venerdì 26 luglio 2019

Sozzani & zozzoni. - Marco Travaglio -

Sozzani salvato da Pd, Lega e Forza Italia: no all’uso di intercettazioni del deputato forzista indagato per finanziamento illecito e corruzione

Cari lettori, quando vedete un esponente del Pd stracciarsi le vesti per le presunte tangenti alla Lega, quella di 30mila euro di Arata&Nicastri a Siri e quella di 65 milioni di dollari dai russi a Savoini, non credetegli. É tutta commedia, sceneggiata, ammuina. L’altroieri, mentre i pidini gonfiavano le giugulari per inveire in diretta tv alla Camera e al Senato contro il vicepremier Salvini e il premier Conte che lo sbugiardava, in Giunta per le autorizzazioni a procedere i loro compagni di partito votavano lontano da occhi indiscreti a braccetto con Lega e FI per negare ai giudici di Milano il permesso di usare le intercettazioni a carico di Diego Sozzani, deputato forzista indagato per finanziamento illecito, corruzione, traffico d’influenze e turbativa d’asta. 
Gli unici sì ai giudici sono arrivati dai 5Stelle. É la regola aurea della Casta, anzi della Cosca: cane non morde cane, ladro non disturba ladro. Lo scandalo Sozzani, rispetto a quelli leghisti, è illuminante perchè tutto fa pensare che il deputato forzista abbia intascato soldi illeciti, mentre Siri e Savoini pare di no: penalmente fa poca differenza, essendo reato anche la tentata corruzione. Ma politicamente chi si indigna per le mazzette promesse ma non incassate dovrebbe farlo, a maggior ragione, per chi i soldi li ha presi. Invece Sozzani è stato salvato dalle intercettazioni e quasi certamente anche dal processo, visto che le conversazioni sono la prova regina dell’accusa. Motivo: “fumus persecutionis”. E allora vediamolo, questo perseguitato dai giudici (e dal trojan).
Il 6 febbraio 2018 manca un mese alle elezioni del 4 marzo. Sozzani, ex presidente della Provincia di Novara, coordinatore piemontese di FI, consigliere regionale e candidato alla Camera, ha bisogno di soldi per la campagna elettorale. I pm dell’Antimafia di Milano lo ascoltano nell’inchiesta “Mensa dei poveri” mentre batte cassa da un imprenditore che gli sgancerà 10 mila euro in nero. É Daniele D’Alfonso, titolare di Ecol-Service srl, ora accusato di aver corrotto politici e amministratori, ma anche agevolato il clan ‘ndranghetista dei Molluso di Buccinasco: secondo il gip, è il tipico “rampante” la cui “avidità di soldi e di potere imprenditoriale lo spinge ad ampliare la sua rete di relazioni per svilupparsi ulteriormente”. Sozzani non sa che il galantuomo ha il trojan nel cellulare, che registra tutto quel che dice e fa. Per convincerlo dell’utilità della mazzetta-investimento, precisa all’imprenditore di avere “il seggio sicuro“, grazie al Rosatellum che consente ai capipartito di nominarsi i parlamentari che vogliono.
E si dice interessato ad approfondire i rapporti con Ecol-Service, dandogli il nome di Mauro Tolbar, collaboratore di Greenline Srl, la società di Sozzani e del fratello Stefano, che seguirà gli aspetti pratici della faccenda. Poi viene al dunque: “L’eventuale tuo aiuto quanto potrebbe essere? La cifra finale”. D’Alfonso risponde che glielo dirà di persona a Novara. Il 5 marzo, giorno dopo il voto, Tolbar chiama D’Afonso per il lieto annuncio: “Siamo dentro, Diego è passato!”. Eletto deputato. Il 9 marzo Tolbar gli illustra il percorso della mazzetta per il neoeletto. Cioè -scrive il gip- tramite l’amministratore della E.s.t.r.o. Ingegneria di Milano, “il quale invierà via mail una fattura per operazioni inesistenti a D’Alfonso – che quest’ultimo pagherà come concordato con bonifico bancario – al preciso fine di celare l’illecito finanziamento promesso al neo parlamentare”. La fattura è datata 8 marzo. Il 22 marzo D’Alfonso bonifica 12.688 euro: 10mila per Sozzani, 2.500 per il mediatore E.s.t.r.o e gli altri 188 “aggiunti per non indicare una cifra tonda e rendere credibile il pagamento per la fatturazione di un’operazione aziendale”. Il titolare di E.s.t.r.o “monetizza l’incasso e lo consegna, in contanti e in diverse tranche, a Tolbar che provvederà alla consegna al destinatario finale”: il neodeputato. Che, secondo il gip, ha promesso di “far ottenere alla società di D’Alfonso agevolazioni nell’ottenimento di appalti in provincia di Novara”.
Però sperava di raccattare ben di più, infatti il 12 aprile piagnucola al ristorante con Nino Caianiello, ras forzista a Varese e gran manovratore della nuova Tangentopoli lombarda: “Sto cercando i soldi perché è una fatica, credimi! 15 anni fa qualcuno veniva lui di sua sponte da me, a dirmi ‘se entri in quel partito, che posso fare?’. Adesso non si può più mettere le mani… mi inginocchio per chiedere tre lire! Tremila, cinquemila, diecimila, quando avevo bisogno centomila!”. Poi, quando scatta il blitz dell’Antimafia, giura di non aver mai saputo nulla della tangente e assicura: “Se scoprissi anche solo un’ombra mi dimetterei immediatamente da deputato”. Ma pm e gip escludono che chi parla con la sua voce sia un bravo imitatore che vuole incastrarlo. Anche perchè ritengono di aver trovato pure “un riscontro agli indizi del sistema illecito di incarichi pilotati a favore della società Greenline srl riconducibile al deputato, da parte delle società in-house operanti in provincia di Varese eterodirette da Caianiello”. Così chiedono alla Camera l’autorizzazione a usare le intercettazioni indirette di Sozzani e poi ad arrestarlo, come han già fatto per altri 43 indagati sfortunatamente senza scudo. Ma non hanno fatto i conti con Lega, Pd e FI, che a favore di telecamere se le danno di santa ragione, ma nel chiuso della giunta si salvano i rispettivi inquisiti.
No ai giudici, anche per le conversazioni registrate prima che Sozzani agguantasse il seggio e l’immunità. Vano il sì dei 5Stelle. Che hanno mille difetti, commettono mille errori e forse si sono persino scordati perchè esistono. Poi però provvedono sempre gli altri a ricordarglielo. E a ricordarcelo.
Marco Travaglio FQ 26 luglio

giovedì 25 luglio 2019

Consip, il gip di Roma dice no ad archiviazione per Tiziano Renzi: fissata camera di consiglio.

Consip, il gip di Roma dice no ad archiviazione per Tiziano Renzi: fissata camera di consiglio

Il giudice ha detto no anche ad altri nove indagati nei confronti dei quali i pm di piazzale Clodio avevano chiesto di archiviare singoli capi di imputazione. Tra loro anche l’ex ministro dello Sport Luca Lotti.“La richiesta di archiviazione non può essere accolta”. Il giudice per le indagini preliminari di Roma dice no ai pm di Roma che avevano chiesto il non luogo a procedere per Tiziano Renzi e altri indagati. Al padre dell’ex presidente del Consiglio era contestato il reato di traffico di influenze illeciteIl giudice Gaspare Sturzo ha fissato la camera di consiglio per il prossimo 14 ottobre dopo aver vagliato anche una informativa dei carabinieri che era allegata a una richiesta con cui si insisteva con la richiesta di archiviazione. La procura capitolina aveva sollecitato l’archiviazione il 25 ottobre scorso e l’aveva sollecitata il 23 gennaio scorso. Nel documento per gli inquirenti scrivevano che le ricostruzioni del padre dell’ex premier rese in Procura a Roma quando venne interrogato erano “largamente inattendibili“. Anche perché le risposte erano state fornite nella veste di indagato, quindi con la facoltà di non dire la verità.Il 3 marzo 2017 papà Renzi dichiarò di non aver “mai preso soldi”, che si trattava “di un evidente caso abuso di cognome”,  di non aver mai incontrato Alfredo Romeo, l’imprenditore napoletano finito nei guai a Napoli per corruzione, né di aver “avuto rapporti con lui”. Totalmente esclusi, in quell’audizione a verbale, i passaggi di denaro dall’imprenditore campano a Renzi senior che rispondeva però del solo traffico di influenze. Oltre alla posizione di Renzi senior, il giudice ha detto no anche ad altri nove indagati (per alcuni dei quali la procura ha già chiesto il rinvio a giudizio per altre fattispecie) nei confronti dei quali i pm di piazzale Clodio avevano chiesto di archiviare singoli capi di imputazione. Tra loro l’ex ministro dello Sport Luca Lotti (rivelazione del segreto d’ufficio), il generale dell’Arma in Toscana, Emanuele Saltalamacchia (rivelazione del segreto d’ufficio), l’imprenditore Carlo Russo (prima turbativa d’asta, poi millantato credito). Respinta la richiesta di archiviazione anche per l’imprenditore Alfredo Romeo (corruzione e turbativa d’asta) e per l’ex parlamentare del Pdl Italo Bocchino (corruzione e turbativa d’asta), l’allora ad di Grandi stazioni Silvio Gizzi (turbativa d’asta), l’ex ad di Consip Domenico Casalino (turbativa d’asta) e il dirigente Francesco Licci (turbativa d’asta). I pm, chiudendo l’indagine, avevano modificato l’ipotesi di accusa per l’imprenditore di Scandicci Carlo Russo, per millantato credito, ma ritenevano comunque che il padre dell’ex presidente del Consiglio avrebbe messo in contatto proprio Russo con l’allora ad di Consip Luigi Marroni (colui che era diventato una sorta di collettore della rivelazione dell’esistenza dell’indagine della Procura di Napoli). Senza contare che gli inquirenti restano convinti che ci sia stato un incontro fra Renzi senior e Alfredo Romeo che sarebbe avvenuto però nel 2015 a Firenze, in un periodo antecedente alla vicenda. Appuntamento tenutosi in un bar di giorno e non a Roma a cena, come era stato detto. Però ci sarebbe stato come emerso nel marzo scorso. Detto questo però, per i pm, non c’erano elementi concreti che potessero provare una sua partecipazione a fatti illeciti: anche perché Renzi senior non era un soggetto attivo nelle intercettazioni telefoniche e ambientali. Il padre dell’ex premier aveva sottolineato di essere legato a Russo da una frequentazione di carattere religioso e con cui aveva partecipato ad alcuni pellegrinaggi a Medjugorje, mentre l’imprenditore di Scandicci, anche lui interrogato a marzo, si era avvalso della facoltà di non rispondere. Romeo era interessato alla vittoria dei lotti dell’appalto Fm4 e l’ipotesi, poi  tramontata, è che ci fosse stato un passaggio di denaro. Nelle carte dell’inchiesta era finto il presunto do ut des; individuato nei pizzini vergati da Romeo e recuperati dagli inquirenti in una discarica. Il Fatto Quotidiano aveva pubblicato in esclusiva il pezzo di carta in cui Romeo annotava i compensi da dare a T. e C.R.: 30mila euro al mese per il primo, 5mila ogni due mesi per il secondo. Ma quelle iniziali evidentemente erano state attribuite ai due amici di pellegrinaggio. I pm avevano chiesto l’archiviazione anche per Italo Bocchino, finito nel registro degli indagati per traffico di influenze a causa del suo rapporto con Alfredo Romeo (era dell’ex parlamentare del Pdl la frase “Renzi l’ultima volta che l’ho incontrato” e non di Romeo). Anche per il titolare della Romeo Gestioni era stata chiesta l’archiviazione così come per l’ex ad di Consip Domenico Casalino, per l’ex ad di Grandi Stazioni Silvio Gizzi, per il dirigente Francesco Licci e infine per l’ex presidente di Consip, Luigi Ferrara. Tutte, per ora, respinte.https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/07/25/consip-il-gip-di-roma-dice-no-ad-archiviazione-per-tiziano-renzi-fissata-camera-di-consiglio/5350051/Leggi anche: https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/29/consip-chiuse-le-indagini-luca-lotti-e-generale-del-tullio-sette-verso-il-processo-chiesta-archiviazione-per-tiziano-renzi/4726916/https://www.ilfattoquotidiano.it/2018/10/30/consip-leffetto-domino-che-porta-il-non-attendibile-tiziano-renzi-alla-richiesta-di-archiviazione/4731143/https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2019/03/27/chat-tiziano-russo-buono-lincontro-con-alfredo-romeo/5065048/https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2018/11/07/matteo-devi-portare-a-casa-il-culo-niente-provocazioni/4747508/

Luigi Di Maio - Ecco tutta la verità sulla TAV.




“Quinta da Regaleira”: il Grandioso ed Enigmatico Palazzo di Sintra in Portogallo. - Annalisa Lo Monaco

Non distante dal centro storico della magnifica città di Sintra, in Portogallo, si erge uno dei luoghi più enigmatici della regione, la Quinta da Regaleira, ovvero la Tenuta di Regaleira. Nella proprietà, di quattro ettari, ci sono giardini, fontane, statue, pozzi, grotte e un incredibile palazzo, che dal 1995 sono patrimonio dell’UNESCO.



Dopo aver cambiato, nel corso dei secoli, molti proprietari (tra cui la baronessa di Regaleira, di cui conserva il nome), la tenuta fu acquistata dal ricco commerciante di caffè Antonio Augusto de Carvalho Monteiro (Monteiro detto “il Milionario”), che nel 1904 iniziò la costruzione del palazzo dei suoi sogni, con l’aiuto dell’architetto/scenografo italiano Luigi Manini.



Nella costruzione si fondono diversi stili, tra cui il gotico ed il rinascimentale, a cui si mescolano chiari riferimenti esoterici ed alchemici.



Il grandioso palazzo comprende anche una piccola cappella adornata con stucchi, affreschi e vetrate colorate, ma la parte più suggestiva della tenuta è in realtà la sua ampia e lussureggiante area verde, il complemento indispensabile del sogno di Monteiro, dove si estende un enigmatico labirinto di tunnel, che convergono in due pozzi a spirale, conosciuti anche come “Torri invertite”.



La struttura a spirale avrebbe il significato simbolico di morte/rinascita, un’allegoria comune in molte teorie ermetiche.



Il più grande dei pozzi è composto da nove piani, che forse rimanderebbero ai nove gironi infernali della Commedia di Dante, così come alle nove sezioni del Purgatorio, e ai nove cieli del Paradiso.



In fondo al pozzo c’è un mosaico dove è raffigurata la croce dei Templari. La funzione iniziatica dei pozzi sembra evidente, ma quale fosse la loro utilizzazione, e quali riti vi siano stati compiuti, nessuno lo sa.



La Quinta da Regaleira, dal 1997 proprietà del Comune di Sintra, ospiti ogni anno eventi culturali, come concerti e rappresentazioni teatrali, ma è anche aperta alle visite del pubblico.



Una delle grotte:



La Grotta di Leda:



La Cappella:





https://www.vanillamagazine.it/quinta-da-regaleira-il-grandioso-ed-enigmatico-palazzo-di-sintra-in-portogallo/?fbclid=IwAR0cmFXcK8Nx3c5gjedVvWVTGDzPU43RQVD7yzgE0Y-foq4yuY5YZhzizVE

Avrà preso una cantonata? - Anna Lombroso

renzi-cantone-718974

Spaventapasseri, lo avevo definito quando venne incaricato di guidare l’organismo di vigilanza e controllo sul fenomeno della corruzione. Mi pareva efficace come definizione perchè con le competenze e il budget che gli erano stati affidati avrebbero potuto mettere paura solo ai passeri e non certo a avvoltoi e gazze ladre.
A 5 anni di distanza, uno prima della naturale scadenza,  Cantone lascia per tornare a vestire la toga presso l’Ufficio del massimario della Corte di Cassazione, motivando così la sua decisione: “la magistratura vive una fase «difficile», che mi impedisce di restare spettatore passivo”.
Verrebbe da dire che al ruolo di astante, sia pure dal palco d’onore, doveva essere abituato.  L’Autorità anticorruzione era stata istituita nel 2012 durante il governo di Mario Monti nell’ambito della cosiddetta legge Severino, con il compito di  prevenire fenomeni di illegalità all’interno della pubblica amministrazione attraverso pratiche di trasparenza e mediante vigilanza sui contratti, appalti e incarichi pubblici. A nominare lui al vertice dell’Anac era stato però Matteo Renzi nel 2014 seguendo il trend di moda allora, sistemare un magistrato, un tecnico dunque,  a incarnare la legalità e la sua tutela conferendogli un’autorità  morale oltre che legale, sull’intera società. Anche se di fatto si trattava di un potere virtuale più che reale, e pure “postumo”,  come un pompiere chiamato a spegnere incendi già appiccati da quelli che lo chiamano in soccorso.
E infatti non  a caso la designazione avviene poco prima che si aprano i cantieri e fervano le opere dell’Expo (ha l’incarico di commissario speciale del grande evento),    ma un bel po’ dopo che gran parte degli appalti, delle attribuzione  e delle consulenze erano stati assegnati. A vedere i ritagli di allora si legge Cantone chiede spiegazioni, Cantone non ritiene soddisfacenti le spiegazioni sull’affidamento a Farinetti, e Cantone indaga sui subappalti, per poi sentirlo ammettere che  “esulavano del tutto da un suo possibile controllo», accontentandosi della squadra anticorruzione istituita da Sala, della altisonante Piattaforma per la trasparenza del premier, con tanto di App, e rassegnandosi a  chiudere un occhio anzi tutti  e due sulla sostanza dell’iniziativa, sul già concluso e  spartito,  mettendo un sigillo di impunità e legittimità sulla sua inutilità, sui danni erariali e per la collettività, sulla pretesa emergenza coltivata per permettere licenze  e deroghe, sul contributo alla cancellazione di diritti, garanzie e conquiste del lavoro, che più corruzione morale di quel “volontariato” ce n’è poche.
Niente di diverso da quello che succede a proposito del Mose, quando tira fuori il capo e chiede informazioni per poi ammettere  ragionevolmente (in una intervista alla Rai di giugno 2014) che. “Credo non abbia alcun senso indagare, non è che ogni emergenza necessita di un commissario. Sull’ Expo può avere un senso perché ci sono termini stretti, sul Mose i tempi sono già da tempo superati”.  E altrettanto avviene per la Metro C di Roma, che definisce la madre di tutte le corruzioni: anche là, come succede ai treni, è arrivato in ritardo e i giochi sono fatti.
Eppure ieri nel dare le dimissioni rivendica  i risultati della sua battaglia: «Naturalmente la corruzione è tutt’altro che debellata ma sarebbe ingeneroso non prendere atto dei progressi, evidenziati anche dagli innumerevoli e nient’affatto scontati riconoscimenti ricevuti in questi anni dalle organizzazioni internazionali (Commissione europea, Consiglio d’Europa, Ocse,  Fondo monetario) e dal significativo miglioramento nelle classifiche di settore».
E come  non esultare del fatto che Trasparency ci faccia scendere di due piazzamenti nella graduatoria della percezione “popolare” del fenomeno,  uno di quegli organismi concepiti dallo stesso sistema che genera il malaffare, un po’ come le agenzie di rating,  che prende in esame come indicatori le malefatte dei pesci piccoli, quelli che fanno la cresta sui documenti e le merci, che non danno la fattura, lasciando fuori  le banche, gli enti pubblici, i vertici delle multinazionali  e quindi i grandi impuniti e i grandi immuni, i Paesi guida dell’Occidente e della Ue non levantina o che dire dell’Ue dove se volessimo applicare il criterio della lievitazione dei costi delle opere pubbliche, si scoprirebbe  che in Germania le spese dei lavori pubblici vengono gonfiati artificialmente e  a dismisura, come ha denunciato perfino Der Spiegel, lo stesso organo di stampa che ha definito Vienna un “intrico del malaffare” riprendendo il giudizio di un grippo di lavoro Ocse che ne parlò come del “crocevia della corruzione”.  E come non esultare dell’encomio delle istituzioni europee, quando basterebbe leggere il Sole 24 ore per sapere che il crimine economico trova un humus favorevole  nella regione e mica solo alle Cayman se è vero che “nell’ultimo decennio sono stati almeno 133 mila gli oligarchi dell’ex Unione Sovietica, i milionari cinesi e arabi, i ricchi uomini d’affari turchi, libanesi, brasiliani, venezuelani e sudafricani, che hanno acquistato a mani basse la cittadinanza o la residenza in un Paese dell’Unione europea in cambio di soldi“,  ritenendola un luogo favorevole a traffici illeciti e opacità.
Va a sapere come mai proprio adesso il presidente Cantone, ha raggiunto il limite della sua sopportazione, stanco  che “all’Anac istituita sull’onda di scandali ed emergenze,  e che rappresenta oggi un patrimonio del Paese e motivo di orgoglio” (e si direbbe a lui che ne incarna l’autorità), vengano riservati scarsi riconoscimenti.
Dipenderà che i supposti reati del lobbista Siri ( indagato per aver ricevuto una promessa di denaro in cambio di una norma da inserire in una legge) sono più disdicevoli dell’azione di un ministro che tenta di favorire l’esonero dalle responsabilità di una banca e del suo management?
Sarà che alcune  misure contenute nel decreto sblocca cantieri entrato in vigore a giugno in materia di appalti   (lo stop all’obbligo per gli enti locali di avere una centrale unica, lo stop di scegliere i commissari per le gare da un registro dell’Anac, l’aumento al 40% per i subappalti)  gli sono sembrate più rischiose dello Sblocca Italia, delle deregulation promosse a livello regionale e locale dai piani paesaggistici e dalle deroghe comunali in forma bipartisan, come in Emilia, Lazio, Veneto o Firenze e Milano?
Sarà perchè il nefasto si all’Alta Velocità del governo in carica macchiato di abiura, scoprirà l’osceno vaso di Pandora delle cordate delle imprese sempre in piedi, ma non sul banco degli imputati? E allora è meglio dedicarsi alle sudate carte del Massimario in attesa di una meritata ricompensa elettiva, in forma di premio fedeltà? 

https://ilsimplicissimus2.com/2019/07/24/avra-preso-una-cantonata/?fbclid=IwAR0K0ybmEpfteJxZ_w-gdvcjNwwlkNC5SasR6uW6LLj6X211duUA58kMFzI

FACILE..... FACILE..... Conte è unico. - Alberto Mariani

Risultati immagini per conte di maio

Possibile che così poche persone abbiano capito il genio politico di Conte e Di Maio?
Ma è davvero così difficile?
Pensate, non lo ha capito neppure Travaglio, tanto è obnubilato dal proprio ego e dai propri fantasiosi scenari politici!
Di fatto stanno stanando Salvini, rendendolo giorno dopo giorno sempre più debole e ridicolo.
Conte non ha mai detto di voler fare il TAV; ha semplicemente illustrato i nuovi sviluppi, alla luce delle consultazioni europee, con UE e lo psicopatico Micron, mettendo ulteriormente in evidenza che, pur di far sparire il M5S, i neoliberal sarebbero disposti a qualunque cosa; anche a cacciare più soldi per l’inutile buco (soldi che non arriveranno mai, ma questo è un aspetto risibile della faccenda, in questo momento storico).
Conte, un assoluto fuoriclasse, ha rimesso nelle mani del Parlamento (siamo ancora in democrazia-lo ricordo a beneficio di quelli che non lo sanno-) la decisione. Peraltro in ossequio alla Costituzione.
Insomma, vuole mostrare (ancora una volta) a tutti , chi sta davvero dalla parte dei Cittadini.
E quando Salvini voterà per quel buco nero in Val di Susa, domani, si suiciderà in diretta, a reti unificate, mostrando di fatto la sua appartenenza al vecchio e corrotto sistema di potere, quello delle mafie e delle tangenti.
Cosa penseranno i suoi seguaci padani quando vedranno i voti della Lega appassionatamente associati a quelli del PD e di FI?
E cosa penseranno i fans del selfista quando capiranno (anche se obnubilati dal colesterolo derivante dalle troppe salamelle ingurgitate nelle sagre delle valli Lombardo - Venete) lo sperpero del loro denaro per il buco nero che forse vedrà la luce nel 2030, quando non esisteranno più nè lavoro nè merci da trasportare?
Pensiamoci; il TAV era uno dei tanti tangentifici sparsi per lo Stivale. Ora semplicemente uno dei tanti pretesti per far saltare il nostro amato Movimento, il solo e unico baluardo mondiale contro il partito unico dei neoliberisti.
Ma senza questo ulteriore pretesto destabilizzante, a cosa si attaccheranno i malefici distruttori di democrazia?
Vi sto invitando alla risposta, amiche e amici,su, facciamolo in coro!
Si attaccheranno a sto.......?
Alberto Mariani


https://www.facebook.com/salvatore.gandolfo.545

Il migliore in assoluto.

L'immagine può contenere: una o più persone e testo