domenica 21 novembre 2010

Trattativa Stato-mafia. Amato ''Pressioni dal Viminale per revocare il 41 bis''.


L'ex capo del Dap, parlai con Parisi e Mancino.


di Maria Loi - 20 novembre 2010.


Palermo.
Nel marzo del 1993 suggerì all’ex Guardasigilli Giovanni Conso la revoca del carcere duro per i boss mafiosi detenuti. E’ per spiegare questa sua posizione che l’ex capo del Dap Nicolò Amato, autore di un documento (6 marzo 1993) in cui si pronunciava contro le proroghe del provvedimento carcerario, è stato sentito nell’ambito dell’inchiesta sulla trattativa mafia–Stato dai magistrati della Dda di Palermo.

Interrogato per circa quattro ore, Amato ha riferito che questa linea “più morbida” sul regime carcerario era stata discussa il 12 febbraio 1993 al Viminale durante una riunione del Comitato per l’Ordine e la sicurezza pubblica.
E in quell’occasione il capo della polizia Vincenzo Parisi espresse pesanti riserve sull’eccessiva durezza delle misure carcerarie (41 bis ndr) introdotte d’urgenza tra le stragi di Capaci e via d’Amelio e trasformate in legge dopo l’assassinio del giudice Borsellino.

Amato ha ricordato che, sempre dal Viminale, arrivarono “pressanti insistenze” per la revoca del decreto del carcere duro negli istituti di pena di Secondigliano e Poggioreale.

Si trattò solo di una “discussione politica”, ha fatto sapere l’ex capo del Dap ribadendo che non ci fu nessun legame tra il suo documento e la cosiddetta trattativa.

Nessuna anomalia dunque, secondo Amato, sul suggerimento dato a Conso. A breve anche lui verrà sentito dai pm di Palermo.

Fatto curioso è che a giugno del 1993 Nicolò Amato viene improvvisamente rimosso dalla direzione del Dap e sostituito con Adalberto Capriotti.
Il 16 luglio il ministro Conso firma oltre 240 proroghe di 41 bis per i mafiosi (notificate la notte delle bombe di Roma e Milano).
E tre mesi dopo, il 4 novembre, lo stesso Conso cambia idea decidendo “in assoluta solitudine” di non rinnovare i decreti per 140 mafiosi.
Amato invece torna alla sua professione di avvocato e assume la difesa proprio di Vito Ciancimino.
A tirarlo in ballo è Massimo Ciancimino che ha dichiarato ai magistrati palermitani in corso di interrogatorio che l’ex direttore delle carceri, venne segnalato come difensore di suo padre dal generale Mario Mori.
“All’epoca mio padre era in carcere e il nome del legale da nominare lo fece Mori a me e all’avvocato Ghiron”.
Siamo nel giugno 1993, quando Amato non era più direttore del Dap e l’ex sindaco di Palermo era detenuto.
“Ricordo che andavo spesso nello studio dell'avvocato Amato – ha concluso il figlio di Don Vito –, per consegnare o prendere delle buste chiuse”.
Amato ha replicato alle accuse del figlio di don Vito annunciando querela.




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