Vediamo dunque i nudi fatti. Marino Massimo De Caro è stato socio al 50 % di Marco Jacopo Dell’Utri (figlio del senatore) nella società Mitra Energy Consulting. Ed era, fino all’arresto, segretario organizzativo del Buongoverno, componente del Pdl il cui presidente onorario è Marcello Dell’Utri.
Nel 2010 un Giancarlo Galan allora Ministro dell’Agricoltura nomina De Caro suo consigliere per le bioenergie, su richiesta di Marcello Dell’Utri, ex capo di Galan a Publitalia. «Gli devo tutto, non potevo dirgli di no», dirà poi Galan. Quando, nel marzo 2011, Galan passa ai Beni culturali, Dell’Utri gli chiede di portarsi dietro il consigliere De Caro. E come dirgli di no?
Nel giugno del 2011 la Congregazione dell’Oratorio che governa la Biblioteca (che è di proprietà pubblica: una delle 46 biblioteche statali d’Italia), nomina De Caro direttore «ad onta di ogni regola, e grazie all’influenza politica correlata all’incarico fiduciario di consigliere dell’ex ministro per i Beni e le attività culturali Gianfranco Galan» (così l’ordinanza del Gip di Napoli).
Nel novembre del 2011, il ministro per i Beni culturali del governo Monti, Lorenzo Ornaghi, conferma De Caro nel ruolo di consigliere: e lo fa «per insistenti pressioni di un uomo politico», come mi dirà in seguito uno strettissimo collaboratore di Ornaghi al Mibac.
Il 25 febbraio 2012 De Caro comunica a Dell’Utri (allora momentaneamente espatriato in America Latina, in attesa del verdetto della Cassazione sui suoi rapporti con la mafia) che i senatori del Buongoverno hanno presentato un subemendamento per esentare dall’Imu gli edifici storici di proprietà della Chiesa. Il consigliere De Caro può anche riferire al senatore che il ministro Ornaghi «è contentissimo». Memorabile il commento di Dell’Utri che, con un piede nella latitanza, benedice l’operazione: «È cosa di giustizia, sottoscrivo». Si apprenderà poi che esattamente una settimana prima di quella conversazione un’ispezione ministeriale ai Girolamini era stata disposta, ma anche subito insabbiata.
Quando, poco dopo, Francesco Caglioti (che, come me, insegna storia dell’arte alla Federico II di Napoli) scrive un appello che chiede l’allontanamento di De Caro dai Girolamini e dal Mibac, due senatori del Buongoverno di Dell’Utri (si chiamano Palmizio e Piscitelli) presentano un’interrogazione al ministro dell’Università per chiedere se io e il mio collega facciamo il nostro dovere, e se questo nostro impegno per i Girolamini «si riconduca allo svolgimento delle normali attività accademiche loro imposte dalla legge e se – soprattutto – non rischi di gettare discredito sulle istituzioni accademiche».
Nelle prime fasi dell’inchiesta, poi, De Caro riesce ad impedire la perquisizione di un appartamento romano (in Via Crispi) a lui collegato, sostenendo che, essendo utilizzato dal senatore Dell’Utri, sarebbe stato coperto dall’immunità parlamentare. E d’altra parte, nelle intercettazioni telefoniche della collaboratrice di Dell’Utri (Maria Grazia Cerone, anch’essa indagata) si legge: «Sinceramente la roba è tanta, la roba è tanta, eh… Tante scatole, perciò è impossibile portarle via».
Infine, lo stesso Dell’Utri ha restituito alla Procura di Napoli alcuni libri (tra i quali cimeli del valore di milioni di euro) dei Girolamini: dichiarando di non aver mai saputo che provenissero dalla biblioteca diretta dal suo braccio destro. Leggendo questi fatti ciascuno può farsi un’idea di quale sia la ‘balla assoluta’ e quale sia la verità. Una verità che speriamo diventi presto anche una verità processuale.