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lunedì 5 novembre 2012

Elezioni Sicilia, parla il pentito Mutolo: “Messaggio della mafia per Pdl e Udc”. - Silvia Truzzi


Elezioni Sicilia, parla il pentito Mutolo: “Messaggio della mafia per Pdl e Udc”


Il collaboratore di giustizia dà la sua lettura della vittoria di Rosario Crocetta: "Ho paura che ci sarà una stagione più violenta di quella del ‘92-‘93. L’unica speranza è il neo presidente: se riesce veramente a fare pulizia, può darsi che l'Isola si salvi", Sull'astensionismo dei detenuti dice: "Quelli che non hanno votato sono controllati da Cosa nostra che spera in una reazione dei politici".

Cosa nostra è stata cosa sua: “Mi chiamo Gaspare Mutolo, sono nato a Palermo il 5 febbraio 1940, nel quartiere di Pallavicino e sono cresciuto tra i vicoli di Mondello e Partanna. Sono un collaboratore di giustizia. Voglio raccontare la mafia, di cui ho fatto parte, combinato nel 1973, fino al 15 agosto del 1991″. È l’incipit di un libro di memorie – “La mafia dentro” – che Mutolo sta ultimando insieme alla scrittrice Anna Vinci. Le Regionali in Sicilia, il pentito Mutolo le legge così: “Se la mafia voleva, faceva andare a votare e mettere in minoranza a Crocetta, un uomo onesto che ha sempre lottato alla mafia. Ma ha lasciato che vincesse, per mandare un messaggio a Pdl e Udc. I boss si sono sentiti traditi”.
Mutolo, da cosa si sono sentiti traditi i mafiosi?Dalle promesse non mantenute. I loro beni sono stati, in parte, confiscati. I padrini sono da vent’anni dentro, gli uomini più importanti al carcere duro: mi spiego?
Crocetta ostacolerà la mafia: non è un controsenso?
No, perché Crocetta non se la prenderà solo con le coppole storte, ma anche con i referenti politici. Io ho paura che ci sarà una stagione più violenta di quella del ‘92-‘93. L’unica speranza è Crocetta: se riesce veramente a fare pulizia, può darsi che la Sicilia si salvi.
La mafia si sta organizzando?
Questo silenzio – che non succedono cose, che non ci sono omicidi – era una direttiva di Provenzano, poco prima di essere arrestato: stare sette anni senza fare rumore. Se lo Stato non riesce a dare una svolta, molti personaggi importanti che stanno a Roma, avranno cose da temere: avevano garantito che per i siciliani sarebbe andata diversamente. Se torniamo indietro, sappiamo perfettamente che la mafia si muove sempre per un interesse vitale. Il primo segnale c’era stato nell’87, quando la mafia smise di votare per la Democrazia cristiana e scelse i socialisti: nell’84 era nato il maxi-processo, e dopo tre anni erano ancora tutti dentro. Quello era un messaggio alla Dc che perdeva tempo, diceva ai boss di avere pazienza.
Lei se lo ricorda?
Alle famiglie, sia quelle di sangue che quelle di mafia, ci comandarono di votare Psi. Io ero nel carcere all’Ucciardone per il maxi-processo. Venne da me Peppe Leggio e mi disse: “Ga spare tu dici alla tua famiglia che vota per i socialisti”. A lui sicuramente glielo aveva detto qualche personaggio più importante.
Poi è caduta la Prima Repubblica.
Visto che sono collaboratore di giustizia, ho potuto ascoltare un’intercettazione ambientale, in cui si sentivano parlare alcuni boss riuniti in un’albergo dei Graviano. Ancora non era nata Forza Italia che già parlavano di sostenerla: cercavano i nuovi referenti, dopo la fine della diccì.
Perché dice che la situazione oggi è preoccupante?
La mafia in Sicilia è in condizioni di pilotare ancora – ma veramente – il voto, con le buone o con le maniere sue. Cosa nostra sa bene a che livello è la collusione con la politica, quindi secondo me i mafiosi hanno permesso di vincere a Crocetta per dire ai signori politici che stanno a Roma: guardate che questo a noi ci ha sempre combattuto, ma ora cercherà di combattere anche a voi. Loro parlano così. La morte di Enzo Fragalà, avvocato e deputato del Pdl ucciso a bastonate nel 2010, secondo me è stato uno degli ultimi omicidi della mafia, ed è stato l’ennesimo avvertimento. Questa delle regionali è un’avvisaglia per le elezioni nazionali. I politici cambiano partito, ma gli uomini sono sempre gli stessi. E quando si voterà per il nuovo governo e per le Camere, se non ci saranno provvedimenti favorevoli ai boss, come – mi ripeto, ma è molto importante – è stato promesso vent’anni fa, si avvierà una stagione ancora più violenta.
Ha votato solo lo 0,6 per cento dei detenuti. In tutte le carceri siciliane. Lirio Abbate ha scritto sull’Espresso : “All’istituto di pena di Pagliarelli di Palermo dove si trovano rinchiusi i mafiosi, su 1.300 detenuti solo uno si è presentato al seggio elettorale, ed è in custodia cautelare per reati che non sono di mafia”. Che significato ha l’astensione dei detenuti?
È un sintomo coerente con la mia lettura. L’ordine è stato categorico, evidentemente. Quelli che non hanno votato sono controllati dalla mafia. E ora la mafia spera che i politici hanno una reazione. I voti della mafia sono stati fermi, per adesso . Vede, così a lungo i mafiosi non ci sono stati mai dentro, soprattutto con questo regime duro del 41-bis. Per loro è una cosa inaccettabile. Dell’Utri, Schifani, Berlusconi sono ancora nei posti chiave: i pezzi da novanta vogliono mandare un messaggio. Prova ne sia che c’è ancora il processo sulla trattativa e sappiamo quali sono le richieste della mafia.
Come funzionava il voto di scambio, finché lei era mafioso?
Ci sono quelli che fanno i grandi affari, che sono il perno di tutto. Hanno detto a Milano che la ‘ndrangheta ha venduto i voti a quell’assessore: ma quelle sono sciocchezze, regalini. Le cose importanti, che importano a tutte le mafie, sono i grandi appalti, i business veri, i soldi che possono arrivare. Mafia e politica si sono sempre sostenute a vicenda, perché avevano interessi comuni.
Lei aveva rapporti con i politici?
Mi trovavo ad andare da qualche politico, come Ernesto Di Fresco o l’onorevole Matta, amicissimo di Lima e Ciancimino. Ci andavo perché volevo segnalare una persona che m’interessava, per un concorso all’università o in ospedale. In queste occasioni, loro parlavano anche di politici, carabinieri o magistrati che davano disturbo. Ma attenzione: non è che dicevano “sparategli”. Di Fresco mi fece il nome di Dalla Chiesa, che andava dagli studenti a parlare di mafia e faceva i controlli nelle autoscuole, perché non venisse concesso il foglio rosa ai mafiosi. Più che lamentele, erano consigli.
da Il Fatto Quotidiano del 4 novembre 2012

domenica 28 ottobre 2012

Elezioni Sicilia, il ‘fattore Grillo’ nella sfida tra Crocetta e Musumeci. - Giuseppe Pipitone


Elezioni Sicilia, il ‘fattore Grillo’ nella sfida tra Crocetta e Musumeci

Fino a due giorni fa i candidati di Pd/Udc e Pdl lo attaccavano, ora si contendono il suo elettorato tramite il voto disgiunto: Movimento 5 Stelle determinante per l'esito delle urne nell'isola che domani volterà pagina dopo la difficile parentesi di Lombardo. Sullo sfondo altri fantasmi: gli inciuci, la probabile ingovernabilità e il default economico certificato dalla Corte dei Conti.

Fino a due giorni fa lo vedevano come fumo negli occhi: populista, qualunquista, violento. Ma soprattutto senza voti. “Beppe Grillo? Mi ricorda quando giravo la Sicilia con Almirante: trovavamo tutte le piazze piene e poi le urne vuote” ha minimizzato Nello Musumeci, ex missino e aspirante governatore siciliano del Pdl, a proposito del tutto esaurito registrato dal comico genovese in ogni piazza dell’isola. Rosario Crocetta, candidato presidente dell’insolita ammucchiata Pd-Udc, ha affilato la sciabola, mettendo nel mirino Giancarlo Cancelleri, portavoce trentenne del Movimento Cinque Stelle siciliano. “L’azienda presso la quale lavora – ha attaccato l’ex sindaco di Gela – è diretta da un tale Lo Cascio, molto molto, molto amico di quell’ingegner Di Vincenzo, al quale oggi è stato confermato il sequestro di un patrimonio di 400 milioni di euro”.
Manco a dirlo, il datore di lavoro di Cancelleri, ha subito querelato Crocetta per diffamazione. Nel frattempo però la musica è cambiata. E i due principali aspiranti eredi di Raffaele Lombardo sul trono più alto di Palazzo d’Orleans hanno teso la mano ai cinque stelle siciliani. Musumeci si è scoperto inaspettatamente simpatizzante del comico genovese .”E’ chiaro – ha spiegato chiudendo la sua campagna elettorale – che Grillo non è l’antipolitica, è la politica: semmai, come noi predichiamo, la buona politica sulla malapolitica”. Anche Crocetta, dopo gli attacchi a Cancelleri, ha strizzando l’occhio agli elettori del Movimento Cinque Stelle: “Biasimare Grillo non è né giusto né utile. Biasimare i suoi elettori ancora peggio”. Poi l’europarlamentare democratico ha lanciato la sua proposta: “Sono fiducioso che tanti grillini sapranno distinguere: un voto al loro partito e una ‘crocetta’ sul nome di un presidente che ha combattuto la mafia e l’illegalità”. Basterebbero i repentini cambi di marcia di Musumeci e Crocetta nei confronti del Movimento Cinque Stelle per raccontare come, dal voto di domenica, potrebbe emergere in Sicilia un’inaspettata sorpresa.
Il tour di Beppe Grillo sull’isola ha letteralmente fatto schizzare in alto la lancetta dei consensi in favore di Giancarlo Cancelleri. Appena sei mesi fa, alle amministrative siciliane, il Movimento Cinque Stelle era riuscito a presentare la propria lista soltanto in tre comuni: Palermo, Sciacca e Caltagirone. In nessun caso però era riuscito a raggiungere lo sbarramento del cinque per cento, utile per eleggere almeno un consigliere comunale. Adesso invece il movimento guidato da Giancarlo Cancelleri sta vivendo un momento entusiasmante: Grillo non ha mai parlato in una piazza con meno di cinque mila spettatori, e la febbre per i cinque stelle sta effettivamente colpendo una grossa fetta di elettorato che fino a due mesi fa non avrebbe mai immaginato di votare per il movimento nato sul web. E’ per questo che sia Musumeci che Crocetta hanno smesso i panni dei “fustigatori del qualunquismo” per aprire le braccia agli elettori di Cancelleri. Il portavoce dei cinque stelle conquista simpatie di giorno in giorno, agevolato anche dalla débacle del certificato elettorale che ha imposto il ritiro dalla competizione a Claudio Fava. La mancanza di un candidato noto che peschi a piene mani nel voto d’opinione ha infatti aperto la strada al Movimento Cinque Stelle: una strada tutta in discesa che a poche ore dal voto appare indecifrabile in termini quantitativi. Il consenso raccolto dai giovani attivisti capitanati di Cancelleri cresce di ora in ora, e molti indecisi potrebbero decidere di segnare il simbolo a cinque stelle soltanto dentro la cabina elettorale. Una variabile che spiega benissimo l’entusiasmo con cui i cinque stelle si preparano allo spoglio.
E mentre Giovanna Marano, candidata presidente di Sel e Idv al posto di Fava, lotta per riportare una componente di sinistra a Palazzo dei Normanni, i bookmakers ufficiali continuano a parlare di un probabile testa a testa tra il candidato del Pdl e quello dell’asse Pd-Udc. Lo stesso Angelino Alfano, orfano della visita elettorale di Silvio Berlusconi, ha pronosticato con cautela uno scontro al fotofinish tra il suo candidato e Rosario Crocetta. Dal canto suo, anche Gianfranco Miccichè, leader di Grande Sud appoggiato da Fli e Mpa, si è detto sicuro di vincere. “Picciotti, con i sondaggi non sbaglio: vinco io con il 33 per cento” ha annunciato l’ex luogotenente di Berlusconi in Sicilia. Una battuta che non è piaciuta a Musumeci, anche lui fiducioso di sbaragliare gli avversari. “Sento profumo di vittoria, nonostante alcuni amici dell’ambiente Mpa stiano facendo chiaramente votare Crocetta abbandonando di fatto Micciché al suo destino”.
Lo spettro dell’inciucio e dell’accordo sotto banco, adesso ha fatto il suo ingresso nell’ultima settimana di campagna elettorale. Oltre al presunto sostegno di Lombardo a Crocetta (che candida nella sua lista anche Beppe Spampinato, fino a settembre assessore al lavoro del governatore imputato per mafia) i rumors raccontano anche di un massiccio voto disgiunto, con l’Udc che abbandonerebbe a sua volta Crocetta per far votare Musumeci. Tutto e il contrario di tutto, come nella migliore tradizione siciliana. Quel che appare certo è che da questo turno elettorale emergerà un voto multi frammentato con nessuna coalizione in grado di raggiungere la maggioranza assoluta. Il risultato sarà un parlamento ingovernabile, proprio nel momento in cui si fa sempre più lunga l’ombra del default. Pochi giorni fa la corte dei conti ha calcolato che entro la fine del 2012 il deficit della Regione Sicilia sfonderà quota sei miliardi di euro. Un dato che dovrebbe consigliare al prossimo presidente di festeggiare con moderazione la vittoria.