lunedì 5 novembre 2012

De Benedetti ironizza su Fiat: poteva fare uno ogni dieci.



E risponde alle accuse di Berlusconi sulla 'rapina del millennio'.

Carlo De Benedetti sceglie l'ironia per commentare i temi caldi dell'industria e della politica italiana, senza risparmiare battute a Fiat e Silvio Berlusconi. Conversando con Fabio Fazio a 'Che tempo che fa' l'ingegnere tocca questioni spinose come il licenziamento degli operai di Pomigliano e si toglie qualche sassolino su una vicenda che pur chiusa fa ancora discutere come il 'lodo Mondadori'.
''La sua allora e' stata la corruzione del millennio'', risponde De Benedetti a Fazio che gli chiede un commento sulla dichiarazione di Silvio Berlusconi sul Lodo Mondadori: ''I 564 milioni che ho dovuto dare'' a De Benedetti ''non sono la rapina del secolo, ma del millennio'', aveva detto l'ex premier. "La difesa di Berlusconi si basa sul fatto che dei tre giudici ne ha corrotto solo uno... vuol dire che ha risparmiato" aggiunge l'ingegnere.
De Benedetti commenta poi ironico la vicenda dei 19 dipendenti di Pomigliano: "Penso sia andata bene. Poteva fare uno ogni dieci come i tedeschi. Trovo sia inaccettabile". E' una storia "talmente assurda e non capisco che logica possa esserci".
Per l'amministratore delegato di Fiat, Sergio Marchionne, il presidente del gruppo L'Espresso ha però anche parole di stima: lo definisce "un grande ristrutturatore, con il merito di aver ristrutturato sia Fiat che Chrysler". Fiat e l'Italia possono ancora stare insieme? Chiede Fazio e De Benedetti risponde che "dipende dalla Fiat. L'Italia quello che poteva fare per la Fiat l'ha fatto 4-5 volte negli ultimi 50 anni". "Quel che bisogna fare - conclude - è fare automobili".
Alle primarie, annuncia infine l'ingegnere, "voterò Bersani: lo conosco, lo stimo è una persona per bene". "Mi dà un senso di tranquillità e stabilità più di qualsiasi altro", spiega. Su Luca Cordero di Montezemolo invece dice: "Credo non scenderà in campo lui ma benedirà una qualche formazione di centro". De Benedetti non si attende novità da Italia Futura: "Due anni che aspettiamo...", sottolinea ironico.
Su una cosa non mi trova d'accordo: la stima che ancora nutre verso Bersani che non ha fatto una seria opposizione nè al governo Berlusconi e nè all'attuale, permettendo che si varassero leggi che danneggiano il lavoro ed i lavoratori.

domenica 4 novembre 2012

Berlusconi: “Pensavo di chiedere scusa agli italiani perché non ce l’ho fatta”.


Berlusconi Condannato


L'ex presidente del Consiglio intervistato per il libro di Vespa: "La crisi ha cancellato i nostri sforzi, anche se noi abbiamo lasciato la disoccupazione al punto più basso degli ultimi vent'anni". Conferma di essere stato tentato di non ricandidarsi, ma "sto ricevendo pressioni da tutti per restare in campo".

Per la prima volta Silvio Berlusconi chiede scusa agli italiani. Lo fa nel libro di Bruno Vespa “Il Palazzo e la Piazza. Crisi, consenso e protesta da Mussolini Beppe Grillo“. “Pensavo di chiedere scusa agli italiani – dice l’ex presidente del Consiglio – perché non ce l’ho fatta. La crisi ha cancellato i nostri sforzi, anche se noi abbiamo lasciato la disoccupazione al punto più basso degli ultimi vent’anni. Abbiamo garantito la pace sociale negli anni più duri della crisi”.
Il Cavaliere aggiunge: “Abbiamo garantito la pace sociale negli anni più duri della crisi. Abbiamo impiegato 38 miliardi in ammortizzatori sociali. Abbiamo tagliato le spese ai ministeri con la prima vera spending review e attuato il più grande stanziamento sulla cassa integrazione della storia italiana”. E’ vero che lei ha pensato anche di non entrare in Parlamento?, chiede Vespa. “Sì, è vero anche se sto ricevendo pressioni da tutti i miei di restare in campo come padre fondatore del movimento”.
Vendola: “Scuse con 20 anni di ritardo”E così hanno buon gioco gli oppositori. “Berlusconi chiede scusa. Con quasi venti anni di ritardo” commenta laconico Nichi Vendola su Twitter. “Senza infierire, è semplicemente l’ammissione di un fallimento politico e di governo – rincara la dose Giorgio Merlo (Pd) – Cioè il fallimento della ricetta di governo del centro destra. Un motivo in più per invertire la rotta. Senza populismi ed estremismi vari, è il momento per il dopo Monti per un governo di centro sinistra. Riformista e democratico. Con il Pd e l’Udc come assi centrali della futura coalizione”.
Le versioni di B.Nelle ultime settimane le versioni di B. sono state più d’una. Prima l’annuncio apparentemente definitivo: “Non mi candido e via alle primarie” (era il 24 ottobre). Poi, sull’onda della sentenza di condanna a 4 anni per evasione, una prima parziale retromarcia: conferma che non si candiderà a Palazzo Chigi, ma detta la linea anche nel rapporto tra Pdl e governo Monti (ed è il 27). Poi ridimensiona tutto dicendo che il Pdl non farà “una campagna elettorale contro Monti” e che la spina da staccare “dipenderà dall’accettazione o meno da parte del governo delle nostre richieste di modifica alla legge di stabilità”. Nella stessa occasione aveva spazzato via la posizione del partito sulle preferenze nella legge elettorale: il suo Lucio Malan ha fatto approvare il testo che prevede le preferenze e lui ha detto che sono “un’anomalia” (ed è il primo novembre).
“Senza di me più facile ricompattare i moderati”
Berlusconi conferma ancora tuttavia che non vuole tornare a guidare il governo: “Una delle motivazioni che mi hanno indotto a rinunciare a una nuova candidatura a palazzo Chigi è perché alcuni leader del centrodestra sono afflitti da un vero complesso nei miei confronti. Così senza di me sarà più facile ricompattare tutti gli elettori dell’area moderata dentro una sola coalizione. Questo è l’unico modo per battere la sinistra, che dal 1948 a oggi rappresenta la minoranza degli italiani rispetto alla maggioranza dei moderati”. E quindi lancia un messaggio a Casini: “Non può tradire una tradizione di alternativa alla sinistra, che risale appunto alla vittoria dei democristiani e dei partiti moderati del 1948″. 
“Alfano è il miglior figo del bigoncio”Poi un nuovo elogio per il segretario del Pdl: “Alfano è il miglior protagonista oggi in circolazione, il miglior ‘fico del bigoncio’, come si usa dire”. Il migliore, dice, “non soltanto per le sue doti di intelligenza, ma anche per la sua correttezza e lealtà. Angelino è preparato, è coraggioso, è uno che mantiene la parola data”. Negli ultimi mesi Alfano ha recuperato quel quid di cui gli contestava la mancanza? chiede Vespa: “Non ho mai affermato nulla del genere. All’inizio smentivo tante dichiarazioni fasulle che mi venivano attribuite tra virgolette, poi mi sono arreso”. ”Alfano è il nostro segretario a pieno titolo e con il sostegno di tutti” insiste il Cavaliere. Ma non è che dopo Villa Gernetto, chiede Vespa a Berlusconi, la leadership di Alfano si è indebolita e il dialogo con il centro è più difficile? “Chi pensa questo sbaglia di grosso. Sarà Alfano a prendere gli accordi con le altre componenti del centrodestra. Se metteranno giudizio”.
“Le primarie saranno un evento storico perché indicheranno il mio successore”Secondo l’ex capo del governo le primarie del PdL “saranno un evento storico non perché saranno le prime nella storia del nostro movimento, ma perché dovranno scegliere il successore di Berlusconi”. Dunque, “un confronto – sostiene l’ex premier – aperto, libero, di alto profilo politico, un confronto di personalità all’interno del nostro movimento che vogliano segnalarsi come protagonisti, che portino avanti la tradizione e i valori della nostra rivoluzione liberale, che risveglino negli italiani lo spirito del 1994 per salvare il paese e impedire che sia governato dalla sinistra”. 
“Montezemolo? Scontato che stia nel centrodestra”
Luca Cordero di Montezemolo? “E’ scontato che il suo movimento faccia parte del centrodestra”. Poi il riferimento all’accordo dei mini-partiti che, oltre a usufruire di centinaia di migliaia di euro “girati” dal Pdl, potrebbero godere di un seggio garantito alle prossime elezioni come “premio” per il sostegno al governo dopo l’addio di Fini. “In democrazia, dove il voto popolare è libero, non esistono seggi sicuri per nessuno – risponde Berlusconi a Vespa – Ma mi lasci dire che sono grato a tutti i parlamentari che, anche sfidando l’impopolarità, hanno sostenuto con convinzione il mio governo”.

Indagato il deputato Idv Cimadoro. E’ cognato di Antonio Di Pietro.


Indagato il deputato Idv Cimadoro. E’ cognato di Antonio Di Pietro


Concorso in abuso d'ufficio il reato contestato a Bergamo all'onorevole che, secondo L'Eco di Bergamo, risulta titolare di una società di compravendite immobiliari, la Helvetia, e di quote nella Immobiliare San Sosimo. Avrebbe esercitato pressioni per indirizzare alcune pratiche.

I “guai” per Antonio Di Pietro sembrano non finire.Gabriele Cimadoro, parlamentare dell’Italia dei valori e cognato dell’ex pm di Mani Pulite, risulta indagato per concorso in abuso d’ufficio nell’ambito di un’indagine condotta a Palazzago, in provincia di Bergamo, per la quale sarebbero state iscritte nel registro degli indagati in tutto 54 persone per reati che vanno dall’abuso d’ufficio al falso ideologico e materiale, sino alla tentata concussione. Lo scrive oggi “L’Eco di Bergamo”. La Procura di Bergamo sta infatti indagando sui presunti favori di cui avrebbero goduto alcune licenze edilizie e su alcuni terreni che hanno cambiato destinazione d’uso all’interno del Pgt. Per il sostituto procuratore Giancarlo Mancusi, che coordina l’inchiesta, ci sarebbero state pressioni in municipio per indirizzare alcune pratiche. Cimadoro, titolare di una società immobiliare, in passato è stato assessore e consigliere comunale a Palazzago. Ma il pressing, per l’accusa, sarebbe avvenuto quando non aveva cariche comunali. L’inchiesta è condotta dai Carabinieri della compagnia di Zogno.
Secondo il quotidiano la Procura sta cercando di tracciare “la fitta rete di presunti favori e interessi immobiliari a Palazzago”. Cimadoro risulta titolare di una società di compravendite immobiliari, la Helvetia, e di quote nella Immobiliare San Sosimo che nell’omonima frazione del paese sta realizzando un progetto su un’area artigianale. La sua posizione è allo stato “defilata e ancora al vaglio” e “non è escluso che si giunga alla richiesta di archiviazione” un’indagine che, da quattro anni, “continua a imbarcare filoni e s’è estesa a qualche comune della Valle Imagna”. Tra i 54 sotto inchiesta ci sono il sindaco uscente Umberto Bosc, il suo predecessore Ferruccio Bonacina (entrambi della Lega Nord) e altri amministratori locali. L’ipotesi è che, prima ancora dell’approvazione del contestato Pgt, a Palazzago alcune licenze edilizie percorressero canali privilegiati. A beneficiarne sarebbero stati imprenditori e privati, grazie alla presunta complicità di pubblici ufficiali. Una delle tecniche, secondo gli inquirenti, sarebbe stato quello di protocollare solo la pagina iniziale della Dia (Denuncia di inizio lavori), “sostituendo poi il progetto contenuto con uno più vantaggioso per costruttori e committenti”. Quindi alcuni avrebbero cambiato destinazione d’uso. Gli investigatori sono impegnati negli accertamenti patrimoniali con l’analisi di conti bancari per scovare movimenti sospetti: passaggi di denaro per i presunti benefici nelle pratiche edilizie e urbanistiche fino a poco tempo fa non ne erano emersi. 

E se lo dicono gli scienziati....



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venerdì 2 novembre 2012

Lazio e Lombardia, i partiti temono il boom-Grillo. - Mattia Feltri.



A Roma è già al 15%, senza aver fatto campagna. Alle comunali il Pd teme il ballottaggio.


ROMA
Preparate i sacchi di sabbia: il diluvio è appena cominciato. Il sindaco a Parma, il quindici per cento e primo partito di Sicilia sono stati niente perché è nei prossimi mesi che il Movimento 5 Stelle promette di far ballare tutti. Si rinnovano i consigli regionali del Molise ma soprattutto del Lazio e della Lombardia (forse il 27 gennaio), da dove il centrodestra esce dal governo dopo un finale imbarazzante, fra ostriche trangugiate, vacanze caraibiche, soprattutto fra predazioni furibonde e apparentamenti con la ’ndrangheta.  

Subito dopo bisognerà eleggere il sindaco di Roma, nello stesso giorno in cui si voterà per le Politiche. Non c’è istituto demoscopico, come molti sanno, che a livello nazionale quoti sotto il venti per cento i grillini (siccome non amano essere chiamati così, propongono il terribile acronimo Am5s, attivisti eccetera, oppure “cittadini”). Sono percentuali su cui si trasecola e su cui si imbastiscono teorie sociologiche. Ma fin qui si è un po’ trascurato quello che rischia di succedere localmente. 

Nel Lazio, oggi il Movimento è già ai livelli siciliani. Ipr Marketing venti giorni fa lo dava al quattordici per cento, un punto sopra il Popolo della Libertà. Gli ultimi rilevamenti di Ipsos (un’indagine cominciata meno di una settimana fa) lo innalzano al quindici abbondante. I “cittadini” si accreditano già del sedici e mezzo. Tutto questo senza che Beppe Grillo abbia varcato con una sola ruota del suo camper i confini laziali. Per capire di che si sta parlando, basta tenere conto che gli ultimi sondaggi, prima che il comico traversasse a nuoto lo Stretto, attribuivano al M5S Sicilia l’otto per cento. Il tour indefesso e gutturale di Grillo ha portato quasi al raddoppio. Non significa che nel Lazio si toccherà il trenta, ma significa che il margine di crescita è ampio e imprevedibile. In più - spiegavano i sondaggisti la scorsa settimana - molto sarebbe dipeso dal risultato di Palermo: se i grillini avessero fatto il botto, e lo hanno fatto, ne avrebbero goduto un po’ ovunque. 

Sondaggi su Roma città non ce ne sono. Salvatore Pirozzi, attivista della capitale, è una pasqua: «Noi qui andiamo dal tredici al venti per cento», dice citando sue fonti. Dato vago, ma non tranquillizzante per i partiti tradizionali. Che infatti sono piuttosto preoccupati. Non tanto il Pdl, che ha deciso di affidare a Gianni Alemanno la questione della sconfitta, che è inevitabile, e che nessuno si è offerto di intestarsi presentandosi al posto del sindaco. Di certo è inquieto il Partito democratico, che non ha ancora scelto il suo campione e già intravede scenari parmensi. L’eventualità che a Roma vadano al ballottaggio il Partito democratico e il Movimento non è così vaga. E proprio Parma (ma non solo) dimostra che i ballottaggi sono brutte bestie.  

Nemmeno i “cittadini” hanno ancora scelto i loro candidati, né per il Lazio né per Roma né per la Lombardia, dove però le procedure sono cominciate e a fine novembre sono previste le primarie on line. Ma non è il nome del pretendente a scaldare o annacquare le passioni: quello che conta, almeno finché si parla di sondaggi, è la sigla grillesca. Uno di qualche giorno fa, di Gpg-Sp, stila per la Lombardia la seguente classifica: Pd ventidue, Pdl diciotto, Lega Nord diciassette, M5S quindici e naturalmente in rimonta e naturalmente in crescita. È il nubifragio, ed è solo all’inizio. 

Non chiamatela più antipolitica. - Angelo d'Orsi



Comunque si giudichi Grillo e il suo movimento, questa è politica. Nuova nei temi, nei linguaggi, nelle forme, nei luoghi, nelle persone. Ed assai più genuina, o tale ha saputo apparire – come evidenzia il voto siciliano – di quella di larga parte della classe politica: di destra, di centro, e, purtroppo, di sinistra. 

Il termine “antipolitica” sebbene creato dagli studiosi, è diventato un comodo alibi per il ceto politico, la coperta sotto la quale nascondersi davanti alla denuncia delle sue manchevolezze, della corruzione, dell’assenza di senso dello Stato, del vero e proprio mercimonio da troppo tempo perpetrato del ruolo istituzionale al quale cittadini e cittadine inconsapevoli, o male informati, o ingenui, li hanno chiamati. 

In buona sostanza, il termine viene usato per bollare con marchio d’infamia coloro che non ci stanno a prendere per buone le ricette del “Palazzo”, coloro che – volti nuovi, idee non sempre nuove, ma concrete, linguaggi più nuovi delle idee…– o se ne stanno fuori, non votando, non partecipando neppure da spettatori alle competizioni elettorali, oppure tentano di restituire la parola alla piazza, o se preferite, alla “gente”. Antipolitica il Movimento 5 Stelle? E perché mai? Perché denuncia e condanna in blocco la classe politica, ecco la risposta. Certo. Ma quel 53% di siciliani e siciliane che non si sono recati alle urne, ieri, non sono a loro volta alla stessa stregua “antipolitica”? Non è forse il loro distacco dalle cabine elettorali, un segnale di sfiducia radicale verso la classe politica? E non è, anche, delusione per le promesse non mantenute? E, infine, non è disillusione sulla stessa portata del loro voto? A che serve? – insomma, si chiede almeno una fetta di quei non elettori (ai quali va aggiunto anche il cospicuo numero di schede bianche o annullate). A che serve continuare a votare? “Sono tutti uguali”, “pensano solo al loro interesse personale”, “della Sicilia (o della nazione) non gliene frega niente…”. 

La tentazione qualunquista, insomma, affiora, ma l’allontanamento, e anche il diniego di questa politica non significa automaticamente il rifiuto di ogni, qualsivoglia politica. Se qualcuno è in grado di offrirne una diversa, io credo che uomini e donne dell’Isola, ma più in generale del Paese, sarebbero pronti a ritornare al voto. Il Movimento 5 Stelle ha fatto esattamente questo, anche se, nella votazione per la Presidenza regionale, non è andato oltre un certo limite, sia pure assai alto, tanto da diventare improvvisamente, inaspettatamente (ma solo per qualcuno) la prima forza politica isolana. In attesa di diventarla, forse, a livello nazionale. 

Perché, anche davanti all’astensione, il Movimento vince? Perché, innanzi tutto, Grillo ha saputo impersonare il ruolo del leader-capopopolo, ma informato, ossia in grado di parlare con cognizione di causa – benché non sempre in modo adeguato: ma lo sono i leader nazionali degli altri partiti, forse? – di cose che interessano all’elettorato. La prima novità è proprio questa. I temi: invece di fare discorsi astratti e fumosi, Grillo ha parlato di temi concretissimi, che concernono la quotidianità (dai trasporti all’inquinamento ambientale…), temi che hanno a che fare con la complessa problematica della sopravvivenza. La politica di Grillo è una (sacrosanta, bisogna precisare) politica “terra terra”, che riporta insomma il baricentro in basso, rispetto alle grandi discussioni ideologiche, ma affronta i problemi della vita delle persone: una politica della sopravvivenza (si pensi al tema dei rifiuti, dell’energia, dell’acqua,…). 

E lo ha fatto cambiando anche il linguaggio: ne ha usato uno adeguato ai problemi, ossia elementare, diretto, spesso volgare, o persino scurrile. Si fa capire, insomma. Non usa il gergo stucchevole dei politici di professione. Né quello finto popolaresco e calcistico del Cavaliere. Ha un lessico basico di poche parole, che tutti sono in grado di intendere. E, qui sta la terza novità, la forma della sua comunicazione è spettacolare. Il guitto Grillo, pur trasformandosi in un leader politico, sa parlare con il corpo, con i movimenti del busto e del bacino, con le braccia, con la testa che scuote e agita al momento adatto. È rimasto, insomma, un uomo di spettacolo; di nuovo, però, non nel senso berlusconiano. Non è il set, del teatro di posa, ingessato e studiato nei dettagli: il suo è il teatro di strada. E in strada – ecco la grande ulteriore arma vincente – si è svolta la campagna di Grillo: ha rifiutato ostinatamente la televisione. Del resto da anni ripete: “La televisione è vecchia”. Al suo posto ha sostenuto la linea del web, ma, paradossalmente (e qui forse davvero nessuno se lo aspettava) ha aggiunto e per certi versi sostituito alla Rete – pur continuandola a usare come supporto della comunicazione – il rapporto diretto, immediato, con la cittadinanza. Come i vecchi politici ha girato in lungo e in largo il territorio nazionale, sfondando anche quella Linea Gotica che separa tuttora il CentroNord dal Mezzogiorno, terra più ostica ed estranea. 

Ora, a quanto dicono gli esiti elettorali, ha saputo anche conquistare la riottosa terra di Sicilia, incuneandosi come irriducibile terzo fra destra e sinistra, una destra spappolata e confusa e una sinistra priva di appeal, che vince da un lato, con l’ottimo candidato Crocetta, e perde, dall’altro, alleandosi con forze che in Sicilia esprimono la conservazione più canonica. Tutti, ahinoi, all’insegna di un rifiuto della “politica ideologica”, quasi che fosse possibile avere una qualsiasi vera politica senza il sostegno di idee-forza, appunto le ideologie, che sono idee che hanno un ruolo pratico, mirano a tradursi in prassi. 

Anche Grillo giudica destra e sinistra categorie obsolete (ed è in buona compagnia): ma sbaglia, come sbagliano tutti coloro che così la pensano. La sua forza, del resto, non risiede certo nel sostrato ideologico, ma nei contenuti, come dicevo, nel linguaggio (verbale e non) e nelle modalità con cui li porge. E vincente, si è altresì rivelata la scelta di associare piazza fisica a piazza virtuale: una grande agorà nella quale il M5S ha saputo parlare dei cittadini e coi cittadini. E, infine, l’ultimo punto di forza, è costituito dalle “facce nuove”, i signor nessuno che si sono affiancati a Grillo: un po’ di tutto, sociologicamente: “ceto medio riflessivo”, artigiani, commercianti, impiegati, studenti, insegnanti, e persino le ormai mosche bianche della sinistra: gli operai! 

Dunque: una politica nuova nei temi, nei linguaggi, nelle forme, nei luoghi, nelle persone. Certo, c’è anche qui il lider maximo, che sospettare di scarsa propensione alla democrazia è ormai consueto, e, temo, non immotivato: ma ora che il movimento ha fatto il grande balzo, ora che punta al parlamento nazionale, dopo quello regionale, e i tanti piccoli comuni nei quali ha piazzato qualche suo rappresentante, ora si è arrivati al bivio decisivo. Se vuole essere davvero un movimento politico nazionale, deve “degrillizzarsi”, ma se lo fa rischia di perdere la sua forza attrattiva. Lo stesso leader, in un tranquillo (direi spento) messaggio video, seduto, davanti a una scrivania, sia pure disordinata, con alle spalle libri e oggetti consueti a uno studio, ha mostrato che se si “normalizza”, perde il carisma. Eppure se aspira a governare, se vuole davvero essere un movimento popolare, il 5 Stelle deve prendere quella strada. Una situazione dilemmatica, dalla quale o l’insipienza deicompetitors politici, o l’estro del “capo”, forse potrà trovare una via di uscita. 

Ma, per favore, smettiamola di parlare di “antipolitica”. Questa, comunque si giudichi Grillo e il suo movimento, nelle idiosincrasie che riesce a scatenare, specie per la volgarità e talora l’insipienza, non esente qua e là da punte di razzismo e beceraggine, questa è politica. Ed è assai più genuina, o tale ha saputo apparire, di quella di larga parte della classe politica: di destra, di centro, e, ahimé, di sinistra. 


http://temi.repubblica.it/micromega-online/non-chiamatela-piu-antipolitica/

Sicilia - dati elettorali.



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