lunedì 23 maggio 2011

In un Paese in cui...


In un Paese governato dalla gerontocrazia plutocratica, non c'è posto per la democrazia, non c'è posto per la libertà, non c'è posto per il welfare, non c'è posto per i giovani.

La gerontologia plutocratica ha altri interessi, quello di soddisfare le necessità dei potenti e delle lobby con le quali hanno stipulato un patto: appoggiarsi e sostenersi a vicenda per acquisire sempre più potere economico e il controllo del territorio.

Questo succede in Italia, dove alla guida del Governo si succedono sempre le stesse persone da tempo immemorabile. Non c'è un ricambio generazionale, e se ce n'è un accenno, è quello pilotato dagli stessi politici che insediano nuovi elementi asserviti alla loro volontà.

E' questo il motivo per cui qui da noi aumenta la corruzione che altri non è che la morte dell'economia di una nazione, di un futuro possibile.

Diciamo basta ai padroncini della politica che si votano una legge che gli da il diritto di maturare un vitalizio per aver presenziato un solo giorno in Parlamento e negano una pensione ai nostri giovani; diciamo basta a questi vecchi plutocrati ottantenni che si sono auto nominati padroni di una nazione come ne fossero i legittimi proprietari.

Incitiamo i nostri figli a ribellarsi, ad uscire le unghie e pretendere ciò che gli è DOVUTO!



19 ANNI DALLA STRAGE DI CAPACI 23 maggio 1992 - 23 maggio 2011



Alle 17,58 del 23 maggio 1992, 500 chili di tritolo venivano fatti deflagrare da Giovanni Brusca sull'autostrada A29, all'altezza dello svicolo di Capaci. Nell'attentato perdevano la vita il giudice Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Rocco Dicillo, Vito Schifani e Antonio Montinaro. 19 anni dopo Palermo li ricorda cosi'.

In occasione del diciannovesimo anniversario della strage, oggi Palermo ospiterà una serie di eventi, organizzati dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone, con la collaborazione del ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, volti a stimolare la memoria dei terribili episodi del 1992 – in quell’anno Cosa Nostra uccise anche Paolo Borsellino – ed a trasmettere alle nuove generazioni i valori dell’ antimafia. La giornata del ricordo si aprirà con l’arrivo al porto di Palermo delle due “Navi della Legalità”, salpate rispettivamente da Civitavecchia e da Napoli, con a bordo le scolaresche di ogni ordine e grado vincitrici del concorso, indetto dal ministero del’Istruzione, “Il Mondo che Vorrei”. Oltre mille giovani, che si sono distinti con la presentazione di differenti progetti educativi, accompagnati dai rispettivi docenti, saranno accolti dagli studenti siciliani, che faranno loro da ciceroni per il proseguimento della giornata e delle commemorazioni.

All' aula Bunker di Palermo le commemorazioni si apriranno alle ore 10:00, con la proiezione di un video del centro sperimentale di cinematografia e musica dal vivo dell'orchestra sinfonica e del coro di voci bianche del conservatorio Vincenzo Bellini, la manifestazione ommemorativa Giovanni e Paolo, due italiani, organizzata dalla Fondazione Giovanni e Francesca Falcone in occasione del XIX anniversario della strage di Capaci, nella quale persero la vita il magistrato palermitano, sua moglie e gli uomini della scorta. Dopo il saluto di Maria Falcone, presidente della Fondazione, gli interventi del presidente della corte d'appello di Palermo Vincenzo Oliveri, del procuratore generale Luigi Croce e del presidente del tribunale Leonardo Guarnotta.

Alla commemorazione partecipano, fra gli altri, il ministro della Giustizia Angelino Alfano, insieme ai colleghi dell'Interno Roberto Maroni, dell'Ambiente Stefania Prestigiacomo e dell'Istruzione Mariastella Gelmini. I quattro esponenti di governo sono i protagonisti dei dibattiti tematici moderati dal direttore di Rai Giovanni Minoli. Per la Sessione Giustizia, intervengono il guardasigilli e il procuratore nazionale antimafia Piero Grasso.

Alle ore 12:30, conclusione dei lavori con la premiazione del concorso nazionale Il mondo che vorrei.

A seguire i giovani, provenienti da tutta Italia, visiteranno i “villaggi della legalità”, allestiti dalle scolaresche palermitane in diverse zone della città. Infine, nel pomeriggio, due cortei sfileranno lungo le strade del capoluogo siciliano, per ricongiungersi, in via Notarbartolo, sotto l’abitazione del giudice Falcone, davanti al famoso albero, simbolo della lotta alla criminalità organizzata, stracolmo di biglietti, disegni e pensieri lasciati, negli anni, a testimonianza dell’indelebile ricordo di tutte le vittime della barbarie mafiosa. Alle 17.58 in punto, l’ora esatta della strage di diciannove anni fa, la Polizia di Stato suonerà il Silenzio commemorativo.

Alle 19 e 30 a Villa Trabia va in scena il concerto "L'antimafia se la canta".




Quanto ci costano i partiti?


Ma quanto ci costano i partiti politici?

Vista la possibilità di un ritorno alle elezioni più o meno imminente, ho pensato, qualunque sia l’esito della sfiducia del prossimo 14 dicembre, di mostrarvi quanto costa la politica a noi contribuenti, e in particolar modo voglio mostrare a quanto ammontano irimborsi elettorali ai vari partiti politici:

Rimborsi elettorali del 2008 (tabella da Sconfini.eu)Rimborsi elettorali del 2008 (tabella da Sconfini.eu)

Forse non tutti sapranno che nell’aprile del 1993 grazie a un referendum, con un 90,3% dei votanti, vennero abrogati i finanziamenti ai partiti politici!

Ma vivendo in Italia e non in una nazione normale, con diversi sotterfugi, già pochi mesi dopo il referendum, i nostri politicanti agirarono tale voto grazie alla Legge 515/1993 … i rimborsi spese diventarono “contributi per le spese elettorali” e subito i partiti s’intascarono oltre 47 milioni di euroa nostre spese naturalmente!

Ma non basta, nel 1997, grazie alla Legge 2/1997,definita “Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici” vengono reintrodotti i finanziamenti pubblici ai partiti, in barba al volere del popolo che con unreferendum l’aveva abrogati! Di fatto, la nuova legge inserisce la possibilità di versare al momento della dichiarazione dei redditi, il 4 per mille dell'imposta sul reddito al finanziamento di partiti e movimenti politici … insomma la cifra che era stata erogata nel ‘93 di 47 milioni di euro, si raddoppia rapidamente raggiungendo la soglia di 82 milioni di euro … alla faccia nostra e sempre in barba al volere del popolo!

Ma evidentemente non è sufficiente, così grazie alla Legge 157/1999 “Norme in materia di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie”, viene reintrodottodefinitivamente il finanziamento pubblico ai partiti! Un finanziamento mirato proprio alle spese dei partiti sotto campagna elettorale, grazie all’introduzione di cinque fondi: perelezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, Regionali, e per i referendum … fondi che raddoppieranno la somma stabilita nella precedente legge Legge 2/1997, si passerà da 82,6 milioni di euro nel 1997, a 193,7 milioni di europer legislatura, nel 1999.

Vi sembra tanto? e allora adesso avrete tutto il diritto d’imprecare contro questa gente! Un ulteriore modifica viene effettuata con la Legge 156/2002, “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”, che trasforma in annuale il fondo ai partiti e abbassa dal 4 all'1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale. Il finanziamento ai partiti raggiunge così un impennata incredibile, facendo lievitare le cifre in maniera spropositata … si passa dai193.713.000 euro a 468.853.675 euro. Avete capito bene si …QUATTROCENTOSESSANTOTTO MILIONI DI EURO (per legislatura completa, nel caso la legislatura venisse interrotta verrebbero interrotti anche i fondi ai partiti)!!!!

Ma non è finita qui! Legge 5122/2006, l’erogazione viene estesa per tutti e cinque gli anni di legislatura, a prescindere dal fatto se verrà portata a termine o no! Per capirci … partiti come quello dell’ Udeur di Clemente Mastella, continuano a percepire i fondi destinati ai partiti , grazie alla nomina delle elezioni del 2006 … come tanti partiti continuano a percepire i fondi delle ultime elezioni del 2008 (ricordo grazie alla Legge 156/2002, basta aver raggiunto l’1% dei voti alla elezioni per usufruire dei fondi ai partiti … se pensate che la soglia di sbarramento in parlamento è al 4% …), come può capitare che i partiti percepiscano il doppio dei fondi … fondi per la legislatura del governo Prodi caduto nel 2008 e i contributi dell’attuale legislatura … sempre se non finisca anche questa (voto sfiducia del 14 dicembre, ndr), il che significherebbe ancora contributi (tripli questa volta) nella prossima legislatura …

Adesso capite perchè questa gente è così attaccata alla proprie poltrone???????? E non è tutto! Leggete qui quest’ultima tabella di Sconfini che vi mostra le spese annuali per ogni votazione e le entrare grazie ai fondi pubblici … definirlo un furto mi sembra un complimento!

http://www.sconfini.eu/images/stories/attualita/economia/rimborsi_partiti_1994_2009.jpgRimborsi elettorali del 2008 (tabella da Sconfini.eu)

Prendiamo in considerazione solo le ultime due elezioni politiche … nelle politiche del 2006 i partiti hanno avuto spese per un ammontare di 110.127.757 euro(CENTODIECIMILIONI DI EURO), ma hanno intascato la bellezza di 503.094.380 euro di contributi (CINQUECENTOTREMILIONI DI EURO), con un guadagno di392.966.623 euro (TRECENTONOVANTADUE MILIONI DI EURO) … nellepolitiche del 2008 i partiti hanno registrato spese per un ammontare di 122.874.652 euro (CENTOVENTIDUE MILINONI DI EURO) ma hanno intascato dai contributi pubblici 499.645.745 euro (QUATTROCENTONOVANTANOVE MILIONI DI EURO) con un guadagno di 376.771.092 euro (TRECENTOSETTANTASEI MILIONI DI EURO) … il tutto sempre contro il volere del popolo che nel 1993 aveva votato un referendum per abrogare tali finanziamenti!

Provate un po’ solo a contare quanti MILIARDI DI EURO si sono intascati i partitinegli ultimi 14 anni???????

Dal 1994 al 2008 hanno avuto spese per una cifra di 579 MILIONI DI EURO,incassando l’assurda cifra di 2,25 MILIARDI DI EUROguadagnando così 1,67 MILIARDI DI EURO !

E questi hanno anche il coraggio di venire a chiedere a noi di “tirare la cinghia” …

Tutti i dati sono riscontrabili anche qui.

Vedi anche:

L'umile stipendio dei nostri deputati.

Uno stipendio da ... miserabili per i nostri Senatori della Repubblica.

Stipendi: chi troppo, chi niente. Ecco i conti.

http://www.stopcensura.com/2010/12/quanto-ci-costano-i-partiti.html



Il vecchio e il premio. - di Vittorio Zucconi


Scoppiano polemiche attorno al Premio Hemingway assegnato quest’ anno al direttorefoto_hemingway del “Giornale” Alessandro Sallusti che, travolto dalla vanagloria, lo descrive come “forse il più prestigioso riconoscimento nella nostra professione”. Bum. Naturalmente esagera, cosa che ha una certa tendenza a fare come noi tutti giornalisti e ho qualche dubbio sul fatto che Sallusti faccia la stessa professione di altri vincitori nell’ albo d’oro, come Montanelli, Brera, Mo, Biagi, Fattori, Bettiza et al., ma i premi letterari e giornalistici non vanno mai presi troppo sul serio, specialmente da chi li vince. Vale per essi un saggio e cinico detto americano che non tradurrò per non offendere le novizie Carmelitane, affidandomi alla perfetta conoscenza dell’inglese che anni di governo berlusconiano (quello delle tre “i”, Internet, Impresa, Inglese, remember?) hanno sicuramente diffuso nella Penisola: “Literary and journalistic prizes are like hemorroids. Every asshole will get one sooner or later”. L’assegnazione del 2011 ne è soltanto la conferma.



domenica 22 maggio 2011

Berlusconi, Bossi e il conto alla rovescia. - di Peter Gomez



Nessuno è veramente in grado di prevedere come andrà a finire nei comuni. Solo le urne diranno, la prossima settimana, chi tra Giuliano Pisapia e Letizia Moratti trionferà a Milano. E lo stesso accadrà a Napoli, dove corrono Gianni Lettieri e Luigi De Magistris. La vittoria del centrosinistra è possibile, ma tutt’altro che sicura. I leader nazionali dell’opposizione sono da giorni in preda una (per loro) pericolosa euforia che li spinge a parlare come se la partita fosse già chiusa. Ma, a ben vedere. sul risultato finale di certo non vi è nulla.

È ovvio, il tentativo del Pdl di contrabbandare per un ritorno agli anni della violenza politica ogni diverbio per questioni elettorali, ogni contestazione ed ogni lite (l’ultima a causa di un cane), può far sorridere. Le roboanti promesse, nel più puro stile del voto di scambio, possono addirittura indignare. Dire “aboliremo l’eco-pass, diminuiremo le tasse e cancelleremo le multe”, significa far ricorso ad argomentazioni che dimostrano come ormai la linea della palma, di cui scriveva tanti anni fa Leonardo Sciascia, abbia ormai superato, e di molto, il Po.

Tutto questo però non basta per credere che davvero gli uomini di Silvio Berlusconi perderanno anche questa tornata di amministrative. Il Cavaliere dopo la “scoppola” di una settimana fa ha, infatti, smesso di tuonare contro i giudici e le istituzioni di garanzia. Ha capito che quella strategia è suicida. Tanto che ora, per convincere chi ha già votato centrodestra a non andare al mare parla di estremismo, violenza, rom e moschee. Il suo obiettivo non è quello di guadagnare nuovi consensi. Ma quello di tenere compatti intorno alla paura i propri elettori. Se voteranno ancora – e dall’altra parte ci sarà un fisiologico aumento degli astenuti – il premier può ancora sperare di agguantare il match in zona Cesarini.

Il campionato, però, appare sempre più chiuso. Questi giorni convulsi e velenosi stanno segnando la vera fine dell’asse Pdl-Lega. Nell’ansia di recuperare Berlusconi non ha solo abbandonato ogni residuo fair play (ma di episodi sconcertanti, stiamone certi, ne vedremo ancora molti). Dal punto di vista politico ha fatto di più e di peggio. Ha garantito qualcosa a tutti i vari leader che ha incontrato. E, proprio come hanno raccontato Umberto Bossi e Roberto Calderoli, ha davvero detto al Carroccio che avrebbe spostato due ministeri a Milano. Solo che non lo ha annunciato al suo partito. Così si è trovato a dover fronteggiare una pericolosa (per lui) rivolta interna che lo ha spinto a una rapida marcia indietro. All’ombra della Madonnina, si giustifica adesso il presidente del Consiglio, arriveranno “probabilmente dei dipartimenti”. E basta.

Troppo poco per evitare a Bossi una nuova figuraccia con i suoi, dopo quella (barbina) sulla guerra a tempo e i bombardamenti in Libia. Anche perché, per la prima volta dopo tanti anni, la Lega deve fare i conti con un’emorragia di consensi. Un qualcosa che va fermato subito, se domani il Carroccio vuole contare ancora.

Per questo da oggi a cercare un nuovo premier, visto che nessuno vuole andare a elezioni politiche anticipate, non sono solo quelli del centrosinistra e del terzo polo. Anche la Lega è al lavoro. Intanto ci ha già pensato Standard & Poor’s a provare a giustificare agli occhi degli italiani la necessità di un governo diverso: con questo paralizzato com’è, dicono gli analisti, le prospettive del Paese sono semplicemente disastrose.

Per Berlusconi, insomma, è iniziato il conto alla rovescia. Se sarà lungo o corto, lo decideranno i ballottaggi.




Piuttosto marmotte.



Il crollo degli ascolti, la fuga dei telespettatori. Peggio di Sgarbi con la sua testa di cartapesta in mano, considerato che dai tg oltre un certo limite non si scappa, soprattutto se danno tutti la stessa videocassetta nella stessa edizione: dai tg gli italiani sorbiscono servizi sulle marmotte albine. Eppure: piuttosto le marmotte ma Silvio Berlusconi che fa il comizietto elettorale basta. Zap, e via altrove. I dati di ieri, per il magnate che ha costruito la sua fortuna sul successo mediatico (l’uomo che ha trasformato i cittadini in telespettatori) sono il segno numerico, millimetrico, della fine di un’epoca. La sua. Durante la messa in onda della cassetta fuorilegge, quella con simbolo elettorale alle spalle e comizio incorporato, il Tg1 ha perso rispetto al giorno precedente quasi 600 mila spettatori. Il Tg2, quasi 200 mila. Un punto di share ha perso persino Studio Aperto, il segno meno anche per Rete4 e Tg5. L’unico tg ad aver guadagnato spettatori, nel giorno in cui Silvio B. è andato in onda a reti unificate, è quello che non lo ha trasmesso: il Tg3. Dal 13 al 15 per cento. I grafici, implacabili, mostrano come dai titoli di testa alla messa in onda del volto del Premier ci sia stata l’emorragia di ascolti. Commenta Alessandro Amadori, esperto di politica e media: quello di B. è un format vecchio, non più adeguato, gli spettatori si sono stancati. «Stupisce che non lo abbia capito proprio colui che ha inventato in Italia la tv commerciale. È un segno di cristallizzazione che capita sovente». Cristallizzazione. Come le vecchie signore che si cristallizzano sul trucco turchese e la chioma cotonata dei loro trent’anni. Nell’era dell’immagine basta un’occhiata a capire, un attimo a cambiare canale. E se davvero vale l’equazione telespettatori uguale elettori si capisce l’importanza del segnale. Il silenzio di Bossi, ai comizi milanesi, ha fatto ricordare ai più anziani il silenzio di Andreotti nel ‘92. La faccia esterrefatta di Al Gore ad Annozero, l’altra sera, ha fatto capire a tutti gli altri la distanza abissale che c’è tra la politica e la mischia di cani che da noi l’ha sostituita. Un premio Nobel, ex vicepresidente degli Stati Uniti, incapace di cogliere il senso delle parole attorno. Che se vince Pisapia arriva la droga a palazzo Marino gli zingari dappertutto e solo feste gay la notte, che se vince Moratti invece si condonano le multe si può parcheggiare in terza fila non si mettono più le ganasce si possono costruire le case di batman e i ministeri si trasferiscono in Lombardia. Che se vince De Magistris vanno al potere i femminielli, case abusive per tutti e ministeri anche a Napoli. Si sente di bollette della luce pagate in cambio del voto, nel Lazio. Ma si sente anche la stanchezza di chi lo sente: la gente non ci crede più, non ne può più. Cambia canale. Cambiamo anche l’Italia, adesso: facciamolo nell’urna, con una lezione di civiltà.
Leggete la lettera con cui Roberto Innocenti, illustratore famoso nel mondo, respinge l’invito a partecipare alla Biennale di Venezia, la Biennale di Sgarbi: “Se la mia vita dipendesse da questo Stato che ufficialmente mi invita il mio recapito sarebbe c/o Stazione Centrale. È all'estero che ho trovato casualmente e fortunatamente la dignità del lavoro, il rispetto e l'apprezzamento per la qualità e l'impegno, e la condizione più importante per pensare e produrre: la Libertà. In attesa che questo pittoresco Paese si decida ad attuare e rispettare i Principi e i Diritti della sua Splendida Costituzione, distintamente saluto e ringrazio”. L’attesa è finita, siamo all’ultima tappa.




Un abuso da fermare. - di GIUSEPPE D'AVANZO


Un altro limite è stato superato, forse irrimediabilmente. Un prepotente, abusando in modo autoritario del suo potere e del conflitto d'interessi che lo protegge, ha rovesciato il tavolo. Si è assiso dinanzi alle telecamere di tutti i notiziari e, infischiandosene di ogni regola, si è lanciato in messaggi promozionali per i candidati della destra. Che cosa resta più del corretto gioco elettorale dopo questo oltraggio? Ci sono da qualche parte nelle istituzioni le energie e la volontà per mettere fine a questa oscenità per la democrazia? In tutte le battaglie che ha combattuto - politiche, economiche, finanziarie, fino ai conflitti matrimoniali - Berlusconi ha truccato le carte, ingannato gli antagonisti, corrotto gli arbitri, violato le regole del gioco.

Tecnicamente, è un imbroglione perché "ricorre al raggiro in modo abituale". Lo fa anche ora. Ha gli arnesi mediatici a sua disposizione. Li adopera come meglio crede rifiutando ogni autocontrollo, non riconoscendo alcun limite e norma. Dopo giorni di silenzio assordante, il premier s'impadronisce degli schermi televisivi in un illegittimo, abusivo appello alla Nazione frammentato nelle interviste al Tg1, Tg2, Tg5, Tg4, Studio Aperto e al Gr, con uno straniante effetto orwelliano: dovunque fossi sintonizzato, ti raggiungevano la sua voce e le sue parole. Si scrive "interviste", ma l'espressione è alquanto impegnativa per l'umiliante - e servile - spettacolo che tocca osservare. Il Cavaliere quando mette la testa fuori dal Palazzo vuole un
ambiente protetto. Riparato e sicuro come il salotto di casa. Così è stato, come d'abitudine anche ieri sera. Mai che l'uomo si avventuri in mare aperto in un confronto pubblico con un suo competitore politico. Si tiene al coperto e getta sulla bilancia non i suoi argomenti (ne ha solo uno da 17 anni e lo vedremo), ma il nudo potere sui media, personali e pubblici. La prepotenza di Berlusconi dovrebbe trovare un contrappeso nelle autorità che custodiscono, per missione o per legge, il principio di uguale chance.

Tace, al contrario, l'Autorità per le garanzie delle comunicazioni a Roma. Non pervenuto alcun accenno alla questione dalla commissione parlamentare di vigilanza dei Servizi Radiotelevisivi. Nessun imbarazzo dal presidente di Mediaset, Fedele Confalonieri, che posa da inossidabile "liberale", qualsiasi sia il significato che l'uomo attribuisce alla parola. Nessun gemito dal consiglio d'amministrazione dell'azienda pubblica. Non una parola dal nuovo direttore generale della Rai, Lorenza Lei.
In questo silenzio - come definirlo: complice, vile, intimorito, rassegnato? - l'operazione mediatica, predisposta dal premier per ridimensionare la batosta elettorale di domenica scorsa, potrà continuare fino a quando - a babbo morto - i garanti e i custodi dell'equilibrio comunicativo faranno sentire uno spaventoso ruggito del coniglio. È quel che accadrà? O garanti e contrappesi troveranno la decenza di opporvisi? E se non troveranno il decoro della loro funzione pubblica, potremo ancora parlare di una corretta competizione elettorale?

Irrompere così nei notiziari televisivi consegna a Berlusconi un vantaggio manifesto. Anzi, un doppio vantaggio: nascondere la sconfitta del 15 maggio; definire l'agenda dei temi che terranno banco negli ultimi sette giorni che separano le città dal secondo voto. I tempi, in queste faccende, sono essenziali, decisivi. Il premier e il suo staff, con la loro mossa illegale, hanno tenuto in considerazione quel che gli inglesi chiamano "gettare i corpi in mare". Se devi buttar giù un boccone amaro o mostrare una statistica che boccia le tue politiche, non farlo mai di lunedì. Fallo quando l'attenzione è allentata, quando c'è in circolo un'altra notizia più ingombrante. Il venerdì sera è il giorno più adatto, consigliano gli inglesi: tutti pensano al fine settimana e sono distratti.

Berlusconi parla di venerdì sera in notiziari dipendenti o addomesticati e decide di che cosa si discuterà nell'ultimo tratto di campagna elettorale, un'opportunità che consente di decidere anche (o soprattutto) di che cosa non si discute. Per il capo del governo una chance che gli permette di nascondere la sua rumorosa sconfitta, di non discuterne. Nessun intervistatore ha naturalmente osato affrontare la questione. Nessuno ha ricordato ai telespettatori che Berlusconi si è presentato a questo appuntamento amministrativo trasformandolo in referendum politico nazionale sulla sua persona e sul suo governo. Il premier chiedeva consenso - un consenso pieno: due immediate vittorie a Milano e Napoli, due ballottaggi a Torino e Bologna - per manomettere la Costituzione, dichiararsi legibus solutus e piegare i pubblici ministeri al potere dell'esecutivo. Ne ha ricavato, al contrario dei suoi auspici, la vittoria al primo turno delle sinistre a Torino e Bologna, ballottaggi a Milano e a Napoli. A Milano con il candidato della sinistra, Giuliano Pisapia, in vantaggio di sette punti.

Di questa disfatta politica, che lo punisce personalmente, che mostra quanto abbia perso ogni contatto con il Paese e quanto il Paese cominci ad essere insofferente alle sue menzogne, il Cavaliere non vuole a parlare. Non può parlare. Dovrebbe assumersi una responsabilità pubblica e l'informazione serve anche a questo, in fondo, a chiedere al potere di assumersi le sue responsabilità in pubblico. Non è il caso dell'informazione al servizio del Capo che tira via offrendogli la preziosa possibilità di scrivere l'agenda dei temi che terranno banco nella prossima settimana. Quali sono? I soliti, gli stessi di diciassette anni fa. In soldoni, o votate me o i comunisti prenderanno il potere. La filastrocca, ammuffita e noiosa, è sempre uguale. Non c'è un'altra anche se siamo nel 2011. Il premier riesuma una formula politica degli Anni Cinquanta, "le Estreme", per mettere in guardia i milanesi in un discorso dove le parole chiave sono "programma illiberale delle sinistre", "bandiere rosse in città", "Milano, città islamica", "centro sociali dappertutto", "meno tasse per tutti". Nulla di nuovo, l'abituale discorso d'odio (hate speech) ideologico che propone un nemico (le "sinistre estreme", gli "zingari", gli "islamici") per orientarsi nella complessità. Ancora una volta la dottrina di Berlusconi vuole sostituire ogni approfondimento delle informazioni, la concretezza di una discussione, l'efficacia del confronto politico, in una polarizzazione che chiede agli elettori una delega: soltanto io posso difendervi dal nemico in avvicinamento. Un messaggio che Berlusconi intende imporre con la prepotenza e l'abuso di potere. Chi ha il dovere di assicurare l'equilibrio dell'informazione e un corretto confronto politico faccia sentire la sua voce. Subito. Prima che sia troppo tardi.