lunedì 25 maggio 2020

MODELLO LOMBARDIA E TERZO SETTORE. - Niccolò Biondi

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Le polemiche bipartisan al deputato pentastellato Ricciardi (come spesso accade, contro il M5S si uniscono centrodestra e centrosinistra) per il suo intervento contro il “modello Lombardia” nella sanità hanno dell’incredibile. Ha detto una cosa semplicemente banale: che è stato da liberali criminali e incoscienti tagliare 25 mila posti letto negli ospedali pubblici, per erogare fondi alle associazioni e agli ospedali privati degli imprenditori amici di Formigoni & co. Una accusa dovuta, fondata e condivisibile, che è puro buon senso - e pure senso comune, soprattutto dopo l’emergenza Covid19: addirittura i lettori di Repubblica gli danno ragione, andate a leggervi i commenti sotto l’articolo pubblicato stamattina.

Si capisce bene come mai i parlamentari e alcuni membri del governo (pare che anche il ministro Speranza, Leu, abbia dato ragione a Giorgetti) sono insorti: il modello dei tagli al pubblico per aumentare la presenza dei privati nella sanità è stato sposato da tutti negli ultimi 30 anni, sia centrodestra che centrosinistra, e che fosse per dare soldi pubblici agli amici imprenditori o per adesione ideologica all’idea della superiorità del “terzo settore” e del privato sociale sul pubblico, poco cambia. Lombardia e Toscana sono due esempi paradigmatici di questo processo: centrodestra e centrosinistra accomunati nella politica di integrazione nel sistema sanitario di enti del privato sociale, con un’estensione del terzo settore che ha portato a centinaia di milioni di euro (se non miliardi, nel corso degli anni) sottratti alle strutture pubbliche, la cui qualità di conseguenza peggiorava e le cui liste d’attesa si allungavano inesorabilmente (e poi, le accuse di inefficienza, secondo il classico schema: tagli — peggiorano i servizi — cittadini si lamentano — politici accusano il pubblico e privatizzano). In Toscana, inoltre, ci sono strutture del privato sociale in cui i dipendenti sono volontari: un ottimo modo per trasformare l’attivismo della società civile in reddito d’impresa e svalutazione del lavoro.


In Italia abbiamo tante famiglie (una risibile minoranza in termini percentuali sull’intera popolazione, ma comunque migliaia di persone) che guadagnano palate di milioni di euro grazie alla gestione di ospedali, cliniche e servizi sanitari e diagnostici vari. Ciò è una vergogna indicibile: non un solo euro dovrebbe finire nei conti in banca dei privati in relazione alla salute, i servizi sanitari dovrebbero essere tutti pubblici, nessuno escluso, gestiti con soldi che escono dalle casse dello Stato e in queste casse ritornano - e se mancano fondi, si tassano maggiormente le fasce di reddito più alte, come avveniva fino ai primi anni ‘90.


Il caso dei fondi richiesti da FCA allo Stato, 6 miliardi di fondi pubblici per staccare 5,5 miliardi di dividendi agli azionisti, mostra quanto sia disfunzionale e assurdo questo sistema di drenaggio di risorse pubbliche per farlo finire nelle tasche private: l’ormai tristemente celebre “socialismo delle perdite, privatizzazione dei profitti”. Qui siamo in una situazione in cui lo Stato dovrebbe tornare ad essere proprietario e a gestire ben più dei servizi essenziali; figuriamoci quelle strutture che devono garantire il diritto alla salute. Si scrive “terzo settore”, si legge “furto ai danni dei cittadini per riempire i conti in banca di pochi imprenditori”.


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