Per il procuratore generale di Milano Bertolè Viale il magistrato Maria Teresa Guadagnino non è incompatibile perché nell’esprimere il giudizio sulla vicenda dei diritti tv “ha agito nell’ambito delle sue funzioni”. E inoltre l’istanza di cui ha chiesto il rigetto è “tardiva”. Ora la parola passa alla quinta corte d’Appello.
Il parere è negativo. L’avvocato generale di Milano Laura Bertolè Viale ha chiesto ai giudici della quinta corte d’appello di Milano di dichiarare inammissibile l’istanza di ricusazione del giudice Maria Teresa Guadagnino avanzata ieri, tramite i suoi legali, da Silvio Berlusconi, nell’ambito del processo con al centro l’intercettazione Fassino-Consorte in cui l’ex premier è imputato assieme al fratello Paolo.
Secondo i legali dell’ex capo del Governo il giudice Guadagnino, ora nel collegio del processo sul passaggio di mano dell’intercettazione, ha già espresso “un giudizio sulla personalità dell’imputato” in quanto è stato anche uno dei giudici che due settimane fa hanno emesso sentenza con motivazioni contestuali nei confronti dell’ex presidente del Consiglio per il caso Mediaset. Il Cavaliere è stato condannato a 4 anni per frode fiscale, anche di questi tre sono indultati. Per il pg Bertolè Viale, Maria Teresa Guadagnino non è incompatibile perché nell’esprimere il giudizio sulla vicenda dei diritti tv “ha agito nell’ambito delle sue funzioni”. E inoltre l’istanza di cui ha chiesto il rigetto è “tardiva”. Ora la parola passa alla quinta corte d’Appello che dovrebbe decidere nei primi giorni della prossima settimana.
Nel processo milanese per la pubblicazione dell’intercettazione dell’allora segretario Ds e dell’ex numero uno di Unipol “Abbiamo una banca?” il leader del Pdl è accusato di concorso in rivelazione di segreto d’ufficio. Secondo l’accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, la conversazione, captata nell’inchiesta sul tentativo di scalata del colosso assicurativo alla banca Bnl, fu consegnata all’allora premier con una chiavetta Usb il giorno di Natale del 2005. Il 31 dicembre la conversazione, che non era stata trascritta, finì in prima pagina sul quotidiano di famiglia “Il Giornale”. Berlusconi è a giudizio con il fratello Paolo, mentre per gli altri protagonisti della storia è stata già emessa la sentenza.
Non è la prima volta che l’ex presidente del Consiglio ricusa un giudice. La difesa aveva ricusato, poco prima che fosse emessa la sentenza, il presidente del collegio del processo Mills, Francesca Vitale. Una mossa che aveva permesso di allungare i tempi costringendo i giudici a mettere sentenza di prescrizione. La ricusazione era poi risultata infondata e i giudici erano potuti entrare in camera di consiglio con alcuni giorni di ritardo rispetto alla tabella di marcia. Anche Nicoletta Gandus, presidente della X sezione penale, era stata ricusata nell’ambito di uno dei processi Mediaset. Come del resto era accaduto al giudice Edoardo D’Avossa, presidente della corte che invece ha condannato Berlusconi nel processo Mediaset, era stato ricusato nel 2006 all’inizio delle udienze. Senza esito per gli avvocati del Cavaliere anche la ricusazione nei confronti del giudice per l’udienza preliminare di Milano Fabio Paparella. Berlusconi ricusato anche giudici del processo Sme-Ariosto andando a ruota di una analoga iniziativa di Cesare Previti. Era il 2001 e le posizioni dei due imputati successivamente furono stralciate portando l’onorevole alla condanna e il primo ministro a incassare la prescrizione. Berlusconi già nel 1996 aveva ricusato il presidente del collegio della settima sezione penale del Tribunale di Milano, Carlo Crivelli. Era imputato per le presunte tangenti pagate nelle verifiche fiscali compiute da militari della Guardia di Finanza in società del gruppo Fininvest. Ricusazione respinta, ma il Cavaliere, dopo una condanna in primo grado, fu assolto in Cassazione.