Le ammissioni delle vittime. Il prete, secondo l’accusa degli investigatori, vedeva i ragazzini anche in appartamenti a Milano, case “prestate”da complici che consegnavano le chiavi degli appartamenti, lasciando via libera al parroco. E intanto è emerso che, proprio nel capoluogo lombardo, una prima vittima ha confermato le accuse. “Sì, ho avuto rapporti sessuali con don Riccardo in cambio di cocaina”. L’ammissione è contenuta nel fascicolo trasmesso dalla procura milanese al pm Stefano Puppo. Ammissione che però gli investigatori genovesi devono ancora appurare. Nelle prossime ore, infatti, sarà sentita proprio la vittima, un ragazzo di 17 anni di origini slave, per vedere se il rapporto sia stato consumato davvero.
Don Seppia chiede e ‘Franky ‘ esegue. Secondo l’identikit tracciato nell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Milano Maria Vicidomini, don Seppia era “difficile da snidare”, un uomo che “evidentemente si sentiva al di sopra di ogni sospetto”, ossessionato dal desiderio di avere rapporti con “bambini”. L’indagine, racconta La Repubblica oggi, prende le mosse nella seconda metà di ottobre quando i carabinieri del Nas, impegnati a Milano in un’inchiesta sul traffico di anabolizzanti in palestre e saune (Leggi l’articolo), si imbattono in una conversazione tra un pusher africano, soprannominato Franky, e il parroco genovese. Ecco la telefonata: “Ah… niente… senti…. non trovi nessun bambino…?” chiede don Riccardo Seppia a Franky. E’ il 22 ottobre. Don Seppia, nella stessa conversazione aggiunge: “… eh che mi piace… non hai tuoi amici che mi vogliono fare di tutto…?”. Gli inquirenti si precipitano in procura e aprono un fascicolo sul prete genovese. Scrive don Seppia a Franky in un sms: “Mi trovi bambini?”. Sono le 21 del 22 ottobre. Alle 21 e 26 un altro messaggio: “Hai trovato uomini negri?”. Il 23 ottobre altro traffico telefonico tra il parroco e Franky: “Senti, ti chiamo perché ieri avevi parlato che avevi trovato un ragazzo…” dice il prete. “Sì… io ho trovato però lui è andato in galera… hai capito?” risponde. “Ma ha meno di 15 anni?” chiede don Seppia. “Eh, magari 18…” replica Francy. “E no a me mi serve… mi piace… con meno di 14 anni io li cerco” dice il prete. Alle 22 dello stesso giorno diventa evidente che Franky ha dei contatti con altre persone in grado di fornirgli bambini per pedofili: “Adesso quando ti interessa dimmi… io chiamo a loro subito uomo: ho capito… se vuoi uno o due… io prendo… capito?” dice Francy al parroco. “Però ragazzo problema…” aggiunge. Il 29 ottobre don Seppia scrive in un sms: “Trova un bambino 10 anni”.
“Ma puoi trovare qualche madre che ha un bambino… che ha bisogno di coca no?!”.L’ossessione cresce, fino a dicembre, quando Franky sembra abbia trovato la ‘preda’ giusta. E’ il 13 dicembre: “Ti volevo dire, sei riuscito a trovare qualche bambino?” chiede Seppia. Franky dice che, sì, lo ha trovato: “Si trovato però ancora non c’è”. “Quanti anni?” chiede Seppia. “11, 12…” risponde Franky. “Bene bene – dice Seppia – senti, guardo, guarda se ce l’hai.. che… posso prenderlo”. E aggiunge: “Ah bene, me li trovi più piccoli?”. La sera del 22 dicembre 2010 Seppia vuole un bambino, e chiama un amico invitandolo ad abusarne insieme: “Stai a sentire, ti volevo dire questo… Ho avuto modo di trovare qualcosa di tenero eh… per noi… quando vengo in su… eh… e cazzo, così ci divertiamo”. La cosa non va in porto, il parroco è furioso e parla con Franky: “Ma puoi trovare qualche madre che ha un bambino… che ha bisogno di coca no?!”.
Non è facile lavorare leggendo questi messaggi, ma i carabinieri vanno avanti. Cercano, nei tre personal computer sequestrati a don Seppia, le prove di un’induzione alla prostituzione minorile che configura un altro reato gravissimo oltre a quelli già contestati.
Il giallo dei soldi. Ma la situazione del prete potrebbe aggravarsi ancora di più. Perché nel filone d’inchiesta principale s’innestano domande pesantissime. Potrebbe, il sacerdote, aver dato vita a un vero e proprio mercato di baby prostituti? E’ questa la domanda che si fanno gli inquirenti che cercano nei pc un riscontro a questa ipotesi. Certo è che le parole intercettate mentre il parroco chiedeva al suo pusher di avere ragazzini “più piccoli di 16 anni”, magari “negretti”, hanno un solo significato. Pagava, don Seppia, per trovare piccole vittime? Chi pagava? Quanto pagava? Domande che per ora rimangono senza risposta.
E ancora: perché un sacerdote che vive di uno stipendio da 1200 euro che gli passa la diocesi aveva un tenore di vita così alto da comprarsi 300 euro di cocaina al giorno? Da dove venivano quei soldi? Le ipotesi dei carabinieri, coordinati dal pubblico ministero Stefano Puppo, sono diverse e partono dalla più intuitiva, quella che riguarda l’accusa di spaccio di stupefacenti. Ma gli accertamenti potrebbero anche riservare sorprese. Di certo c’è che quel tipo di vita non è alla portata dichi vive solo dello stipendio passato dalla Chiesa.
“La curia sapeva”. Intanto la Procura ha ascoltato anche don Piercarlo Casassa , il primo parroco che ha avuto Riccardo Seppia come vice. Ha ribadito quanto già dichiarato in esclusiva alSecolo XIX: «Non era adatto al sacerdozio, usciva tutte le notti, tornava tardi, e si svegliava alle de del pomeriggio. Lo avevo comunicato più volte alla Curia, ma i miei appelli sono caduti nel vuoto». Oltre a Casassa, nei giorni scorsi è emerso come, delle vicende di don Seppia, fossero al correnteben tre cardinali e tre vescovi che avevano disposto indagini informali, ma non avevano dato molta importanza alla cosa (Leggi l’articolo).
Infatti, già ai tempi del Cardinal Tettamanzi la curia era a conoscenza del fatto che nella canonica del Santo Spirito si svolgevano feste hard omosessuali. Poi la pratica su quella chiesa era passata al successore di Tettamanzi e le voci erano arrivate fino al vescovo di Albenga (Seppia aveva vissuto qualche mese a Giustenice, un comune della provincia di Savona) che lo aveva persino convocato e “assolto”.
Bagnasco: “Nulla faceva presagire”. Nonostante tutto, il cardinale di Genova e presidente della Cei, Angelo Bagnasco ha pronunciato un’omelia che suona come un tentativo di discolpare la chiesa dalla responsabilità dei reati di don Seppia: ”Il nostro dolore è tanto più sconvolgente in quanto improvviso e inatteso, perché nulla lo faceva presagire ai nostri occhi. Ci sentiamo percossi ma non abbattuti”, ha detto il presidente della Cei in occasione della giornata di santificazione sacerdotale al santuraio della Madonna della Guardia. Bagnasco ha espresso “dolore per ogni forma di peccato e di male che, se risulterà realmente commesso da un nostro confratello, sfigura la bellezza dell’anima, scandalizza le anime, ferisce il volto dela Chiesa. Vogliamo affidare alla Madonna quanti hanno subito scandalo in qualunque modo e dire a loro la nostra vicinanza umile e sincera”.
Quando Bagnasco disse a Seppia ‘mi raccomando’. In parrocchia però, come racconta ilSecolo XIX oggi, si racconta un aneddoto: nonostante don Seppia fosse sempre assente durante le attività di volontariato, in occasione dell’inaugurazione di un centro per senza-tetto nel febbraio 2010, il parroco volle esserci assolutamente. Era infatti annunciata la presenza dell’arcivescovo Angelo Bagnasco. E proprio quando l’ospite d’onore vide tra la folla don Seppia, gli si avvicinò e gli rivolse un invito che oggi sembra profetico: “Mi raccomando”.
Intanto Valerio Barbini, portavoce di Arcigay Genova, prende posizione contro l’accostamento tra omossessualità e pedofilia: “Stiamo verificando la sua iscrizione, se dovesse risultare negli elenchi dell’associazione, don Riccardo Seppia verrà immediatamente espulso”. “Vogliamo evitare le stupide speculazioni di certi giornali”, ha aggiunto Barbini ricordando che “in Liguria Arcigay ha più di 6 mila iscritti”. E’ quindi “possibile – ha proseguito – che don Seppia si sia iscritto magari un anno fa, se frequentava i nostri locali notturni, magari anche a Milano”.