Il partito di Salvini conquista la presidenza dell'Aifa, l'agenzia statale per i medicinali. Tra sprechi miliardari, riforme insabbiate e pressioni delle multinazionali.
Uno scontro sotterraneo di potere, all’ombra della politica, scuote i vertici dell’Aifa, la potente Agenzia italiana del farmaco, che muove ben 28 miliardi di euro l’anno e decide quali medicinali possono entrare nel mercato italiano ed essere rimborsati dalle casse pubbliche.
L’ente, con le proprie decisioni, non solo è responsabile della buona salute dei cittadini, ma indirettamente svolge un importante ruolo a garanzia di ben 70 mila posti di lavoro, tanti sono gli addetti del settore. Il direttore e i comitati tecnici di Aifa hanno il delicato compito di selezionare e valorizzare i prodotti più efficaci nel debellare le malattie, senza dimenticare gli investimenti industriali ed economici che ciascuna multinazionale del farmaco ha in programma nel territorio italiano.
All’attenzione per i pazienti si aggiunge dunque l’interesse a mantenere buoni rapporti con un settore industriale da 32 miliardi di giro d’affari e tre miliardi di investimenti all’anno. Quei posti di comando dell’Aifa scottano così tanto che il direttore uscente, il chirurgo milanese Luca Li Bassi, esperto di management sanitario, con una lunga e comprovata esperienza internazionale in materia di gestione e rimborsabilità dei farmaci, è rimasto in sella poco più di un anno, per poi essere travolto dal più tipico degli spoil system: al cambio del ministro della Salute, avvenuto a settembre - quando la pentastellata Giulia Grillo è stata sostituita da Roberto Speranza, ex Pd ora in Leu - è seguita la pubblicazione di un nuovo bando per l’incarico di dirigere l’Aifa. Il successore di Li Bassi, oltre a saperne di farmaci, dovrà avere eccezionali doti politiche e di mediazione, visto lo scontro di potere che sta lacerando l’Agenzia pubblica.
Ma procediamo con ordine. Proprio l’ex ministra Grillo a fine 2018 aveva lanciato una sorta di rivoluzione della governance farmaceutica, con l’obiettivo di spostare l’attenzione di Aifa sul benessere del paziente, ridurre sprechi e alleviare le casse del Sistema Sanitario Nazionale dai costi inutili. Lo aveva fatto seguendo le indicazioni di un luminare di fama internazionale, Silvio Garattini, fondatore dell’Istituto di ricerche farmacologiche Mario Negri di Milano, parecchio critico rispetto alla sostenibilità del sistema italiano: «I medicinali servono per curare le persone e se non sono davvero utili, perdono la loro funzione. Una banalità che molti hanno dimenticato», racconta all’Espresso il professore.
Dati alla mano, Garattini dice che il 60 per cento dei farmaci in commercio è perfettamente inutile «perché si tratta dell’ennesimo prodotto fotocopia che, sotto un nome diverso ma con identica molecola, va ad intasare un mercato già saturo di miliardi di scatolette che allo Stato costa 20 miliardi». E aggiunge: «I farmaci fotocopia servono a logiche altre, rispetto alla cura dei pazienti: il sistema va razionalizzato e aggiornato». E quali sarebbero le logiche altre? «Il consumismo più sfrenato. L’Aifa deve decidere se la spesa farmaceutica serve a guarire i pazienti o a garantire i posti di lavoro».
Eccola, la prima vera grana di Aifa. Le multinazionali hanno già delocalizzato all’estero tutti i più importanti centri di ricerca, perché non trovavano alcuna convenienza nell’investire in un Paese a scarso ritorno economico in termini di vendite. Meglio spostare i laboratori scientifici in Inghilterra o in Germania dove il business è più profittevole. Hanno invece mantenuto qui in Italia gran parte dell’industria produttiva, garantendo migliaia di posti di lavoro, ed è con questa leva che le aziende siedono ai tavoli di Aifa e fanno valere il proprio peso sulle Regioni, che hanno in gestione gran parte della spesa sanitaria pubblica. In questo quadro i governatori, che non vogliono ritrovarsi con ulteriori crisi industriali da gestire, meno di un mese fa hanno scelto il nuovo presidente di Aifa: è il super direttore generale della sanità veneta, Domenico Mantoan, un tecnico in quota Lega .
Il suo predecessore, Stefano Vella, se n’era andato in aperto contrasto con l’allora ministro dell’Interno Matteo Salvini. Vella, durante gli anni di lavoro all’Istituto superiore di sanità, si è occupato dell’epidemia di Aids e dal 2000, insieme a figure carismatiche come Nelson Mandela, ha aperto la strada alla produzione in Sudafrica dei medicinali generici antiretrovirali, per combattere a costi più ridotti la piaga dell’Hiv nel continente nero. Vella è noto perché vinse le battaglie legali, fatte di numerosi ricorsi, avviate da ben 39 multinazionali farmaceutiche contro la diffusione dei farmaci a basso costo.
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