martedì 19 luglio 2011

Borsellino, il giorno della memoria

Fini:«I partiti facciano pulizia al loro interno»
Gli inquirenti:«Si avvicina la verità sull'attentato»

Il popolo delle Agende Rosse marcia per Borsellino
di Alfio Sciacca





MILANO - «I partiti devono fare pulizia al loro interno». È il monito severo che lancia Gianfranco Fini, intervenuto martedì 19 alla commemorazione della strage di via d'Amelio, organizzata dall'Anm di Palermo nell'aula Magna del Palazzo di giustizia. A 19 anni dalla morte di Paolo Borsellino, il presidente della Camera invita i partiti a un maggior impegno per allontanare le figure sospette dalle loro fila «e per ridare dignità alla politica» che, aggiunge il Presidente della Camera, «non può servire da salvacondotto». Il ricordo degli uomini morti sul fronte della giustizia deve servire da impulso: «La memoria deve infondere coraggio - ha detto Fini -. Significa proseguire l'opera di chi ha sacrificato la vita per lo Stato, continuare a cercare la verità sul passato e sul presente perchè il diritto a conoscere non può andare in prescrizione».

IL PLAUSO DI LARI - La dichiarazione di Fini è piaciuta anche a Sergio Lari, il procuratore di Caltanissetta che indaga sull'omicidio Borsellino: «Da Fini sono arrivate oggi parole sacrosante, se si vogliono rispettare le vittime della mafia bisogna rispettarle con i fatti e non solo con le parole, con le parole siamo tutti bravi a esprimere solidarietà agli eroi». Per il procuratore i partiti non devono candidare i sospetti di collusione ma soprattutto, il governo non dovrebbe elevare a «ruoli di responsabilitá pubblica gli inquisiti. I politici dovrebbero assumere le opportune iniziative -ha aggiunto Lari- per fare in modo che in Parlamento non siedano gli inquisiti». La politica, del resto, avrebbe avuto un ruolo determinante nella vicenda trattativa Stato-Mafia: «Abbiamo incontrato molte reticenze, ma anche buchi neri e difficoltà nelle indagini sulla trattativa - ha detto Lari - e sul ruolo che ha avuto la politica in quei tempi nei rapporti con la mafia»

LE INDAGINI SULLA STRAGE - L'inchiesta condotta dallo stesso Lari intanto si avvicina a larghe falcate a nuovi importanti risultanze investigative. Si dovrebbe anzi parlare di almeno «due verità possibili» e di almeno un tentativo di depistaggio. Dalle indiscrezioni che trapelano dalla Procura di Caltanissetta, che sta conducendo l'ultima inchiesta sull'uccisione del magistrato e dei cinque agenti di scorta. Sullo sfondo, come unica certezza, resta la pista della trattativa, l'accordo tra Stato e Mafia che il braccio destro di Giovanni Falcone, ucciso pochi mesi prima, avrebbe scoperto alla fine di giugno 1992, mettendosi forse di traverso. Per questo la sua eliminazione sarebbe stata affrettata. Il procuratore nisseno Sergio Lari si appresterebbe infatti a concludere sulla base di queste ipotesi le indagini che porteranno alla richiesta di revisione del processo per alcuni condannati con sentenze definitive. La svolta, attesa per settembre, dovrebbe coinvolgere anche investigatori - tre sono iscritti nel registro degli indagati per falso e calunnia - che avrebbero pilotato le accuse di Vincenzo Scarantino, il collaboratore di giustizia della prima ora smentito prima da Gaspare Spatuzza e poi da Fabio Tranchina, fedelissimi di Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio che avrebbe organizzato l'attentato premendo perfino il telecomando per innescare l'auto-bomba.

IL DEPISTAGGIO - L'ombra del sospetto si allunga intanto sul gruppo di investigatori, guidati da Arnaldo La Barbera, questore morto nel 2002, che per Lari avrebbe allestito un «colossale depistaggio». Tre funzionari risultano attualmente indagati, ma l'indagine tocca altri investigatori tra cui il poliziotto che avrebbe alterato un verbale del 1994. Accanto alle dichiarazioni di Scarantino sono state trovate le annotazioni di un poliziotto che avrebbe svolto, si sospetta, un ruolo di «suggeritore». Ma è tutto l'impianto accusatorio basato sulle indagini del pool di La Barbera a essere smentito su molti punti dalla Procura di Caltanissetta e dalle rivelazioni di Spatuzza considerato un collaboratore attendibile. I nuovi indirizzi dell'inchiesta stanno insomma delineando quella che il procuratore Lari definisce una «deriva istituzionale».

Il ricordo del fratello Salvatore
Rcd
IL DESIDERIO DI VERITA' - «Vorremmo capire chi e perchè ha organizzato il depistaggio», dice Manfredi Borsellino, il figlio del magistrato che ora dirige l'ufficio di polizia di Cefalù. «Nella ricerca della verità è ora necessario - aggiunge - che si vada fino in fondo, e noi saremo vigili e attenti». L'altro fratello del magistrato ucciso, Salvatore, ha guidato lunedì sera i giovani del movimento Agende rosse in un corteo che ha ufficialmente aperto le celebrazioni per commemorare il magistrato morto per il suo impegno antimafia: «Ragazzi che vengono da tutta Italia - ha spiegato il fratello di Paolo Borsellino - affrontando sacrifici personali. Dimostrano che la nazione e la città di Palermo non dimenticano».

LA SODDISFAZIONE DI INGROIA - Nel pomeriggio si è tenuto anche un dibattito organizzato dalla rivista Antimafia Duemila per ricordare il 19esimo anniversario della strage costata la vita al giudice Paolo Borsellino. Tra i relatori invitati c'era anche il procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, titolare del fascicolo d'indagine della procura del capoluogo: «La verità sulla strage di via d'Amelio è più vicina - ha detto - Che non si trattasse di un eccidio solo mafioso io e i colleghi lo capimmo a poche ore di distanza dall'attentato». «Le indagini sono a buon punto ma prima di calare sipario ci vorrà ancora del tempo - ha detto il procuratore nazionale antimafia Pietro Grasso - . Certamente sono state ridisegnate tutte le fasi dell'esecuzione materiale ma rimane una parte da chiarire, sulle corresponsabilità di entità che sono oltre la mafia».




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