Noi, che siamo gente semplice, avevamo capito che un anno fa Draghi avesse accettato controvoglia l’estremo sacrificio di guidare il nuovo governo e salvare la Patria per non restare insensibile allo straziante grido di dolore di un Mattarella affranto dal fallimento della politica e dalle sorti della pandemia e del Pnrr. Perciò ieri, con altri 352 morti, abbiamo letto allibiti le notizie su di Lui sperando (invano) in una secca smentita. Il Corriere riferiva che “Draghi resiste al pressing di chi lo invita a ‘trattare’” con quei puzzoni dei partiti, ma subito dopo Egli vedeva o sentiva Salvini e altri puzzoni dei partiti per parlare della sua candidatura al Quirinale, già oggetto di misteriosi conversari tra il suo palafreniere Funiciello e il dirigente Fininvest in pensione Gianni Goldman Sachs Letta. Altri scrivevano che i suoi ministri più fedeli, anziché augurarsi che Egli resti dov’è per restarci anche loro, lo vorrebbero al Colle perché sennò mollerà sdegnoso Palazzo Chigi come il bimbo capriccioso dell’oratorio che se ne va col pallone o lo buca perché gli altri non glielo passano. Altri ancora, tra un soffietto e l’altro dei camerieri di casa Agnelli-Elkann&De Benedetti, han saputo dai soliti “ambienti draghiani” (cucine? sgabuzzini? toilette?) che Egli toglierebbe il disturbo se al Colle non andasse una figura “di altissima autorevolezza istituzionale”, forse per risparmiargli un eccessivo complesso di superiorità: “Può restare premier solo con Mattarella o Amato” (Stampa), come se la Costituzione affidasse al premier la nomina del capo dello Stato e non viceversa.
Queste e altre notizie, se non prontamente smentite, ci restituirebbero non un Salvatore, ma un Affossatore della Patria. Non un nonno al servizio dell’Italia, ma uno che mette l’Italia al servizio del nonno. Un uomo guidato soltanto dalla sua sfrenata ambizione che, dopo aver spappolato i partiti che lo sostengono, riesce pure a spaccare la sua maggioranza fra Sì Drag e No Drag (dopo aver auspicato che restasse unita sul Quirinale), a indebolire se stesso come premier e a esporre l’Italia agli speculatori. E, peggio ancora, è pronto a rovesciare il governo che salva l’Italia, mentre quei puzzoni dei suoi alleati (Conte, Salvini, B. e mezzo Pd) gli gridano “resti a bordo, cazzo!”. Ancora una volta mal consigliato, sottovaluta il rischio di passare alla storia come il più irresponsabile dei destabilizzatori. Ma siamo certi che, come per la conferenza stampa a scoppio ritardato, lo capirà e oggi smentirà tutto con una secca nota: “Diffido chiunque dall’attribuirmi aspirazioni quirinalizie e dal votarmi. Un anno fa assunsi un impegno con Mattarella e intendo onorarlo sino a fine legislatura. Mi chiamo Draghi, non Schettino”.
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