sabato 18 agosto 2012

VIETATO ALZARE GLI OCCHI!



I padroni delle fabbriche preferiscono i bambini come operai: per le mani piccole, più adatte al lavoro, ma soprattutto perché li pagano meno della metà degli adulti. E' quasi impossibile per le fa
miglie sottrarsi a questa crudele forma di usura: contraggono debiti, quindi sono costretti a cedere i propri figli come lavoranti per ripagare il debito, ma i guadagni sono insufficienti e il debito non si estingue mai...

Per questo il primo obiettivo dei programmi UNICEF nel Tamil Nadu, come in molti altri stati dell'India, è aiutare le famiglie a riscattare i figli dal lavoro forzato. Grazie a un'alleanza con varie associazioni e con il contributo delle autorità locali, viene estinto il debito e i bambini vengono poi mandati a frequentare speciali scuole, create nei loro villaggi, dove si applicano metodi d'insegnamento innovativi, con molto spazio alla musica e al gioco ma anche con molte materie orientate per dare loro una professionalità. Sarebbe infatti difficile per questi ragazzi, che hanno alle spalle anni di duro lavoro, ambientarsi nelle normali scuole statali, con bambini molto più piccoli di loro e un insegnamento rigido, predeterminato, poco flessibile e senza rapporto con la loro esperienza di lavoro e le loro esigenze. Il problema non riguarda solo le fabbriche di Bidis: qualche anno fa un'inchiesta accertò che oltre 50.000 bambini di età compresa tra i 3 anni e i 15 lavoravano nelle fabbriche di fiammiferi e di fuochi di artificio di Sivakasi, sempre nello stato del Tamil Nadu, 12 ore al giorno, rinchiusi in stanze buie e fetide, maneggiando prodotti chimici pericolosi e tossici, come il clorato di potassio, gli ossidi di fosforo e lo zinco.

Del resto anche in altre zone dell'India la legge che vieta l'uso di manodopera infantile viene continuamente disattesa. I datori di lavoro hanno tutto l'interesse ad impiegare in lavori degradanti i bambini, perché sono più rapidi e si affaticano di meno degli adulti, si controllano con facilità e sono più disciplinati. Ma soprattutto costano molto meno sia in termini salariali che assistenziali e non sono sindacalizzati. Così, in assenza di una rete efficace e capillare di controlli, continuano a persistere situazioni drammatiche, come quella degli oltre ventimila bambini che lavorano nelle miniere di Meghalaya in fosse larghe 90 cm.; quando crescono e non sono più in grado di restare dentro queste fosse perdono il lavoro. E nel nord dell'India, nello stato del Rajastan, si calcola che il 40% dei 30.000 operai tessili siano bambini.

La povertà ancora molto diffusa, nonostante il grande sviluppo recente dell'economia indiana, spesso non lascia ai bambini alcuna alternativa fuori dal lavoro. Il sistema educativo aggrava ulteriormente la dimensione del problema: nelle zone rurali più isolate, le scuole sono rare e inaccessibili. Inoltre nelle campagne il conflitto tra il calendario scolastico e le stagioni agricole obbliga i bambini ad abbandonare la scuola al momento della semina o del raccolto. Occorre quindi creare un sistema scolastico più flessibile e rispondente ai bisogni dei bambini, ma anche aiutare le famiglie, per spezzare il circolo vizioso della miseria ed evitare che i bambini sottratti a un lavoro si ritrovino a doverne fare uno ancora peggiore. Per questo l'UNICEF attua anche un programma di piccoli prestiti a gruppi di donne, perché possano migliorare la produzione agricola, ad esempio con l'acquisto di mucche il cui latte viene venduto in città, compensando così la perdita del guadagno dei bambini e consentendo alle famiglie di ripagare il debito.


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