domenica 28 novembre 2010

Documenti segreti made in Italy.

Il governo teme la pubblicazione dei documenti top secret di Wikileaks, Frattini parla di «elementi molto preoccupanti» e di danni all’«immagine dell’Italia», Berlusconi definisce «criminale ciò che i media fanno». Eppure fu il Sismi di Nicolò Pollari, agli ordini di Berlusconi, a schedare e a tentare di «disarticolare con mezzi traumatici» i giornalisti e i magistrati che venivano considerati oppositori del governo. Aspettando la sentenza d’appello, il 15 dicembre, del processo Abu Omar.

Quello che il nostro recente passato ci ha insegnato, è che spesso i servizi segreti italiani, per determinati periodi, sono stati al servizio di una persona sola, o di una ristretta oligarchia, e quello che è emerso dai documenti “top secret” sono le attenzioni dell’intelligence per i soggetti scomodi, per gli oppositori.

Tempi lontanissimi? Nemmeno per sogno. Volevano farci credere, per esempio, che Mani pulite fu un complotto ordito dalla Cia e Di Pietro un burattino nelle mani dei servizi segreti, mentre i fatti e i documenti dimostrano il contrario, cioè che i servizi segreti, in quell’occasione, intervennero non per appoggiare i magistrati di Milano, ma per screditarli. In una relazione datata 6 marzo 1996, il Copaco denunciò che il Sisde, per mano della cosiddetta «fonte Achille», durante l’inchiesta Mani pulite, mise in atto manovre volte ad acquisire «informazioni riservate su atti giudiziari», «esercitare un controllo illegittimo sui singoli magistrati e sulla loro vita» e «costruire dossier che servivano a delegittimarli». Un anno prima, nel luglio ’95, gli agenti di Polizia scoprirono «una serie cospicua di schede informative, idonee a gettare sospetti infamanti e a demolire l’immagine del dr. Di Pietro» e del pool di Milano.

La storia si ripete più volte, ma probabilmente la vicenda più vergognosa è stato portata alla luce dagli agenti della Digos il 5 luglio 2006, in via Nazionale 230 a Roma, nell’ambito delle indagini sul sequestro dell’imam egiziano Abu Omar, e vede nuovamente coinvolto il Sismi – non suoi settori deviati, ma il Sismi «in quanto tale», come stabilirà nel 2007 il Csm – e ha per protagonisti Nicolò Pollari (nella foto) ePio Pompa. Pollari, tuttora docente di Diritto Tributario all’Università di Reggio Calabria e alla LUM di Bari, fu scelto da Berlusconi come capo dei servizi segreti nel 2001 e rimase in carica fino al 2006. È stato salvato dal segreto di Stato nel primo grado del processo Abu Omar, ma il 28 ottobre scorso il sostituto procuratore di Milano Piero De Petris ha chiesto 12 anni di reclusione per lui e 10 per l’ex responsabile del controspionaggio Marco Mancini (imputato anche di associazione per delinquere, corruzione e rivelazione di notizie di cui è vietata la divulgazione, per lo scandalo dei dossier Telecom ma difeso ancora una volta dal segreto di Stato), ricordando che «questo sequestro ha ferito in modo grave la coscienza della comunità internazionale».

Il braccio operativo dell’ex capo del Sismi era un certo Pio Pompa. Devoto a Silvio Berlusconi («Sarò, se Lei vorrà, anche il Suo uomo fedele e leale […]. Desidero, dunque, averLa come riferimento e esempio ponendomi subito al lavoro», scrisse in una lettera il funzionario al premier) più che Chauvin a Napoleone, Pio Pompa, in primo grado, fu condannato a tre anni per favoreggiamento nel rapimento dell’imam. Ora, si attende la sentenza d’appello, prevista per il 15 dicembre.

Ma torniamo a quel 5 luglio. Quello che gli agenti della Digos si trovano davanti è un enorme archivio, gestito da Pio Pompa, di appunti e dossier di varia natura che riguardano magistrati, giornalisti, politici e imprenditori, che negli anni sono stati vessati e calunniati da più organi di informazione e di governo. Un elenco scritto a mano indicava chiaramente le modalità con cui «dissuadere», «ridimensionare» e «neutralizzare» i nemici veri o presunti di Forza Italia. Con licenza di utilizzo di «misure traumatiche». Un progetto che in buona parte è stato messo in atto – L’elenco è lunghissimo, mi limito a ricordare, tra i magistrati, Ingroia e Natoli, estromessi dal pool antimafia di Palermo; Caselli, allontanato dalla Procura europea e dalla Procura antimafia; Colombo e la Bocassini, perseguitati da continui provvedimenti disciplinari da parte del ministero della Giustizia e calunniati dagli house organ di governo – e che sembra essere stato scritto dagli squadristi durante il periodo fascista, ma porta la data del 24 agosto 2001. Sempre nella sede di via Nazionale vengono scovate le ricevute che, nero su bianco, documentano le retribuzioni corrisposte all’allora vicedirettore di
Libero Renato Farina per pubblicare bufale a supporto delle “tesi” del Sismi (e del governo).

Il pm Sergio Sottani, nei mesi scorsi, ha contestato ai vertici dei servizi segreti vari illeciti, tra cui il reato di peculato e il possesso ingiustificato di documenti di spionaggio, ma nuovamente il governo Berlusconi ha coperto i funzionari del Sismi con il segreto di Stato, rifiutandosi di comunicare alla Procura il nome del responsabile che ha ordinato a Pompa di affittare un ufficio di 14 stanze in via Nazionale a Roma.

Cosa riveleranno i dossier di Wikileaks? Lo scopriremo, stando alle promesse del creatore del sito Julian Assange, tra qualche ora. Forse, come ha affermato il ministro Frattini, «Le relazioni e l’amicizia tra Italia e Stati Uniti hanno un tale spessore che nessuna rivelazione potrà scalfirle». Ma forse non dovremmo preoccuparci delle relazioni fra il nostro Paese e gli Stati esteri. Dei giornalisti e dei magistrati con la schiena dritta, invece, dovremmo preoccuparci eccome.


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