dal M5S “Spazzacorrotti”. Alla riunione era assente il vicepremier Matteo Salvini, scettico sulle misure fortemente volute dall’alleato di governo. Tra le novità, il cosiddetto “Daspo” a vita per corrotti e corruttori con condanne superiori a due anni con interdizione dai pubblici uffici e incapacità a contrarre con la Pa e l'introduzione dell'agente sotto copertura nelle operazioni di polizia anche per i reati conto la Pa. Previste anche agevolazioni a chi collabora con gli inquirenti ma solo a rigide condizioni. In apertura di conferenza stampa il premier Giuseppe Conte sottolinea come il ddl «si inquadra nell'ambito delle riforme strutturali che servono al Paese». Con esso il governo punta a «restituire al nostro Paese competitività. L'Italia ha risorse culturali, economiche e sociali: bisogna cercare di realizzare le condizioni perchè queste potenzialità si sviluppino».
Stop alla privacy per chi finanzia partiti e fondazioni.
A sorpresa spunta anche lo stop alla privacy e al segreto sui nomi di chi finanzia anonimamente i partiti politici e le fondazioni che a questi fanno riferimento. Questo, spiega il vicepremier Luigi Di Maio ai giornalisti, «consentirà di capire come mai negli anni abbiamo visto spesso comportamenti contro i cittadini», con la politica sempre capace «di trovare miliardi di euro per i gruppi di potere e non per le esigenze dei cittadini». La lotta alla corruzione, conclude, «farà risparmiare miliardi di euro allo stato che potremo utilizzare per le imprese e per le persone senza lavoro, per la scuola, la sanità e i servizi pubblici».
Daspo a largo raggio.
L’elemento di maggiore novità sottolineato dal Guardasigilli Alfonso Bonafede nel suo intervento riguarda il cosiddetto “Daspo” (in pratica, il divieto di avere rapporti con la Pa associato all’intedizione dai pubblici uffici ) per corrotti e corruttori, anche nei casi considerati meno gravi. In pratica, chi corrompe o si fa corrompere non potrà avere alcun rapporto con lo Stato per almeno cinque anni. Il Ddl prevede poi il “Daspo” a vita per i corrotti condannati oltre i due anni di reclusione, con l’allontanamento dai pubblici uffici anche se si ottengono la sospensione condizionale (o patteggiamento) e la riabilitazione decretata da un giudice. In quest'ultimo caso gli effetti del Daspo cessano solo dopo 15 anni da quando la pena è stata espiata e sempre in caso di buona condotta.
I dubbi su Daspo “perpetuo” e riabilitazione.
La modifica mirata delle nuove norme anticorruzione messe a punto questa estate dal Guardasigilli Alfonso Bonafede era nell'aria. Nonostante il pressing del vicepremier Luigi Di Maio e la campagna sui social avviata dal M5S, la prima versione del provvedimento “spazza-corrotti” aveva fatto storcere il naso al leader della Lega Matteo Salvini, che ieri metteva in guardia dal permettere «processi sommari» contro gli accusati di corruzione, pur confermando la necessità di combattere senza quartiere il fenomeno. A pesare anche i dubbi di incostituzionalità di diversi giuristi per le pene accessorie “senza scadenza” come appunto l’interdizione dai pubblici uffici e l'incapacità a contrarre con la Pa. Dubbi che sarebbero stati sottolineati tra gli altri anche dal premier Giuseppe Conte, di professione avvocato.
Ddl atteso alla Camera. Le critiche dell’opposizione.
Dopo il via libera del governo, il ddl Bonafede verrà incardinato alla Camera, in commissione Giustizia, guidata dalla pentastellata Giulia Sarti. L’opposizione preannuncia una lotta senza quartiere al provvedimento, definito senza mezzi termini «mostro giuridico» da Enrico Costa, capogruppo di FI nella stessa commisisone. L’accusa è di stravolgere «i principi su cui si fonda il sistema penale. 
Le argomentazioni del Governo sono agghiaccianti : ci sono pochi processi per corruzione, allora, per migliorare le statistiche, lo Stato diventa regista della commissione di reati. La corruzione non si combatte violando la Costituzione ed i principi su cui si fonda lo Stato di diritto». «Non si combatte la corruzione violando i principi costituzionali», taglia corto un altro deputato azzurro, Franceso Paolo Sisto. La proposta varata da palazzo Chigi « è inutile, perché si limita ai soliti aumenti di pena, e dannoso, perché richiama il peggio delle norme di Mani pulite e delle terapie degli anni di piombo contro i brigatisti». Il responsabile Giustizia del Pd, Valter Verini, liquida invece il ddl come «uno spot, con aspetti, purtroppo, di dubbia costituzionalità ed efficacia».
Sì all’agente sotto copertura.
Tra le misure di rilievo del ddl spicca poi la possibilità di ricorrere nelle indagini anticorruzione e reati contro la Pa all'agente sotto copertura (cosa diversa dall'agente provocatore) già previsto nelle attività di contrasto alla criminalità organizzata, al traffico di droga e al terrorismo (e citato anche al punto 15 del contratto di governo M5S-Lega).
Non punibile chi denuncia per tempo la corruzione.
Con il Ddl debutta poi la figura del “pentito della corruzione”: chi si pente (in tempo utile) dei propri comportamenti, si autodenuncia e aiuta concretamente la giustizia - spiega una nota di via Arenula - «non sarà punibile, a patto che rispetti regole molto severe: confessione spontanea su fatti non già oggetto d'indagine e comunque entro 6 mesi dalla commissione del reato». Le informazioni rese ai magistrati dovranno poi « essere davvero utili», e accompagnate «dalla restituzione del denaro intascato». Si interviene anche sul fronte della vendita di influenze, vere o inventate. Il “millantato credito” viene infatti assorbito dal reato di “traffico illecito di influenze”, «delitto che punisce sia chi vende, sia chi acquista influenze vere e false».
Inasprimento delle pene.
La riforma delle norme contro la corruzione non dimentica un generale inasprimento delle pene per i pubblici ufficiali, con la reclusione da 3 a 8 anni per chi corrompe e si lascia corrompere nell'esercizio delle proprie funzioni pubbliche. Lunga la lista dei reati per cui si rischia il Daspo per i rapporti con la Pa: malversazione aggravata dal danno patrimoniale di rilevante gravità, corruzione per l'esercizio della funzione, corruzione propria aggravata dal fatto di avere ad oggetto il conferimento di pubblici impieghi, istigazione alla corruzione, peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, traffico di influenze illecite, abuso d'ufficio aggravato dal vantaggio o dal danno di rilevante gravità.
Procedibilità d’ufficio per la corruzione tra privati.
Il provvedimento elaborato dai tecnici della Giustizia introduce poi la procedibilità d’ufficio, senza la necessità di denuncia da parte della vittima, in caso di corruzione tra privati e istigazione alla corruzione tra privati. I cittadini italiani o stranieri che commettono alcuni reati contro la pubblica amministrazione all'estero «potranno sempre essere perseguiti senza una richiesta del ministro della Giustizia e in assenza di una denuncia di parte». In caso di condanna, privati e funzionari pubblici saranno soggetti a sanzioni economiche più alte, proporzionate alla gravità del reato commesso e, comunque, mai al di sotto dei 10mila euro.

giovedì 6 settembre 2018

Il SIRE è l’uovo di Colombo. - Fabio Conditi

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Il SIRE è l’uovo di Colombo, perchè permette di realizzare le promesse elettorali come la Flat Tax, il Reddito di Cittadinanza, lo Sviluppo Economico e l’aumento dell’occupazione, senza violare norme e vincoli dei Trattati Europei, cioè senza aumentare il debito pubblico e quindi superare il 3%.
Se voglio aumentare la domanda interna e fare investimenti produttivi, senza aumentare il debito, basta realizzare uno strumento fiscale, utilizzabile per i pagamenti, che valga per ridurre le tasse dopo 2 anni, in modo da permettere all’economia reale di produrre un aumento del PIL e delle entrate fiscali, tali da compensare le future riduzioni fiscali.
SIRE” è l’acronimo di Sistema Integrato di Riduzioni Erariali o di Rinascita Economica, dipende dal punto di vista.comedonchisciotte-controinformazione-alternativa-circolo-vizioso_sire
Da anni siamo entrati in un circolo vizioso nel quale, a causa degli interessi che paghiamo sul debito pubblico, si sono ritenute necessarie politiche di austerity che invece peggiorano la crisi nell’economia reale e determinano solo un progressivo aumento del debito pubblico e degli interessi pagati, aggravando la situazione e richiedendo sempre maggiori sacrifici alla popolazione.
Quello che servirebbe, invece, è la realizzazione di politiche economiche anticicliche espansive volte all’aumento della spesa per investimenti ed a sostegno della domanda interna, ma il rispetto dei vincoli dei trattati e le dimensioni del debito pubblico non permettono allo Stato di porre in essere queste azioni di rilancio dello sviluppo economico.
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Lo Stato ha quindi bisogno di uno strumento nuovo, che permetta di creare risorse sia per investimenti produttivi, con conseguente aumento dell’occupazione, sia per il Reddito di Cittadinanza e la Flat Tax. In questo modo si genererebbe un tale aumento del PIL e della domanda interna, da migliorare sensibilmente sia il deficit di bilancio che il rapporto Deb/Pil, trasformando un circolo vizioso in circolo virtuoso.
SIRE, un Sistema Integrato di Riduzioni Erariali e di Rinascita Economica
Attualmente lo Stato ha già un sistema di agevolazioni fiscali per ristrutturazioni edilizie, adeguamenti sismici o riqualificazioni energetiche, ecc… È utilizzato da anni con evidenti vantaggi, perché non produce debito pubblico ed ha dimostrato di generare sicuri effetti benefici in termini di aumento del PIL e delle entrate fiscali, senza per altro creare fin da subito difficoltà di bilancio.
Lo Stato ha la sovranità fiscale, cioè la competenza esclusiva di decidere non solo l’entità delle imposte cui assoggettare aziende e cittadini, ma anche l’ammontare delle possibili detrazioni fiscali. Quindi il Sire, essendo uno strumento fiscale, è di competenza esclusiva dello Stato ed è compatibile con i vincoli dell’Unione Europea ed i parametri di Maastricht.
Funzionamento del SIRE
Lo Stato istituisce presso il Ministero dell’Economia e delle Finanze un sistema elettronico o virtuale con blockchain, dove ogni azienda e cittadino, con residenza o sede legale in Italia, ha un conto corrente fiscale identificato dal suo Codice Fiscale, dove saranno contabilizzate le riduzioni fiscale in Sire.
comedonchisciotte controinformazione alternativa sire moneta fiscale newLe caratteristiche principali del Sire sono :
  • un Sire equivale ad un Euro di riduzioni di tasse;
  • la riduzione di tasse vale solo dopo 2 anni dall’emissione;
  • è uno strumento di pagamento ad accettazione volontaria;
  • la trasferibilità è possibile fin da subito tra i soggetti che hanno un conto corrente fiscale.
L’utilizzo del Sire come riduzione delle tasse è differita di 2 anni in modo da permettere all’utilizzo come strumento di pagamento da subito, di generare un sicuro effetto benefico per l’economia nel frattempo, da produrre un aumento delle entrate fiscali sufficiente a compensare la riduzione delle entrate futura.
L’accettazione deve essere volontaria perchè attualmente gli unici strumenti di pagamento “a corso legale”, cioè ad accettazione obbligatoria, sono solo banconote e monete metalliche, che sono solo una piccola percentuale di tutta la moneta che usiamo.
comedonchisciotte controinformazione alternativa strumenti monetariIn realtà noi usiamo principalmente uno strumento ad accettazione volontaria che è il “credito bancario”, creato dal nulla dalle banche e generatore di debito perchè immesso nell’economia attraverso i prestiti.
Il Sire sarebbe uno strumento simile, cioè un “credito fiscale” ad accettazione volontaria, utilizzabile nei pagamenti ma che non genera debito perchè immesso nell’economia attraverso la spesa pubblica.
L’unica differenza è che il credito bancario è accettato subito dallo Stato come pagamento delle tasse, mentre il Sire è accettato come riduzione delle tasse solo dopo 2 anni dalla sua emissione, ma il risultato finale è lo stesso.
Il Sire ed i Trattati Europei
Analizziamo ora il Sire rispetto alle norme ed ai vincoli dei Trattati Europei :
  • non è una emissione monetaria quindi non è vietata dai Trattati Europei;
  • non costituisce un aumento del debito pubblico, alla pari di tutte le attuali agevolazioni fiscali;
  • è una risorsa utilizzabile per finanziare le politiche economiche senza aumentare deficit e/o debito.
Quindi non solo è compatibile con le norme dei Trattati Europei, ma permette anche di rientrare nei vincoli di bilancio e di rispettare i parametri comunitari.
Se emesso in forma cartacea come “Biglietto di Stato a valenza fiscale” sarebbe come un Minibot, cioè senza scadenza e senza interessi, con la differenza che non costituirebbe un debito per lo Stato.
Gestione del conto corrente fiscale in Sire
Il conto corrente fiscale può ricevere e scambiare Sire, ma può anche ricevere Euro che verrebbero cambiati in Sire, avendo sempre la possibilità di ritrasformare un analogo quantitativo di Sire in Euro.Simbolo dei SIRE
In pratica il conto corrente dovrà fornire sempre tre informazioni :
  • il saldo attuale in Sire, che può essere utilizzato per i pagamenti, trasferendolo ad altri soggetti;
  • il quantitativo di Sire che avevo 2 anni fa, che dà diritto ad una riduzione di tasse di pari importo;
  • il quantitativo di Euro che ho cambiato in Sire, che dà diritto a ritrasformare uno stesso importo in Euro.
Per rendere “allettante” il cambio da Euro a Sire, e non viceversa, i Sire posseduti possono avere un “incentivo” costituito da un incremento annuo che dovrebbe essere superiore al rendimento dei BOT, ad esempio pari al 1/2%, in modo da rendere “conveniente” l’uso dei Sire rispetto agli Euro, anche perchè sono garantiti dallo Stato e non soggetti al bail-in.
Le operazioni di deposito, ritiro o cambio sui conti correnti fiscali in Sire potranno anche essere effettuate negli sportelli degli uffici postali o delle banche pubbliche, che saranno attrezzati a questo scopo e disponibili per tutti, in modo da agevolare le persone che non hanno dimestichezza con i conti online.
Vantaggi del Sire 
Analizziamo ora i vantaggi prodotti nelle politiche economiche dall’utilizzo del Sire :
  • permette di fare Flat Tax e Reddito di Cittadinanza senza aumentare il deficit;
  • permette di creare investimenti e occupazione senza aumentare il debito pubblico;
  • per effetto del circolo virtuoso, la creazione di Sire può calare negli anni successivi;
  • non c’è aumento di inflazione perchè il credito fiscale si sostituisce al credito bancario;
  • permette la ridistribuzione della ricchezza e la riduzione delle disuguaglianze.
Nel caso della Flat Tax, si potrebbe lasciare invariato il sistema di aliquote fiscali attuali, restituendo però una percentuale delle tasse pagate sotto forma di Sire, in modo che il bilancio dello Stato rimanga invariato e che l’eventuale riduzione delle tasse possa avvenire solo dopo 2 anni dalla loro emissione, in modo da non generare subito un aumento del deficit.
Il Sire permette allo Stato di fare politiche espansive senza violare i vincoli dei Trattati Europei, ma anzi permette di rientrare nei parametri con grande facilità, ad esempio il rapporto Debito/PIL e il limite del 3% del Deficit rispetto al PIL, perchè non aumenta il Debito e il Deficit, permettendo l’aumento del PIL.
Inoltre permette di raggiungere gli obiettivi previsti dall’art.3 comma 3 del TUE, che ricordo prevede tra gli altri non solo la “stabilità dei prezzi” tanto invocata, ma una “crescita economica equilibrata“, la “piena occupazione“, il “progresso sociale“, la “coesione economica, “sociale e territoriale“, e soprattutto la “solidarietà tra gli Stati membri“. Nel pieno rispetto della nostra Costituzione.
Società, Economia e Moneta Positivacomedonchisciotte controinformazione alternativa bo navile a new
C’è un legame molto forte tra la moneta, l’economia e la società :
  • una moneta a debito favorisce l’economia finanziaria e genera una società competitiva, dove pochi si arricchiscono a scapito di tutti gli altri;
  • una moneta positiva favorisce l’economia reale e genera una società collaborativa, dove aumenta il benessere di tutti.
Ne parleremo nell’incontro “Società, Economia e Moneta Positiva” a Bologna il 15 settembre 2018 alle ore 16,00, nella Sala Centofiori di Via Gorki n.16, per prenotazioni, informazioni o assistenza se venite da fuori Bologna in treno, scrivere a moneta.positiva@gmail.com.
La moneta sarà di proprietà dei cittadini e libera dal debito.
Fabio Conditi
Presidente dell’associazione Moneta Positiva http://monetapositiva.blogspot.it/

Ilva, c’è l’accordo tra Mittal e sindacati: 10.700 assunzioni subito e zero esuberi. Calenda: “Complimenti a Di Maio.” - Andrea Tundo

Ilva, c’è l’accordo tra Mittal e sindacati: 10.700 assunzioni subito e zero esuberi. Calenda: “Complimenti a Di Maio”

Intesa trovata dopo una notte di trattativa: la firma finale prevista intorno all'ora di pranzo. Il racconto del lungo negoziato al tavolo del Mise, con l'intervento diretto di Di Maio poco dopo la mezzanotte. La svolta definitiva alle 8, quando ArcelorMittal accetta le 10.700 assunzioni immediate. Palombella (Uilm): "Accordo fatto, ora referendum dei lavoratori."


Avevano chiesto di mantenere sugli impianti quanti ci lavorano in questo momento e di arrivare agli “zero esuberi” al termine del piano ambientale nel 2023. Senza che venissero toccati gli stipendi. E alla fine i metalmeccanici hanno vinto su tutto. In 18 ore di trattativa a oltranza, partita in salita e chiusa da un applauso alle 8.10, quando si è capito che l’accordo era fatto. I sindacati e ArcelorMittal hanno raggiunto l’intesa che permetterà al ministro Luigi Di Maio di consegnare le chiavi dell’Ilva al colosso dell’acciaio nei prossimi giorni per l’ingresso ufficiale a partire dal 15 settembre. Con un accordo migliore di quello ipotizzato dal suo predecessore Carlo Calenda, che su Twitter si complimenta con il vicepremier.
I punti dell’accordo – L’azienda, dopo ore tese al tavolo del ministero dello Sviluppo Economico, ha deciso di riassumere subito 10.700 lavoratori e garantire la contrattualizzazione degli esuberi nel 2023 senza ritoccare al ribasso il costo del lavoro tagliando le ore in fabbrica di ciascun dipendente. Niente solidarietà preventiva, insomma: è la mossa decisiva, un punto sul quale i rappresentati dei lavoratori non avevano nessuna intenzione di cedere.
L’intervento di Di Maio – La svolta è arrivata poco dopo mezzanotte. In quel momento, dopo un secondo round di trattative seguito all’avvio “in salita” e alle distanze marcate” sottolineate dai sindacati e con una “bozza di accordo” che in realtà era una proposta dell’azienda, i segretari generali di Uilm, Fiom-Cgil, Fim-Cisl e Usb hanno in mano un testo integrato e migliorato dalle loro controproposte. Ma la situazione non si blocca. Serve l’intervento diretto del governo e arriva Di Maio, che affianca il dg del Mise Giampiero Castano: va dritto da Rocco PalombellaFrancesca Re David, Marco Bentivogli e Sergio Bellavita. Vuole sapere quale sono le condizioni sotto le quali non firmeranno mai. Ascolta, appunta e richiama ArcelorMittal.
La trattativa “forzata” nella notte – È il momento di “forzare”, perché senza l’intesa sindacale salta tutto. E con i miglioramenti ambientali vagliati dal ministero dell’Ambiente nelle ultime settimane e accettati dall’azienda, il nodooccupazionale è ormai l’ultimo da sciogliere. Il faccia a faccia vive momenti di tensione, ma prosegue. Alle 4.30 la discussione è accesa. Il leader della Fim-Cisl Bentivogli è il più agitato di tutti. La no-stop arrivata fino a tarda ora è però un segnale per lavoratori, azienda e governo: un punto di caduta verrà trovato. Dopo due ore e mezza di scrittura dei testi, la bozza è ormai pronta e si torna in plenaria dopo una riunione ristretta iniziata ormai da oltre 16 ore. Arcelor si presenta con 10.500 assunzioni subito, i sindacati ne chiedono 200 in più.
“Ultimo miglio”. E Calenda si complimenta – Sono le 8 e Di Maio parla di “ultimo miglio” ai presenti al tavolo e lo ripeterà poi all’esterno. L’azienda sa che non può far saltare un’operazione da 4,1 miliardi di euro in ballo dal giugno 2017 per un pugno di lavoratori dopo aver già accettato condizioni che alcuni mesi fa sembravano impossibili. L’accordo finale arriva in pochi minuti: 10.700 assunzioni, zero esuberi, premialità una tantum. Mancano le firme, arriveranno in giornata dopo aver letto e riletto il testo definitivo dell’intesa. Alla fine, prima delle firme, il messaggio di Calenda, che dopo decine di riunioni al Mise e quasi un anno di trattativa non aveva portato Mittal e sindacati a stringersi la mano, sancisce di fatto la buona riuscita del negoziato: “Una grande giornata per Ilva, per l’industria italiana e per Taranto – scrive poco le 10.30 su Twitter – Finalmente possono partire gli investimenti ambientali e industriali. Complimenti a aziende e sindacati e complimenti non formali a Luigi Di Maio che ha saputo cambiare idea e finalmente imboccare la strada giusta”.
Palombella (Uilm): “Ora referendum” – Per quanto manchino da “riguardare i testi e correggerli” anche Palombella e Re David parlano di “accordo fatto” che ora “deve essere approvato dai lavoratori con il referendum“. Non una formalità, ma nel testo c’è tutto quello che i sindacati hanno chiesto per un anno. “L’elemento importante è che non ci sono esuberi perché il piano prevederà il completo assorbimento di tutti i lavoratori con il mantenimento di tutti i diritti acquisti – spiega Palombella – Bisognava aumentare il numero di lavoratori. Siamo riusciti a ottenere un numero che secondo noi è importante: 10.700 compresi quasi 300 delle affiliate”.

mercoledì 5 settembre 2018

Quanto ci costano i giornali.

Firenze, i genitori di Matteo Renzi a processo: gup rinvia a giudizio papà Tiziano e la madre Laura Bovoli.

Firenze, i genitori di Matteo Renzi a processo: gup rinvia a giudizio papà Tiziano e la madre Laura Bovoli


A giudizio anche l’imprenditore Luigi Dagostino, che in più rispetto ai Renzi è accusato anche del reato di truffa. Le fatture finite sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti sono due, da 20.000 e 140.000 euro più Iva. Prima udienza del processo 4 marzo 2019. L'avvocato Bagattini: "Le fatture ci sono, sono state regolarmente pagate e il progetto per il quale Renzi ha lavorato è in corso di realizzazione: siamo dunque molto fiduciosi sul merito del procedimento."

Quando emersero le prime notizie sull’inchiesta, Tiziano Renzi padre dell’ex premier, firmandola, comprò una pagina del Quotidiano Nazionale in cui scriveva di voler essere processato nei tribunali e non più sui giornali. “Stop allo stillicidio, chiedo di essere processato ovunque’, riportava il titolo dell’inserzione a pagamento, in cui protestò pubblicamente la propria innocenza: “Basta” ai processi sui giornali, disse con forza, “per il nome che porto”. Ora una data c’è e sembra quasi una beffa. Renzi senior e Laura Bovoli, madre dell’ex segretario del Pd, affronteranno il giudizio a partire dal 4 marzo 2019 con l’accusa di emissione di fatture false da parte di loro società. A giudizio anche l’imprenditore Luigi Dagostino, che in più rispetto ai Renzi è accusato anche del reato di truffa e che il 18 giugno scorso è stato arrestato (ai domiciliari) sempre per fatture false ma nell’ambito di un’altra inchiesta. Per quella per cui sono a processo i genitori dell’ex premier, invece, le fatture finite sotto la lente d’ingrandimento degli inquirenti sono due, da 20mila e 140mila euro più Iva.
LE ACCUSE: DUE FATTURE FALSE DA 20MILA E 140MILA EURO.
La Procura di Firenze aveva chiuso le indagini il 18 aprile scorsoe presentato la richiesta di rinvio a giudizio l’11 maggio scorso per aver emesso fatture false tramite aziende da loro controllate. Secondo i pm Luca Turco e Christine von Borries, e dopo le indagini della Guardia di finanza, furono pagate fatture per “operazioni inesistenti“, ovvero consulenze mai fatte. Si parla di studi di fattibilità incaricati dalla società di gestione dell’outlet The Mall di Leccio Reggello (Firenze), la Tramor srl (leggi l’articolo del Fattoquotidiano.it). L’outlet è molto frequentato dai compratori e gravita nell’orbita della holding globale del lusso Keringdel magnate francese Francois Pinault. Le fatture a cui non credono gli inquirenti sono due, da 20mila e 140mila euro, più l’Iva, e risalgono al 2015. Vennero pagate dalla Tramor a favore delle società Party, la prima, ed Eventi 6, controllate dai Renzi. Nelle indagini i pm e gli investigatori non hanno trovato riscontriconvincenti all’oggetto del prezzo. Quegli studi non ci sarebbero mai stati, ma i pagamenti sì. In teoria uno studio commissionato era diretto ad allargare al ‘food’ l’offerta commerciale dell’outlet, concentrata su abbigliamento di marca. L’altro per incentivare la logistica in modo da portare turisti giapponesi a fare acquisti all’outlet, che si trova a una trentina di chilometri da Firenze.
L’AVVOCATO DEI RENZI: “SIAMO MOLTO FIDUCIOSI SULL’ESITO DEL PROCESSO”
I pm hanno chiesto il processo anche per Luigi Dagostino, che deve rispondere delle stesse accuse, più un’altra per truffa. Imputazione, questa, maturata proprio a causa di una delle fatture ‘false’, quella da 140mila euro di cui Dagostino – ormai non più amministratore della Tramor – sollecitò il pagamento al manager che gli era succeduto. Per l’accusa, Dagostino avrebbe attestato la fondatezza e la veridicità della fattura contabile cosicché venisse pagata con urgenza. “Era una decisione scontata da quando abbiamo scelto di chiedere il processo nel marzo 2018. Vogliamo infatti difenderci in un processo vero e – fa sapere l’avvocato Federico Bagattini, difensore dei coniugi Renzi – non nel tritacarne mediatico. Anche perché le fatture ci sono, sono state regolarmente pagate e il progetto per il quale Renzi ha lavorato è in corso di realizzazione: siamo dunque molto fiduciosi sul merito del procedimento”.
LA “SUDDITANZA PSICOLOGICA” DI LUIGI DAGOSTINO
Luigi Dagostino era in una condizione di “sudditanza psicologica” (come detto dallo stesso imprenditore pugliese in un’intercettazione) nei confronti di Tiziano Renzi: per questo motivo non avrebbe trattato sul prezzo, pagando una cifra di fatto eccessiva rispetto alle consulenze richieste che sarebbero però state realmente effettuate dalle aziende dei Renzi. È quanto sostenuto in una memoria difensiva presentata al gup dai legali di Tiziano Renzi e della moglie Laura Bovoli. Sempre secondo quanto riportato nella memoria, in un’intercettazione Dagostinosi lamenterebbe del fatto che le consulenze richieste alle ditte dei Renzi valevano “al massimo 50 60 mila euro 70…”, ammettendo implicitamente che fossero state eseguite. Per l’accusa invece Dagostino, pur non essendo più amministratore della Tramor srl, avrebbe indotto in errore il nuovo amministratore, convincendolo a pagare le due fatture per operazioni in realtà mai eseguite. Sempre in base a quanto ricostruito, il nuovo amministratore della Tramor, scoperta la falsità delle fatture, le avrebbe fatte cancellare dalla dichiarazione dei redditi dell’azienda attraverso un ravvedimento operoso con l’Agenzia delle Entrate, pagando la relativa penale. Secondo i legali dei Renzi, invece, la società non avrebbe annullato le fatture, limitandosi in via cautelativa a considerarne i relativi costi non come inesistenti ma come indeducibili ai fini fiscali.
TIZIANO RENZI E GLI OUTLET DEL LUSSO
Il rapporto tra la famiglia Renzi e gli sviluppatori degli outlet della moda The Mall nati sotto le insegne di Gucci (a Leccio Reggello, ma anche a Sanremo e a Fasano, in provincia di Brindisi, dove però i lavori non sono mai iniziati) è stato al centro di diverse inchieste del Fatto Quotidiano negli anni scorsi. Proprio per questo motivo, Tiziano Renzi ha chiesto 300mila euro di danni al direttore del quotidiano Marco Travaglio, al direttore del sito Peter Gomez e a due suoi giornalisti (Pierluigi Giordano Cardone Gaia Scacciavillani) per quella che lui prefigurava come una campagna mediatica ai suoi danni, chiedendo appunto un risarcimento. Nel mirino del padre dell’allora premier erano finiti proprio gli articoli che si sono occupati del business degli outlet e dei suoi protagonisti (oltre a Renzi senior anche l’imprenditore Andrea Baccil’ultimo presidente di Banca Etruria Lorenzo Rosi, la famiglia aretina dei Moretti e il faccendiere pugliese Luigi Dagostino che in Gucci avevano contraltare il top manager Carmine Rotondaro). Un tema su cui, ora è ufficiale, i genitori di Matteo Renzi (che già avevano ricevuto dai pm fiorentini un un invito a comparire per chiarire i loro rapporti, e quelli delle loro società, con Luigi Dagostino) dovranno render conto in qualità di imputati.