mercoledì 25 agosto 2021

Cemento nell’area protetta. Indagati 2 sindaci “totiani”. - Marco Grasso

 

Liguria - Asfaltato un sentiero tra Portofino e Santa Margherita.

All’origine di tutto c’è una colata di cemento, spuntata nel bel mezzo di un parco protetto. La giustificazione ufficiale era la più italiana delle emergenze: una spaventosa mareggiata che nell’autunno del 2018 aveva flagellato la Liguria, tagliando in due la strada che conduce all’esclusivo borgo di Portofino. Il nuovo collegamento, così si diceva, sarebbe servito al passaggio dei soccorritori. Peccato che quel percorso, conosciuto come “sentiero delle Gave”, anche con sopra del bitume, restava talmente stretto che al massimo avrebbe potuto consentire l’attraversamento a un quad. Inservibile, dunque, per Vigili del fuoco, Protezione civile e 118. Al contrario, molto remunerativo per il proprietario di un costoso terreno all’interno del parco, finalmente raggiunto da una strada: da queste parti, fra una villa a cui si arriva solo a piedi e una con accesso carrabile, ballano alcuni milioni di euro di differenza.

Non si è mai saputo chi fosse l’“utilizzatore finale” di quei lavori, né del resto il beneficiario si è mai dichiarato. Di certo c’è solo che, formalmente, il costo dell’asfaltatura e dei ponteggi illegali se lo è sobbarcato una società di costruzioni, mossa apparentemente da una vena filantropica. Due rappresentanti della ditta sono indagati per violazioni ambientali e all’azienda è toccato pure farsi carico dei costi dello smantellamento del manufatto. Ma la Procura di Genova, tre anni dopo i fatti, ha iscritto sul registro degli indagati anche gli amministratori locali, sotto indagine per aver permesso quello scempio: il sindaco di Santa Margherita Paolo Donadoni e quello di Portofino Matteo Viacava. Il primo diede il via libera da ex presidente del Parco regionale di Portofino. Il secondo autorizzò lavori che, pur compresi nell’area protetta, non riguardavano nemmeno il suo Comune, ma quello di Santa Margherita. Insomma, un pasticcio costato ai due un invito a comparire, notificato nelle scorse settimane. I politici sono stati sentiti dal pool reati contro la P.a., coordinato dal procuratore aggiunto Vittorio Ranieri Miniati. L’ipotesi è di abuso d’ufficio. Un’accusa respinta al mittente dai diretti interessati.

Su quella vicenda, tuttavia, rimangono ancora oggi molti punti oscuri. Su quella parte del promontorio di Portofino – borgo rifugio per molti multimilionari, vip e magnati di ogni provenienza – esiste un divieto di edificazione totale. E, notano le associazioni ambientaliste che hanno presentato la prima denuncia, un cantiere del genere non si improvvisa (almeno non senza un progetto): in mezzo al bosco sono comparsi dal nulla palificazioni, tubi innocenti, materiali edili, in una zona di difficile accessibilità. “Hanno tagliato alberi alti dieci metri, segato rocce, spianato scalinate”, racconta Ermete Bogetti, presidente della sezione genovese di Italia Nostra ed ex procuratore della Corte dei Conti ligure. Forse la frenesia dell’emergenza, e i tentativi di trovare una viabilità alternativa hanno indotto a commettere degli errori. Sta di fatto che i cantieri per una settimana sono andati avanti a spron battuto, realizzando un chilometro della strada. E si sono fermati quando poi il Comune non l’ha più ritenuta necessaria. Difficile dire oggi se a questo esito ha contribuito la denuncia presentata nel frattempo ai carabinieri forestali.

I due amministratori respingono ogni accusa. E, qualche settimana fa, si sono presentati dai magistrati per dare la loro versione dei fatti. “Non abbiamo commessi atti illegali, l’obiettivo era quello di risollevare la zona da un disastro in atto – hanno riferito agli inquirenti – In ogni caso è stato chiesto e ottenuto il ripristino del sentiero e lo smantellamento dei lavori fatti”. Donadoni, 46 anni, nasce politicamente nel 2014 come amministratore civico che sosteneva Raffaella Paita (ex Pd oggi Italia Viva), allora candidata dal centrosinistra alla Regione Liguria. Le elezioni furono vinte da Giovanni Toti, di cui Donadoni, dopo una rapida conversione, è oggi considerato un fedelissimo. Una stima ricambiata con un robusto sostegno di tutto lo stato maggiore di Cambiamo alla rielezione di Donadoni nel 2019. Viacava, 48 anni, è anch’egli saldamente ancorato al cerchio magico degli amministratori del centrodestra totiano, sebbene più in quota Forza Italia. Del resto Portofino è terra d’adozione di Silvio Berlusconi e certi amori non finiscono.

Donadoni e Viacava hanno una visione politica comune, oltre che un feeling politico che li ha portati alla guida di una pattuglia di Comuni, tutti di centrodestra, che si oppone all’allargamento delle aree protette, preludio della trasformazione del comprensorio di Portofino in Parco nazionale. Le ragioni non sono del tutto chiare. Chi sostiene il Parco ricorda che sul territorio pioveranno milioni di euro: basti pensare che il bilancio del Parco Nazionale delle Cinque Terre (oltre tre ettari) viaggia sui 25 milioni di euro l’anno, quello regionale di Portofino (fino a oggi un ettaro) oltrepassa di poco il milione. Chi si oppone dice di temere il congelamento di turismo e sviluppo. Di certo non si potrà più costruire, né cacciare. Due bacini di voti molto cari al centrodestra e alla Lega.

ILFQ

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