Dopo il caso Marzotto, la lista degli eccellenti evasori (o supposti tali) si allunga con un altro nome della moda e del lusso italiano: Bulgari. I finanzieri del Comando Provinciale di Roma hanno infatti sequestrato beni immobili e altre disponibilità per oltre 46 milioni di euro nell’ambito di un’indagine che chiama in causa i vertici della holding del lusso oggi di proprietà francese, per fatti accaduti anche prima del passaggio di mano.
Tra i beni colpiti dal provvedimento di sequestro, emesso dal Gip del Tribunale di Roma Vilma Passamonti su richiesta della locale Procura della Repubblica (Dipartimento reati tributari, coordinato dal Procuratore Aggiunto Pierfilippo Laviani) figurano, oltre a rapporti bancari, assicurazioni sulla vita e partecipazioni societarie, anche numerosi immobili, tra cui il prestigioso immobile di via dei Condotti, nel centro di Roma.
In particolare sono indagati Paolo e Nicola Bulgari (già azionisti e soci storici dell’azienda), Francesco Trapani e Maurizio Valentini, rispettivamente ex ed attuale rappresentante legale della capogruppo italiana. Per tutti l’accusa è di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici, per aver sottratto al fisco italiano, dal 2006 in avanti, circa tre miliardi di euro di ricavi, attraverso l’interposizione di società con sede in Olanda e Irlanda, create al solo scopo di sfuggire all’imposizione fiscale in Italia.
“Le indagini, scaturite da una serie di verifiche fiscali del Nucleo Polizia Tributaria di Roma, hanno portato alla luce una vera e propria escape strategy – spiega la Guardia di Finanza in una nota – così definita dagli stessi dirigenti del gruppo in un documento di nove fogli rinvenuto dalle Fiamme Gialle, per fuggire dal sistema di imposizione italiano e, in particolare, dalla più stringente normativa introdotta, a partire dal 1 gennaio 2006, con riferimento alla tassazione dei dividendi provenienti da Paesi a fiscalità privilegiata”.
“Tale strategia – prosegue la Guardia di Finanza – era basata sulla riallocazione dei margini mondiali di guadagno (differenziale tra ricavi e costi delle vendite) del gruppo Bulgari, tramite controllate estere, in Stati diversi dall’Italia e, in particolare, prima in Svizzera, poi in Olanda ed infine in Irlanda. Quest’ultimo Stato, definito quale unico Paese disponibile con una bassa pressione fiscale, 12,5%, non localizzato in un paradiso fiscale, era stato individuato come meta finale della pianificazione fiscale del gruppo”.
“Per questo motivo – sostengono gli investigatori – veniva creata la Bvlgari Ireland Ltd (Beire), controllata al 100% dall’italiana Bulgari S.p.a., con il compito, solo apparente, di immagazzinare, conservare e spedire i prodotti finiti sia verso le società commerciali del gruppo che presso i distributori terzi di tutto il mondo”. E così gli accertamenti delle Fiamme Gialle hanno consentito di appurare che “il processo distributivo dei prodotti a marchio Bulgari (tra cui gioielli, pelletteria e profumi) non ha subito, con la creazione di Beire, alcuna modifica strutturale, sia per ciò che attiene il ciclo di trasferimento fisico delle merci, sia per ciò che riguarda le modalità di pagamento, come peraltro confermato anche dai molti rivenditori esterni al gruppo, che svolgono attività di commercializzazione di prodotti a marchio Bulgari, sentiti a sommarie informazioni. Questi ultimi – prosegue la Guardia di Finanza – hanno confermato che, nei fatti, nonostante la costituzione della società irlandese, nulla si è modificato nel flusso degli ordini e della merce”.
“Il solo flusso di fatturazione è stato modificato, con la finalità di far apparire falsamente come maturato in Italia il reddito derivante dall’attività, non effettivamente svolta, di compravendita e/o di distribuzione dei prodotti a marchio Bulgari – spiegano le Fiamme Gialle – tale reddito veniva quindi sottoposto in Irlanda a tassazione del 12,5% ed il conseguente utile veniva distribuito sotto forma di dividendi alla controllante italiana Bulgari”. “In questo modo – sottolineano gli investigatori – le società del gruppo Bulgari hanno omesso di dichiarare ai fini Ires in Italia ricavi per quasi tre miliardi di euro nel periodo 2006-2011, nonché una base imponibile Irap di oltre un miliardo e novecento milioni di euro. I dividendi sottratti indebitamente a tassazione nello stesso periodo ammontano invece ad oltre 293 milioni di euro, cui corrisponde un’imposta evasa in Italia da parte della capogruppo Bulgari di oltre 46 milioni di euro”.