martedì 22 novembre 2011

Il vescovo che violentava i ragazzini africani.



Le forze dell’ordine olandesi stanno cercando prove per incriminarlo

Sta acquisendo dimensione internazionale lo scandalo a base di pedofilia che coinvolge il vescovo olandese Cornelius Schilder: il prelato è ormai sotto attenzione dalle forze dell’ordine di almeno tre istituzioni, ovvero: quelle irlandesi, quelle olandesi e l’Interpol a coordinare le operazioni. Il tutto per una brutta storia di violenze sessuali perpetrate in Kenya negli anni ’50: il prelato, in effetti, è stato in servizio in Africa fino al 2009.
IL CASO – Le informazioni che hanno portato alla riapertura del caso su Schilder sono arrivate all’Interpol dalla divisione “crimini sessuali” della polizia irlandese, divisione sorta all’indomani dell’esplosione dello scandalo della pedofilia nel clero. Le informazioni sono state passate al coordinamento della polizia internazionale dunque dalle forze dell’ordine di Dublino; l’Interpol ha così ufficialmente chiesto ad Amsterdam di aprire un’inchiesta sul vescovo in possesso di passaporto olandese. Ad accusarlo “un seminarista kenyota, Emmanuel Shikuku”, appartenente alla tribù Masai e quattordicenne al tempo delle presunte violenze.”Le dichiarazioni fatte da questo aspirante prete coinvolgono alcuni appartenenti alla società missionaria inglese “Mill Hill”, scrive Vatican Insider, organo di informazione religiosa della Stampa. L’episcopato olandese ha già da tempo aperto un’inchiesta, che si definisce “aperta, indipendente e completa” sul dossier abusi nel clero; secondo l’autorità ecclesiastica è più che sufficiente. Secondo quella civile, in effetti no: anche perché le confessioni del seminarista fanno il paio con quelle di un anziano olandese di 63 anni che solo in tarda età ha raccontato le violenze che ha subito dai sacerdoti in un istituto cattolico nel sud dell’Olanda.
INCHIESTA APERTA – Le inchieste sul vescovo Schilder sono state dunque aperte. Il prelato si èdimesso dalla diocesi di Ngong nel 2009, “per motivi di salute”, ufficialmente. “Ma voci dal Vaticano parlano di una richiesta di dimissioni, e l’ordine Mill Hill lo ha sospeso dal ministero”, il che dona solidità alle accuse nei suoi confronti. Finora non era stato perseguito dal braccio della giustizia olandese “per mancanza di una richiesta formale”; richiesta che è invece arrivata, come dicevamo, giorni fa direttamente dall’Interpol. Lo scandalo preti pedofili ha avuto in Olanda un eco ancora maggiore che altrove, considerando, come ricorda VA, che all’indomani del Concilio Vaticano II i Paesi Bassi hanno visto una deviazione molto liberale dell’approccio liturgico, con la pubblicazione del Nuovo Catechismo Olandese che aveva parole di comprensione e accoglienza per “l’omosessualità, l’aborto, le pratiche contraccettive, l’ordinazione femminile e il celibato del clero”.

Vengo a prenderti stasera su "La mia Torpedo blu". - di Ketty Iannantuono







Il bel Paese ha decisamente un debole per i motori. I suoi politici ne hanno fatto, nel tempo, un emblema di distinzione, tanto che, oggi, l’autoblù è uno dei primi segnali di riconoscimento dell’appartenenza alla Casta.
Ovviamente, dal momento che la Casta è gerarchizzata, anche la regal vettura ha subito un processo di classificazione: in Italia ci sono autoblùblù – automobili di rappresentanza politico-istituzionale che hanno l’ambito compito di trasportare i deretani di “autorità e alte cariche dello Stato e delle amministrazioni locali”, auto una sola vota blù – a disposizione dei “dirigenti apicali” (definizione quanto meno ambigua che porta ad un’inevitabile domanda: ma all’apice de che?), e infine vi sono le auto grigie ma comunque blù –senza autista, a disposizione degli uffici per attività strettamente operative.
Nel 2011 un’ indagine condotta da Formez, incaricata dall’ex Ministro Brunetta, ha stimato che, nel nostro Paese, le auto blu risultano essere circa 72mila. Gli addetti sono 35mila (di cui 14 mila sono autisti). La spesa per il personale ammonta a 1,2 miliardi di euro all’anno; quella di gestione a 350milioni di euro che, sommando gli ammortamenti e i costi di stazionamento e logistica, diventano 650milioni di euro annui. Sono escluse da questa rilevazione sia le circa 50mila autovetture usate per scopi di sicurezza e difesa personale e nazionale, sia le 16mila auto della polizia municipale e provinciale (la polizia municipale ha a disposizione poco più di un quinto del parco auto della politica!).
Quella dell’autoblù è un’immagine forte dei privilegi riservati alla politica, una goccia nel mare ma una goccia molto visibile.
Già il 3 agosto scorso un decreto definiva nuove regole per l'utilizzo di vetture di Stato ma escludeva Regioni ed enti locali, lasciandoli così liberi di agire in deroga alle nuove regole. Tale decreto limitava alle massime cariche dello Stato l’uso delle auto di rappresentanza, con o senza blindatura, e conteneva a 1.600 cc la cilindrata per tutte le altre vetture di Stato e di servizio. Il nuovo governo dovrà decidere, in due mesi, seestendere la stessa normativa anche a Regioni ed enti locali. Il Tar del Lazio, accogliendo il ricorso del Codacons, ha infatti spiegato che "la limitazione all'uso delle auto blu - segnatamente per quanto concerne Regioni ed Enti Locali - non solo non trova fondamento nella norma primaria in pretesa attuazione della quale il Decreto presidenziale è stato emanato, ma neppure rivela profili di ragionevolezza e logicità con immediatezza apprezzabili, atteso il considerevole onere riveniente per le finanze pubbliche dall'utilizzo di mezzi di servizio proprio con riferimento a tali soggetti". In tale occasione, potrebbe anche accadere che si decida di perfezionare o limitare ulteriormente l'utilizzo di vetture di servizio per il mondo della politica e della pubblica amministrazione.
Il governo Monti è composto da persone con delle “facce normali”, diceva Concita De Gregorio ieri sera intervistata da Fazio, “non sono tumefatti”. Senz’altro questo esecutivo –per quanto discutibile sotto diversi punti di vista- saprà dare un segno di discontinuità rispetto al regnum Berlusconis: un taglio netto all’opulenza truffaldina della politica, un ritorno alla sobrietà. Di sicuro non vi sarà un altro Ministro della Difesa che, nottetempo, procederà all’acquisto di una ventina di marzialissime Maserati Quattroporte blindate (a 117mila euro l’una –escluso il costo della blindatura).
Non mi stupisce particolarmente, quindi, veder scendere il neo Presidente-professore da un’italianissima Lancia Thesis, anzicchè da un’Audi A8, e i suoi collaboratori da delle vecchiotte e misurate Alfa Romeo 166.Monti riporta fuori dal garage Fiat Croma della prima serie, Alfa Romeo 166 e, addirittura, Lancia K e Dedra.
Torna, quindi, il "blu Lancia”, il colore delle auto di stato italiane degli anni ‘50 e ‘60. Il cosiddetto “blu ministeriale” delle Lancia Aurelia, Appia e soprattutto Flaminia, delle Fiat 124 e 125 o dell'Alfetta degli anni ‘70.
Torna soprattutto un po’ di serietà.

Documento identificativo Brunetta.

«Pagare le tasse? Sono vent'anni che non lo faccio»



Imprenditore bergamasco smascherato dalla Finanza.
L'evasore totale girava col Porsche Cayenne.

MILANO - Il vero dilemma è: le macchiette dei film dei Vanzina prendono spunto dalla realtà o è la realtà che imita le commedie vanziniane? Un industrialotto fermato alla guida di un Porsche Cayenne, che ha intestato tutte le sue attività a un prestanome residente in Kenya e che si vanta di non aver presentato una denuncia dei redditi che sia una negli ultimi 20 anni, appartiene alla vita vissuta o alla finzione?
LA FINANZA - «Eppure è andato tutto così, le indagini sono lì a dimostrarlo»: nella sede della Guardia di Finanza di Pisogne, sponda bresciana del lago d'Iseo, temono forse di non essere creduti quando riferiscono della verifica fiscale che ha riguardato un imprenditore di origini comasche ma residente a Rogno.
L'uomo al momento è stato denunciato per aver nascosto al fisco redditi per 7 milioni ai fini delle imposte dirette e dell'Irap, più un altro milione di Iva; ma è solo l'antipasto, perché quelli sarebbero solo i conti dell'azienda e adesso c'è da ricostruire il suo «pedigree» fiscale personale, essendosi lui stesso dichiarato evasore totale negli ultimi due decenni.
EVASORE TOTALE - Invisibile per l'Agenzia delle entrate, il protagonista della vicenda, che ha 49 anni, lo era di certo; ma non poteva rendersi invisibile anche fisicamente, visto che più volte era stato fermato per controlli stradali al volante di un Porsche Cayenne o di una Bmw X6 nei paesi attorno al lago d'Iseo. Lo spunto dell'indagine delle Fiamme gialle è partito da lì: l'uomo quasi ogni giorno faceva il giro degli uffici postali della zona prelevando in contanti somme tra i 5 mila e i 25 mila euro: altro passo falso, perché se da un lato il contante usato per operazioni sottobanco non lascia traccia, dall'altro ha attirato l'attenzione della Finanza.
IN KENIA - Nelle sedi dell'azienda, i militari non hanno trovato uno straccio di documentazione contabile riconducibile all'attività d'impresa, ma hanno ricostruito lo stesso una sorta di risiko: il nullatenente in Porsche aveva girato da anni le quote della sua società a un quarantenne milanese trasferitosi in Kenya e ora irreperibile; su questo prestanome sarebbero dovute ricadere tutte le responsabilità penali e civili. L'azienda si occupa di rivendere macchinari industriali a ditte che pagano con regolare fattura.
I CLIENTI -I clienti della ditta sono stati interrogati, tutti hanno confermato che ogni rapporto loro lo tenevano con il quarantanovenne di Rogno individuato dunque come amministratore di fatto dell'azienda; i movimenti sui conti correnti sembrano confermare questa posizione. L'imprenditore è già stato a sua volta interrogato dalla Guardia di Finanza di Pisogne, ma pare non essersi dato molta pena: ha candidamente svelato di non aver mai presentato una dichiarazione dei redditi, convinto forse di cavarsela addossando ogni responsabilità al compare disteso al sole del Kenya.
Claudio Del Frate

lunedì 21 novembre 2011

L'AD di EQUITALIA guadagna 456.733 Euro all'ANNO!!!



FACCIAMO GIRARE L'ENNESIMA VERGOGNA ITALIANA... Attilio Befera, Amministratore Delegato di "Agenzia delle Entrate Equitalia" - 456.733 Euro di stipendio annuo (fonte Agenzia delle Entrate) - QUANTO SPENDE LO STATO PER PAGARE I DIRIGENTI DELL'AGENZIA CHE ROVINA FAMIGLIE E AZIENDE??? QUANTE NE DEVONO ROVINARE PER PAGARE STIPENDI COME QUESTO AI DIRIGENTI???

https://www.facebook.com/media/set/?set=a.266457640072003.85726.118635091520926&type=3

Monti e la laicità dell’ICI. Pagherà finalmente anche la Chiesa? - di Maria Mantello






«Governo di impegno nazionale». Così il prof. Mario Monti ha definito il suo Esecutivo nel discorso programmatico in Parlamento, che con schiacciante maggioranza gli ha accordato la fiducia. Il nuovo Consiglio dei Ministri, ha detto il professore, avrà «il compito di rinsaldare le istituzioni civili e nazionali sul senso dello Stato», coniugando «rigore di bilancio, crescita, equità». 

Abituati ad anni di occupazione della cosa pubblica a vantaggio di consorterie familiste e di lobby di potere prolificate in mercimoni e voti di scambio di ogni sorta, sentir nuovamente parlare di senso dello Stato è stata una bella boccata d’ossigeno. Un positivo segnale di discontinuità col passato. Perché lo Stato è l’insieme dei cittadini, che devono tornare ad aver fiducia nel governo della cosa pubblica. Avere senso dello Stato significa allora dare senso allo Stato rimettendo al centro il cittadino nella sua appartenenza alla cittadinanza: garanzia di promozione e crescita per ciascuno e per tutti. Perché non ci può essere rigore del bilancio senza crescita ed equità. Quindi, amministrare lo Stato, significa anche lotta a privilegi e soprusi, per garantire diritti anche a chi ancora non li ha e neppure ha voce sociale per dirlo.

Il professor Monti ha precisato tutto questo con pacatezza determinata, rivendicando nella forza della sua autonomia la dignità del rigore di servizio morale, vaccino contro i ricatti dei potentati economici, politici, ideologici. E in questa autonomia rivendicata con forza abbiamo apprezzato il grande valore laico di promozione della religione civile, dove i cittadini si sentono Stato nell’essere reciprocamente portatori di diritti e doveri. Senza zone franche. Senza immunità strumentali. Senza arroganti impunità. 

Il governo Monti è nato dalla crisi economica e morale che la mancanza di senso dello Stato ha generato. Un Governo di emergenza per sanare un’emergenza; ma che proprio la drammaticità dell’essere posti davanti al baratro, può trasformare in una preziosa occasione per rimettere al centro la politica alta, trovando le soluzioni migliori per lo sviluppo economico e sociale a vantaggio di ogni cittadino. 

A questo signore dalla voce pacata e dai modi composti, consapevole delle difficoltà, ma che si dichiara orgogliosamente autonomo dalle pressioni, gli italiani guardano con fiducia. È questa la realtà su cui far crescere il Governo di impegno nazionale. Ed è una forza che ha fiutato finanche Berlusconi, che si è affrettato alla Camera a complimentarsi col nuovo presidente del Consiglio sfoderando il suo sorriso d’ordinanza, rimangiandosi anche con la stampa quel «gli staccheremo la spina», che nessun plauso aveva riscosso tra gli italiani, e su cui Monti aveva ironizzato.

Non sappiamo ancora nel dettaglio quanto il nuovo Governo farà. Ma poiché il suo compito prioritario è avviare il risanamento del bilancio, ci aspettiamo il rigore dell’equità promessa. Così, se come annunciato, «verrà riesaminato l’intero peso del prelievo sugli immobili e l’ICI», coerentemente vanno rivisti odiosi privilegi in materia. Ci riferiamo all’esenzione dall’ICI, che attualmente oltre ai luoghi di culto è estesa a tutte le attività vaticane "non esclusivamente commerciali". Questo significa, che purché abbiano una qualche cappella annessa, gli enti religiosi gestori di alberghi, ristoranti, agenzie turistiche, società assicurative, scuole, case di cura religiose non pagano l’ICI; e che i ricavati dalle attività che vi si svolgono sono soggetti ad una irrisoria imposta (Ires).

Il pubblico erario riceve da questo truffaldino espediente un danno di centinaia di miliardi di euro ogni anno. Di contro, la miracolata fiscale è la Chiesa cattolica, che usufruisce a piene mani di queste regalìe per via dell’immenso patrimonio immobiliare che le basta dichiarare non occupato in attività "non esclusivamente commerciali". 

La sperequazione che una tale norma comporta è anche stata oggetto di diverse indagini della Commissione europea, che ha chiesto all’Italia di fornire l’elenco degli immobili della Santa Sede esentati dal pagamento dell'Ici, nonché il relativo valore catastale e il calcolo di imposte che se ne dovrebbe ricavare. Insomma un vero rendiconto per stabilire se questo contributo statale è illegale vista la intollerabile concorrenza sleale che determina. L’intera questione è arrivata alla Corte di Giustizia Europea, a cui infine l’europarlamentare Maurizio Turco ha sottoposto questa anomalia italiana.

Certamente l’esenzione dall’Ici non è l’unico privilegio di Santa Romana Chiesa, ma visto che questa imposta avrà un peso consistente per le tasche degli italiani, sarebbe difficile spiegare loro il perché la debbano pagare anche sulla prima casa – magari piccola e comprata con sacrifici –, mentre alberghi e ristoranti super lusso di proprietà ecclesiastica continuano ad esserne esenti. 
Anche l’argomento della Carità usato spesso a panacea di ogni beneficio accordato al Vaticano non reggerebbe. 



http://temi.repubblica.it/micromega-online/monti-e-la-laicita-dell%E2%80%99ici-paghera-finalmente-anche-la-chiesa/

Il berlusconismo non è ancora finito. - di Paolo Flores d’Arcais





Berlusconi si è dimesso, il governo Monti ha preso il suo posto, ma il dopo-Berlusconi non è ancora cominciato. E non sembra neppure vicino. Infatti, lo strapotere di cui ha goduto Berlusconi, incompatibile con i principi elementari di ogni democrazia liberale, e ovviamente in conflitto con la Costituzione italiana nata dalla Resistenza antifascista, consisteva solo in parte nel suo controllo del governo. Il suo “nocciolo duro” risiedeva (e risiede) nel dominio monopolistico (e sempre più orwelliano) del sistema televisivo, nella rete di leggi “ad personam” che gli hanno garantito l’impunità giudiziaria (malgrado in tribunale sia stato riconosciuto colpevole dei fatti addebitati almeno una decina di volte), nell’intreccio di poteri eversivi, criminali, deviati (pezzi di servizi segreti, magistrati corrotti, manager di grandi gruppi parastatali con giganteschi interessi nel petrolio e negli armamenti, ambienti mafiosi, despoti di paesi stranieri...) con cui ha sempre più impastato il proprio potere patrimoniale e politico, realizzando un vero e proprio Stato parallelo privato.

Solo quando questa piovra di illegalità (di cui le decine di leggi “ad personam” costituiscono lo scudo “legale”) sarà stata radicalmente smantellata, potremo dire che il dopo-Berlusconi è cominciato davvero, cioè irreversibilmente. Fino ad allora Berlusconi resterà nella vita politica italiana molto più che come “convitato di pietra”: stagnerà come cancro di poteri antidemocratici, capace in qualsiasi momento di metastatizzare, piombando di nuovo l’Italia nel baratro.

Non è certo un caso se l’unico ministero su cui Berlusconi è riuscito a imporsi a Monti e Napolitano è quello della Giustizia: circolava con insistenza il nome di un magistrato, la dottoressa Livia Pomodoro, presidente del tribunale di Milano e docente presso l’Università cattolica (non certo una bolscevica, dunque). Avrebbe riportato quel ministero alla decenza, avrebbe forse convinto i cittadini che la scritta che campeggia in ogni aula giudiziaria, “la legge è eguale per tutti”, non è una beffa. Proprio per questo Berlusconi ha posto il veto. Il nuovo ministro (per la prima volta una donna), Paola Severino, è l’avvocato che ha difeso il gotha della finanza e imprenditoria (e fin qui nulla di male, si dirà), ma anche Giovanni Acampora, una delle protesi berlusconiane nella corruzione di magistrati con cui Berlusconi riuscì a scippare a De Benedetti la proprietà della maggiore azienda editoriale italiana, la Mondadori. Il regista di quello scippo fu l’avvocato Previti, braccio destro di Berlusconi (che lo nominò ministro della Difesa), e il quotidiano iper-berlusconiano “Il Foglio” scrive in prima pagina che proprio a casa Previti Berlusconi ha fatto la conoscenza di Paola Severino. Frequentazioni inquietanti, a dir poco.

La prova che il potere di Berlusconi va molto al di là del suo controllo di governo l’ha fornita una “gaffe” ripetuta praticamente da tutti nei giorni scorsi. Perfino il capo dell’opposizione Bersani, ha parlato dei “diciassette anni di berlusconismo”, eppure in questo lungo periodo il Partito democratico è stato al governo, con Prodi e con D’Alema, per ben sette anni! Ma il potere reale, il potere anomalo e anticostituzionale, in effetti, è sempre rimasto a Berlusconi, in forme crescenti, fino a trasformarsi in vero e proprio regime. Perciò si dovrà vedere se il governo Monti avrà il coraggio di smantellarlo davvero, questo potere, restituendo alle parole legalità e informazione il loro significato. Monti non potrà invocare alibi: Berlusconi infatti è oggi in parlamento nel suo momento di massima debolezza. Se impedisce a Monti di governare si va a nuove elezioni, con uno “spread” tra titoli di Stato italiani e tedeschi che sarebbe da vigilia di “default”, e con la certezza che gli elettori infliggerebbero all’amico di Putin (il nuovo zar di Russia è l’unico governante al mondo che ancora difende Berlusconi) una sconfitta devastante.

Il governo Monti andrà perciò valutato su tre fattori: l’equità (o il classismo) con cui affronterà la crisi economico-finanziaria, il ripristino della legalità e la de-totalitarizzazione del sistema televisivo.

La questione della legalità è del resto decisiva anche per l’emergenza finanziaria del debito pubblico. Poche settimane fa i governi (di destra!) tedesco ed inglese hanno realizzato con la Svizzera un accordo sui capitali fuggiti dai rispettivi paesi verso le banche dei quattro cantoni. Il meccanismo è congegnato in modo da impedire a questi ricchi “occulti” di nascondersi in nuovi e più inaccessibili paradisi (grosso modo: se lo fanno, le banche riveleranno i loro nomi, e la magistratura tedesca e inglese li perseguiranno penalmente). Le banche faranno pagare a questi clienti una tassa che si aggira sul 30% e che verrà girata ai governi di Merkel e Cameron. Che intascheranno rispettivamente 35 e 10 miliardi di euro. Gli stessi banchieri svizzeri hanno calcolato che con identico accordo l’Italia ricaverebbe 30 miliardi. Ma Monti non ha fatto cenno a questa ovvia misura di equità, e neppure ad analoga tassa da pretendere dai capitali ritornati in Italia grazie allo “scudo fiscale” che li tassò solo al 5%. Eppure si tratta di privilegi “di classe” particolarmente odiosi, indifendibili, oltre che di indecenti violazioni della legalità fiscale. Coinvolgono al massimo duecentomila persone, una esigua minoranza: se non vengono colpiti, le parole “legalità” ed “equità”, pronunciate da Monti, resteranno mera retorica.

Un aspetto nel quale la continuità tra Monti e Berlusconi è praticamente certa è purtroppo quello della laicità. Cioè del disprezzo per la laicità dello Stato, che si manifesta nel peso del Vaticano nella vita pubblica. I ministri nelle grazie della Conferenza episcopale sono moltissimi, a cominciare dal superministro per tutte le attività produttive (telecomunicazioni comprese) Corrado Passera, che il cardinal Bagnasco ha voluto poche settimane fa relatore ad un importantissimo convegno di tutte le associazioni cattoliche. Del resto, il rettore dell’università cattolica, controllata dal Vaticano, professor Ornaghi, doveva addirittura diventare ministro dell’istruzione (un tempo si chiamava “ministero dell’istruzione PUBBLICA”!). E’ stato dirottato al ministero dei beni culturali, perché almeno su questo il Pd ha saputo tener duro. Ma il peso clericale nel governo resta comunque fortissimo (un grande oncologo famoso in tutto il mondo, il prof. Veronesi, era il candidato più accreditato per la sanità, ma è ateo e favorevole all’eutanasia: il veto vaticano è stato immediatamente ascoltato). 

Perciò, se Monti si occuperà esclusivamente del debito pubblico, e non anche della moltitudine di cortigiani con cui Berlusconi ha occupato (spesso con veri e propri criminali) tutti i gangli vitali del paese, liberando per prima cosa la tv (e facendo pagare a Mediaset le nuove frequenze che Berlusconi premier stava regalando a Berlusconi imprenditore), non solo il dopo-Berlusconi non comincerà ma verrà preparato il terreno per un “ritorno del caimano” tragico per il Paese. Sembra difficile, tuttavia, che Monti, Passera (e Napolitano, cui si deve questo governo) rinunceranno a fare un po’ di pulizia: ne andrebbe del loro credito internazionale, oltretutto.



http://temi.repubblica.it/micromega-online/il-berlusconismo-non-e-ancora-finito/