domenica 28 ottobre 2012

Quelle mail e la testimonianza di Tatò. Così i giudici hanno deciso la condanna. - Luigi Ferrarella


Nella sentenza si ricorda che è stato accertato fino alla Cassazione che le società offshore erano del Cavaliere.

MILANO - Una mail, almeno 4 lettere, minimo 4 testimoni: non è in base al teorema del «non poteva non sapere», ma, all'osso, in base a questi elementi che i giudici d'Avossa-Guadagnino-Lupo traggono in primo grado la «piena prova, orale e documentale, che Silvio Berlusconi abbia direttamente gestito» l'«ideazione» dal 1985, la «direzione», e poi anche da premier nel 1994 la «regia» di una «scientifica e sistematica evasione fiscale di portata eccezionale» attraverso «l'artificiosa lievitazione dei prezzi» dei diritti tv, prima nei frazionati passaggi infragruppo tra offshore solo apparentemente estranee a Fininvest/Mediaset, e poi tramite fittizi intermediari come il produttore americano Frank Agrama. Un'attività che l'ex premier ha «ramificato in infiniti paradisi fiscali con miriadi di società satelliti e conti», e «dalla quale ha conseguito un'immensa disponibilità economica all'estero, in danno non solo dello Stato, ma anche di Mediaset e, in termini di concorrenza sleale, delle altre società del settore».
La mail del contabile Fox
Il 12 dicembre 1994 un contabile della casa cinematografica «Twenty Century Fox», Douglas Schwalbe, scrive una mail al suo capo Mark Kaner per riferirgli quanto un addetto all'ufficio acquisti di Reteitalia e Mediaset, Alessandro Pugnetti, «mi ha spiegato con la speranza che tutto rimanesse tra me e lui». E cioè che l'approvvigionamento dei diritti tv è costruito in quel modo «perché non si vuole che Reteitalia faccia utili o faccia figurare utili», nel senso che «i profitti vengono tenuti in Svizzera, i profitti non sono proprio parte delle reti televisive italiane», che anzi «sono state ideate per perdere soldi», cioè appunto per evidenziare maggiori costi e dunque pagare meno tasse. «In due parole - esemplifica il contabile - l'impero di Berlusconi funziona come un elaborato shell game con la finalità di evadere le tasse italiane», dove shell game è «un gioco che consiste nel prendere tre gusci di noci vuoti e nascondere sotto uno di essi il nocciolo di una ciliegia, chi gioca deve indovinare dove il nocciolo è stato nascosto».
Le conferme dentro Fininvest
Schwalbe e Kaner al processo confermano il contesto della mail, e Pugnetti, premettendo che le majors premevano per avere spiegazioni su ritardi nei pagamenti, aggiunge: «Io affrontai questo problema con Carlo Bernasconi», scomparso responsabile Fininvest degli acquisti di diritti tv, «gli spiegai che avrei dovuto parlare con la Fox, gli esposi quello che avevo capito di questi meccanismi e lui mi confermò. Mi disse: "Sì, è così, vai e spiegaglielo", con riservatezza, perché comunque sono meccanismi aziendali».
Ulteriore conferma il Tribunale trova nell'addetta alla gestione contratti di Reteitalia e Mediaset, Silvia Cavanna. «Andavo da Bernasconi, il quale mi dava la dritta: "Allora questo mese, questo trimestre, dobbiamo arrivare in termini di costo a 5 milioni di dollari, a 20 milioni, eccetera". Però il costo dei diritti era di meno, sensibilmente di meno». E perciò in questa fase a Cavanna arrivava l'indicazione di gonfiare i costi d'acquisto, con l'espressione «picchia giù con i prezzi» rivoltale «da Bernasconi - sottolinea il Tribunale - solitamente dopo incontri ad Arcore con Berlusconi».
Tatò e il tabù impenetrabile
Del resto Franco Tatò, amministratore delegato Fininvest 1993-1994 chiamato per tagliare i costi, ha deposto che invece quella dei diritti tv «era un'area di attività assolutamente chiusa e impenetrabile» (aggettivo poi ridimensionato), ma soprattutto «gestita a più alto livello da Bernasconi che dava conto della sua attività direttamente a Berlusconi e non riferiva al consiglio di amministrazione». Aggiungono i giudici che «lo stesso ha dichiarato il responsabile amministrativo Gianfranco Tronconi», mentre «nessuno ha riferito che tra Bernasconi e Berlusconi vi fosse un altro soggetto con poteri decisionali nei diritti tv, neppure dopo la quotazione in Borsa e la discesa in campo di Berlusconi».
I camion di carte sparite
Che fossero di Berlusconi le società offshore in apparenza fuori dal perimetro ufficiale del suo gruppo è ormai «accertato in maniera definitiva dalla Cassazione nella sentenza Mills del 2010». Se mai, non tutto è ricostruibile perché «a seguito delle prime perquisizioni», ricorda Cavanna, «15 anni di carte» da Lugano «furono fatte sparire in Lussemburgo, credo con camion».
Lettera-confessione di Agrama
Per il Tribunale è «anomalo» indice della frode il «ricarico del 200%» nelle società del produttore Frank Agrama da cui il Biscione nel 1994-1998 acquista diritti per 199,5 milioni, sui quali la maggiorazione di costi fittizi è 135 milioni. Agrama era un intermediario non fittizio, ma vero e autonomo rispetto a Mediaset, ribatte oggi la difesa di Berlusconi. Ma è proprio Agrama, non oggi ma in quella che il Tribunale definisce la «lettera-confessione» del 29 ottobre 2003 all'allora presidente Fininvest Aldo Bonomo, a scrivere il contrario, e cioè di aver lavorato per le società del Biscione «come loro rappresentante».
Berlusconi's companies
Di «cliente Berlusconi» scrivono anche dentro Paramount il 3 marzo 1992. E il 21 dicembre 1993 è un capo di Paramount, Bruce Gordon, ad accreditare in una lettera al collega Lucas «la totale sovrapponibilità tra Agrama e Berlusconi, posto che - osservano i giudici - non vi è distinzione né tra le società né tra le persone, né tra le cifre». E in un'altra lettera del 7 ottobre 1997 due contabili di Paramount, Taylor e Schlaffer, parlano di crediti verso le società di Agrama chiamandole «Berlusconi's companies», cioè le società di Berlusconi, di cui Agrama per il Tribunale è dunque «mero mandatario».
Confalonieri sapeva ma non faceva
Neppure per Confalonieri viene usato il «non poteva non sapere». Anzi, per i giudici è «fortemente plausibile» che il presidente Mediaset «sapesse» della frode e, «violando i suoi doveri, nulla abbia fatto» per arginarla. Ma nessun teste e nessun documento del processo lo mostrano operativo sui diritti tv, sicché la carica e la (pur plausibile) ipotesi non possono da sole fondare una condanna.

Un mondo perfetto …Claudia Petrazzuolo



Le albe succedono alle notti e precedono i meriggi a loro volta propedeutici alle sere in un divenire circadiano che, dall’origine dei tempi, ha visto nascere e sparire specie e generi vegetali ed animali di ogni tipo : tentativi riusciti e no di una ipotesi di vita in cerca di una sua apoteosi, raggiunta, secondo alcuni,  nel trionfo del genere umano.

Dalla prima combinazione di cellule all’ultimo, in ordine di tempo, dei premi Nobel la vita ha espresso sé stessa esaltando e/o mortificando i suoi stessi tentativi; dalla dominazione dei dinosauri alle varie ipotesi di egemonia di specie, questo pianeta ha dato, accogliendone il quotidiano evolversi,  una chance a tutto, permettendo ogni e qualsiasi sviluppo arrivando, ai giorni nostri, finanche a sopportare, per ora, anche un lento e continuo stillicidio verso una autolesionistica distruzione di massa: dominatori, dominati e habitat di ognuno.

Un qualsivoglia esame, anche il più superficiale, del periodo storico attuale vede la solita medaglia a due facce rispecchiarsi nello specchio della critica ragionata: gli ultimi cento anni si segnalano come quelli in cui la razza umana ha fatto più progressi  di quanti ne avesse fatto nell’intera sua storia. Le peggiori malattie endemica sono sparite dal vocabolario medico; alcune ipotesi fantascientifiche sono state superate dalla realtà di ogni giorno al punto che farne delle altre sembra impossibile perché ciascuna appare subito come fattibile; prima il terzo, poi il quarto mondo, hanno spostato e ancora lo stanno facendo, i loro confini in ambii sempre più stretti; le arti nelle manifestazioni più varie rallegrano occhi ingenui e di facile soddisfazione; le religioni adeguano i loro “credo”, sia pure lentamente, ad una quotidianità cangiante e progressivamente disincantata; i concetti di uguaglianza,  giustizia, etica, salvaguardia, dignità, libertà e rispetto sono uniformemente conosciuti ed assimilati da ogni forma di cultura, ciascuna secondo la propria storia, il proprio credo religioso, la propria espressione politica; la parola democrazia sa di essere usata miliardi di volte al giorno in un autocompiacimento personale di ognuno degli abitanti del pianeta.

Nell’anno di grazia 2012, per volere divino ed espressione dei popoli, sembra che guardandosi intorno si possa affermare di esistere in un mondo perfetto; poi, però, il vento della curiosità spinge a girare la medaglia per guardarne la faccia oscura, spesso negata e rinnegata, degli stessi eventi, spazi, fisici e temporali, e protagonisti; ed allora ecco che la religione, qualsiasi, diventa un’ipotesi surreale e contestualizzata; l’etica una espressione conseguente alla convenienza; la uguaglianza una regola soggetta alla valutazione del singolo che la riserva ai propri eguali; la giustizia una dipendenza del momento e dei soggetti in oggetto; la salvaguardia una manifestazione egocentrica ed egoistica; la dignità una qualità al soldo dell’interesse; il rispetto una iperbolica fantascienza e la libertà un concetto astruso ed alieno il cui significato ha infinite sfumature per quanti sono coloro che la considerano e ne parlano.

 Il 21 dicembre prossimo, secondo i Maya, dovrebbe finire un periodo storico al culmine dei suoi 5000 anni considerati; molti, tra quelli che credono a queste fantasie, vivono l’attesa in una sorta di angoscia; altri con la speranza di un cambiamento finalmente possibile;  per coloro che invece sono scettici o indifferenti all’ipotetica scadenza l’evolversi quotidiano non ha particolari acuti se non per quei specifici momenti in cui, per questo o quel motivo, si è protagonisti in prima persona e sotto lo spot luminoso del caso e dei casi della vita.
Nessuno, tra i tutti, sembra rendersi conto di quanto imperfetto sia il suo intorno contingente misto e interagente con quello di ciascuno degli altri; nessuno vuole rendersi conto che, a data più o meno prossima e maya o non maya,  tutto quanto questo intorno è a buona parte del cammino che lo separa dalla fine e nessuno, proprio per questa manifesta incoscienza, è in grado di dire se a  questa imperfezione  seguirà qualcosa di ancora peggiore o di finalmente migliore.
All’uomo piacendo ed a Dio permettendo, ai posteri l’ardua sentenza …

Questa frase di Feltri. - Daniele Oian




Questa frase di Feltri (uno dei capi delle cannoniere mediatiche del capo) fa godere, ma anche riflettere.



“Quanto a Berlusconi, abbiamo un timore: quelli che lo hanno portato in alto, molto in alto, ora attendono che precipiti al suolo sollevandoli dall’obbligo di essergli grati per averli beneficati. Noi, nella presente dolorosa circostanza, gli siamo vicini e lo ringraziamo anche per quanto ci 
aveva promesso e non ci ha dato.”



- GODERE, per il fatto che un sodale scribacchino del Bunghesconi ammetta (ci mancherebbe che avesse detto di aver vinto su ogni piano! :) ) che il promesso biscottino candito completo, INFINE, non è stato dato dal monarca ai vassalli.



- RIFLETTERE, perchè è vero che ci sono coincidenze rimarchevoli. Sebbe il Bunga-man si sia tolto dalle fiamme della padella (Pdl) abbandonata al suo fuoco “purificatore” interno, si era giunti al suo xesimo processo (27° ??…) essendo passati grazie a tutte le prescrizioni del mondo, e alle leggi per sè-fatte-da sè, a essere perfino “distratti” dall’esito di questa CLAMOROSA sentenza. Insomma, avevamo fatto il callo all’abiltà malandrina dei suoi avvocati mavalà-voltafrittata nel farla franca, ogni ennesima volta. E/o anche, all’incapacità-impossibilità dei PM di incastrarlo in maniera: “tripla mandata”.



Che ciò arrivi ora è senz’altro meglio CHE MAI.
Ma, COME MAI mi chiedo anche, tutte, o meglio ognuna, delle 26 volte precedenti, non si sia potuto arrivare a sentenza del tipo appena descritto (a “tripla mandata”),
Ultimamente invece, che il vecchio satrapo priapista delinquente, e accessoriamente parente in evasione del celebre Al (Capone) era stato messo fuori dagli eventi, e che lui stesso sembrava non credere più come prima all’efficacia della sua diabolica potenza corruttiva, ebbene adesso e SOLO ADESSO dopo 26 processi, si riesce a dire a tutto il pianeta: guardate che questo tale è un delinquente, per 9, credo, anni, in cui era Pres. del Cons. dell’Italia ha evaso le tasse. E’ perciò, un “PARASSITA”! E che parassita! Come ci faceva vedere dagli spot contro l’evasione alla tv, quando lui il mezzo-monarca era ancora sullo scranno. L’attore che interpretava il ruolo dell’evasore nello spot era quanto di meno credibile potesse esserci, un tizio con la barba incolta… pura disinformazione evasiva!
Siamo arrivati a questa sentenza SEMPRE TROPPO TARDI !
E ciò mi ha sempre insospettito.
 

Daniele Oian

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Funari e le televisioni di Berlusconi.




Caricato da  in data 17/lug/2008
http://solar-time.blogspot.com
La verità su come Berlusconi sia riuscito a tenere il suo impero mediatico.
Sembra che la colpa sia di un certo Walter...

Elezioni Sicilia, il ‘fattore Grillo’ nella sfida tra Crocetta e Musumeci. - Giuseppe Pipitone


Elezioni Sicilia, il ‘fattore Grillo’ nella sfida tra Crocetta e Musumeci

Fino a due giorni fa i candidati di Pd/Udc e Pdl lo attaccavano, ora si contendono il suo elettorato tramite il voto disgiunto: Movimento 5 Stelle determinante per l'esito delle urne nell'isola che domani volterà pagina dopo la difficile parentesi di Lombardo. Sullo sfondo altri fantasmi: gli inciuci, la probabile ingovernabilità e il default economico certificato dalla Corte dei Conti.

Fino a due giorni fa lo vedevano come fumo negli occhi: populista, qualunquista, violento. Ma soprattutto senza voti. “Beppe Grillo? Mi ricorda quando giravo la Sicilia con Almirante: trovavamo tutte le piazze piene e poi le urne vuote” ha minimizzato Nello Musumeci, ex missino e aspirante governatore siciliano del Pdl, a proposito del tutto esaurito registrato dal comico genovese in ogni piazza dell’isola. Rosario Crocetta, candidato presidente dell’insolita ammucchiata Pd-Udc, ha affilato la sciabola, mettendo nel mirino Giancarlo Cancelleri, portavoce trentenne del Movimento Cinque Stelle siciliano. “L’azienda presso la quale lavora – ha attaccato l’ex sindaco di Gela – è diretta da un tale Lo Cascio, molto molto, molto amico di quell’ingegner Di Vincenzo, al quale oggi è stato confermato il sequestro di un patrimonio di 400 milioni di euro”.
Manco a dirlo, il datore di lavoro di Cancelleri, ha subito querelato Crocetta per diffamazione. Nel frattempo però la musica è cambiata. E i due principali aspiranti eredi di Raffaele Lombardo sul trono più alto di Palazzo d’Orleans hanno teso la mano ai cinque stelle siciliani. Musumeci si è scoperto inaspettatamente simpatizzante del comico genovese .”E’ chiaro – ha spiegato chiudendo la sua campagna elettorale – che Grillo non è l’antipolitica, è la politica: semmai, come noi predichiamo, la buona politica sulla malapolitica”. Anche Crocetta, dopo gli attacchi a Cancelleri, ha strizzando l’occhio agli elettori del Movimento Cinque Stelle: “Biasimare Grillo non è né giusto né utile. Biasimare i suoi elettori ancora peggio”. Poi l’europarlamentare democratico ha lanciato la sua proposta: “Sono fiducioso che tanti grillini sapranno distinguere: un voto al loro partito e una ‘crocetta’ sul nome di un presidente che ha combattuto la mafia e l’illegalità”. Basterebbero i repentini cambi di marcia di Musumeci e Crocetta nei confronti del Movimento Cinque Stelle per raccontare come, dal voto di domenica, potrebbe emergere in Sicilia un’inaspettata sorpresa.
Il tour di Beppe Grillo sull’isola ha letteralmente fatto schizzare in alto la lancetta dei consensi in favore di Giancarlo Cancelleri. Appena sei mesi fa, alle amministrative siciliane, il Movimento Cinque Stelle era riuscito a presentare la propria lista soltanto in tre comuni: Palermo, Sciacca e Caltagirone. In nessun caso però era riuscito a raggiungere lo sbarramento del cinque per cento, utile per eleggere almeno un consigliere comunale. Adesso invece il movimento guidato da Giancarlo Cancelleri sta vivendo un momento entusiasmante: Grillo non ha mai parlato in una piazza con meno di cinque mila spettatori, e la febbre per i cinque stelle sta effettivamente colpendo una grossa fetta di elettorato che fino a due mesi fa non avrebbe mai immaginato di votare per il movimento nato sul web. E’ per questo che sia Musumeci che Crocetta hanno smesso i panni dei “fustigatori del qualunquismo” per aprire le braccia agli elettori di Cancelleri. Il portavoce dei cinque stelle conquista simpatie di giorno in giorno, agevolato anche dalla débacle del certificato elettorale che ha imposto il ritiro dalla competizione a Claudio Fava. La mancanza di un candidato noto che peschi a piene mani nel voto d’opinione ha infatti aperto la strada al Movimento Cinque Stelle: una strada tutta in discesa che a poche ore dal voto appare indecifrabile in termini quantitativi. Il consenso raccolto dai giovani attivisti capitanati di Cancelleri cresce di ora in ora, e molti indecisi potrebbero decidere di segnare il simbolo a cinque stelle soltanto dentro la cabina elettorale. Una variabile che spiega benissimo l’entusiasmo con cui i cinque stelle si preparano allo spoglio.
E mentre Giovanna Marano, candidata presidente di Sel e Idv al posto di Fava, lotta per riportare una componente di sinistra a Palazzo dei Normanni, i bookmakers ufficiali continuano a parlare di un probabile testa a testa tra il candidato del Pdl e quello dell’asse Pd-Udc. Lo stesso Angelino Alfano, orfano della visita elettorale di Silvio Berlusconi, ha pronosticato con cautela uno scontro al fotofinish tra il suo candidato e Rosario Crocetta. Dal canto suo, anche Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud appoggiato da Fli e Mpa, si è detto sicuro di vincere. “Picciotti, con i sondaggi non sbaglio: vinco io con il 33 per cento” ha annunciato l’ex luogotenente di Berlusconi in Sicilia. Una battuta che non è piaciuta a Musumeci, anche lui fiducioso di sbaragliare gli avversari. “Sento profumo di vittoria, nonostante alcuni amici dell’ambiente Mpa stiano facendo chiaramente votare Crocetta abbandonando di fatto Micciché al suo destino”.
Lo spettro dell’inciucio e dell’accordo sotto banco, adesso ha fatto il suo ingresso nell’ultima settimana di campagna elettorale. Oltre al presunto sostegno di Lombardo a Crocetta (che candida nella sua lista anche Beppe Spampinato, fino a settembre assessore al lavoro del governatore imputato per mafia) i rumors raccontano anche di un massiccio voto disgiunto, con l’Udc che abbandonerebbe a sua volta Crocetta per far votare Musumeci. Tutto e il contrario di tutto, come nella migliore tradizione siciliana. Quel che appare certo è che da questo turno elettorale emergerà un voto multi frammentato con nessuna coalizione in grado di raggiungere la maggioranza assoluta. Il risultato sarà un parlamento ingovernabile, proprio nel momento in cui si fa sempre più lunga l’ombra del default. Pochi giorni fa la corte dei conti ha calcolato che entro la fine del 2012 il deficit della Regione Sicilia sfonderà quota sei miliardi di euro. Un dato che dovrebbe consigliare al prossimo presidente di festeggiare con moderazione la vittoria.

Roba da Pdl.



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Roba da Pdl!



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