giovedì 14 novembre 2013

Inps, Mastrapasqua al governo: “Allarme conti”. Ma Saccomanni lo smentisce.

Mastrapasqua


Il presidente dell'istituto scrive ai ministri Saccomanni e Giovanni: "Valutare un intervento dello Stato per coprire i deficit dell'ex Inpdap, altrimenti le passività aumenteranno". L'ultimo bilancio segnava un rosso di quasi 10 miliardi. E a "La Gabbia" su La7 aveva detto: "Possiamo sopportare solo 3 anni di disavanzo". Angeletti: "Avvertimento tardivo" e Bonanni chiede di fare chiarezza.

Attenzione ai conti, non c’è da stare tranquilli. Il presidente dell’Inps, Antonio Mastrapasqua, lo ha scritto ai ministri dell’Economia e del Lavoro, Fabrizio Saccomanni e Enrico Giovannini, e poi lo ha ribadito alla commissione bicamerale sul controllo degli enti previdenziali. Le ragioni? L’accorpamento con Inpdap ed Enpals, ma anche la “forte contrazione dei contributi per il blocco del turn over del pubblico impiego” e al “continuo aumento delle uscite per prestazioni istituzionali” come ha spiegato lo stesso capo dell’istituto di previdenza in Parlamento. E quindi ha invitato “a fare un’attenta riflessione” sul bilancio dell’istituto che ormai è “un bilancio unico, essendo il disavanzo patrimoniale ed economico qualcosa che, visto dall’esterno, può dare segnale di non totale tranquillità”. Ma una secca smentita arriva dal ministro dell’Economia:  “Non c’è nessuna ulteriore necessità di intervento”.
 Il bilancio uscito nel settembre scorso era in rosso di quasi 10 miliardi di euro. Nel 2012 l’istituto di previdenza ha registrato un disavanzo economico di 12,216 miliardi di euro, con un incremento di 9,955 miliardi rispetto al 2011. Durante “La Gabbia”, il programma di La7 condotto da Gianluigi Paragone, Mastrapasqua aveva peraltro detto che l’Inps può sopportare solo tre anni di deficit e poi potrebbe materializzarsi il crac. Dunque serve valutare “nelle sedi competenti, – continua il presidente Inps – l’opportunità di eventuali interventi normativi, tesi a garantire l’efficiente ed efficace implementazione della più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico”. Il riferimento è alla situazione ante-2008, quando lo Stato trasferiva le risorse per coprire la gestione Inpdap, in modo strutturale. Il rischio, altrimenti, è un “aumento delle passività”. 
Sul bilancio ex-Inpdap, spiega Mastrapasqua parlando alla commissione bicamerale, grava “il continuo aumento delle uscite per prestazioni istituzionali, a fronte di trasferimenti statali che appaiono non completamente rispondenti ai fabbisogni, soprattutto nella quota attribuita come anticipazione, innescando crescenti rischi di sotto finanziamento dei disavanzi previdenziali e di progressivo aggravamento delle passività”. Sarebbe quindi “auspicabile” riflettere sulla possibilità di intervenire, per legge, in modo da tornare alla situazione precedente alla Finanziaria del 2008, quando in pratica, prosegue Mastrapasqua, l’Inpdap diventò “debitore dello Stato da creditore che era”, con la conseguente generazione “dello squilibrio”, che ora, dopo la fusione, ricade sull’Inps. Nel corso dell’audizione il presidente dell’Istituto ricorda inoltre che l’accorpamento deve “consentire la realizzazione di una riduzione dei costi complessivi di funzionamento non inferiore a 20 milioni di euro nel 2012, 50 milioni di euro per l’anno 2013 e 100 milioni di euro a decorrere dal 2014”. Sforbiciate a cui si devono aggiungere altri tagli “che prevedono complessivamente per l’Istituto – evidenzia Mastrapasqua – una diminuzione delle spese di funzionamento di 169 milioni di euro per l’anno 2012, 477 milioni di euro per l’anno 2013 ed oltre 530 milioni di euro annui a decorrere dall’anno 2014”.
Concentrandosi, in particolare, sulla fusione con Inpdap ed Enpals Mastrapasqua precisa che serve rivedere le norme che hanno regolato l’accorpamento: il deficit dell’ex ente pubblico sul bilancio Inps infatti si va facendo sempre più pesante. Occorre dunque abbandonare la pratica delle anticipazioni, “di trasferimenti statali non completamente rispondenti ai fabbisogni”, e ripristinare una copertura strutturale da parte dello Stato per il pagamento delle pensioni pubbliche. Senza questo intervento normativo si potrebbero “innescare rischi di sotto finanziamento dei disavanzi previdenziali e di progressivo aggravamento delle passività”. Quindi c’è la necessità di un intervento di governo e Parlamento. “Sarebbe auspicabile che fosse approfondita e valutata nelle sedi competenti l’opportunità di eventuali interventi normativi, tesi a garantire l’efficiente ed efficace implementazione della più grande operazione di razionalizzazione del sistema previdenziale pubblico”, dice ricordando come all’origine del deficit ex Inpdap via sia stata la soppressione, con la finanziaria 2008, della norma in vigore dal 1996 che prevedeva l’apporto dello Stato a favore della gestione ex Inpdap, per garantire il pagamento dei trattamenti pensionistici statali. A fronte di questo, infatti, l’Inpdap ha fatto ricorso all’avanzo di amministrazione per la coperture del relativo deficit finanziario e soprattutto, alle anticipazioni di bilancio.
“Non c’è alcuna necessità di un nuovo intervento”. Controbatte il ministro dell’Economia, Fabrizio Saccomanni, che si trova a Bruxelles per l’Eurogruppo, a proposito delle stime sul Pil diffuse dal’Istat. “I dati – ha aggiunto Saccomanni – si riferiscono ai primi tre trimestri, il dato dell’ultimo mese è migliore di quanto ci si potesse attendere e il quarto trimestre sarà positivo”. Per questo, “il dato annuo è in linea con le previsioni” del governo, “quindi non c’è nessuna necessità di correzioni”.
Ma l’appello di Mastrapasqua è già raccolto dal presidente della commissione Finanze della Camera,Daniele Capezzone: “Non possiamo sottovalutare le preoccupazioni” dice. “Ma la sostenibilità finanziaria dell’ente – continua – è strettamente legata al tema dell’equità soprattutto intergenerazionale. Accanto allo squilibrio nei conti, infatti, non possiamo dimenticare lo squilibrio tra le prestazioni attuali – molte, troppe, superano di decine di volte quelle minime – e tra le attuali e quelle future. Il Governo farà bene a tenere questo monito in giusta considerazione”. Il segretario di Rifondazione Paolo Ferrero, invece, attacca: “I dati sui dirigenti della pubblica amministrazione italiana che sono i più pagati dell’area Ocse sono vergognosi, un vero insulto alla povertà dilagante nel nostro Paese. Il governo deve tagliare subito gli stipendi e le pensioni d’oro – cumuli compresi – mettendo un tetto a 5000 euro al mese. Non si capisce perché in Italia il popolo deve fare i sacrifici e i manager devono guadagnare il doppio degli altri Paesi. Perché Mastrapasqua deve guadagnare più di Obama?”.
L’altra accusa è quella di una dichiarazione tardiva da parte del presidente dell’Inps. Ha dato l’allarme sui conti, dice il segretario della Uil Luigi Angeletti, “colpevolmente con due mesi di ritardo rispetto a noi, che abbiamo votato contro il bilancio”. “Il più grande evasore contributivo – aggiunge – è lo Stato che non ha pagato i contributi per i propri dipendenti per circa 8 miliardi. Adesso stanno cercando il modo di usare i soldi dei lavoratori privati per finanziare il buco dello Stato”. “Occorre fare subito una verifica con il governo e con i vertici dell’Inps per fugare ogni dubbio sui conti e sulla stabilità del nostro istituto di previdenza”, anche il segretario generale della CislRaffaele Bonanni, interviene. ”Non serve alzare polveroni mediatici o allarmare i lavoratori. Noi avevamo detto con chiarezza che bisognava andarci con i piedi di piombo quando si è trattato di integrare Inps e Inpdap, senza farsi trascinare dal furore mediatico che sta rovinando il Paese. Prima si fa questa verifica con il Governo e con l’Inps meglio è per tutti”, conclude Bonanni.
Critiche a Mastrapasqua arrivano anche dalla Lega Nord critica Mastrapasqua: “Ha sollevato un problema che la Lega Nord ha fatto emergere da diverso tempo e in diverse occasioni – dichiara Massimiliano Fedriga, capogruppo in Commissione Lavoro  alla Camera – Con il combinato della riforma delle pensioni Fornero e l’accorpamento di Inpdap in Inps si vuole far pagare il buco di 9 miliardi dell’ex ente di previdenza dei dipendenti pubblici a lavoratori e imprese. Il buco è dovuto anche a contributi non pagati da parte di molti enti pubblici, specialmente quelli allocati nel sud del Paese. È una vergogna che si peschi dalle tasche dei lavoratori per coprire i buchi del pubblico. La Lega Nord aveva avvisato tutti per tempo, ma le forze politiche che appoggiavano il governo Monti, che poi sono la maggioranza attuale, hanno preferito difendere l’esecutivo piuttosto che difendere i lavoratori”. 

Ocse: “In Italia i dirigenti pubblici più pagati. Quasi il triplo della media”.

Ocse: “In Italia i dirigenti pubblici più pagati. Quasi il triplo della media”


Con uno stipendio medio di 650mila dollari, i manager della nostra pubblica amministrazione battono di gran lunga quelli degli altri Paesi membri dell'organizzazione parigina. Male anche la fiducia dei cittadini per il governo e per il sistema giudiziario.

I senior manager della pubblica amministrazione centrale italiana sono i più pagati dell’area Ocse, con uno stipendio medio di 650mila dollari, oltre 250mila in più dei secondi classificati (i neozelandesi con 397mila dollari) e quasi il triplo della media Ocse (232mila dollari). Lo rileva l’Ocse, con dati aggiornati al 2011. In Francia, un dirigente dello stesso livello guadagna in media 260mila dollari all’anno, in Germania 231mila e in Gran Bretagna 348mila. Negli Stati Uniti, la retribuzione media è di 275mila dollari.
Il report Ocse sulle amministrazioni pubbliche valuta poi la fiducia dei cittadini nel loro governo, scesa dal 2007 di due punti, fino al 28%, dato riferito a un’indagine svolta nel 2012. Il dato italiano è ben al di sotto della media dei Paesi dell’organizzazione (40%), e delle percentuali registrate in Francia (44%), Germania (42%) e Gran Bretagna (47%). In testa alla classifica della fiducia nei loro governi ci sono Svizzera (77%) e Lussemburgo (74%), in coda Grecia (13%), Giappone e Repubblica Ceca (17%). Gli italiani hanno poca fiducia anche nel sistema giudiziario (38% contro una media Ocse del 51%) e in quello sanitario (55% contro 71%), mentre ne hanno molta nella polizia locale (76% contro 72%).
Secondo l’Ocse, la spesa pubblica del nostro Paese nel 2011 arrivava quasi al 50% del Pil, contro il 45,4% della media Ocse e il debito pubblico al 120%, oltre 40 punti percentuali in più della media (79%). In dettaglio in Italia sono superiori alla media le spese in welfare (41% contro 35,6%) e i servizi pubblici generali (17,3% contro 13,6%); inferiori alla media le spese in educazione (8,5% contro 12,5%) e difesa (3% contro 3,9%).
L’Italia resta indietro tra i Paesi Ocse anche per l’utilizzo di Internet nei rapporti con la pubblica amministrazione. Secondo un rapporto comparativo dell’organizzazione parigina, solo il 19% dei cittadini italiani usano la rete per interagire con enti locali e governo centrale, contro una media Ocse del 50%. Solo il Cile, con il 7%, ha un risultato peggiore, mentre tutti i grandi Paesi europei sono al di sopra del 40%: la Gran Bretagna al 43%, la Spagna al 45%, la Germania al 51% e la Francia al 61%. Nella classifica non è incluso il Giappone, per cui non erano disponibili dati aggiornati. La percentuale di utilizzatori di servizi di e-government cresce nettamente per quanto riguarda le imprese, al 76%, ma resta la penultima tra i Paesi Ocse, davanti alla sola Svizzera, e nettamente inferiore alla media, che si attesta all’88%. 

Andrea Scanzi





È bastato indagare un po' per scoprire che la Cancellieri è andata ben oltre le "semplici telefonate di solidarietà". C'è un'altra telefonata fatta dal ministro ad Antonino Ligresti, fatta poco prima di essere sentita come teste dai pm. E poi tante, troppe telefonate tra il marito della Cancellieri e i Ligresti. Qualcosa che va molto, troppo oltre le chiamate "umanitarie". Qualcosa che in qualsiasi altro paese democratico sarebbe parso oltremodo inaccettabile.
La Cancellieri doveva dimettersi o essere dimessa. Il governo è stato nuovamente indecente nel salvarla, come con Alfano sul caso Shalabayeva. Letta "Balls of Steel" si sta rivelando un mix ferale tra Andreotti, Forlani, Monti e Don Lurio. Quando il suo governo cadrà, sarà sempre troppo tardi.


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martedì 12 novembre 2013

Esami comprati a Palermo. Nei guai il fratello di Alfano.

Esami comprati a Palermo. Nei guai il fratello di Alfano.


Le prove venivano registrate nel sistema informatico dell'università senza essere sostenute e dietro il pagamento di cifre che si aggiravano tra i mille e i tremila euro. Tra i trenta studenti sotto inchiesta anche Alessandro Alfano, fratello del politico del Pdl che però si è detto tranquillo per il prosieguo dell'inchiesta.


Bastava pagare per superare gli esami. Si tratta di alcune facoltà dell'Università di Palermo dove sono stati scoperti diversi studenti che con cifre tra i mille e i tremila euro riuscivano ad ottenere la registrazione dell'esame. E' questa l'ipotesi accusatoria formulata dalla procura di Palermo che sta indagando su un giro di mazzette per superare gli esami universitari. Le indagini, delegate alla squadra mobile di Palermo, farebbero emergere dettagli inquietanti sulla gestione di alcuni corsi di laurea dell'ateneo. Indagato per questi fatti anche il fratello dell'ex ministro della Giustizia e attualmente segretario del Pdl, Angelino Alfano.
La procura ha notificato ad Alessandro Alfano, 36enne fratello minore del politico, l'avviso di proroga delle indagini. L'ipotesi di reato ai suoi danni è quella di concorso in frode informatica. La metodologia ricostruita dall'ipotesi accusatoria della procura vedrebbe infatti protagonista una segretaria del dipartimento di Economia che aveva accesso al sistema informatico per la registrazione degli esami e aggiungeva gli esami acquistati. Per la procura sarebbero due le facoltà interessate dalla compravendita degli esami: Economia e Scienze Politiche. Ad Economia il prezzo per l'acquisto di una prova si aggirava intorno ai tremila euro mentre a Scienze Politiche il prezzo era anche inferiore ai mille euro.
Una volta pagata in contanti la cifra stabilita per l'acquisto dell'esame, la segretaria addetta registrava le prove mai svolte nel sistema informatico, rendendo la prova superata a tutti gli effetti. In seguito alle indagini interne svolte dalla stessa università è stata deciso il licenziamento della segretaria che avrebbe raccontato tutto ai magistrati senza però fornire ulteriori dettagli. Fu proprio il rettore dell'università del capoluogo siciliano ad avviare l'inchiesta interna dopo aver scoperto che mancavano gli statini e i verbali di una studentessa a cui erano già stati attribuiti degli esami nel sistema informatico.
L'ipotesi investigativa raccolta, invece, ai danni del fratello del politico riguarderebbe proprio un esame di Economia. Facoltà in cui Alessandro Alfano si è laureato nel 2009 ma il cui titolo adesso gli viene messo in discussione dai magistrati. Estremo riserbo sui dettagli dell'inchiesta ancora in corso anche se i legali del fratello del politico hanno fatto sapere di essere tranquilli sull'accertamento della verità. Sarebbero trenta gli studenti che avrebbero usufruito di questo metodo per superare gli esami. Alessandro Alfano è attualmente il presidente della Camera di Commercio di Trapani.

Ecco perché si possono non pagare le multe se si parcheggia sulle strisce blu senza tagliando.

strisce blu
Buone notizie per chi ha l’abitudine di parcheggiare ovunque: gran parte delle multe elevate sulle strisce blu per mancato pagamento del ticket sono illegittime e possono essere annullate facendo ricorso al Giudice di Pace. In questo articolo vi spiegheremo i due principali motivi di illegittimità e come fare ricorso.
Primo: Comune non può elevare multe per mancata esposizione del tagliando di pagamento nelle strisce blu se non ha predisposto, nelle immediate vicinanze, anche aree di parcheggio gratuite e senza dispositivi di controllo della durata della sosta. Le strisce blu e quelle bianche devono infatti essere equamente distribuite tra loro e non si può prevedere solo spazi a pagamento.
Questo vuol dire che, se il Comune non ha adempiuto a tale onere, le eventuali contravvenzioni per mancato pagamento del ticket sono tutte nulle. Lo prevede la legge e se ne sono convinti ormai diversi tribunali. Fanno eccezione, come si diceva, le aree pedonali, le zone a traffico limitato (ZTL) per le altre zone di particolare rilevanza urbanistica, opportunamente individuate e delimitate da delibera della giunta comunale. E’ quindi sempre meglio accertarsi che se, nelle vicinanze alle strisce blu ove è stata parcheggiata l’auto, ci siano anche spazi delimitati dalle strisce bianche.
E per essere certi, tuttavia, che il vostro ricorso venga accolto dal giudice, è consigliabile verificare, presso il Comune, il piano stradale ove si stabilisce la ripartizione delle strade tra aree di sosta a pagamento e gratuite. Secondo motivo: oltre al precedente, c’è un altro motivo che rende la quasi totalità delle multe sulle strisce blu. Il codice della strada prevede infatti [3] che le aree destinate al parcheggio debbano essere ubicate fuori della carreggiata e comunque in modo che i veicoli parcheggiati non ostacolino lo scorrimento del traffico. Sono quindi illegittime le contravvenzioni elevate per sosta sulle strisce blu se queste aree sono state ricavate (come quasi sempre avviene) lungo la stessa strada destinata al traffico, con conseguente restringimento della carreggiata. Questo rende di fatto nulle gran parte delle multe per mancato pagamento del ticket.
[1] Art. 7, comma 8, Cod. della Strada.
[2] Da ultimo, Trib. Roma sent. n. 16885 del 7.09.2012. Cfr. anche Cass. S.U. sent. n. 116 del 9.01.2007.
[3] Art. 7, comma 6, Cod. della Strada.

Nuove tasse...



Allora, chiariamo bene:
la LEgge prevede queste nuove tasse:
1) Tributo Integrativo Nazionale-Comunale Unificato (TINCU) e

2) Tassa Aggiuntiva sui Compensi e Corrispettivi Imponibili (TACCI)
a cui si aggiungeranno 
3) Tributo Reiterato sugli Esborsi Mai Operati (TREMO) e
4) Tassa Regionale Omnicomprensiva Integrativa delle Accise (TROIA)
Inoltre è allo studio la nuova imposta per le imprese
5) Super Tributo Ignobile Concernente Attività Zelanti nelle Zone Industriali (STICAZZI)


(Antonio Allegri - fb)

"I soldi per appalti e servizi nei conti privati", arrestati dipendenti regionali e imprenditori.

I mandati di pagamento per le aziende venivano preparati e successivamente i dipendenti regionali cambiavano l'Iban dei destinatari, inserendo quello personale.

PALERMO. Ruota attorno al funzionario regionale Emanuele Currao la maxi truffa alla Regione siciliana messa a segno da una vera e propria organizzazione, fatta di dirigenti dell'ente e imprenditori, costata alle casse pubbliche oltre 700mila euro.
Quindici le persone arrestate dai carabinieri che hanno condotto l'inchiesta coordinata dall'aggiunto Leonardo Agueci e dal pm Alessandro Picchi; 13 dipendenti regionali e due imprenditori.
I meccanismi del raggiro, scoperto a seguito della denuncia sporta dall'ex dirigente della Formazione Ludovico Albert e dal dirigente regionale Marcello Maisano, erano diversi. In alcuni casi grazie alla totale assenza di controlli, a Currao e ai suoi complici sarebbe bastato sostituire gli Iban dei legittimi beneficiari di pagamenti dovuti dalla Regione con quelli dello stesso Currao o di altri imprenditori. In questo modo fondi pubblici dovuti a soggetti che avevano fornito materiali o prestazioni all'ente andavano ai componenti dell'organizzazione.
Fondamentale il ruolo di una ex dirigente, Concetta Cimino, ora in pensione: avrebbe fornito password e credenziali di accessi ai sistemi informatici della Regione.
Tra i beneficiari dei fondi pubblici anche un imprenditore, Mario Avara, che aveva costruito una casa a Currao a Sciacca. In altri casi, come quello del pagamento di un viaggio fatto in America Latina da alcuni funzionari nell'ambito del progetto Pacef Urbal III per la valorizzazione della donna nel Sudamerica, il piano sarebbe stato un altro. Il viaggio sarebbe stato pagato due volte all'agenzia che l'aveva organizzato. La prima attraverso un accredito lecito, l'altra, attraverso un decreto ingiuntivo richiesto dallo stesso Currao e il cui importo - 42mila euro - sarebbe stato girato sul conto corrente del dirigente.
Clamoroso anche il caso della distrazione di 200mila euro di cui era creditrice la Regione Veneto accreditati da Currao a una società appaltatrice dell'assessorato alla Formazione, la A.M.Ufficio srl, grazie all'alterazione dell'Iban.
Dalle indagini sono emersi anche una truffa nell'attribuzione degli straordinari e appalti per forniture di servizi irregolarmente aggiudicati a parenti di un cassiere e di un consegnatario regionali.
I tredici dipendenti dell'assessorato alla Formazione e alla pubblica istruzione finiti ai domiciliari e i due imprenditori in carcere sono accusati a vario titolo di peculato, truffa aggravata nei confronti dello Stato, turbata libertà degli incanti, falsità materiale e ideologica. Un assessorato, quello della Formazione, dove sono stati scoperti nuovi illeciti. Come l'utilizzo dei soldi dello straordinario per organizzare viaggi; o ancora lavoro straordinario mai fatto ma pagato. «L'attenzione dell'arma dei carabinieri è massima non solo per i reati legati alla criminalità organizzata - dice il colonnello Pierangelo Iannotti, comandante provinciale dei carabinieri - ma anche per i reati contro la pubblica amministrazione, che comportano un depauperamento delle casse pubbliche». 


I nomi di regionali e imprenditori arrestati.

CURRAO Emanuele, nato a Palermo il 10.05.1967, funzionario direttivo dell’amministrazione regionale, associato in carcere;
AVARA Mario, nato a Palermo il 23.03.1964, imprenditore, associato in carcere;
CIMINO Concetta (*), nata a Caltanissetta il 25.10.1946, dirigente dell’amministrazione regionale in pensione;
INZERILLO Marco, nato a Lucca Sicula (AG) il 13.06.1964, funzionario direttivo regionale;
CURATOLO Gualtiero, nato a Palermo l’.8.02.1966, cassiere regionale;
RIZZO Maria Concetta, nata a Palermo il 7.12.1963, istruttore direttivo regionale;
CAVALIERI Maria Antonella, nata a Palermo l’8.5.1961, istruttore direttivo regionale;
BARTOLOTTA Federico, nato a Palermo il 4.2.1953, istruttore direttivo regionale;
DI PIETRA Vito, nato a Palermo l’11.4.1970, collaboratore regionale;
BONFARDECI Giuseppina, nata a Palermo l’8.09.1962,gione Sicilia,  istruttore direttivo regionale;
SPALLINO Giampiero, nato a Palermo l’ 11.5.1970, collaboratore amministrativo regionale;
ZANNELLI Carmelo, nato a Palermo il 29.4.1967, collaboratore amministrativo regionale;
DUCATO Michele, nato a Palermo l’8.02.1959, funzionario direttivo regionale;
GAZZELLI Marcella, nata a Palermo il 18.11.1965, collaboratore amministrativo regionale;
FILINGERI Amedeo Antonio, nato a Borgetto (PA) il 13.09.1962, imprenditore.


(*)