domenica 22 maggio 2011

Piuttosto marmotte.



Il crollo degli ascolti, la fuga dei telespettatori. Peggio di Sgarbi con la sua testa di cartapesta in mano, considerato che dai tg oltre un certo limite non si scappa, soprattutto se danno tutti la stessa videocassetta nella stessa edizione: dai tg gli italiani sorbiscono servizi sulle marmotte albine. Eppure: piuttosto le marmotte ma Silvio Berlusconi che fa il comizietto elettorale basta. Zap, e via altrove. I dati di ieri, per il magnate che ha costruito la sua fortuna sul successo mediatico (l’uomo che ha trasformato i cittadini in telespettatori) sono il segno numerico, millimetrico, della fine di un’epoca. La sua. Durante la messa in onda della cassetta fuorilegge, quella con simbolo elettorale alle spalle e comizio incorporato, il Tg1 ha perso rispetto al giorno precedente quasi 600 mila spettatori. Il Tg2, quasi 200 mila. Un punto di share ha perso persino Studio Aperto, il segno meno anche per Rete4 e Tg5. L’unico tg ad aver guadagnato spettatori, nel giorno in cui Silvio B. è andato in onda a reti unificate, è quello che non lo ha trasmesso: il Tg3. Dal 13 al 15 per cento. I grafici, implacabili, mostrano come dai titoli di testa alla messa in onda del volto del Premier ci sia stata l’emorragia di ascolti. Commenta Alessandro Amadori, esperto di politica e media: quello di B. è un format vecchio, non più adeguato, gli spettatori si sono stancati. «Stupisce che non lo abbia capito proprio colui che ha inventato in Italia la tv commerciale. È un segno di cristallizzazione che capita sovente». Cristallizzazione. Come le vecchie signore che si cristallizzano sul trucco turchese e la chioma cotonata dei loro trent’anni. Nell’era dell’immagine basta un’occhiata a capire, un attimo a cambiare canale. E se davvero vale l’equazione telespettatori uguale elettori si capisce l’importanza del segnale. Il silenzio di Bossi, ai comizi milanesi, ha fatto ricordare ai più anziani il silenzio di Andreotti nel ‘92. La faccia esterrefatta di Al Gore ad Annozero, l’altra sera, ha fatto capire a tutti gli altri la distanza abissale che c’è tra la politica e la mischia di cani che da noi l’ha sostituita. Un premio Nobel, ex vicepresidente degli Stati Uniti, incapace di cogliere il senso delle parole attorno. Che se vince Pisapia arriva la droga a palazzo Marino gli zingari dappertutto e solo feste gay la notte, che se vince Moratti invece si condonano le multe si può parcheggiare in terza fila non si mettono più le ganasce si possono costruire le case di batman e i ministeri si trasferiscono in Lombardia. Che se vince De Magistris vanno al potere i femminielli, case abusive per tutti e ministeri anche a Napoli. Si sente di bollette della luce pagate in cambio del voto, nel Lazio. Ma si sente anche la stanchezza di chi lo sente: la gente non ci crede più, non ne può più. Cambia canale. Cambiamo anche l’Italia, adesso: facciamolo nell’urna, con una lezione di civiltà.
Leggete la lettera con cui Roberto Innocenti, illustratore famoso nel mondo, respinge l’invito a partecipare alla Biennale di Venezia, la Biennale di Sgarbi: “Se la mia vita dipendesse da questo Stato che ufficialmente mi invita il mio recapito sarebbe c/o Stazione Centrale. È all'estero che ho trovato casualmente e fortunatamente la dignità del lavoro, il rispetto e l'apprezzamento per la qualità e l'impegno, e la condizione più importante per pensare e produrre: la Libertà. In attesa che questo pittoresco Paese si decida ad attuare e rispettare i Principi e i Diritti della sua Splendida Costituzione, distintamente saluto e ringrazio”. L’attesa è finita, siamo all’ultima tappa.




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