venerdì 20 maggio 2011

Don Seppia: “Trova un bambino di 10 anni” Bagnasco: “Nulla faceva presagire”


A Milano una prima vittima ha confermato le accuse. Secondo l'ordinanza il prete era "difficile da stanare" perché si sentiva un insospettabile. Eppure il primo parroco che ha avuto l'uomo come vice lo aveva detto: "La curia sapeva tutto". Ma il cardinale di Genova mostra stupore: "Dolore più sconvolgente perché inatteso"

Don Riccardo Seppia

Non era solo la canonica della chiesa Santo Spirito, in via Calda a Sestri Ponente, il luogo dove don Riccardo Seppia, il parroco arrestato venerdì scorso (Leggi l’articolo) con l’accusa di abuso sessuale su minore e cessione di stupefacenti, incontrava le sue vittime.

Le ammissioni delle vittime. Il prete, secondo l’accusa degli investigatori, vedeva i ragazzini anche in appartamenti a Milano, case “prestate”da complici che consegnavano le chiavi degli appartamenti, lasciando via libera al parroco. E intanto è emerso che, proprio nel capoluogo lombardo, una prima vittima ha confermato le accuse. “Sì, ho avuto rapporti sessuali con don Riccardo in cambio di cocaina”. L’ammissione è contenuta nel fascicolo trasmesso dalla procura milanese al pm Stefano Puppo. Ammissione che però gli investigatori genovesi devono ancora appurare. Nelle prossime ore, infatti, sarà sentita proprio la vittima, un ragazzo di 17 anni di origini slave, per vedere se il rapporto sia stato consumato davvero.

Don Seppia chiede e ‘Franky ‘ esegue. Secondo l’identikit tracciato nell’ordinanza di custodia cautelare del gip di Milano Maria Vicidomini, don Seppia era “difficile da snidare”, un uomo che “evidentemente si sentiva al di sopra di ogni sospetto”, ossessionato dal desiderio di avere rapporti con “bambini”. L’indagine, racconta La Repubblica oggi, prende le mosse nella seconda metà di ottobre quando i carabinieri del Nas, impegnati a Milano in un’inchiesta sul traffico di anabolizzanti in palestre e saune (Leggi l’articolo), si imbattono in una conversazione tra un pusher africano, soprannominato Franky, e il parroco genovese. Ecco la telefonata: “Ah… niente… senti…. non trovi nessun bambino…?” chiede don Riccardo Seppia a Franky. E’ il 22 ottobre. Don Seppia, nella stessa conversazione aggiunge: “… eh che mi piace… non hai tuoi amici che mi vogliono fare di tutto…?”. Gli inquirenti si precipitano in procura e aprono un fascicolo sul prete genovese. Scrive don Seppia a Franky in un sms: “Mi trovi bambini?”. Sono le 21 del 22 ottobre. Alle 21 e 26 un altro messaggio: “Hai trovato uomini negri?”. Il 23 ottobre altro traffico telefonico tra il parroco e Franky: “Senti, ti chiamo perché ieri avevi parlato che avevi trovato un ragazzo…” dice il prete. “Sì… io ho trovato però lui è andato in galera… hai capito?” risponde. “Ma ha meno di 15 anni?” chiede don Seppia. “Eh, magari 18…” replica Francy. “E no a me mi serve… mi piace… con meno di 14 anni io li cerco” dice il prete. Alle 22 dello stesso giorno diventa evidente che Franky ha dei contatti con altre persone in grado di fornirgli bambini per pedofili: “Adesso quando ti interessa dimmi… io chiamo a loro subito uomo: ho capito… se vuoi uno o due… io prendo… capito?” dice Francy al parroco. “Però ragazzo problema…” aggiunge. Il 29 ottobre don Seppia scrive in un sms: “Trova un bambino 10 anni”.

“Ma puoi trovare qualche madre che ha un bambino… che ha bisogno di coca no?!”.L’ossessione cresce, fino a dicembre, quando Franky sembra abbia trovato la ‘preda’ giusta. E’ il 13 dicembre: “Ti volevo dire, sei riuscito a trovare qualche bambino?” chiede Seppia. Franky dice che, sì, lo ha trovato: “Si trovato però ancora non c’è”. “Quanti anni?” chiede Seppia. “11, 12…” risponde Franky. “Bene bene – dice Seppia – senti, guardo, guarda se ce l’hai.. che… posso prenderlo”. E aggiunge: “Ah bene, me li trovi più piccoli?”. La sera del 22 dicembre 2010 Seppia vuole un bambino, e chiama un amico invitandolo ad abusarne insieme: “Stai a sentire, ti volevo dire questo… Ho avuto modo di trovare qualcosa di tenero eh… per noi… quando vengo in su… eh… e cazzo, così ci divertiamo”. La cosa non va in porto, il parroco è furioso e parla con Franky: “Ma puoi trovare qualche madre che ha un bambino… che ha bisogno di coca no?!”.

Non è facile lavorare leggendo questi messaggi, ma i carabinieri vanno avanti. Cercano, nei tre personal computer sequestrati a don Seppia, le prove di un’induzione alla prostituzione minorile che configura un altro reato gravissimo oltre a quelli già contestati.

Il giallo dei soldi. Ma la situazione del prete potrebbe aggravarsi ancora di più. Perché nel filone d’inchiesta principale s’innestano domande pesantissime. Potrebbe, il sacerdote, aver dato vita a un vero e proprio mercato di baby prostituti? E’ questa la domanda che si fanno gli inquirenti che cercano nei pc un riscontro a questa ipotesi. Certo è che le parole intercettate mentre il parroco chiedeva al suo pusher di avere ragazzini “più piccoli di 16 anni”, magari “negretti”, hanno un solo significato. Pagava, don Seppia, per trovare piccole vittime? Chi pagava? Quanto pagava? Domande che per ora rimangono senza risposta.

E ancora: perché un sacerdote che vive di uno stipendio da 1200 euro che gli passa la diocesi aveva un tenore di vita così alto da comprarsi 300 euro di cocaina al giorno? Da dove venivano quei soldi? Le ipotesi dei carabinieri, coordinati dal pubblico ministero Stefano Puppo, sono diverse e partono dalla più intuitiva, quella che riguarda l’accusa di spaccio di stupefacenti. Ma gli accertamenti potrebbero anche riservare sorprese. Di certo c’è che quel tipo di vita non è alla portata dichi vive solo dello stipendio passato dalla Chiesa.

“La curia sapeva”. Intanto la Procura ha ascoltato anche don Piercarlo Casassa , il primo parroco che ha avuto Riccardo Seppia come vice. Ha ribadito quanto già dichiarato in esclusiva alSecolo XIX: «Non era adatto al sacerdozio, usciva tutte le notti, tornava tardi, e si svegliava alle de del pomeriggio. Lo avevo comunicato più volte alla Curia, ma i miei appelli sono caduti nel vuoto». Oltre a Casassa, nei giorni scorsi è emerso come, delle vicende di don Seppia, fossero al correnteben tre cardinali e tre vescovi che avevano disposto indagini informali, ma non avevano dato molta importanza alla cosa (Leggi l’articolo).

Infatti, già ai tempi del Cardinal Tettamanzi la curia era a conoscenza del fatto che nella canonica del Santo Spirito si svolgevano feste hard omosessuali. Poi la pratica su quella chiesa era passata al successore di Tettamanzi e le voci erano arrivate fino al vescovo di Albenga (Seppia aveva vissuto qualche mese a Giustenice, un comune della provincia di Savona) che lo aveva persino convocato e “assolto”.

Bagnasco: “Nulla faceva presagire”. Nonostante tutto, il cardinale di Genova e presidente della Cei, Angelo Bagnasco ha pronunciato un’omelia che suona come un tentativo di discolpare la chiesa dalla responsabilità dei reati di don Seppia: ”Il nostro dolore è tanto più sconvolgente in quanto improvviso e inatteso, perché nulla lo faceva presagire ai nostri occhi. Ci sentiamo percossi ma non abbattuti”, ha detto il presidente della Cei in occasione della giornata di santificazione sacerdotale al santuraio della Madonna della Guardia. Bagnasco ha espresso “dolore per ogni forma di peccato e di male che, se risulterà realmente commesso da un nostro confratello, sfigura la bellezza dell’anima, scandalizza le anime, ferisce il volto dela Chiesa. Vogliamo affidare alla Madonna quanti hanno subito scandalo in qualunque modo e dire a loro la nostra vicinanza umile e sincera”.

Quando Bagnasco disse a Seppia ‘mi raccomando’. In parrocchia però, come racconta ilSecolo XIX oggi, si racconta un aneddoto: nonostante don Seppia fosse sempre assente durante le attività di volontariato, in occasione dell’inaugurazione di un centro per senza-tetto nel febbraio 2010, il parroco volle esserci assolutamente. Era infatti annunciata la presenza dell’arcivescovo Angelo Bagnasco. E proprio quando l’ospite d’onore vide tra la folla don Seppia, gli si avvicinò e gli rivolse un invito che oggi sembra profetico: “Mi raccomando”.

Intanto Valerio Barbini, portavoce di Arcigay Genova, prende posizione contro l’accostamento tra omossessualità e pedofilia: “Stiamo verificando la sua iscrizione, se dovesse risultare negli elenchi dell’associazione, don Riccardo Seppia verrà immediatamente espulso”. “Vogliamo evitare le stupide speculazioni di certi giornali”, ha aggiunto Barbini ricordando che “in Liguria Arcigay ha più di 6 mila iscritti”. E’ quindi “possibile – ha proseguito – che don Seppia si sia iscritto magari un anno fa, se frequentava i nostri locali notturni, magari anche a Milano”.




giovedì 19 maggio 2011

Ultime ore per fermare il bavaglio alla TV!


Lontano dai riflettori, oggi il Parlamento potrebbe definitivamente votare la legge bavaglio alla tv, che metterebbe in grave pericolo la libertà d'informazione nel nostro paese.

Con ben 70.000 firme, una consegna d'impatto e migliaia di telefonate,qualche mese fa siamo riusciti ad affossare la legge bavaglio alla tv, che avrebbe messo in seria difficoltà indagini giornalistiche contro la corruzione e il malgoverno e avrebbe trasformato l'informazione tv in un presidio governato dai partiti. Ma con un blitz pochi giorni fa i parlamentari berlusconiani sono riusciti a imporre la votazione di questa legge. Se passerà, la nostra democrazia ne uscirà seriamente indebolita.

Ci rimangono solo poche ore - vinciamo anche questa volta! I parlamentari si sono riuniti da ieri pomeriggio e potrebbero votare già oggi: inondiamoli di messaggi per chiedere loro di votare contro la legge bavaglio! Manda il tuo messaggio a destra e inoltra l'appello a tutti.

Legge anti-gay in Uganda: abbiamo vinto!

Ricken Patel - Avaaz.org a me



Cari amici,



Frank Mugisha e altri attivisti coraggiosi pro-diritti umani consegnano la nostra petizione al Parlamento ugandese poco prima che i leader hanno accantonato la pena di morte contro i gay.
La legge anti-gay ugandese è stata definitivamente accantonata! La settimana scorsa era quasi scontato che passasse, ma dopo 1,6 milioni di firme consegnate al Parlamento, decine di migliaia di telefonate fatte ai nostri governi, il giro del mondo della notizia riguardante la nostra campagna e un'indignazione globale incredibile, i politici ugandesi hanno rinunciato ad adottare questa legge!

E' stata una battaglia senza esclusione di colpi: gli estremisti religiosi hanno provato a far passare la legge mercoledì, e poi si sono accordati per fissare una sessione d'emergenza del Parlamento venerdì, una tattica mai utilizzata prima. Ma ogni volta, nel giro di poche ore, abbiamo reagito prontamente. Tantissimi complimenti a tutti quelli che hanno firmato, fatto chiamate, inoltrato l'appello e fatto una donazione per questa campagna. Con il nostro aiuto migliaia di persone innocenti della comunità gay ugandese non si sveglieranno questa mattina con una condanna a morte sulla loro testa decisa in base a chi hanno scelto di amare.

Frank Mugisha, impavido leader della comunità gay in Uganda, ci ha inviato questo messaggio:

"I coraggiosi attivisti pro-diritti degli omosessuali ugandesi e i milioni di persone da tutto il mondo si sono uniti e hanno sconfitto questa orrenda legge anti-gay. Il sostegno dalla comunità globale di Avaaz è stato fondamentale per far sì che questa legge venisse bloccata. La solidarietà globale ha fatto la differenza".

Anche l'Alto Rappresentante dell'UE per gli Affari internazionali ha scritto ad Avaaz:

"Grazie mille. Come sapete, grazie alla pressione esercitata e ai vostri sforzi, uniti a quelli di altri rappresentanti della società civile, all'UE e ad altri governi, insieme alle nostre delegazioni e ambasciate lì presenti, questa mattina la legge non è stata presentata".

La battaglia non è finita qui. Gli estremisti che vogliono questa legge potranno riprovarci di nuovo fra 18 mesi. Ma questa è la seconda volta che siamo riusciti a sconfiggerli, e andremo avanti finché questi seminatori d'odio non si fermeranno.

Debellare le cause più profonde dell'ignoranza e dell'odio che stanno dietro all'omofobia fa parte di una battaglia storica e molto lunga, una delle cause più nobili della nostra generazione. E l'Uganda è diventato uno dei campi di battaglia più importanti, e un simbolo molto potente. La vittoria in quel paese rimbalza in tutti gli altri luoghi in cui c'è bisogno di speranza, a dimostrazione che l'amore, la tolleranza e il rispetto possono sconfiggere l'odio e l'ignoranza. Ancora una volta, un enorme grazie a tutti coloro che hanno reso questa impresa possibile.

Con enorme gratitudine e ammirazione per questa incredibile comunità,

Ricken, Emma, Iain, Alice, Giulia, Saloni e tutto il team di Avaaz.


La notizia sui media:

Legge anti-gay accantonata (in inglese):
http://www.bbc.co.uk/news/world-africa-13392723

La risposta di Avaaz al risultato positivo sul Guardian (in inglese):
http://www.guardian.co.uk/world/2011/may/13/uganda-anti-gay-bill-shelved

Il Presidente ugandese non ha appoggiato la legge a causa delle "enormi critiche dai gruppi pro-diritti umani" (in inglese):
http://www.sfgate.com/cgi-bin/article.cgi?f=/n/a/2011/05/13/international/i042638D37.DTL

La legge anti-gay rimandata a seguito dell'indignazione generale (in inglese):
http://www.news24.com/Africa/News/Uganda-shelves-anti-gay-bill-20110513

Uganda, nessun dibattito in Parlamento sulla legge contro i gay:
http://www.wallstreetitalia.com/article/1131071/uganda-nessun-dibattito-in-parlamento-sulla-legge-contro-i-gay.aspx

CHI SIAMO
Avaaz.org è un'organizzazione no-profit e indipendente con 8 milioni di membri da tutto il mondo, che lavora perché le opinioni e i valori dei cittadini di ogni parte del mondo abbiano un impatto sulle decisioni globali (Avaaz significa "voce" in molte lingue). I membri di Avaaz vivono in ogni nazione del mondo; il nostro team è sparso in 13 paesi distribuiti in 4 continenti e opera in 14 lingue. Clicca qui per conoscere le nostre campagne più importanti, oppure seguici su Facebook o Twitter.

Per contattare Avaaz non rispondere a questa e-mail, ma scrivici utilizzando il nostro modulo www.avaaz.org/it/contact, oppure telefonaci al 1-888-922-8229 (USA).

mercoledì 18 maggio 2011

Camera, governo battuto cinque volte.



ALFANO: «SOLO UNA NORMALE RILASSATEZZA POST-VOTO». VOTO SUL BIOTESTAMENTO RINVIATO.


Sotto sulle mozioni di Fli, Pd ed Idv su cui aveva espresso parere negativo. Molti assenti tra i Responsabili


MILANO - Rientro amaro in Parlamento per il governo alla ripresa dei lavori parlamentari dopo le amministrative. Infatti la maggioranza è stata battuta in Aula alla Camera nel corso delle votazioni delle mozioni sulla situazione delle carceri. L'esecutivo è andato sotto cinque volte. Quattro al mattino sui documenti presentati da Fli, dal Pd e da Idv su cui aveva espresso parere negativo e che invece sono stati approvati dall'Assemblea di Montecitorio, poi sul testo, respinto, presentato dalla maggioranza su cui il parere era positivo. La quinta volta nel pomeriggio, sconfitto per tre voti su un ordine del giorno di Augusto Di Stanislao dell'Idv alla ratifica della Convenzione di Oslo sulla messa al bando delle munizioni a grappolo. Il testo, su cui c'era il no del governo, è passato con 267 sì e 264 no.

LE MOZIONI - In precedenza è passata in aula prima una mozione del Fli su cui il governo aveva dato parere contrario con 264 sì e 254 no. Poi in altre tre votazioni il governo è andato sotto. La prima su una parte della mozione del Pd, approvata nonostante l'esecutivo fosse contrario; la seconda sul una parte della mozione del Pdl, bocciata anche se il governo era favorevole; la terza su una parte della mozione dell'Idv, approvata con il no del governo. In questi ultimi tre casi l'opposizione si è imposta con uno scarto di almeno 12 voti. A questo punto l'esame in Aula alla Camera del disegno di legge sul biotestamento è stato rinviato a data da destinarsi. La Conferenza dei capigruppo di Montecitorio ha accolto l'orientamento della maggior parte dei gruppi, anche di opposizione, di rimandare la discussione certamente almeno a dopo i ballottaggi.

GLI ASSENTI - Intanto i Responsabili «delusi» si fanno sentire. È tra le file del neogruppo nato a sostegno del governo Berlusconi che si registrano le assenze più evidenti che hanno portato il governo ad andare sotto nella prima votazione a Montecitorio dopo la pausa elettorale. Oggetto del voto, le mozioni delle opposizioni sulle carceri, in particolare quella di Fli, nulla di grave dunque, ma nel gruppo di Scilipoti&co. gli assenti sono stati ben 12 su 29, tra i quali spiccano Francesco Pionati e Maria Grazia Siliquini che attendono ancora una nomina da sottosegretario. Assenti anche il neoministro Saverio Romano e Arturo Iannacone, il neoconsigliere economico del premier, Massimo Calearo e poi tra i neofiti della maggioranza si segnalano assenti anche Luca Barbareschi e Italo Tanoni. Non hanno partecipato al voto - che si è concluso con 264 sì per la mozione firmata dal finiano Della Vedova, e 254 no, 4 astenuti tra i quali i Pdl Luigi Vitali e Marcello De Angelis - anche 16 deputati del Pdl, tra i quali il vicecapogruppo Massimo Corsaro e Nicola Cosentino, e 2 dell'Mpa. Assenti anche due deputati della Lega.

ALFANO - Cerca di smorzare l'importanza dell'infortunio parlamentare il ministro della Giustizia, Angelino Alfano che definisce i quattro voti contrari al parere del governo sulle mozioni delle opposizioni sulle carceri un «normale ritardo post voto, normale rilassatezza post competizione elettorale». In riferimento alla materia Alfano ha poi osservato: «non si tratta di leggi ma di mozioni. Ho letto con attenzione il contenuto degli emendamenti e compatibilmente con le disponibilità di bilancio farò di tutto per adempiervi».

LE ALTRE REAZIONI - «Si vedono i primi effetti dello Tsunami di domenica e lunedì: dopo la botta elettorale la maggioranza evapora anche in Parlamento. Si capisce che tira una brutta aria dalle parti del centrodestra. Tira una brutta aria e lo si capisce dall'assenza in Aula dei sottosegretari dei cosiddetti Responsabili» afferma invece il presidente del gruppo Idv alla Camera Massimo Donadi. «Maggioranza battuta al primo voto in aula dopo le elezioni... Non male» scrive il capogruppo alla Camera del Pd Dario Franceschini, su Twitter e Facebook. «Non c'è nessun motivo politico», risponde il vicepresidente dei deputati Pdl Massimo Corsaro. «C'è gente in giro, c'è gente distratta dalla campagna elettorale per i ballottaggi», minimizza Corsaro, conversando con i giornalisti.

http://www.corriere.it/politica/11_maggio_18/governo-battuto-camera_d1ce655e-8138-11e0-ab0f-f30ae62858c8.shtml


B.: “Non lasciare Milano ai centri sociali” E al ballottaggio non ci mette la faccia.


Nuovo attacco a Pisapia, ma la Moratti si smarca. Il Cavaliere con i suoi ha parlato di un esecutivo saldo, ma ora si spenderà in prima persona solo se ci saranno chance di vittoria

Per Silvio Berlusconi è impensabile lasciare Milano ai centri sociali che appoggiano Giuliano Pisapia e Napoli in mano a un pm, Luigi De Magistris, che ha rovinato alcune persone. E’ questo il ragionamento esposto dal premier durante il vertice del Pdl a palazzo Grazioli, secondo quanto riferiscono alcuni partecipanti. Una linea che però rende insofferente il candidatoLetizia Moratti, convinta che sia stato proprio il troppo parlare di politica nazionale ad averla messa in minoranza alle amministrative. Berlusconi ancora crede nella possibilità di far girare il risultato del primo turno a favore del Pdl. Non si dà per vinto, senza però nascondere le difficoltà del momento. Dice infatti – secondo quanto riferito da più di un presente al vertice di Palazzo Grazioli – che questa volta non si spenderà in prima persona se le chance di vittoria si dimostreranno prossime al lumicino.

Il Cavaliere, raccontano, ha poi parlato di un esecutivo saldo e di una maggioranza solida, nonostante il gelo della Lega. Dopo aver dichiarato, meno di una settimana fa, che il voto sarebbe stato “un test per il governo”, il presidente del Consiglio ha deciso quindi di non farsi influenzare dai risultati del ballottaggio. Eppure i suoi non sembrano così sicuri. “E’ in arrivo uno tsunami” ha detto il sottosegretario agli Esteri, Stefania Craxi, che non ha mai nascosto il suo dissenso per il modo in cui è stata condotta la campagna elettorale. Mentre alcuni ipotizzano che “il treno sia a fine corsa”, molti chiedono “un confronto all’interno del Pdl”.

Il premier non ha ancora dettato la linea per la campagna bis, ma sembra che alla riunione abbia spiegato come l’unico modo per vincere sia quello di far venir fuori il vero volto di Giuliano Pisapia. Cioè quello dei centri sociali e della sinistra estrema, secondo la maggioranza. Una strategia che ha però portato Letizia Moratti a scontrarsi con lo sfidante durante il faccia a faccia, attirandosi critiche bipartisan e una promessa di querela. Adesso il sindaco ha deciso di fare da sé, rivendicando il ruolo di ‘regista’ della campagna. Da basare solo su temi cittadini e non nazionali. Niente giustizia né pm, quindi. Secondo quanto raccontano i presenti, Berlusconi si è mostrato d’accordo, in dubbio se partecipare attivamente alla campagna elettorale bis.

Berlusconi per il momento si è limitato a ricordare a tutti come a Milano serva il sostegno dell’intero centrodestra, unito per la candidata. Anche quello eventuale di Pier Ferdinando Casini, sul quale è in programma un pressing ‘leggero’, affinché al secondo turno appoggi la Moratti. Ma serve sopratutto l’apporto della Lega, decisamente irritata dal risultato elettorale, non solo milanese. Nonostante i problemi tra Pdl e Carroccio su temi specifici, il rapporto con Umberto Bossi sarà recuperato, ne è convinto il premier, che promette all’alleato di condividere ogni decisione. Tra i due leader intanto ci sarebbe stata però solo una breve telefonata ieri sera. Ancora nessun ragionamento organico sul voto.

Ma per Berlusconi non c’è solo Milano. L’altra grossa sorpresa, da ribaltare, è stata Napoli, dove il candidato Pdl Gianni Lettieri andrà al ballottaggio con Luigi De Magistris, dell’Idv. Per il presidente, raccontano alcuni presenti alla riunione, non è possibile lasciare il capoluogo campano in mano a un pm che ha solo rovinato delle persone e non ha mai vinto un processo.



«Berlusconi pagava 600 milioni di pizzo».


Rivelazione del pentito Giovanni Brusca al processo Mori

Giovanni Brusca
Giovanni Brusca
PALERMO - Un pizzo di 600 milioni di lire. Ogni anno. È quanto avrebbe versato alla capo della cupola palermitana Stefano Bontade Silvio Berlusconi. Lo ha raccontato il pentito Giovanni Brusca, nel corso del processo ai carabinieri Mario Mori e Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato per aver favorito la latitanza di Bernardo Provenzano: «Berlusconi pagava una sorta di "messa a posto" a Stefano Bontade, quando poi questo morì fu sostituito». Ha spiegato il collaboratore di giustizia davanti alla IV sezione del tribunale di Palermo e che mercoledì è stato ospitato nell'aula bunker del carcere di Rebibbia a Roma. Brusca ha riferito di conversazioni con un altro capo boss, Ignazio Pullarà, ricordando un attentato subito da Berlusconi e che fu posto in essere - sempre secondo lui - da altri due mafiosi. «Pullara mi disse anche che a Milano non c'era solo Berlusconi che pagava, ma anche tanti altri. l pagamento di 600 milioni continuò anche quando le cose passarono in mano a Riina».

IL PAPELLO - Brusca, considerato il braccio armato del boss corleones, ha ricordato quanto il suo padrino a suo tempo gli avrebbe confidato: «Mi disse tutto contento che si erano fatti sotto, cercando una trattativa. Io gli ho fatto un papello tanto, mi disse Riina». La richiesta degli interlocutori di Riina era di «finirla con le stragi. Ma il soggetto finale delle richieste di Cosa Nostra era il senatore Nicola Mancino». L'incontro di cui parla Brusca con Riina sarebbe avvenuto tra la strage di Capaci, avvenuta nel maggio '92 e quella di via D'Amelio. Circostanza che, più volte, Mancino ha smentito, sottolineando che il suo insediamento al Viminale risale al primo luglio del '92, due mesi dopo Capaci, e pochi giorni prima di via D'Amelio. Secondo la ricostruzione di Brusca, invece, dopo l'omicidio di Salvo Lima (12 marzo 1992) «si sarebbero fatti sotto» due personaggi come Vito Ciancimino e Marcello Dell'Utri. «Il primo portò la Lega (non ha specificato quale, ndr), l'altro un nuovo soggetto politico che si doveva costituire, o che già era costituito, non mi ricordo bene. Entrambi si proposero come alternative a Lima e al sistema politico di cui l'esponente andreottiano della Dc era stato il garante».

LA SMENTITA DI MANCINO - Il senatore Mancino risponde con una nota stringata alle rivelazioni del collaboratore di giustizia: «Brusca, che da tempo ho denunciato, è un pentito itinerante tra i vari uffici giudiziari. Ripete per vendetta falsità nei confronti di un ex ministro dell'Interno che nel periodo 1992 -'93 fece registrare, tra i tanti arresti di latitanti, anche quello di Riina. Non desidero dire altro».

«SULLE STRAGI BERLUSCONI NON C'ENTRA» - «Per quanto riguarda le stragi del '92 e '93 Berlusconi non c'entra». Ha ribadito Brusca, che ha quindi aggiunto: «Ho querelato il settimanale l'Espresso perché non è vero che andai da Berlusconi come in qualche modo era stato scritto in un libro e come quel settimanale riportava, ho chiesto una rettifica ma siccome non la facevano ho fatto la denuncia. Io dico sempre la verità, ho cercato sempre di dire la verità».

http://www.corriere.it/cronache/11_maggio_18/bontade_berlusconi_brusca_993e87f6-813c-11e0-ab0f-f30ae62858c8.shtml

E adesso al lavoro. di Concita De Gregorio



Più si guarda da vicino il voto di domenica e più si allarga il sorriso. Hanno davvero vinto - in tanti e tanti luoghi - la lealtà, la competenza, la politica intesa come servizio, l’energia delle nuove generazioni. Hanno davvero perso l’arroganza, la pagliacciata e l’insulto, i candidati posticci e macchiettistici da tv del pomeriggio, la rabbia che acceca i servitori più realisti del re, gli Olindo e Rosa del Cavaliere. Ha torto, ancora una volta, il povero Sandro Bondi quando dice che «è solo grazie all’impegno di Berlusconi che è stato possibile raggiungere questo risultato». È una mezza e per lui triste verità. È vero che le 28 mila preferenze sono (come il Sultano in persona disse poche settimane fa prevedendone almeno 55 mila), «il suo funerale».

È vero anche che più di Letizia Moratti restano sul tappeto di fiori di Milano Daniela Santanchè e i suoi sbocchi di bile, i suoi epigoni e i suoi pessimi consigli. L’altra parte della verità, però, è che a Milano con Pisapia hanno vinto i giovani dirigenti dei municipi, i ventenni e i trentenni che si sono messi al servizio della causa, Stefano Boeri che, sconfitto alle primarie, ha dato una prova suprema di lealtà e passione candidandosi in lista (il più votato a Milano, col Pd), Anna Puccio, Davide Corritore, Maurizio Baruffi e tutte le donne e gli uomini protagonisti di questa vittoria.

La candidata del centrosinistra va al ballottaggio ad Arcore, sotto la Villa. Roberto Lassini, l’autore dei manifesti «Br in procura», ha ottenuto 872 voti e non è stato eletto. Ornella Vanoni, a sostegno della signora Moratti, ne ha presi 36. Quelli della sua famiglia, pronipoti compresi. La ragazza del Pdl che ha promosso una raccolta di firme per contestare Nicole Minetti è stata la più votata fra i candidati del Terzo Polo.

Vanno al ballottaggio Varese, città di Maroni, e Novara, città di Cota. La disfatta leghista (dal 14 al 9 per cento a Milano) non dipende solo dalla “candidata sbagliata” a palazzo Marino, con tutta evidenza. A Olbia il centrosinistra passa al primo turno, il Pd Scanu il più votato in assoluto. A Siena il pilota Nannini, fratello di Gianna, che aveva fatto campagna elettorale dicendo «ho fatto anche io il bunga bunga», ha visto la polvere. Cinzia Cracchi, al centro della vicenda Del Bono a Bologna, ha preso 26 voti. Maurizio Cevenini, che ha rinunciato alla corsa a sindaco per motivi di salute, 11 mila. A Torino sono stati premiati i giovani assessori di Chiamparino: Ilda Curti, Roberto Tricarico, Marta Levi. A Latina il fasciocomunista Pennacchi, forte di un’ottima spropositata stampa, si ferma allo 0.6. Meno personaggi, più persone: evviva.

Mi sembra un’ottima notizia, infine, il bel successo dei giovani candidati del Movimento 5 Stelle. Per quanto Grillo si ostini a dire che «destra e sinistra sono uguali», dalle parole degli eletti traspare una matura consapevolezza delle differenze, dell’impegno che serve per farle emergere e della responsabilità che ne consegue. Mi auguro che a Napoli il Pd sappia leggere nel voto il tramonto della trentennale stagione che qui si chiude e sappia sostenere con convinzione il successo di De Magistris. Infine, mi sembra un voto che rimette in circolo molte energie fino a ieri disperse, che riassorbe l’astensione, che premia la sinistra assai più del centro. La cui moderazione, del resto, ha dato punti a quella dei sedicenti moderati. Credo che le donne, non solo a Milano, abbiano avuto un ruolo decisivo. Del resto che il vento stava cambiando lo hanno segnalato loro, un milione di loro, il 13 febbraio. E adesso al lavoro, che siamo appena all’inizio. Dopo le città il governo: si vada finalmente a votare. La parola ai cittadini, alzi la mano chi ne ha paura.