lunedì 10 settembre 2012

'Caro direttore...', quando la politica bypassa e scrive ai giornali.



Roma - (Adnkronos) - Ultimi casi le lettere al 'Corsera' di Severino e Gelmini.Morcellini all'Adnkronos: ''Fenomeno in crescita, segna fallimento intermediazione giornalistica''. Appello di Padellaro: ''Non pubblicatele più''. Siddi: ''Patologia se supinamente accettate''. De Bortoli: ''Politici hanno paura delle domande scomode''. Sallusti: ''Non hanno più nulla da dire''. Pionati: ''Lettere comode perché non ci sono domande''.

Roma, 10 set. (Adnkronos) - "Caro direttore", ovvero quando governo e politica si rivolgono direttamente ai media senza passare dalle redazioni. Un ''fenomeno in crescita'', ultimi casi le lettere di questi giorni al 'Corsera' del ministro della Giustizia Paola Severino e dell'ex ministro dell'Istruzione Mariastella Gelmini, prima ancora ad esempio la missiva di Silvio Berlusconi al Foglio il 16 settembre dello scorso anno o le lettere del premier Mario Monti al Corriere (30 marzo scorso) e a Repubblica (11 giugno). Un fenomeno, dice all'Adnkronos il massmediologo MARIO MORCELLINI, preside della facoltà di Scienze della comunicazione alla Sapienza di Roma, ''che probabilmente dilagherà nei prossimi anni, e che segna il fallimento dell'intermediazione giornalistica, ormai sorpassata dai nuovi media e dalla generale sfiducia in ogni tipo di istituzione".
"E' una tendenza notevole in atto, quella dei politici che si rivolgono direttamente ai giornali con lettere al direttore -dice Morcellini in una conversazione con l'Adnkronos-. E, brutalmente, devo dire che hanno ragione: gli elementi di insoddisfazione per la rappresentazione giornalistica sono crescenti. Credo sia giunto il momento per i giornalisti di prendere, a turno, un anno sabbatico e immergersi nella realtà".
In sintesi, l'insoddisfazione segnalata da Morcellini è imputabile a due differenti "macrosettori" le cui sinergie stanno assestando un colpo forse letale agli informatori di professione: "anzitutto -elenca Morcellini- l'aumento dei saperi distribuiti socialmente rende più semplice comunicare; in breve, l'uso del web. Mentre prima di questo i giornalisti erano praticamente gli unici a portare informazioni a una vasta generalità di persone". Questo cambiamento, sospetta Morcellini, "non è ancora stato registrato profondamente dalla categoria".
Secondo macrosettore, forse quello più umiliante per la categoria: "in troppi casi, si pensi soprattutto alla comunicazione di notizie sulla salute e ancora di più a quella politica, il giornalismo italiano ha perso troppe occasioni: ha sbagliato spesso e non ha mai fatto autocritica". I due elementi stanno quindi "facendo crescere in fretta un fenomeno, che gli stessi politici hanno ben compreso: il fai da te dell'informazione", sia in ingresso sia - e questa è la novità - in uscita.
Si profila un "futuro fosco per la categoria - prevede Morcellini - se non c'è un ripensamento radicale non se ne esce. Il giornalismo italiano non ha fatto i conti con l'incattivimento palese del pubblico e con la perdita di credibilità di tutte le istituzioni, stampa compresa".
Morcellini mette però in guardia dalla controindicazione: "il rischio vero è che prevalga l'individualismo comunicativo, e la conseguente riduzione della capacità di relazionarsi socialmente e quindi anche politicamente: per qualche tempo può essere salutare, alla lunga è un danno serio".
Soluzioni? "Credo anzitutto che sia il caso per la categoria di considerare l'utilizzo dell'anno sabbatico e vedere la realtà senza la rete di sicurezza del mestiere; poi, di ridurre drasticamente la cronaca nera. Infine - conclude - quando si commette un errore occorre rettificarlo con la stessa identica visibilità dello 'strillo' con cui è stato pubblicato: il giornalista deve rinunciare all'arroganza dell'ultima parola".
Il direttore del 'Corriere della Sera', FERRUCCIO DE BORTOLI, dichiara all'Adnkronos: "Quello delle lettere al direttore da parte dei politici è un fenomeno sicuramente in crescita, e secondo me è una scorciatoia che certe volte i politici amano per sorpassare le professionalità dei giornalisti. In realtà segnala la paura di alcuni di loro nel confrontarsi con domande serie e scomode''.
A proposito del dilagare del fenomeno, il direttore de 'Il Fatto Quotidiano', ANTONIO PADELLARO, osserva: ''Queste lettere sono lunghe, noiose e non si capiscono. Secondo me chi le scrive provoca un danno a se stesso. Trovo che sia spazio rubato alle notizie vere e sarebbe bello fare un accordo tra tutti i giornali e decidere di non pubblicarle più".
"Continuare a pubblicare lettere del genere - aggiunge Padellaro - non interessa a nessuno perché non le legge nessuno, non ho il minimo dubbio, le leggono soltanto gli addetti degli addetti ai lavori...". Il direttore del 'Fatto Quotidiano' fa l'esempio della lettera inviata dal premier portoghese ai cittadini "con la quale li informa che bisogna tagliare del 7% gli stipendi pubblici. Ovviamente è stato subissato di insulti, ma almeno ha scritto una lettera con la quale comunica una notizia. Noi invece leggiamo certe lettere che parlano di bipolarismo, tripolarismo, roba che non interessa a nessuno", conclude.
Secondo il direttore de 'Il Giornale', ALESSANDRO SALLUSTI, il dilagare delle lettere al direttore da parte dei politici "è un fallimento dell'intermediazione giornalistica, e la colpa va divisa equamente tra i politici italiani che non hanno più nulla da dire, e i giornalisti che spesso non sono in grado di far dire loro qualcosa di interessante".
"Ormai - spiega Sallusti - l'intervista, come strumento giornalistico, è depotenziata perché i politici sfuggono alle domande vere e i giornalisti non riescono a tirare fuori una notizia vera e si vergognano di fare interviste insignificanti. Non le vogliono fare. Del resto - aggiunge - mentre in televisione l'intervista senza risposta è efficace, perché mostra fisicamente l'imbarazzo del politico che si rifiuta di rispondere, sulla carta non ha senso".
Sallusti rivela che capitano spesso "dei politici che ci chiedono di essere intervistati, ma per le solite banalità ininfluenti sia per il prestigio del giornale che per il lettore. Le lettere diventano così una scorciatoria, e spesso vengono pubblicate dai direttori solo per rispetto nei confronti della figura istituzionale che le scrive. Ma tecnicamente, giornalisticamente - conclude il direttore de 'Il Giornale' - non fanno notizia".
FRANCO SIDDI, segretario della Federazione Nazionale Stampa Italiana, osserva: "La politica che scrive al direttore di un giornale non è una anomalia in sé se lo fa in circostanze di rilevanza. E' invece un fenomeno che rischia di diventare patologia se le lettere vengono accettate e pubblicate supinamente sotto un malinteso fenomeno di diritto di replica, e se si tratta, come spesso succede, di situazioni di promozione individuale o di scorciatoie".
"Il giornalismo moderno - prosegue Siddi - dovrà sicuramente fare degli aggiustamenti, essere più severo, non dare rilievo al chiacchiericco, ma non va in crisi con le lettere al direttore se i giornali sapranno mantenere la riserva critica e la capacità di informazione dei cittadini. Il surrogato della lettera al direttore - conclude il segretario della Fnsi - rimane sempre un surrogato, anche per il lettore".
"L'analisi di Morcellini è praticamente perfetta, i giornalisti devono rinnovarsi per forza di cose", sottolinea ANDREA SARUBBI, deputato del Pd e fondatore dell'hastag su Twitter #opencamera, una sorta di 'velina' parlamentare del terzo millennio da lui lanciata nel luglio del 2011 e oggi utilizzata da praticamente tutti i suoi colleghi in Parlamento per comunicare e far sapere che succede nel cosiddetto palazzo. Sarubbi, classe 1971, sottolinea come "il giornalismo di oggi abbia perso molto della voglia di far capire le cose alle persone, oggi preferisce seguire le mode, i personaggi che danno 'audience'".
Insomma nel mondo dell'informazione classica "c'è un deficit sia di informazioni sia di analisi. Si seguono filoni preconfezionati, e questo accade già da qualche anno". Nel frattempo l'Italia è cambiata rapidamente, anche grazie ai nuovi media, e "nel momento in cui si aprono molti canali di comunicazione, alla portata di tutti, il giornalista ha un solo dovere: dimostrare di essere il migliore nell'informazione. Quindi basta con le interviste 'sdraiate', a noi lettori servono le interviste con il coltello tra i denti".
Quanto alle lettere al direttore, "quelle sono riservate ai big, noi 'piccoli' abbiamo il web, che però ha regole molto diverse, il giro dei social network è un'altra cosa rispetto al tradizionale. Ma funziona benissimo...".
Per FRANCESCO PIONATI, segretario di Alleanza di Centro e in passato volto noto del giornalismo televisivo come notista politico del Tg1, il fenomeno ''non deve stupire. Non è il segno di una perdita di importanza dell'intermediazione giornalistica, è soltanto una questione di opportunità''.
''Con le lettere al direttore -rileva Pionati- il politico diffonde il proprio messaggio su un determinato argomento senza intermediazioni. E poi -osserva- per il politico sono comode, dal momento che non ci sono domande''.
MARIO ADINOLFI, deputato-blogger del Pd, commenta così con l'Adnkronos la nuova consuetudine: ''Accade che i giornalisti non abituati al mondo della rete, cioè al salto dell'intermediazione, stanno deprimendo il loro ruolo. Molti colleghi stanno subendo questa ondata del web senza capire che si tratta di una grande opportunità, con potenzialità enormi per un commento critico. Del resto siamo nel ventunesimo secolo, le cose cambiano...''.
''Sta a noi giornalisti salvare il mestiere e non farlo morire, sfruttando le potenzialità della rete - avverte Adinolfi -. Non pubblicherei nuda la lettera inviata al giornale, ma, come si faceva una volta per le smentite, la darei alle stampe con un articolo di accompagno che dà al cittadino, fruitore del giornale, e al giornalista un motivo per leggere ogni argomento in maniera più critica e conscia. Accompagnerei le lettere ai giornali e i tweet con un articolo che offre una lettura più approfondita''.
Adinolfi dice di essere ''rimasto molto colpito dal fatto che l'uso di twitter e facebook abbia saltato del tutto il meccanismo delle agenzie di stampa. Ormai twitter è diventato una sorta di agenzia monodirezionale, così il deputato non ha più bisogno dell'ufficio stampa, né delle agenzie che riprendono le sue parole. Ci troviamo di fronte ad una autorappresentazione della comunicazione, che rende la lettera uno strumento fondamentale. Oggi -avverte- si fa davvero un abuso di queste lettere: lo ripeto, basterebbe accompagnarle ad un articolo di spiega e approfondimento''.
Per MICHELE SORICE, docente di comunicazione politica alla Luiss, la crescita esponenziale di 'lettere al direttore' "è sicuramente un modo di evitare il confronto e le domande scomode, per paura dei rischi che può creare un dibattito aperto e franco, ma non è la morte dei giornali, anzi è proprio il riconoscimento del ruolo e dell'importanza che le grandi testate hanno ancora oggi".
"Con le loro lettere - sostiene Sorice - i politici testimoniano proprio il fatto che i giornali restano ancora, in epoca di blog, tweet e social forum, il luogo privilegiato deputato alla costruzione della sfera pubblica. E nonostante i quotidiani siano letti da una minoranza della popolazione, restano la legittima cornice per parlare ai lettori, potenziali elettori", aggiunge.
"Certo - ammette - la lettera al direttore non ha nulla a che vedere con ciò che insegniamo nei nostri corsi ai futuri cronisti ovvero il giornalista come 'cane da guardia dell'informazione' o 'strumento di garanzia e controllo della politica", ironizza. "Si tratta sicuramente di un uso strumentale dei giornali, sfruttati come cassa di risonanza - conclude Sorice - ma è altrettanto vero che il media-giornale non perde la sua centralità agli occhi del politico che continua a sceglierlo come vetrina privilegiata".
GIANCARLO MAZZUCA, deputato Pdl già direttore de 'Il Resto del Carlino', afferma: "Ho riscontrato anch'io che molti politici tendono ultimamente a preferire la lettera all'intervista. La spiegazione potrebbe consistere nel fatto che un contributo del genere riduce il rischio delle domande, consente di andare al punto che preme a chi la scrive, presta meno il fianco a titoli non in linea con ciò che si vuol far passare come messaggio".
"Personalmente, ritengo preferibile l'intervista - prosegue - perché lo stile e il criterio giornalistico rendono la comunicazione più leggibile, al contrario dell'approccio freddo e un po' burocratico di una missiva che non espone al contraddittorio. Certo, c'è sempre il rischio della domanda scomoda, ma per un politico - conclude - credo che l'intervista sia lo strumento più giusto. Specie se rilasciata ad un giornalista capace e stimolante".

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Caro-direttore-quando-la-politica-bypassa-e-scrive-ai-giornali_313680773616.html

Santa romana chiesa.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10151841452723912&set=a.101777153911.91013.101748583911&type=1&theater

domenica 9 settembre 2012

SCALFARI IL CALABRESE E I NOTAV. - Biagio Simonetta

scalfari_fassino.jpg

Nel suo ultimo editoriale su Repubblica, Eugenio Scalfari ha affrontato il tema Tav in Val di Susa. Lo ha fatto palesando la sua approvazione verso un progetto i cui lavori "sono in ritardo di sei anni e tutte le indagini geologiche, economiche, ambientali, impiantistiche che dovevano esser fatte sono state fatte". Scalfari, però, non ha fatto alcun riferimento allo studio di 360 fra docenti, ricercatori e professionisti che invece boccia senza appello il progetto Alta velocità Torino-Lione. Sarà stata una dimenticanza, la sua. Mica l'ha fatto apposta.

Poi il fondatore di Repubblica ci ha regalato corsi e ricorsi storici avanzando una strana tesi circa le performance dei nuovi treni. Scrive Scalfari: "Oggi la tecnologia consente di riproporre il treno e gli ecologisti dovrebbero essere in festa ai cortei favorevoli all'Alta Velocità". Da domani, insomma, si dovrebbe far festa perché si buca una montagna che sprigionerà amianto e uranio in tutta la Val di Susa. 

Infine, sempre Scalfari, s'è concentrato sugli studenti no-Tav, e in particolar modo su quelli dell'Università della Calabria: "Perché sono contrari? Ho letto che tra i più contrari ci sono gli studenti dell'Università della Calabria. Sono di origini calabresi e conosco bene quei territori". Scalfari conosce così bene la Calabria che nel suo lungo appello pro-Tav non fa alcun riferimento alla 'ndrangheta egemone in Piemonte. Il calabrese Scalfari dimentica (non lo fa apposta) che mentre si vuole scavare una montagna così da trasportare merci più velocemente da Lione a Torino, le stesse ferrovie hanno spaccato l'Italia, sopprimendo la maggior parte dei treni che collegano il Sud al Nord, eliminando i treni notte, compiendo un primo passo verso la secessione leghista. Anche per questo, caro Scalfari, protestavano i miei conterranei calabresi. 

Chiudo citando un altro passaggio dell'editoriale: "I giovani dell'Università della Calabria ne avrebbero di problemi da affrontare". Anche i giornalisti, caro Scalfari. Anche i giornalisti.


http://www.cadoinpiedi.it/2012/03/05/scalfari_il_calabrese_e_i_notav.html

Prodi condannato dalla Corte di Giustizia Europea , ma non si deve sapere !


Romano Prodi è stato condannato dalla Corte di Giustizia Europea per azioni compiute quando era Presidente della Commissione e nessuno dei media importanti nazionali, sia della carta stampata che soprattutto della TV, sempre pronti a guardare nel letto dei politici, ne ha fatto cenno? Queste le motivazioni di condanna espresse dalla Corte a carico del Prof. Prodi: 1 – aver fornito al Parlamento Europeo notizie false e non documentate; 2 – aver emesso comunicati che mettevano in dubbio l’onorabilità di alti dirigenti che non si erano sottomessi alle sue imposizioni; 3 – aver tentato di ostacolare la giustizia. I fatti che hanno portato alla condanna risalgono al 2002-2003 e si riferiscono a una contorta vicenda relativa all’Eurostat, innescata dalla lettera di una funzionaria che si riteneva discriminata. L’inchiesta è iniziata per capire se tali irregolarità fossero state effettuate su iniziativa di dirigenti o addirittura dallo stesso responsabile della Commissione, Prodi.
È cominciato così il rimbalzo delle responsabilità, nonché la “fughe di notizie” – questo afferma la sentenza – depistate verso giornali amici. Proprio per la paura di rivangare anche questioni irrisolte del passato (gli scheletri nell’armadio: Iri, Nomisma), Prodi ha pensato bene, da far suo, di chiudere con un colpo di mano gli Istituti, ma, non avendo elementi per mandare a spasso un migliaio di persone li ha destituiti tutti dai loro incarichi, tenendoli a non fare nulla fino alla pensione!
In Italia questi si sarebbero trovati un secondo lavoro, e comunque tutti a ringraziare il benefattore che paga senza far fare niente; ma all’estero, qualcuno dal senso civico sviluppato e con un sano amor proprio, si sente discriminato e sottostimato… e si lamenta.
Col suo modo di fare credeva di passarla franca, padroncino anche all’estero, ma, fortunatamente, da quelle parti sanno bacchettare le mani come agli studentelli presi con le mani nella marmellata, anche se si tratta di Professoroni.
Di Marinella Tomasi

"Tsurushi-Gumo"



Altro esempio di nube lenticolare sulla stato di Washington (USA)

Nube lenticolare sul Monte Shasta

Altro caso di nube lenticolare sul Monte Fuji

I giapponesi la chiamano “Tsurushi-Gumo”, ovvero nube lenticolare. Si tratta di uno straordinario effetto avvenuto vicino al monte Fuji, dopo il passaggio del super tifone Gucholche ha attraversato recentemente il Giappone. Un fenomeno raro per la stagione, apparso per appena 30 minuti, che si verifica in particolari condizioni quando i venti attorno al Monte Fuji diventano forti, oppure come è successo in questo caso, dopo il passaggio delle tempeste tropicali.   

Queste nuvole speciali si formano quando l'aria calda-umida colpisce la montagna, che a sua volta “impone” un sollevamento forzato lungo i suoi ripidi versanti, favorendo la concentrazione del vapore acqueo. Le nuvole così formate sono chiamate dai giapponesi “kasa-gumo”, che diventano poi “tsurushi-gumo" una volta aver attraversato la montagna. I ripidi versanti del Monte Fuji, modellano così le nubi, conferendo la tipica forma lenticolare discoidale, che tanto somiglia a quella di un UFO. Secondo un antico proverbio giapponese, la formazione di queste nuvole sono un segnale che il tempo sta cambiando.


http://www.3bmeteo.com/giornale-meteo/disco-volante-a-fianco-del-monte-fuji--e-la--tsurushi-gumo--58099

La sporca storia del latte e perché non piace a Hollywood.



Dopo avervi raccontato la storia del viaggio di un pomodoro dalla serra al supermercatoecco la sporca storia del latte. Prendo spunto dal libro di Lorenzo Acerra Niente latte siamo a Hollywood in cui si spiega dell’impatto devastante sulla salute e sul Pianeta di questo prodotto derivato animale che ci è sempre stato presentato e indotto come un alimento salutare e innocente. Acerra lo racconta attraverso le scelte alimentari dei Vip: del perché un Prince o una Sheryl Crow o un Jim Carrey abbiano bandito dalla loro tavola il latte e i suoi derivati. Curiosità Vip a parte ma avete notato da quanto latte siamo circondati? Per soddisfare questa enorme proposta di alimenti a base di latte si è arrivati a far produrre a una mucca tra i 20 e i 40 litri di latte al giorno contro i 6 litri che produce per natura.
Fateci caso: l’offerta di prodotti a base di latte da almeno un decennio sembra essersi deduplicata. Da alimento nutriente per l’infanzia siamo passati al latte buono per tutto, facile prodotto da usare in preparazioni sia dolci sia salate. Nel 2011 Assolatte nel suo rapporto annuale scriveva che ogni italiano consuma 56 litri di latte all’anno: il 44,7% lo prende fresco e il 56,3% lo compra a lunga conservazione perché costa meno (gli italiani sono condizionati dal prezzo quando fanno la spesa). Un americano ne beve oltre 100 litri all’anno, un europeo mediamente ne beve tra gli 85 e i 90 litri all’anno.

Ci hanno presentato a tutti indistintamente un bicchiere di latte durante la nostra infanzia, dicendoci di berlo perché ci avrebbe rese forti le ossa; tutti abbiamo bevuto almeno un cappuccino; mangiato un gelato; la panna; il burro, le merendine al latte e i formaggini; l’ovetto al latte, i biscotti al latte e ripieni di crema di latte; il formaggio cremoso e con pochi grassi che puoi spalmare e mettere sulla pasta o nei dolci indistintamente; le ricotte,i latticini e i formaggi a pasta molle che riempiono interi scaffali dei banchi frigo nei supermercati;i bicchieri pieni di yogurt di ogni genere con o senza fermenti lattici, con o senza grassi ma tutti a parte rare eccezioni stracolmi di zucchero; e se ci sono intolleranti e allergici al latte? Sia mai che non si allineano nei consumi: per loro latte senza lattosio et voilà il prodotto è fatto. Non contenti abbiamo anche signore della Tv che ci propongono ogni santo giorno estivo o invernale le ricette “formaggiose”, “lattose”, “burrose” o “yogurtose”. Per non parlare del latte occulto infilato in decine di preparazioni: dai salumi, ai prodotti da forno, alle paste fresche, ai dolci e dolciumi e non e della pubblicità che è arrivata a presentarci la mozzarella come antidepressivo per le pene d’amore! Ma probabilmente la lista è molto più lunga e me ne saranno sfuggiti moltissimi altri.
L’analisi del perché siamo giunti a questo punto l’ha fatta Thierry Souccar nel saggio Lait, mesonges et propagande in cui senza ombra di filosofia vegan si racconta di come in Francia alla fine della Seconda Guerra Mondiale e su spinta degli americani sia stata innestata la cultura del “latte fa bene” senza che in precedenza fosse mai esistita.
Ma sapete quanto costa alla nostra salute e all’ambiente una mucca da latte? Una mucca ha il latte dopo aver partorito il suo vitello e ne produce circa 6 litri al giorno. Negli allevamenti intensivi di mucche da latte sono state selezionate e nutrite per produrre tra i 20 e i 40 litri di latte al giorno; terminata una gravidanza sono inseminate subito per continuare a produrre latte; il vitello è allontanato dopo 3 giorni; dopo 5 o 6 anni di gravidanze e super produzione di latte sonbo animali esausti e destinati alla macellazione: diveranno fettine e bistecche a buon prezzo poste nelle asettiche vaschette di polistirolo del supermercato. Una mucca da latte beve per super produrre 200 litri di acqua al giorno.
Chi fa un costante uso di carne e latte nella propria alimentazione, riesce ad assumere in un anno fino a nove cicli di antibiotici. Gli antibiotici non sono l’unica sostanza che l’uomo assume bevendo latte. Gli animali costretti alla vita sedentaria in un box poco più grande di loro, gli impedisce di smaltire le sostanze ormonali che andranno a finire nel latte e nell’uomo. Molti medici sono convinti che esista una relazione tra latte animale e malattie come l’osteoporosi, diabete e perfino tumori. Alcuni pediatri consigliano l’assunzione di latte bovino solo dal secondo anno di vita del bambino da integrare con latte vegetale e consigliano di non dare latte prima della nanna perché può portare ad insonnia e disturbi nel sonno. Sono inoltre presenti pericolosi pesticidi ed agenti chimici, utilizzati per aumentare la produzione di foraggio destinato agli allevamenti.
Negli Usa lo scorso luglio è stata inviata una petizione dal PCRM Physicians Committee for Responsible Medicine, al Ministero per l’Agricoltura per eliminare il latte dai menù scolastici di 55 milioni di ragazzini americani portando in evidenza recenti studi che dimostrerebbero che il latte nella dieta quotidiana apporta troppi grassi e che ci sono migliori fonti per l’approvvigionamento di calcio quali latte di soia, di riso, fagioli e verdure fresche come i broccoli e non ulktima l’acqua ricca di calcio.


Grazie a Promiseland per i tanti post dedicati al latte.

Gelosie e dissapori nel favoloso mondo M5S. - Barbara Collevecchio


AmeliePoulain.jpg
Amélie (Audrey Tautou) in una scena del film
Caso Favia, solo gli ingenui possono stupirsi e gridare allo scandalo. Da che mondo è mondo quando c’è un leader forte i gregari fanno a gara per entrare nelle sue grazie. Se questo non accade o se si esce fuori dalla corte, iniziano dissapori, subentrano le maldicenze e… Benvenuti nella realtà.
Credo che in troppi si siano pateticamente illusi o abbiano irrealisticamente preteso che nel movimento di Grillo non accadesse mai nulla di imbarazzante come un litigio interno ma le dinamiche di gruppo sono queste ovunque. Certo il movimento deve pretendere democrazia interna ai massimi livelli proprio perché si propone come novità rispetto alle bassezze dei vecchi partiti. Ma pretendere il favoloso mondo di Amelie in un movimento reale fatto di esseri umani con tutte le dinamiche che gli sono proprie, è ridicolo.
I detrattori si attaccano a tutto pur di infangare, chi è attivo nel movimento colga l’occasione di stimolo che viene da questa storia. Il resto ce lo dirà il futuro.