venerdì 17 gennaio 2020

PALAZZI & POTERE “Io sono un onorevole, un intoccabile, voi siete morti. Chiamo il prefetto e la faccio sbattere fuori”. Le minacce del renziano Librandi ai finanzieri.

“Io sono un onorevole, un intoccabile, voi siete morti. Chiamo il prefetto e la faccio sbattere fuori”. Le minacce del renziano Librandi ai finanzieri

L'ANTICIPAZIONE DEL SETTIMANALE L'ESPRESSO - La reazione del deputato di Italia Viva (all’epoca ancora nel Pd) durante una verifica fiscale della Guardia di finanza alla sua azienda elettronica da oltre 200 milioni di fatturato. Nelle relazioni di servizio vengono annotate le parole pronunciate dal parlamentare: “Voi non fate un c… dal mattino alla sera, io lavoro”, “pago le tasse e quindi anche il vostro stipendio”. Quindi, rivolto a chi comandava l’operazione: “Sarà un leghista di m…”. E a uno dei militari: “Non avrai la pensione”.
“Sono un intoccabile”. Mentre “voi non fate un c… dal mattino alla sera io lavoro”, “pago le tasse e quindi anche il vostro stipendio”. E’ il 24 luglio 2019, il deputato renziano Gianfranco Librandi riceve un’ispezione della Guardia di Finanza presso la sua società Tci Telecomunicazioni, azienda elettronica da oltre 200 milioni di fatturato l’anno. I finanzieri, come ricostruito in alcune “relazioni di servizio” che l’Espresso, in un articolo di Emiliano Fittipaldi e Giovanni Tizian, pubblica nel numero in edicola da domenica, si presentano nelle sedi di Saronno e Roma per una normale verifica fiscale, ma al loro arrivo vengono insultati e minacciati dal parlamentare. Sia per telefono che di persona. Librandi, ex berlusconiano entrato in Parlamento con Scelta civica, che a fine settembre scorso ha lasciato il Pd per aderire a Italia Viva, se la prende con i finanzieri e i loro superiori: “Lei sarà un leghista di m…”, dichiara. Ma pure attacca il “tenente dicendo che non avrebbe più percepito la pensione”. Infine li saluta: “Siete morti”.
La ricostruzione è scritta nel documento ufficiale della Guardia di finanza. Ma il deputato, dopo l’articolo del settimanale, nega tutto: “Mi ricordo”, dice all’agenzia Adnkronos, “mi ricordo benissimo la visita della Guarda di Finanza, ma questa storia non esiste proprio. E’ tutta fantasia e ovviamente agirò in giudizio perché questa è diffamazione”. La relazione dei finanzieri, in generale, segnala “la reazione durissima del deputato di Italia Viva davanti ai militari che dovevano iniziare una normale ispezione fiscale”.
Il primo contatto tra i finanzieri e Librandi avviene al telefono. La mattina del 24 luglio, scrivono i finanzieri, il parlamentare viene avvisato dell’ispezione per evitare l’intervento in eventuali locali dedicati alla sua “attività da parlamentare”. A quel punto, si legge nel documento, “il dottor Librandi con tono alterato incalza il maggiore Pirrazzo dicendogli che, vista la sua assenza, doveva andare via e tornare solo quando lui fosse stato presente. Che stava commettendo un abuso di potere e che i militari non potevano occupare un’azienda che lavora senza prima avvisarlo”. Il finanziere spiega che invece è possibile procedere anche in sua assenza. Il renziano allora insiste: “Non ha capito, ve ne dovete andare… lei pagherà le conseguenze di quello che sta facendo violando le leggi. Ora chiamo i generali e le faccio vedere io se sta facendo bene! Andrà a finire male”. E, mentre il maggiore tenta la mediazione, aggiunge: “Ve ne dovete andare! Non ha capito, io sono onorevole, e sto in Commissione Finanze ha capito? Ora chiamo il prefetto e la faccio sbattere fuori”. Alla domanda di chi possa fornire i documenti in azienda, Librandi risponde ancora: “Lei non ha capito, voi ve ne andare e tornate quando sarà possibile perché state violando i miei diritti e intralciando la mia attività di parlamentare. Io non mi faccio assistere da nessuno… lei ne pagherà le conseguenze… le farò causa e le farò pagare le conseguenze dell’occupazione militare che ha fatto questa mattina nei miei uffici di Saronno… io sono intoccabile, avete violato i miei diritti garantiti, io le avevo detto di tornare venerdì perché oggi erano presenti anche dei clienti tedeschi… Ci divertiremo in tribunale, vedrà. Mi saluti i suoi amici leghisti“.
Terminata la telefonata, continua il documento citato da l’Espresso, Librandi si reca negli uffici romani della srl. Arrivato sul posto, dove erano intervenuti altri quattro finanzieri, il parlamentare “si rifiutava di stringere la mano ai finanzieri che si presentavano intenti a rappresentare i motivi dell’intervento”. E, anche di persona, ritorna all’attacco: “Io lavoro, non come voi che non fate un cazzo dalla mattina alla sera, pago le tasse e anche il vostro stipendio”. Poi ancora, scrivono sempre i finanzieri, “inveiva contro i verbalizzanti asserendo che non avrebbe fornito il proprio documento richiesto per l’identificazione, che il tenente Cerra probabilmente a causa delle operazioni in corso non avrebbe percepito la pensione, che gli operanti avrebbero potuto considerare finita la propria carriera professionale pronunciando le parole ‘siete morti'”. Al tentativo di spiegare i motivi dell’intervento, Librandi avrebbe interrotto dicendo: “Il maggiore Pirrazzo sarà un leghista di merda”. E poi, “Fuori, andate via, aria! Fuori da casa mia!”.
Ma lo scontro non si esaurisce nei due contatti. Due giorni dopo Librandi prepara e consegna alla Finanza una dichiarazione scritta. “Il 24 luglio i militari irrompevano in azienda in nove, come all’assalto, creando il panico generale, al punto che gli stessi militari si compiacevano dello stato di agitazione e timore dicendosi tra loro ‘li abbiamo militarizzati’. Entravano senza titolo nel Laboratorio Progetti, causando la sorpresa e il blocco della attività… Impaurendo i dipendenti ed asserendo suggestivamente di avere il potere di controllare ed acquisire i computer e i telefoni personali”. Secondo Librandi, “violando l’articolo 68 della Costituzione”. Il parlamentare avrebbe annunciato al maggiore Pirrazzo la nota, e lui avrebbe risposto “chiudendo la telefonata”.
Il settimanale ricorda che Librandi è finito al centro delle cronache nelle scorse settimane, dopo che l’Espresso ha rivelato che risulta tra i maggiori finanziatori della fondazione Open, l’ente renziano su cui indaga la procura di Firenze. E’ stata Bankitalia a inviare una segnalazione tra febbraio 2017 e giugno 2018 sugli 800mila euro di donazioni verso l’organismo guidato da Alberto Bianchi. I bonifici, scrive ancora il settimanale, erano emessi proprio tramite l’azienda di Librandi, la Tci, al centro della verifica fiscale. La finanza di Varese sta appunto indagando su una serie di anomalie che riguardano l’impresa. In particolare, l’indagine, scrive l’Espresso, riguarda alcune operazioni legate al rientro di capitali dalla Svizzera: 800mila euro “arrivati dall’estero” ad esempio, risultano essere stati utilizzati per l’acquisto di due appartamenti a Saronno e Porto Cervo; altri 3,5 milioni siano stati investiti per “riscattare un leasing immobiliare”; un patrimonio immobiliare di 44,5 milioni di euro. Soprattutto si segnala che l’azienda dal 2012 non era stata sottoposto a “ispezione fiscale generale” e, anche per questo, si sarebbe deciso di fare “una verifica extraprogramma”. Un intervento che invece il parlamentare ha ritenuto “un affronto inaccettabile”.
Librandi nel merito, in seguito alla pubblicazione dell’articolo, ha replicato dicendo che, dopo le verifiche, non sono state riscontrate irregolarità: “L’esito della verifica fiscale fu che le operazioni dell’azienda risultarono tutte regolari”, ha detto all’agenzia Adnkronos. “Sì ho comprato degli immobili, un’operazione per rinforzare la mia azienda e continuare a lavorare negli anni. Operazioni regolari, pagate con conti regolari anche se esteri. Invece leggo una ricostruzione tesa a dipingermi come un evasore. La mia è un’azienda seria che paga le tasse”.

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