lunedì 12 novembre 2012

Imu, il governo di Mario Monti tenta il colpo di mano per favorire la Chiesa.


Basilica San Pietro

L'esecutivo tecnico dei professori ha inserito una modifica ad hoc sulla definizione di no profit nel decreto Enti locali per favorire le realtà ecclesiastiche. Il tutto contro il parere del Consiglio di Stato e con il rischio che l'Europa multi l'Italia. Si tratterebbe di un danno di quasi tre miliardi di euro.


Una modifica ad hoc sulla definizione di no profit. Obiettivo? Permettere alla Chiesa di non pagare la tassa sugli immobili relativa alle ‘attività ad uso misto’, ovvero quelle che producono utili (cliniche, alberghi, ostelli, mense, ecc). Se non è un colpo di mano poco ci manca. Il governo tecnico di Mario Monti ci sta riprovando: cambiare in corsa le regole del gioco al fine di far risparmiare il Vaticano sull’Imu. Una mossa che non piace né al Consiglio di Stato (che il 4 ottobre scorso ha bocciato il regolamento per l’Imu prodotto dal ministero dell’Economia), né probabilmente all’Europa tanto cara ai professori, che potrebbe sanzionare l’Italia per aiuti di stato illegali. Il favore alla Chiesa, inoltre, non farà bene alle casse del Paese; sia per l’immediato (il governo contava di incassare dai 300 ai 500 milioni di euro all’anno), sia nel lungo periodo, visto che se la Commissione di Bruxelles dovesse davvero multare l’Italia si tratterebbe di un danno assai vicino ai tre miliardi di euro – come riportato oggi da Repubblica – perché l’Ue punterebbe a recuperare le somme condonate sin dal 2006.
L’asso nella manica, come detto, passa da una nuova definizione del concetto di ente commerciale, che tale non sarebbe se nello statuto venisse fatta una piccola modifica entro dicembre: vietato distribuire gli utili, che al contrario devono essere investiti per scopi sociali. E qualora l’ente non profit dovesse sciogliersi, il suo patrimonio deve passare tassativamente ad un altro ente no profit. Non solo. Particolarmente interessante il pagamento dell’Imu per cliniche ed ospedali, che nulla dovranno pagare se accreditate o convenzionate con gli enti pubblici e se – si legge nel provvedimento – le loro attività si svolgono “in maniera complementare o integrativa rispetto al servizio pubblico”. Come? O a titolo gratuito o dietro pagamento di rette “di importo simbolico”. Cosa si intende per simbolico non è dato saperlo, il che produce un vuoto normativo che potrebbe aprire il campo a tutta una serie di interpretazioni e, perché no, speculazioni. Per quanto riguarda convitti e scuole, inoltre, saranno esentati quelli che fanno attività paritaria rispetto alle istituzioni statali e quelli che non discriminano gli alunni, mentre non pagheranno l’imposta sugli immobili le strutture con ricettività sociale. Il concetto di pagamento simbolico che evita l’Imu, inoltre, torna anche per le attività culturali, ricreative e sportive.
Per quanto riguarda il timing della vicenda, il punto di non ritorno è la bocciatura da parte del Consiglio di Stato (4 ottobre) del regolamento del ministero dell’Economia, il cui obiettivo era aiutare a compilare entro dicembre l’autocertificazione sui metri quadrati dell’immobile di proprietà riservata alle attività commerciali. Il Consiglio di Stato, il cui parere è obbligatorio ma non vincolante, dice no al documento prodotto dal governo (per decreto, in virtù della delega concessa all’esecutivo dal Parlamento). Il motivo? Proprio l’inserimento degli ‘sconti’ relativi all’Imu poiché del tutto estranei all’ordinamento italiano. Il governo a questo punto inserisce il cavillo con la nuova definizione di no profit all’interno del decreto Enti Locali (pensato per occuparsi dei costi della politica) e lo rispedisce al Consiglio di Stato, che l’8 novembre lo esamina nuovamente. Sconti confermati, quindi. 

Un anno di governo Monti. Un anno senza B. Quel che c’è e quel che manca.


Trecentosessantacinque giorni per rimettere in piedi un Paese in crisi posson bastare? Non solo economia per far fronte all’emergenza, ma anche lacrime per i pensionati, studenti sfigati, e precari choosy. Il bilancio dei tecnici è cominciato in trend positivo: non potevano fare peggio del governo che li aveva preceduti. Ma hanno rispettato le attese o deluso i cittadini? Lo abbiamo chiesto a cinque autorevoli commentatori, tutti d’accordo sulla necessità di ridimensionare le altissime aspettative della vigilia.   
In cambio di rigore e sacrifici, il governo tecnico non ha saputo dare all’Italia ciò di cui aveva bisogno. “Insoddisfacente” la spending review, “fumo negli occhi” la legge anti-corruzione, “inefficace” la lotta all’evasione, “eccessivo” l’aumento delle tasse, “timide” le liberalizzazioni, “nessuna strategia” per l’offerta né per l’industria, “dimenticati” ambiente e cultura, per non parlare della scuola e dell’università.
Un rendiconto molto misero per un esecutivo che, nella continua ricerca dell’equilibrio di una strana maggioranza, non ha avuto il coraggio di cambiare direzione dopo una stagione politica durata 18 anni. Infatti l’11/11/11 non sarà ricordato solo per l’eccezionale ripetizione numerica, ma anche per l’addio di Silvio Berlusconi. L’ufficialità arrivò il giorno dopo. E domani, cosa ci attende?
Dite la vostra nei commenti
SANDRO TRENTO
È ora di tornare alla politica Poche luci, molte ombre
UN ANNO FA eravamo in piena emergenza, l’Italia era sul punto di una grave crisi finanziaria. Il governo Monti ha avuto il merito di rassicurare i mercati con manovre finanziarie molto robuste, con impegni chiari sul pareggio di bilancio e con alcune riforme. La riforma delle pensioni ha definitivamente risolto il problema degli equilibri previdenziali. Il giudizio è positivo anche sulla recente riduzione del numero di province. Ma molti sono i dubbi sull’azione di governo nel suo insieme: il risanamento è stato realizzato con un eccessivo aumento delle tasse e questo ha avuto un profondo effetto recessivo. La riforma del mercato del lavoro è stata gestita malissimo e il risultato è deludente. Scarsa la lotta all’evasione e assente quelle ai costi eccessivi della politica. Liberalizzazioni timide sulle professioni ma nessun coraggio sui monopoli delle reti. Poca attenzione per l’industria e in generale nessuna strategia per l’offerta. Poca attenzione per la giustizia sociale. Zero su scuola e università. È ora di tornare alla politica.
ROBERTA DE MONTICELLI
Ci sono più privilegi di prima quando diceva di volerli abolire
DODICI MESI FA salendo al Quirinale Mario Monti disse: “C’è un lavoro enorme da fare. Bisogna abolire i privilegi”. “Privilegi” è davvero un eufemismo per dire l’enorme dissipazione di denaro pubblico in corruzione, malversazione, abusi, distruzione di risorse, talenti, speranze e futuro; per dire la politica come rapina e non come governo. “Privilegi” è parola povera per dire il sistema di privilegi criminali che ha sostituito il sistema della competizione liberale, eppure quella frase evocava un’idea di giustizia. Cosa ne rimane oggi? Una legge anti-corruzione falsa e inutile, una proposta di legge di semplificazione che neppure Berlusconi avrebbe osato, tanto brutalmente abolisce gli ultimi vincoli alla cementificazione e due enormi buchi tecnici là dove i danni restano irreversibili: la distruzione dell’ambiente, che è distruzione della nostra salute e quella del patrimonio culturale che è distruzione del futuro dei nostri figli.
 
OLIVIERO BEHA
Un mito per il passato, un buco nero per il futuro
IL MAGGIOR MERITO del governo Monti dopo un anno è ancora quello di aver rilevato un esecutivo che ci ha ridotti in questo stato, con la complicità complessiva della classe politica. Ma purtroppo anche il maggior demerito del medesimo coincide con il merito: per risollevare l’umore della truppa italiana nel suo disperante “rompete le righe”, infatti, siamo sempre costretti a riandare al Berlusca e ai suoi affini, iniquamente sparsi per le lande parlamentari. Con quelli saremmo ulteriormente precipitati, con i tecnici simuliamo un po’ di resistenza alla crisi. Però resta il nodo centrale: la situazione economica è ancora fallimentare, l’effetto-precipizio ha colpito i più deboli, la voce-lavoro è tremenda, quella pensioni tra “esodati” e “ricongiunti” mette affanno o spavento addirittura ecc. E niente dà il segno di un’inversione di tendenza reale, di ideali e valori, quindi culturale, quindi politica. Vedi la crisi della scuola e dell’Università, cioè il nostro domani. Lo spread profondo è quello, ma sembra essere fuori dall’orizzonte di Monti&co. Quindi Monti è un mito per il passato, una pezza a colori per il presente, un buco nero per il futuro.
 
MARCO POLITI
Ha salvato l’Italia dal baratro, ma i precari sono abbandonati
MONTI HA SALVATO l’Italia dal baratro finanziario e ha ridato credibilità internazionale al Paese. La maggioranza degli italiani lo avverte istintivamente. L’opinione pubblica giudica allo stesso tempo la traiettoria del governo tecnico. Circa i costi del salvataggio, il premier si è dimostrato singolarmente reticente nel chiamare a pagare i boss delle slot-machine, la Chiesa, i possessori di conti correnti nascosti in Svizzera e in altri paradisi fiscali. Nessun motivo di razionalità economica giustifica ritardi e omissioni di questo tipo. Infine resta negletta la riforma numero 1 di cui ha bisogno la società italiana: l’abbattimento delle norme che alimentano il lavoro precario di milioni di giovani e – purtroppo – anche meno giovani. Da Grillo a Renzi, da Casini a Bersani, ad Alfano tutti guardano altrove. Ma il premier è oggi responsabile nel far finta di credere che il problema sia stato risolto dalla riformetta Fornero. È sul piano sociale che Monti rivela di non avere la tempra di un riformatore. Con questo precariato non ripartiranno neanche i consumi. Perciò non c’è nessuna agenda-Monti da idolatrare.
 
BRUNO TINTI
Partito cavallo, arrivato asino I risultati hanno deluso
PARTITA de caballo llegada de burro. Così dicono gli spagnoli. L’inizio fu folgorante: “Vi comunico che, per mia scelta personale, non riceverò alcun stipendio per la mia funzione di presidente del Consiglio”. E poi l’Italia, di nuovo e dopo tanto tempo, accolta nel consesso internazionale. Lo stesso Monti, serenamente autorevole, che ricorda a Sarkozy e a Merkel che, sì, l’Italia farà i compiti a casa ma proprio lui, qualche tempo prima, aveva avviato, come Commissario europeo, una procedura di infrazione contro la Germania per le stesse colpe che i due rimproveravano all’Italia. E ancora il salvataggio dalla bancarotta; con lacrime e sangue, certo; ma cosa ci si poteva aspettare dopo 30 anni di clientelismo e corruzione? Poi e arrivata la spending review: 30 province appena e le altre ancora lì a sprecare soldi e assicurare clienti alla politica; e 30 tribunali su più di 100 che avrebbero dovuto esser soppressi. Un incidente di percorso? Ma no, è arrivata la nuova legge sulla corruzione. Fumo negli occhi: reati finti, prescrizione garantita, niente falso in bilancio e auto riciclaggio. Giudizio complessivo? A coda di topo (che comincia grossa e finisce fina fina).

Senza titolo.



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sabato 10 novembre 2012

Relatori: 'Fondo calo tasse da 2013' Grilli: 'Valutiamo taglio Irap da 2014'.


Il ministro dell'Economia: 'Valutiamo interventi sull'Irap. Stop aumento Iva? La coperta è corta'.

Il calo delle tasse, grazie agli incassi della lotta all'evasione, scatterà nel 2103, con un anno di anticipo. Lo prevede un emendamento dei relatori. Con il Def del 2013 si individuerà il gettito della lotta all'evasione del 2012 che finanziarà il "fondo per la riduzione strutturale della pressione fiscale" di famiglie e imprese.
La flessione dello "spread" potrà anche trasformarsi in meno fisco per gli italiani. Anche i risparmi della spesa per interessi che lo Stato paga su Bot, Btp e Cct - è scritto in un emendamento dei relatori - serviranno a finanziare il nuovo fondo per la riduzione delle tasse che scatterà nel 2013.
Nasce il "fondo Giavazzi": il riordino dei fondi per gli aiuti delle imprese, sulle quali ha lavorato l'economista su incarico del governo, finanzierà un 'Bonus' per la ricerca e lo sviluppo delle piccole e medie imprese e darà risorse per la riduzione del cuneo fiscale. Lo prevede un emendamento dei relatori alla legge di Stabilità.
GRILLI, VALUTIAMO TAGLIO IRAP DA 2014 - Nella legge di stabilità "una delle possibilità è anche vedere se possiamo già strutturare interventi di riduzione dell'Irap dal 2014 in poi". Così il ministro dell'Economia, Vittorio Grilli, a margine del Forum dei Giovani di Confcommercio a Venezia.
"La coperta è corta": così Grilli risponde ai giornalisti che chiedono un commento sulla richiesta della Confcommercio di 'archiviare' del tutto l'aumento dell'Iva nella legge di stabilità.
"Mi piacerebbe dire che il peggio é passato ma non lo posso dire. Posso però dire che siamo sulla strada giusta". Lo dice il ministro dell'Economia, parlando di crisi a margine del Forum dei Giovani di Confcommercio.
"E' necessario raggiungere il pareggio di bilancio senza 'se' e senza 'ma'", aggiunge Grilli. "L'unico modo di essere affidabili è avere le finanze pubbliche in ordine". Il pareggio "non per un anno ma per sempre". "Sappiamo che non si ottiene con la bacchetta magica - sottolinea - ma è un esercizio complesso e difficile, che genera stress nell'economia. Ne siamo consapevoli".

Premio di maggioranza: sciagurati. - Simone Perotti


Simone Perotti
La chiamano anti-politica, che sarebbe come a dire: “dai non fare così, stai esagerando!”.
Poi però cerchi di seguire la riforma della legge elettorale e vedi che sono anni che ci lavorano senza neanche un passo in avanti. Allora, un po’ in colpa per aver pensato che sono lenti e svogliati, che magari sei tu (ancora una volta!) che non capisci, provi a leggerti tutto e trovi l’ostacolo: il premio di maggioranza.
Sulle prime non riesci a comprendere: perché serve un premio di maggioranza? Sapete cos’è, no?! Un premio per il partito che alle elezioni prende più voti, in modo che sembri più grosso, conti di più. E tu ti chiedi: ma se gli elettori italiani quel partito l’hanno votato in quella misura, perché dovrebbe sembrare più votato, più grosso? Però non lo dici ad alta voce. Hai paura che ti rimbrottino ancora come antipolitico, semplicista, ignorante.
Però una domanda la fai: “scusate, ma a che serve?”. “Ma come a che serve!? Ma è ovvio! Per evitare l’ingovernabilità! Come si fa a fare un governo se uno prende il 30% (il Pd, ad esempio…), un altro prende il 22% ma ha già detto che non si allea (Grillo, ad esempio), e l’altro prende il 14% (il Pdl, ad esempio)?” Allora tu fai sì con la testa, come se avessi capito. Ringrazi e vai un po’ più in là. Però ti vengono un sacco di dubbi, di domande…
Ma brutti sciagurati che non siete altro! Quando la gente non va a votare, schifata da voi e dalla vostra politica maneggiona e mediocre, gli dite che sono dei menefreghisti, che i partigiani sono morti per consentirci di votare e noi li stiamo uccidendo di nuovo, che se non voti poi non puoi lamentarti, che l’unica speranza della democrazia è votare per cambiare… Quando la gente dice che siete dei paraculi vi offendete, dite che siete la diga contro il populismo e l’anarchia… Quando il voto cambia radicalmente direzione lo chiamate “voto di protesta”, che è come dire “povera gente che non capisce una mazza di politica ma che si può anche capire”… e poi che fate…? In barba al principio democratico delle elezioni vi fate un premio che vi consenta di governare anche se gli italiani quel voto non ve l’hanno dato?! Dunque fate nascere un governo che gli italiani non vorrebbero (altrimenti l’avrebbero votato)?! E la chiamate democrazia rappresentativa su base elettorale?
E la colpa di quell’ingovernabilità di cui parlate, che temete come la peste, sarebbe pure degli elettori, incapaci di votare come e quanto serve a voi? Ma una proposta di governo credibile, che convinca gli italiani, chi la deve fare. Noi o voi?
Ma la colpa del voto che non avete preso, per cui avete bisogno dell’aiutino, di chi è? Ma non è forse una bocciatura per voi che gli italiani non votino, e che comunque non vi votino? Perché dovreste governare se non avete abbastanza voti per farlo? La volontà popolare si può “correggere”, “ritoccare”? Per voi, meglio del voto, c’è quel ritocchino, voluto da voi, prefigurato oggi in base ai sondaggi, che sappia pilotare bene l’andazzo elettorale, eh?!
E poi l’antipolitica saremmo noi

Nastro Fassino Consorte, Pg: “Ricusazione di Berlusconi è inammissibile”.


Laura Bertolè Viale

Per il procuratore generale di Milano Bertolè Viale il magistrato Maria Teresa Guadagnino non è incompatibile perché nell’esprimere il giudizio sulla vicenda dei diritti tv “ha agito nell’ambito delle sue funzioni”. E inoltre l’istanza di cui ha chiesto il rigetto è “tardiva”. Ora la parola passa alla quinta corte d’Appello.


Il parere è negativo. L’avvocato generale di Milano Laura Bertolè Viale ha chiesto ai giudici della quinta corte d’appello di Milano di dichiarare inammissibile l’istanza di ricusazione del giudice Maria Teresa Guadagnino avanzata ieri, tramite i suoi legali, da Silvio Berlusconi, nell’ambito del processo con al centro l’intercettazione Fassino-Consorte in cui l’ex premier è imputato assieme al fratello Paolo.
Secondo i legali dell’ex capo del Governo il giudice Guadagnino, ora nel collegio del processo sul passaggio di mano dell’intercettazione, ha già espresso “un giudizio sulla personalità dell’imputato” in quanto è stato anche uno dei giudici che due settimane fa hanno emesso sentenza con motivazioni contestuali nei confronti dell’ex presidente del Consiglio per il caso Mediaset. Il Cavaliere è stato condannato a 4 anni per frode fiscale, anche di questi tre sono indultati. Per il pg Bertolè Viale, Maria Teresa Guadagnino non è incompatibile perché nell’esprimere il giudizio sulla vicenda dei diritti tv “ha agito nell’ambito delle sue funzioni”. E inoltre l’istanza di cui ha chiesto il rigetto è “tardiva”. Ora la parola passa alla quinta corte d’Appello che dovrebbe decidere nei primi giorni della prossima settimana. 
Nel processo milanese per la pubblicazione dell’intercettazione dell’allora segretario Ds e dell’ex numero uno di Unipol “Abbiamo una banca?” il leader del Pdl è accusato di concorso in rivelazione di segreto d’ufficio. Secondo l’accusa, sostenuta dal procuratore aggiunto Maurizio Romanelli, la conversazione, captata nell’inchiesta sul tentativo di scalata del colosso assicurativo alla banca Bnl, fu consegnata all’allora premier con una chiavetta Usb il giorno di Natale del 2005. Il 31 dicembre la conversazione, che non era stata trascritta, finì in prima pagina sul quotidiano di famiglia “Il Giornale”. Berlusconi è a giudizio con il fratello Paolo, mentre per gli altri protagonisti della storia è stata già emessa la sentenza.
Non è la prima volta che l’ex presidente del Consiglio ricusa un giudice. La difesa aveva ricusato, poco prima che fosse emessa la sentenza, il presidente del collegio del processo Mills, Francesca Vitale. Una mossa che aveva permesso di allungare i tempi costringendo i giudici a mettere sentenza di prescrizione. La ricusazione era poi risultata infondata e i giudici erano potuti entrare in camera di consiglio con alcuni giorni di ritardo rispetto alla tabella di marcia. Anche Nicoletta Gandus, presidente della X sezione penale, era stata ricusata nell’ambito di uno dei processi Mediaset. Come del resto era accaduto al giudice Edoardo D’Avossa, presidente della corte che invece ha condannato Berlusconi nel processo Mediaset, era stato ricusato nel 2006 all’inizio delle udienze. Senza esito per gli avvocati del Cavaliere anche la ricusazione nei confronti del giudice per l’udienza preliminare di Milano Fabio Paparella. Berlusconi ricusato anche giudici del processo Sme-Ariosto andando a ruota di una analoga iniziativa di Cesare Previti. Era il 2001 e le posizioni dei due imputati successivamente furono stralciate portando l’onorevole alla condanna e il primo ministro a incassare la prescrizione. Berlusconi già nel 1996 aveva ricusato il presidente del collegio della settima sezione penale del Tribunale di Milano, Carlo Crivelli. Era imputato per le presunte tangenti pagate nelle verifiche fiscali compiute da militari della Guardia di Finanza in società del gruppo Fininvest. Ricusazione respinta, ma il Cavaliere, dopo una condanna in primo grado, fu assolto in Cassazione