sabato 27 settembre 2014

Che cos’è veramente l’effetto serra e perché la geoingegneria ufficiale è un imbroglio. - Paolo De Santis



Paolo De Santis, Professore senior presso l’Università Roma Tre, in un simposio dedicato alla geoingegneria dal Comitato "NoGeoingegneria Toscana", nell'ambito di un'esposizione molto articolata e solo all'apparenza accademica, focalizza l'attenzione sugli aerei che volano a bassa quota. Tra le righe il docente denuncia tutte le mistificazioni con cui si vorrebbe presentare la geoingegneria ufficiale come l'insieme delle attività volte a mitigare il cosiddetto "riscaldamento globale". [1] Una frase topica è la seguente:

"Ora... gli aerei che noi vediamo... non sono stratosferici. Stanno proprio qui! Quindi non c'è neanche quella scusa".

L'audio è ascoltabile qui: http://www.spreaker.com/user/straker/paolo-de-santis-gli-aerei-volano-bassi

Questa affermazione suffraga, in modo autorevole, quanto noi di Tanker Enemy asseriamo ormai da anni e cioé che i velivoli che rilasciano scie spacciate per contrails d'alta quota, in realtà incrociano a bassa quota e quindi nelle condizioni fisiche non idonee alla formazione di qualsivoglia tipo di scia di condensazione.

[1] Paolo De Santis è professore di Fisica Generale, dal 1992, presso l’Università Roma Tre, dove ha tenuto corsi di Fisica per Ingegneria Meccanica ed Informatica ed il corso di Acustica per Ingegneria elettronica. Precedentemente ha insegnato all’Università La Sapienza di Roma e all’Università dell’Aquila. Nell’ambito dei programmi di cooperazione internazionale, ha tenuto corsi di Elettronica e Teoria dei Segnali presso l’Istituto Universitario “Region Capital” di Caracas in Venezuela e l’Università di Kampala in Uganda. L’attività di ricerca, sia teorica sia sperimentale, ha riguardato diversi settori dell’acustica e dell’ottica, con particolare attenzione circa la teoria della coerenza, l’olografia e la propagazione dei campi. I risultati delle ricerche svolte sono stati presentati in congressi internazionali e pubblicati su riviste internazionali specializzate.


https://www.facebook.com/photo.php?fbid=1511765505736895&set=a.1380194012227379.1073741828.100007103797830&type=1&theater

Obama, il premio Nobel per la pace...



https://www.facebook.com/71253357381/photos/a.86463527381.97072.71253357381/10152276173057382/?type=1&theater

Esplodono vulcanelli a Macalube d'Aragona, morta una bambina.



Fratello risulta disperso tra detriti, soccorso il padre.

Un'esplosione improvvisa, una colonna di fango che zampilla e schizza come se una bomba fosse caduta sul terreno, il terrore e le grida dei turisti. E' questa la scena avvenuta verso le 12.30 nella riserva naturale di Macalube d'Aragona dove un cosiddetto "vulcanello freddo" è improvvisamente esploso eruttando gas e fango e coinvolgendo una famiglia di Joppolo Giancaxio: una bambina è morta, il fratello è disperso mentre il padre, un carabiniere, è salvo e partecipa alle ricerche insieme a carabinieri, polizia e protezione civile. Le forze dell'ordine stanno cercando di capire se vi siano altre persone disperse anche controllando le targhe delle auto che sono posteggiate nel parcheggio di accesso alla riserva. La riserva è gestita da Legambiente.
ribaltamento macalube
La Procura di Agrigento ha aperto un'inchiesta, mentre il governatore della Sicilia, Rosario Crocetta, ha ordinato alla Protezione civile e al dipartimento Ambiente della Regione di sospendere immediatamente gli accessi nella riserva. La Regione ha stabilito di istituire una commissione d'inchiesta sulla gestione della riserva di Macalube di Aragona (Ag) in capo a Legambiente Sicilia fin dal 1996. "Gli ispettori dovranno verificare la presenza di misure di sicurezza", dice all'ANSA il governatore. Gli incarichi saranno affidati lunedì prossimo.
L'esplosione sarebbe avvenuta in una zona in cui è consentito il passaggio delle persone senza alcuna precauzione. Alcune fratture e altri segnali visibili sul terreno indussero il gestore della riserva di Macalube ad Aragona (Ag) a interdire l'area per 15 giorni appena un mese fa. Lo riferisce il direttore della riserva, Mimmo Fontana. "Ad agosto abbiamo registrato delle lesioni e abbiamo deciso di sospendere gli ingressi mettendo dei cartelli, anche se - spiega Fontana - non possiamo impedire l'accesso perché parliamo di una riserva pubblica: noi facciamo da guida a chi lo richiede, ma non possiamo impedire gli accessi, una media di 10mila visitatori all'anno".
La famiglia distrutta nella tragedia ad Aragona stava festeggiando il compleanno di 9 anni del bambino scomparso tra la montagna di fango e detriti. Era stato proprio il festeggiato a chiedere al padre di portarlo a vedere quello strano e affascinante fenomeno naturale. Il genitore aveva così deciso di andare nella riserva Maccalube con i due figli.
COM'È AVVENUTA L'ESPLOSIONE - La massa di fango e argilla è stata provocata dal ribaltamento dell'intera collina dei vulcanelli. A spiegarlo all'ANSA è Mimmo Fontana, responsabile di Lagambiente Sicilia e direttore della riserva Macalube di Aragona (Ag). I vulcanelli si trovavano in cima alla collina, aggiunge il direttore della riserva di Macalube, l'esplosione ha provocato quello che viene definito "il ribaltamento": la collina in sostanza è collassata su se stessa, creando un'area fangosa con un diametro di alcune centinaia di metri. Al momento dell'esplosione il genitore con i due figli si trovava proprio sulla collina, mentre altri turisti erano più lontani.
LA RISERVA - Pur essendo una collina millenaria, il fenomeno dei vulcanelli, con l'eruzione di gas e argilla, non è mai stato monitorato: non esistono centraline di osservazione nell'area, sottolinea Mimmo Fontana. "La Regione - accusa Fontana - non ha mai finanziato i nostri progetti per mancanza di fondi". Gli operatori che gestiscono la riserva sono tre, personale di Legambiente Sicilia, che si occupa dell'area dal 1996 per conto della Regione; direttore della riserva è Mimmo Fontana, che è anche responsabile regionale dell'associazione ambientalista. Tra gli operatori nessuno è geologo, "tuttavia - dice Fontana - si tratta di personale che ha maturato esperienza sul campo e che è in grado di osservare le tracce del fenomeno di vulcanesimo".
COSA SONO I VULCANELLI - Risale a sei anni fa l'ultima violenta esplosione dei vulcanelli nella riserva Macalube di Aragona, istituita nel 1995 e gestita da Legambiente Sicilia, ogni anno meta di migliaia di turisti. Le maccalube, dall'arabo maqlùb - "terra che si rivolta" - sono un esempio del fenomeno geologico denominato "vulcanesimo sedimentario". L'area si trova a circa 15 Km da Agrigento. Tra il 2002 e il 2008, le maccalube o "vulcanelli" sono state al centro di un fenomeno che ha prodotto profonde fenditure nel terreno e la formazione di una vasta collina a seguito di forti esplosioni con riversamenti di quantità enormi di argilla e fango. Il fenomeno è legato alla presenza di terreni argillosi poco consistenti, intercalati da livelli di acqua salmastra, che sovrastano bolle di gas metano sottoposto a pressione. Il gas, attraverso discontinuità del terreno, affiora in superficie, trascinando con sé sedimenti argillosi ed acqua leggermente salata a temperature comprese tra i 20 ed i 25 °C, che danno luogo a un cono di fango la cui sommità è del tutto simile a un cratere vulcanico. La consistenza dei fanghi argillosi è a volte così liquida, come nella zona di Caltanissetta, da non permettere la formazione di veri e propri coni vulcanici. Altre volte il fenomeno assume carattere esplosivo, con espulsione di materiale argilloso misto a gas e acqua scagliato a notevole altezza.

Commercio mondiale, Stiglitz: “No a trattato Usa-Ue, in gioco tutela consumatori”

Commercio mondiale, Stiglitz: “No a trattato Usa-Ue, in gioco tutela consumatori”

Il premio Nobel per l'economia contro la firma del Ttip: "Gli Stati Uniti vogliono un accordo di gestione del com­mer­cio che favorisca spe­ci­fici inte­ressi eco­no­mici" e "in gioco ci sono la sicu­rezza ali­men­tare, la tutela dell’ambiente e dei con­su­ma­tori". Intanto le trattative, fortemente sostenute dal governo Renzi, sono in stallo. E il commissario Ue al commercio ammette: "Sempre più improbabile riuscire a chiudere."

No al trattato di libero scambio tra Unione europea e Stati Uniti. Che potrebbe rivelarsi “molto negativo” per l’Europa perché lascerebbe “campo libero a imprese pro­ta­go­ni­ste di atti­vità eco­no­mi­che nocive per l’ambiente e per la salute umana“. Parola del premio Nobel per l’economia Joseph Stiglitz, che ha ribadito il suo no alla firma del discusso accordo Trans-Atlantic trade and investiment partnership (Ttip) – i cui negoziati sono peraltro in stallo – in un intervento su Il Manifesto. “Gli Stati Uniti, in realtà, non vogliono un accordo di libero scam­bio, vogliono un accordo di gestione del com­mer­cio che favo­ri­sca alcuni spe­ci­fici inte­ressi eco­no­mici”, scrive l’economista noto per le critiche alle politiche del Fondo monetario internazionale. “La posta in gioco non sono le tariffe sulle impor­ta­zioni tra Europa e Stati uniti, che sono già molto basse. La vera posta in gioco sono le norme per la sicu­rezza ali­men­tare, per la tutela dell’ambiente e dei con­su­ma­tori in genere. Ciò che si vuole otte­nere con que­sto accordo non è un miglio­ra­mento del sistema di regole e di scambi posi­tivo per i cit­ta­dini ame­ri­cani ed euro­pei, ma garan­tire campo libero a imprese pro­ta­go­ni­ste di atti­vità eco­no­mi­che nocive per l’ambiente e per la salute umana”.
Ed è per questo, secondo Stiglitz, che iDipar­ti­mento del Com­mer­cio (così come, peraltro, la Commissione Ue) “sta nego­ziando in asso­luta segre­tezza senza infor­mare nem­meno i mem­bri del Con­gresso ame­ri­cano”. Poi l’esempio di quel che potrebbe succedere, per il Nobel, in caso di approvazione: “La Phi­lip Mor­ris ha fatto causa con­tro l’Uruguay che vuol difen­dere i pro­pri cit­ta­dini dalle siga­rette tos­si­che. La Phi­lip Mor­ris nel ten­ta­tivo di con­tra­stare le misure adot­tate in Uru­guay per tute­lare i minori o i malati dai rischi del fumo si è appel­lata pro­prio ai quei prin­cipi di libero scam­bio che si vor­reb­bero intro­durre con il Ttip. Sot­to­scri­vendo un accordo simile l’Europa per­de­rebbe la pos­si­bi­lità di pro­teg­gere i pro­pri cit­ta­dini. Que­sto tipo di accordi, inol­tre aggra­vano le disu­gua­glianze e, in una situa­zione come quella euro­pea, rischie­reb­bero di appro­fon­dire la recessione“. 
Bocciatura su tutta la linea, dunque, per il trattato che prevede la rimozione dei dazi ma soprattutto l’armonizzazione di normative e regolamenti dalle due parti dell’Atlantico, cosa che secondo il Centre for economic policy research di Londra comporterebbe una crescita di 90 miliardi di euro per l’economia Usa e di 120 miliardi per quella europea. La firma dell’accordo è fortemente voluta dal governo italiano, che stando alle anticipazioni del viceministro allo Sviluppo economico Carlo Calenda farà di tutto perché le trattative si chiudano nei prossimi 12 mesi. Ma, a quanto pare, difficilmente la scommessa di Matteo Renzi sarà vinta: venerdì il commissario Ue uscente al Commercio, Karel De Gucht, ha ammesso in un’intervista al Financial Times che c’è il rischio concreto di uno slittamento sine die. “La mancanza di leadership politica a Washington e a Berlino sta rendendo sempre più improbabile” che il Partenariato trans-atlantico per il commercio e gli investimenti venga siglato entro il prossimo anno. E se non ci sarà un accordo nel 2015 si rischia che la firma del Ttip venga rinviata a tempo indeterminato a causa delle elezioni presidenziali negli Usa. “Questo accordo può essere concluso solamente se c’è una sufficiente guida e volontà politica a farlo”, spiega De Gucht al quotidiano finanziario. “Cosa che da entrambe le parti, sia americana che europea, deve ancora essere dimostrata”. Il commissario Ue riconosce poi che “abbiamo incontrato più ostacoli del previsto e per diverse ragioni. Il commercio è diventato un tema decisamente politico” e “specialmente i partiti di sinistra non sono particolarmente a favore del libero scambio”. Infine, riguardo al ruolo dei gruppi di pressione, De Gucht spiega che “si parla molto delle lobby al Parlamento europeo, ma posso assicurare che al Congresso degli Stati Uniti sono molto più forti”. 

È IL FATALISMO IL PRIMO NEMICO DA ABBATTERE. - Alessandro Di Battista




Questo sistema che ci sta impoverendo ha molti alleati. Certamente la corruzione, la disponibilità di grandi capitali, i mezzi di comunicazione, le cosche. Tuttavia sono sempre più convinto che il suo miglior amico sia il fatalismo che (spesso giustificato, me ne rendo conto) pervade molti di noi.

In un anno e mezzo in Parlamento ho capito che il "palazzo" ci può sconfiggere in due modi. Il primo è comprandoci (e badate bene non lo fa mica con le valigette di denaro, lo fa con quei privilegi indecenti che se non stai attento a rifiutarli ti iniziano a "possedere") il secondo è spingerci a smettere di crederci.

Dicono no a tutte le nostre proposte non soltanto perché non vogliono mollare il loro potere o i loro soldi. L'obiettivo è sfiancarci, è convincerci che non ce la faremo mai a cambiare il Paese e mandarli a casa.

È adesso che dobbiamo essere ancora più forti, dobbiamo scendere in piazza, dobbiamo spegnere la TV (in tanti cominciano a farlo, non so se avete dato uno sguardo agli ascolti dei talk di questa settimana). È dura assumere questo ruolo, quello di protagonista della propria vita, è più comodo comportarsi da suddito sperando nell'arrivo di un salvatore della patria. Più o meno è capitato a tutti noi di sperare che lo sforzo lo facesse qualcun altro. Beh non è così.

Sto partendo per la Calabria. Farò un New York*-Lamezia Terme senza nemmeno passare da casa. Cercate di esserci e di portare tanta gente. La piazza è bellissima!

- Oggi sabato 27 set sarò a Tropea (Vibo Valentia) alle 18.00 alla biblioteca comunale "Albino Lorenzo" assieme a Dalila Nesci

- Domenica 28 set dalla 11.00 alle 14.00 sarò in piazza San Francesco ad Altomonte (Cosenza) e alle 18.00, in compagnia del Senatore Nicola Morra, inizierò una "Passeggiata nella storia" tra le bellezze del centro storico di Cosenza. Inizieremo da piazza dei valdesi.

*Sono stato a New York per una serie di incontri nell'ambito dell'Assemblea generale della Nazioni Unite.

venerdì 26 settembre 2014

iPhone 6 e dintorni.



https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10204716083092731&set=a.1702916103512.2093104.1556253286&type=1&theater

Silurato il comandante De Falco, mentre Schettino insegna all’università. - Diego Cugia




Dopo la battuta telefonica più tristemente famosa del mondo, “Vada a bordo, cazzo!”, ho temuto che non ci saremmo più tolti dalle palle chi la disse, il comandante Gregorio De Falco della capitaneria di Livorno allo sciagurato Schettino, il capitano che aveva abbandonato la nave della Costa Concordia con donne e bambini a bordo.

Nella frettolosa lavagna dei Buoni e dei Cattivi, De Falco era iscritto come nuovo Eroe Nazionale, l’altro come Vigliacco. 

Ero certo che il battutista cazzuto, il nuovo eroe più fico degli italiani, sarebbe stato proclamato senatore a vita mentre al fuggiasco sulla pilotina avrebbero fatto scontare non solo i poveri morti della Concordia, ma tutti quelli per mafia e perfino le vittime della prima e della seconda guerra mondiale. 
La nostra specialità, oltre agli spaghetti, è di saper cucinare il caprio espiatorio al forno. 
E Schettino mi ricordava Oreste Jacovacci, il pavido ma simpatico protagonista de “La grande guerra” di Monicelli, anche se Sordi e Gassman all’ultimo minuto diventavano eroi mentre Schettino a bordo non c’era più risalito manco per il “cazzo!”.

I primi forti dubbi mi hanno assalito al termine di un’udienza del processo, quella in cui i giudici avevano riascoltato le concitate battute di quella notte fra De Falco e Schettino:


«Lei adesso torna immediatamente a bordo e mi dice se ci sono bambini, donne o persone bisognose d’assistenza. E me ne dice il numero, chiaro?»


«Comandante, in questo momento la nave è inclinata…»


«Guardi Schettino, lei forse si sta salvando dal mare, ma io le faccio passare l’anima dei guai. Vada a bordo, cazzo!» 


«Comandante, per cortesia!»


«Per cortesia niente. Ci sono già dei cadaveri, Schettino!»


«Quanti cadaveri ci sono?»


«A me lo chiede? Non lo so, ma ci sono, è lei che mi deve dire quanti ce ne sono!»
«Si rende conto che è buio e che qua non vediamo nulla?»


«E che vuole tornare a casa, Schettino? Ci sono ancora cento passeggeri sulla nave. Torni a bordo!»


«Ma noi abbiamo abbandonato la nave!»


«E lei con cento persone ancora a bordo mi abbandona la nave?»…


Al termine dell’udienza, dicevo, Schettino dichiarò: “Fu una telefonata tristemente famosa, inutile e provocatoria. De Falco perse l’autocontrollo”.


Cosa? “De Falco perse l’autocontrollo”? Pezzo d’imbecille, sei tu che hai perso pure la faccia abbandonando la nave, sei responsabile di un cimitero, ma che vai dicendo!?
A questo punto ho capito che sarebbe stato meglio se gli italiani avessero nominato il comandante De Falco presidente del Consiglio al posto di Renzi, mentre l’autore del macabro “inchino” all’Isola del Giglio avremmo dovuto incatenarlo allo scoglio che aveva aperto una falla di 70 metri nella nave: Schettino, monumento marino vivente dell’arroganza fatta Paese. 

Quella stessa Italia che l’ha invitato all’Università, per fare una “Lectio Magistralis” ai nostri ragazzi. 
Non ci si crede. 
Mentre il peggio doveva ancora succedere. 
In Italia lo schifo non ha fondo. Il comandante De Falco, invece di essere promosso, è stato silurato. «Sono molto amareggiato» ha dichiarato l’uomo che di fronte al mondo ci aveva consolato della figuraccia mortale di Schettino. 
«Ho avuto notizia di essere stato rimosso dai miei incarichi operativi e che sarò trasferito in un ufficio amministrativo».

Mi sono tornate in mente le parole di un’intervista rilasciata poco prima di morire proprio da Mario Monicelli. «Gassman e Sordi ne “La Grande Guerra” avevano una loro spinta personale, un orgoglio, una dignità della persona che noi abbiamo perso, completamente.» Alla domanda come finirà l’Italia di oggi, il nostro grande regista rispose: «Come finisce questo film? Non lo so. Io spero che finisca con quello che in Italia non c’è mai stato: una bella botta, una bella rivoluzione. C’è stata in Inghilterra, in Francia, in Russia, in Germania, dappertutto meno che in Italia. Quindi ci vuole qualcosa che riscatti veramente questo popolo che è sempre stato sottoposto, che è trecent’anni che è schiavo di tutti. Se vuole riscattarsi, il riscatto non è una cosa semplice. E’ doloroso, esige anche dei sacrifici. Se no, vada alla malora – che è dove sta andando, ormai da tre generazioni».
Italiani, tornate immediatamente a bordo, e gettiamola a mare questa gente! 

Viva De Falco, cazzo!

https://www.facebook.com/photo.php?fbid=10203713273010367&set=a.1249582957728.2035126.1174087788&type=1&theater