lunedì 10 febbraio 2020

Ritorna Belsito: la cassa di soldi e l’aiuto del Trota. - Luigi Franco e Thomas Mackinson



L’ex tesoriere della Lega Nord (quello dei fondi spariti) chiese a Renzo Bossi di organizzare una spedizione dall’Africa.
Un aereo cargo russo, una cassa con milioni di euro in contanti sparita nel nulla. E una partita di oggetti d’arte della Costa d’Avorio. Sono gli elementi di una strana vicenda che unisce ancora una volta gli ex compagni di partito e di processo Francesco Belsito e Renzo Bossi. Condannato per i fondi della Lega, costati al partito una confisca da 49 milioni, Belsito cerca affari in Africa come consulente e investe soldi “per conto di amici”. Questo ha spiegato nell’’intervista condotta per Sono le Venti, il programma di approfondimento giornalistico di Peter Gomez sul Nove.
Tra gli investimenti dell’ex tesoriere della Lega salta fuori l’artigianato locale. Belsito, che per sua stessa ammissione ne sa poco o nulla, l’anno scorso ha tentato di esportare ben 138 casse contenti 700 statue di legno: 50 elefanti, 50 scimmie, 300 maschere, 200 statue e 100 ippopotami. Il dettaglio si legge nell’autorizzazione rilasciata dal Museo del costume di Grand Bassam, l’ente che in Costa d’Avorio dà il nulla osta all’uscita dal Paese di manufatti locali. Sul documento è indicato il proprietario della merce, ed è proprio Belsito, con tanto di numero di passaporto.
A occuparsi del trasporto vengono chiamati imprenditori russi che mettono a disposizione un aereo cargo. Ed è qui che entra in scena Renzo Bossi. È stato l’ex “trota” a metterli in contatto con Belsito e chiedere loro i preventivi. Alla fine, però, il trasporto salta. E qui le versioni dei protagonisti divergono. Secondo gli imprenditori, incontrati dai cronisti a Mosca, le casse vengono fermate nel giugno 2019 ad Abidjan, la capitale della Costa d’Avorio, prima di partire per Istanbul, la destinazione prescelta per le casse. “Durante un’ispezione viene aperta una cassa, era piena di banconote da 100 euro”, raccontano mostrando la foto di un baule colmo di denaro. “C’è anche una scatola di diamanti. Noi non ne sapevamo nulla”.
Bossi, raggiunto mercoledì scorso sotto la sua abitazione milanese, dice di essersi occupato solo dei preventivi per il trasporto aereo, su incarico dell’ex compagno di partito. Alla fine il migliore è quello dei russi: 120mila euro. “Questa non l’ho mai vista”, dice in lacrime appena gli viene mostrata la foto della cassa piena di soldi. “Mi sono cagato sotto”. Sostiene che l’aereo non sia mai arrivato ad Abidjan, perché Belsito, nonostante il contratto, non ha mai versato l’acconto agli imprenditori. Promette un’intervista per l’indomani, in modo da chiarire tutti i dettagli della vicenda. Ma anziché venire all’appuntamento, rilascia una intervista al quotidiano Libero in cui accusa i giornalisti di volerlo fregare e di averlo intimidito. Cosa in realtà mai avvenuta. Aggiunge di non saper nulla dei “traffici” di Belsito e di essere tornato in contatto con l’ex tesoriere dalle Lega dopo il processo solo “per carineria”.
Dal canto suo Belsito, ammette di essersi interessato a una partita di oggetti d’arte tribale, ma sostiene che l’affare è andato a monte quasi subito. E sulla cassa piena di soldi? “La cassa non esisteva, sono stato truffato anch’io da un avvocato d’affari locale che mi ha mostrato quella foto per convincermi a lavorare con lui. Ho perso 200mila euro”. Eppure esiste un video, in mano agli imprenditori russi, in cui Belsito, alla presenza di Bossi, parla di una cassa ad Abidjan. Il video, insieme ad altri documenti e interviste esclusive verrà mandato in onda da Sono le Venti, nel corso di una inchiesta a puntate che inizia questa sera.

La prescrizione è una catastrofe!

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Cambiate musica. - Marco Travaglio sul Fatto Quotidiano del 9 Febbraio


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Secondo il sondaggio Pagnoncelli-Corriere, il 57% degli italiani pensano che la prescrizione sia una scappatoia per i colpevoli e il 59% di chi conosce la legge Bonafede e la condivide. Buon segno: nemmeno questi partiti infami e questa “informazione” degna di loro sono riusciti a mettere l’anello al naso alla gente. Ora qualcuno dovrebbe domandarsi come sia possibile che, di una legge che domina giornali, tg e talk da mesi, solo il 5% sappia tutto e un altro 40% qualcosa. Il motivo è semplice: se ne dicono e sentono di tutti i colori, senza che arrivi mai un esperto a zittire tutti e a dire come stanno le cose. Infatti i primi a non sapere nulla sono i media: molti descrivono il “lodo Conte bis” all’incontrario: cioè come una norma che svuota la Bonafede bloccando la prescrizione non più dopo la sentenza di primo grado, ma dopo quella d’appello se c’è doppia condanna. Una cosa inutile, visto che in Cassazione si prescrivono solo 600 dei 130 mila processi morti ogni anno. Per fortuna è una balla.

1. Indagini e primo grado. Non cambia nulla: se la prescrizione scatta prima della sentenza di primo grado, il processo muore lì. Le cose cambiano dopo la sentenza di primo grado.

2. Primo grado, condanna. Se il pm e/o la difesa impugnano, si va in appello. E la prescrizione è abolita fino alla sentenza definitiva, salvo che in appello arrivi l’assoluzione (vedi punto 5).

3. Primo grado, assoluzione. Se il pm impugna, si va in appello. E la prescrizione continua a correre, ma con 2 anni in più di sospensione rispetto ai termini attuali: quanto basta per celebrare gli altri due gradi, anche con i tempi medi odierni. Ma bisogna sbrigarsi, dunque nessun rischio di “processi eterni” per gli assolti in tribunale.

4. Appello, condanna. Se il pm e/o la difesa ricorrono, si va in Cassazione. La prescrizione si blocca sine die fino alla sentenza di terzo grado (conferma della condanna d’appello, annullamento senza rinvio, annullamento con rinvio a nuovo appello).

5. Appello, assoluzione. È la novità del lodo Conte-bis. Se il Pg ricorre (caso rarissimo: riguarda il 2-3% delle assoluzioni), si va in Cassazione. E si recupera la prescrizione “persa” in appello, come se non fosse mai stata bloccata dopo la prima sentenza: termini ordinari, più i 2 anni di sospensione in appello, più 1 altro anno previsto per il giudizio di Cassazione. Anche qui, pochi rischi che il processo si prescriva in vista del traguardo o che duri in eterno.

Ora chi strilla sugli “imputati a vita” cambi musica e dica finalmente la verità: cioè che non voleva processi più brevi, ma più processi morti.

Prestito per villa di Renzi, sotto la lente anche un bonifico di Serra. - Ivan Cimmarusti e Sara Monaci

Risultato immagini per renzi

Non c’è solo il finanziamento per l’acquisto della casa da parte di Matteo Renzi sotto la lente degli inquirenti fiorentini. Ci sarebbe anche la modalità di restituzione del denaro a Anna Picchioni, madre dell’imprenditore Riccardo Maestrelli, da cui l’ex premier ha ricevuto un prestito di 700mila euro tramite bonifico per comprare la sua villa a Firenze. In particolare, le verifiche si concentrano su una dazione giunta dal finanziere Davide Serra e utilizzata da Renzi, assieme ad altre somme, per saldare quel debito.

Il prestito è stato in effetti restituito dopo quattro mesi. La storia però sembrerebbe più complicata. O meglio, potrebbe avere qualche aspetto ulteriore da approfondire.
Sulla base di una segnalazione di operazione sospetta (Sos) arrivata al Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di finanza di Firenze, al comando del colonnello Luca Levanti, nel 2018 dal nucleo Valutario della Gdf si chiede un approfondimento ulteriore rispetto a una precedente Sos che riguardava proprio la signora Picchioni, nell’ambito di un fascicolo di un caso di bancarotta di un piccolo imprenditore fiorentino.
Si spiega dunque che Picchioni aveva ricevuto un finanziamento da parte di suoi familiari (i figli) per 700mila euro, finalizzato a effettuare un prestito ai coniugi Matteo Renzi e Agnese Landini per l’acquisto di un immobile valutato complessivamente 1,4 milioni di euro. Successivamente, nel giugno 2018, la cifra è stata restituita con un versamento dal conto corrente dei coniugi a favore di Anna Picchioni a titolo di «restituzione prestito».
La provvista per la restituzione del denaro che parte dal conto personale di Renzi, ora sotto la lente degli inquirenti, era di 500mila euro, presso la Bnl (filiale di Roma). Dall’analisi dell’estratto conto emerge che il senatore ha ricevuto 119mila euro da Celebrity speakers e Mind Agency per attività di conferenziere e 454mila euro dalla Arcobaleno 3 srl per la sua attività di personaggio televisivo; il resto dal fondo Algebris Uk, riconducibili a Davide Serra.
L’inchiesta è in una fase preliminare, dunque ancora tutta da verificare. Ruota attorno alla Fondazione Open, l’ente creato nel 2012 e chiuso nel 2018 per sostenere le iniziative politiche di Matteo Renzi. Una «articolazione di un partito», secondo l’accusa, che raccoglieva «finanziamenti illeciti alla politica». Ipotesi d’accusa smentita dal leader di Italia Viva, che contro la magistratura fiorentina non nasconde una certa nota polemica. Risultano indagati l’avvocato Alberto Bianchi, ex presidente della Fondazione, e il presidente di Toscana Aeroporti spa Marco Carrai, ex consigliere di Open assieme al resto del “Giglio magico”, Maria Elena Boschi e Luca Lotti. L’accusa preliminare è di finanziamento illecito e traffico di influenze.
Stando agli atti investigativi un ruolo decisivo sarebbe stato svolto da Carrai, tanto che nei documenti si legge che «l’indagato ha svolto un ruolo decisivo nel reperimento dei finanziatori e nel raccordo tra gli stessi e gli esponenti politici rappresentati dalla Fondazione». Un sostanziale incarico di “cerniera”, dunque, tra 25 imprenditori e lo stesso Renzi, almeno stando alle ricostruzioni preliminari della magistratura fiorentina. Di fatto, però, si è scoperto che somme di denaro sarebbero finite anche in altre “casseforti”. Negli atti, infatti, si fa riferimento a movimentazioni finanziarie verso Lussemburgo. In particolare «risulta che l’indagato (Carrai, ndr) è tra i soci della società Wadi Ventures Management Company sarl con sede a Lussemburgo il cui unico asset è la società Wadi Ventures sca, anch’essa con sede in Lussemburgo e con oggetto sociale le partecipazioni societarie». Secondo gli investigatori quest’ultima società sarebbe destinataria di «somme provenienti, fra gli altri, da investitori italiani già finanziatori della Fondazione Open».

https://www.ilsole24ore.com/art/prestito-villa-renzi-sotto-lente-anche-bonifico-serra-ACuffX2

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domenica 9 febbraio 2020

Asportato tumore gigante di 12 kg, operazione record a Palermo.


Risultato immagini per tumore di 12 kg

L’asportazione di un tumore di 12 kg, un’operazione da “o la va o la spacca” con un alto rischio per la paziente, che ne era pienamente consapevole, è stata portata a termine dall’equipe dell’unità operativa di chirurgia oncologica della clinica “La Maddalena” a Palermo.
La donna di 60 anni, dell’entroterra siciliano, era stata visitata da tre centri in tutta Italia che però avevano considerato molto rischiosa l’operazione per un sarcoma addominale. Adele (nome di fantasia), soffriva da due anni quando è stata visitata dal dottor Pietro Mezzatesta che dopo aver informato la famiglia dei rischi ha dato l’ok all’operazione.
Alla donna è stata rimossa una massa enorme che occupava l’addome comprimendo gli organi: prima dell’operazione sembrava fosse incinta. L’asportazione è stata condotta lo scorso novembre da medici e infermieri che hanno lavorato in sala operatoria 5 ore.
prevenzione tumore“L’intervento era complesso per l’impossibilità a raggiungere dei piani anatomici sicuri – dice il chirurgo oncologo Lucio Mandalà che ha operato – Eravamo in presenza di una massa che occupava l’intera cavità addominale. A ciò si aggiunge la gestione anestesiologica di una paziente gravemente compromessa nella funzionalità di più organi e apparati per il tumore”.
Adele era passata da diversi centri: gli specialisti avevano escluso la possibilità di un intervento chirurgico risolutivo per l’altissima probabilità di morte e avevano optato per cure palliative con medicinali per la gestione dei sintomi. Prima dell’operazione la donna aveva baciato il marito, che nell’aprile scorso era stato sottoposto a trapianto di fegato all’Ismett, e i due figli che l’hanno abbracciata forte dandole coraggio consapevoli della delicatezza dell’intervento.
“La paziente è stata dimessa dopo il decorso post operatorio durato un mese – aggiunge Mandalà – durante il quale si sono avvicendate tutte le figure professionali della Maddalena che hanno contribuito alla ripresa fisica e psichica. La donna infatti dopo alcuni giorni dal risveglio era depressa per la sua debolezza e pensava di non riuscire più a camminare”.
Adele ha festeggiato in Natale e il capodanno nel reparto di Chirurgia ma con grande gioia ha spento 60 candeline a casa sua.
“Il buon esito di un delicato intervento chirurgico come questo, che si svolge in condizioni che definiremmo ‘al limite’ per tanti aspetti – spiega il chirurgo – è il risultato di una condivisa strategia di cure erogate da tutte le specialità presenti nel centro e certamente riempie di orgoglio un chirurgo siciliano come me questa singolare vicenda in cui due membri di una famiglia che vive in un paese al centro della Sicilia abbia avuto la possibilità di ricevere cure eccezionali, come un trapianto di fegato o l’asportazione di un tumore raro gigante, nel giro di pochi mesi a Palermo senza dover migrare verso altre regioni d’Italia o addirittura all’estero”.
L’equipe che ha operato era composta anche dai chirurghi Luigi Casà, Paolo De Marco, dagli anestesisti Sebastiano Mercadante, Patrizia Villari e Fabrizio David e dagli infermieri Francesco Marabeti e Antonio Coppola.

https://www.ilsicilia.it/asportato-tumore-gigante-di-12-kg-operazione-record-a-palermo/?fbclid=IwAR1dJU_GaTbIg7cJ3IQS70w0yMuAwIAfJ-qUIL_XUrbxwyPvGXFEc85Zi_g

Renzi perde, ma ci ripensa: Italia Viva si tiene le poltrone. - Wanda Marra



PRESCRIZIONE – L’ACCORDO TRA PD, M5S E LEU METTE NELL’ANGOLO IL PARTITINO DELL’EX LEADER DEM, DOPO GIORNI DI MINACCE. MA LUI ORA DICE: “NON CE NE ANDIAMO”.


“Renzi? È nel pallone”. La definizione che va per la maggiore è questa. Per una settimana, l’ex premier ha terremotato la politica italiana, sparato ad alzo zero contro l’equilibrio della maggioranza, intrapreso una guerra santa nel nome della prescrizione. Ma con l’intesa di giovedì notte sul lodo Conte bis tra Pd, M5S e LeU ha perso. Certo, l’accordo è fragile e soprattutto richiede una serie di passaggi parlamentari pieni di ostacoli. Ma Renzi si è rapidamente infilato in un cul-de-sac. L’obiettivo originario – con buona pace della giustizia – era defenestrare Giuseppe Conte e ottenere un nuovo governo. Come dimostra uno scambio di battute durante il vertice. “Noi non torniamo indietro sulla prescrizione”, ha argomentato Maria Elena Boschi. Per sentirsi ribattere: “Ma se si è in maggioranza insieme, bisogna trovare un punto di equilibrio accettabile. Altrimenti significa che i problemi sono altri”. Lei non ha risposto. Come dire, chi tace, acconsente. Tanto è vero che il premier è così tornato sulla questione: Iv promette battaglia? “Battaglia è una parola che non si addice tra forze di governo. Dobbiamo ritrovarci a ragionare nel merito”.
Il piano si scontra con la volontà di Sergio Mattarella, che non sarebbe disposto a far nascere un nuovo esecutivo in questa legislatura. E dunque, l’alternativa a “Giuseppi” sono quelle elezioni che Iv non può permettersi. Perché poi – dopo giorni di sovraesposizione mediatica – cala nei sondaggi, invece di crescere. Quindi, qual è l’obiettivo?
“Questi sono tutti pazzi, il Pd si è piegato”, andava argomentando Renzi ieri. Da qui a una strategia chiara, il passo non è breve. D’altra parte, è il suo limite, ormai noto a tutti: come tattico è fulminante, ma quando si tratta di elaborare progetti di lunga prospettiva, l’errore in genere gli è fatale.
La prima cosa chiara è che Iv non ha nessuna intenzione di uscire dal governo e di dare l’appoggio esterno. “Siamo una forza riformista, non cediamo al populismo nella giustizia. Non ce ne andiamo, ma se ci vogliono cacciare, ce lo dicano”, ha detto ieri mattina l’ex premier. Non ci pensa proprio a rinunciare a quella fetta di potere che ha. Tanto più che ora si gioca la partita per lui centrale delle nomine. “Vorrebbe più considerazione politica da Conte”, dicono i suoi. Significato confuso.
È stata la Boschi, nel pomeriggio, a rilanciare la linea dura: “La mediazione è una toppa peggio del buco”. Iv ha chiesto ad Alfonso Bonafede di non presentare il decreto che recepisce l’accordo nel prossimo cdm. Ma se lo farà, è pronta a non votarlo. Poi c’è il passaggio sul lodo Annibali nel Milleproroghe: i renziani diranno sì. Così come voteranno la proposta Costa che arriva in Aula il 24 febbraio per cancellare la riforma Bonafede. Fino a qui, però, grossi rischi non ci dovrebbero essere né per il governo, né per lo stesso Renzi di vedersi sfuggire il voto di mano: i numeri per mandare sotto la maggioranza alla Camera non ci sono. E in Senato? Fino a dove si spingerà l’ex premier? Potrebbe non deciderlo per parecchi mesi. Sul Milleproroghe, il governo è intenzionato a mettere la fiducia: non ci sarà modo di votare qualche emendamento “pericoloso”. Per quel che riguarda la proposta Costa, il senatore di Scandicci sarebbe pronto a ripresentarla come primo firmatario. Ma ci vorranno mesi prima che sia calendarizzata. Poi, ci saranno i voti sul Lodo Conte bis e sulla riforma del processo penale. Anche per quelli, ci vuole tempo. Non è detto, però, che Renzi non si trovi a un bivio sconveniente: dover scegliere tra una marcia indietro e un voto che rischia di far chiudere la legislatura.
Anche qui, le variabili sono tante. Quanti lo seguiranno, mettendo a rischio la propria sopravvivenza in Parlamento? Sentite Pier Ferdinando Casini, vicino ai renziani: “Renzi ha ottenuto sulla #prescrizione un risultato tutt’altro che insignificante. Non trascurerei di valorizzarlo”. Gli umori dentro Iv non sono dei migliori: il partito non dà nessuna garanzia sul futuro.
Da notare che ci sono voci che circolano insistenti da mesi. “Matteo non ne può più, è pronto a mollare la politica e a lasciare tutto a Maria Elena”, si racconta nei corridoi del Senato. Che alla fine lo faccia davvero, magari per dedicarsi alle sue attività parallele (e molto retribuite), come le conferenze in giro per il mondo, è tutto da dimostrare. Finora la politica l’ha tenuto in ostaggio come una sorta di amante tossica, nonostante la discesa rovinosa. Ma il fallimento del suo progetto è un dato ormai conclamato. E la delusione è tanta.

sabato 8 febbraio 2020

Doppia lente gravitazionale per Gaia16aye. - Giuseppe Fiasconaro


Illustrazione artistica del sistema stellare binario scoperto grazie all’effetto di lente gravitazionale che esso provoca sul percorso della luce proveniente dalla stella Gaia16aye, posta più distante lungo la stessa linea di vista. Crediti: M. Rębisz.

Una campagna osservativa di 500 giorni condotta dalla missione Gaia dell’Esa, insieme a osservazioni di follow-up eseguite con oltre 50 telescopi da terra e dallo spazio, ha permesso di individuare un evento di lente gravitazionale causato da un sistema binario di stelle. Tra gli autori dello studio che ne riporta i dettagli ci sono anche Valerio Bozza dell’Università di Salerno e Giuseppe Leto dell’Inaf di Catania. Li abbiamo intervistati.
Una stella lontana quasi 50mila anni luce, in direzione della costellazione del Cigno, sotto una “doppia lente gravitazionale” formata, a sua volta, da una stella binaria a 2.600 anni luce: è questo che un team internazionale di astronomi ha scoperto analizzando i dati fotometrici delle osservazioni effettuate dal 2016 al 2017 dal satellite dell’Esa, Gaia, e da numerosi telescopi da Terra. Lo studio, i cui risultati sono pubblicati su Astronomy & Astrophysics, riguarda il rilevamento di ciò che in gergo viene definito un “evento di microlesing binario” – il primo evento del genere rilevato dalla missione spaziale Gaia. E fra gli autori ci sono numerosi ricercatori dell’Inaf: Giuseppe Altavilla (Oa Roma), Gisella Clementini e Felice Cusano (Oas Bologna), Giuseppe Leto e Riccardo Sanchez (Oa Catania), Lina Tomasella (Oa Padova) e Roberto Nesci (Iaps Roma).
Tutto è cominciato nel 2016, quando – durante la sua attività di perlustrazione del cielo allo scopo di determinare la posizione, il movimento, la luminosità e la temperatura superficiale di oltre un miliardo di stelle nella nostra galassia – il satellite Gaia dell’Esa ha rilevato l’improvvisa impennata della luminosità di una stella. Il programma Gaia Photometric Science Alerts, un sistema gestito dall’Istituto di astronomia dell’Università di Cambridge, nel Regno Unito, che analizza quotidianamente l’enorme quantità di dati provenienti da Gaia, rilevata l’anomalia ha subito allertato gli astronomi, in modo che altri telescopi terrestri e spaziali potessero puntarla rapidamente e studiarla più in dettaglio.
I dati della lunga campagna di osservazioni di follow-up seguite a questo alert – ottenuti da oltre 50 telescopi in tutto il mondo, tra cui anche il telescopio Inaf di Loiano, in provincia di Bologna – hanno permesso di confermare che la sorgente – chiamata Gaia16aye o 2Mass 19400112 + 3007533 – si stava comportando in effetti in un modo davvero strano: un modo diverso da quello ascrivibile a fenomeni come esplosioni di supernova e altri fenomeni celesti.
Valerio Bozza (Università degli studi di Salerno), coautore dello studio
«Abbiamo visto la stella diventare sempre più luminosa e poi, in un giorno, la sua luminosità è improvvisamente diminuita», ricorda Łukasz Wyrzykowski dell’Osservatorio astronomico dell’Università di Varsavia, in Polonia, e primo autore studio. Un comportamento che può essere spiegato soltanto da un fenomeno conosciuto con il nome di microlensing gravitazionale: una sorta di “lente d’ingrandimento cosmica” che incrementa la luminosità della stella.
«Osservando stelle lontane, talvolta capita che un’altra stella passi davanti alla sua linea di vista. La luce della stella lontana, allora, viene deviata dal campo gravitazionale della stella vicina, che così funge da “lente gravitazionale», spiega a Media Inaf Valerio Bozza, ricercatore al Dipartimento di fisica dell’Università di Salerno e coautore dell’articolo. «Tuttavia, trattandosi di campi gravitazionali relativamente deboli, l’unico fenomeno misurabile durante questi “passaggi” è un’amplificazione temporanea della luce della stella lontana, nota come microlensing: un fenomeno grazie al quale possiamo rivelare la presenza di oggetti molto piccoli od oscuri lungo la linea di vista. Viene utilizzato, ad esempio, per studiare l’abbondanza di stelle piccole, nane brune, buchi neri e pianeti extrasolari».
Tuttavia, il comportamento di Gaia16aye, come si evince dal grafico che vedete qui sotto, riportante i dati di luminosità della stella raccolti nei quasi due anni di osservazioni di follow-up, risultava strano anche per essere spiegato dalla presenza di uno di questi oggetti cosmici
Il grafico mostra i dati fotometrici raccolti in un periodo di quasi due anni con oltre 50 telescopi in tutto il mondo, nell’ambito di una campagna di osservazione globale guidata dal satellite Gaia dell’Esa. Le misurazioni della luminosità ottenute con il satellite Gaia sono rappresentate dai rombi neri, mentre i restanti simboli colorati sono osservazioni da Terra. Crediti: Wyrzykowski et al. 2019
«Se la lente è un oggetto isolato, il microlensing produce un semplice aumento di luminosità della sorgente lontana, seguito da una discesa perfettamente simmetrica rispetto alla salita», sottolinea Bozza. «Se la lente è una stella normale, la durata del fenomeno è di qualche decina di giorni, ma può salire a diverse centinaia di giorni se la massa della lente è ragguardevole – come quella di un buco nero. Se la lente è in realtà composta da un sistema binario, l’amplificazione della luce prodotta non è la semplice somma delle amplificazioni dei singoli oggetti: la luce, infatti, riesce a trovare nuovi percorsi tra le due lenti per raggiungere l’osservatore. Quando questo accade, misuriamo picchi improvvisi di luminosità nella curva di luce, con tipiche forme a “U”».
Giuseppe Leto (Inaf – Osservatorio astrofisico di Catania)
«Nel caso di Gaia16aye la variazione di luminosità ha avuto un andamento veramente molto complesso», dice un altro dei coautori dello studio, Giuseppe Leto dell’Inaf di Catania, responsabile scientifico di uno dei 50 telescopi coinvolto nella campagna osservativa, l’Apt2 di Serra la Nave. «Questo ha subito fatto capire che l’oggetto che si è frapposto tra la stella sorgente la Terra non era un oggetto singolo. Qui sono entrati in gioco i colleghi teorici che sono riusciti, cosa per niente semplice, a riprodurre l’andamento e quindi a descrivere in maniera completa la “lente”. In questo modo abbiamo scoperto che si tratta di un sistema di due stelle grandi ciascuna circa la metà del Sole, che orbitano attorno al loro centro di massa in poco meno di 3 anni. Un sistema che non possiamo vedere, ma di cui adesso conosciamo con elevata precisione tutte le caratteristiche».
«Insomma, un puzzle veramente complicato», conclude Bozza, «che ha richiesto mesi di tentativi prima di essere risolto. La possibilità di osservare contemporaneamente lo stesso evento da due punti di vista sufficientemente distanti – la Terra e il satellite Gaia – è stato certamente un ulteriore elemento decisivo per il successo dell’analisi. Questo caso conferma come il microlensing possa consentire studi astrofisici dettagliati altrimenti impossibili con altri metodi. Oltre tutto, questo evento di microlensing con sorgente nel disco galattico è molto raro, se ne conoscono pochissimi, averlo scoperto è abbastanza eccezionale».