Che differenza passa tra Matteo Salvini che comizia in quel di Bibbiano per scaricare sul Pd di Stefano Bonaccini lo scandalo dei “bambini rubati”? E il medesimo Pd che vorrebbe rinviare il voto sulla Gregoretti per non alimentare il vittimismo elettorale dell’ex ministro? Sono la stessa cosa: l’uno e gli altri ritengono che il 26 gennaio andrà al voto qualcosa di simile a un popolo bue, una massa cioè di individui ottusi privi di capacità critiche e facilmente influenzabili.
Profuma d’idiozia questa storia dell’elettore con l’anello al naso che sbarra la scheda elettorale in base all’ultima trovata agit-prop. Come gli indigeni di quelle tribù che nei fumetti adorano l’esploratore che spaccia perline. Ricorda le insopportabili diatribe sulla giustizia ad orologeria, ogniqualvolta il politico di turno veniva indagato da qualche procura, e guarda caso proprio alla vigilia di un voto e nel Paese dove non si fa altro che votare. Quando invece spesso era il povero inquisito a usare l’avviso di garanzia per effigiare il proprio martirologio gratuito ad opera delle perfide toghe rosse. Esattamente come oggi Salvini voglioso di calendarizzare prima del voto in Emilia il processo davanti alla Giunta del Senato. Con i partiti di governo che invece di inchiodarlo alle proprie responsabilità per il mancato sbarco di 131 migranti dalla nave militare italiana, si mostrano tremebondi temendo contraccolpi sull’imminente consultazione. Come avvenne nella vigilia elettorale del marzo 2018 quando il centrosinistra si rimangiò la legge su ius soli e ius culturae temendo di perdere voti a favore della destra. Cosa che puntualmente avvenne: la beffa oltre il che danno.
A parti rovesciate è ciò a cui si assiste con il caso Bibbiano dove l’ex capitano intende realizzare l’ultimo spottone a chiusura del tour elettorale. Come se i cittadini emiliano-romagnoli avessero bisogno di questo circo sulla pelle degli innocenti per farsi un’idea sull’orrenda vicenda. Anzi, com’è del tutto naturale un uso tanto strumentale delle disgrazie altrui sta producendo reazioni controproducenti tra gli stessi abitanti del comune. Stufi, leggiamo nelle cronache, di tanto fango.
Soltanto l’ignoranza crassa di certi leader impedisce loro di rendersi conto che il corpo elettorale non ha bisogno di imbonitori per farsi un’idea dei valori in campo, e di scegliere di conseguenza.
Nell’epoca dell’informazione compulsiva credono di vivere ancora nel Dopoguerra quando le nonnine chiedevano al prete per chi votare e sui manifesti della Dc c’era scritto che nel segreto della cabina elettorale “Dio ti vede, Stalin no”. Quanto all’alta percentuale di incerti registrata in Emilia-Romagna dagli ultimi sondaggi, possono esserci le spiegazioni di sempre. Persone che non vogliono rivelare le proprie intenzioni di voto. O che non hanno deciso se recarsi ai seggi o restare a casa. Ma davvero potrebbero essere decisivi questi presunti indecisi che tra dieci giorni dovessero correre come frecce a votare Borgonzoni? O perché illuminati improvvisamente dalla persecuzione giudiziaria subita dell’uomo del mojito o per far scontare a Bonaccini e Zingaretti l’inchiesta “Angeli e demoni”?
Via non scherziamo. Dopo l’imprevista ascesa di Donald Trump alla Casa Bianca fu chiesto a un columnist del New York Times come mai la grande stampa americana non avesse affatto previsto la vittoria del tycoon. Semplice, fu la risposta, perché gli elettori ne sanno più di noi. Appunto.
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