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giovedì 19 settembre 2019

Tangenti, le accuse a Sozzani fondate non solo sulle intercettazioni via trojan: c’è un bonifico alla base del presunto finanziamento illecito. - Marco Pasciuti

Tangenti, le accuse a Sozzani fondate non solo sulle intercettazioni via trojan: c’è un bonifico alla base del presunto finanziamento illecito

Nella richiesta di custodia cautelare tra le carte dell'inchiesta "Mensa dei poveri" che a inizio maggio ha portato agli arresti di 28 persone tra politici, amministratori e imprenditori, il pm ha allegato "la scannerizzazione" del bonifico da 12mila euro su cui la procura di Milano fonda l'accusa mossa al deputato di Forza Italia.

La Camera ne ha negato l’uso, ma le accuse mosse dalla procura di Milano a Diego Sozzani non si fondano solo sulle intercettazioni carpite tramite trojan: nella richiesta di custodia cautelare tra le carte dell’inchiesta “Mensa dei poveri” che a inizio maggio ha portato agli arresti di 28 persone tra politici, amministratori e imprenditori, il pm ha allegato il bonifico da 12mila euro alla base dell’accusa di finanziamento illecito mosso al deputato di Forza Italia. Elementi che però una maggioranza relativa trasversale alla Camera ha ritenuto non sufficienti per superare il sospetto di un fumus persecutionis, l’unico requisito in base al quale i deputati dovevano decidere per il sì o per il no alla richiesta di misura cautelare firmata dal gip di Milano.

Perché, dunque, Sozzani è finito sotto inchiesta? La vicenda ha inizio il 29 gennaio 2018. Le elezioni politiche sono alle porte e Sozzani comunica al telefono a Daniele D’Alfonso, titolare della Ecol Service accusato di aver corrotto politici e amministratori locali a Milano e in Lombardia per accaparrarsi appalti nel settore dei rifiuti e delle bonifiche ambientali, di essersi candidato “in un seggio sicuro”. Pochi giorni dopo, il 6 febbraio, il forzista chiama l’imprenditore e gli domanda fuori dai denti: “L’eventuale tuo aiuto quanto potrebbe essere? Perché devo fare il … la cifra finale”. A occuparsi della questione, secondo i magistrati, sarà Mauro Tolbar, collaboratore dello studio tecnico di cui Sozzani è titolare con suo fratello Stefano.

Il 5 marzo, il giorno dopo il voto, Tolbar chiama D’Afonso per dargli l’annuncio: “Siamo dentro… Diego è passato…”. Sozzani, cioè, è stato eletto alla Camera. Il 9 marzo Tolbar alza di nuovo il telefono e illustra il modo in cui, secondo i pm, i soldi di D’Alfonso sono arrivati al neodeputato. Lo hanno fatto attraverso l’amministratore della E.s.t.r.o. Ingegneria di Milano, “il quale invierà via mail una fattura per operazioni inesistenti a D’Alfonso – che quest’ultimo pagherà come concordato con bonifico bancario – proprio al preciso fine di celare l’illecito finanziamento promesso al neo parlamentare”.

La fattura è datata 8 marzo. Il bonifico, eseguito da D’Alfonso, ammonta a 12.688 euro parte il 22 marzo. La dazione di denaro è di 10mila euro, annotano i magistrati, mentre i 2.500 costituiscono la quota concordata dal titolare della E.s.t.r.o. Ingegneria per la sua mediazione, “pari al 25% della somma complessiva”. I rimanenti 188 euro? “Aggiunti per non indicare una cifra tonda e rendere credibile il pagamento”. A quel punto il titolare di E.s.t.r.o, Alessandro Beniamino Crescenti, “monetizza l’incasso e lo consegna, in contanti ed in diverse tranche, a Tolbar che provvederà alla consegna al destinatario finale”. Ovvero Sozzani.

Molte intercettazioni, quindi, alla base di quello che i magistrati definiscono un “quadro gravemente indiziario”. Ma anche documenti: il 23 marzo Tolbar invia una mail al titolare della E.s.t.r.o. in cui scrive: “Ciao, in allegato il pagamento della fattura” ovvero, annotano i pm, “la contabile del bonifico bancario dell’importo di 12.688,00 euro”. Un documento finito nella richiesta di custodia cautelare: “Il P.M. nella propria richiesta ha riportato la scannerizzazione del documento relativo ai movimenti del conto corrente n. xxxxxxxxxxxx della Banca Popolare di Sondrio, intestato alla E.S.TR.O. Ingegeria Srl. (…) – scrive il Gip nell’ordinanza – da cui si evince l’accredito di 12.688,00 euro a fronte di pagamento della sopra citata fattura da parte della Ecol Service Srl”.

E’ il passaggio di denaro che per i pubblici ministeri è alla base del reato contestato in concorso a D’Alfonso, Sozzani e Crescenti: il titolare della Ecol Service lo effettua “in assenza della prescritta delibera da parte dell’organo sociale competente e senza annotare l’elargizione stessa nel bilancio di esercizio“. In pratica, spiegano ancora i magistrati, “l’occulta erogazione di utilità a favore del pubblico ufficiale è stata dissimulata attraverso accordi con società di comodo formalmente giustificativi del pagamento”. Di qui la contestazione del finanziamento illecito.

https://www.ilfattoquotidiano.it/2019/09/18/tangenti-le-accuse-a-sozzani-fondate-non-solo-sulle-intercettazioni-via-trojan-ce-un-bonifico-alla-base-del-presunto-finanziamento-illecito/5461999/
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mercoledì 18 settembre 2019

Camera: Aula nega arresti domiciliari per Sozzani (Fi).

Diego Sozzani nella foto del suo profilo Facebook © ANSA

A luglio la Giunta delle Autorizzazioni aveva dato l'ok con il sì di Pd e M5S.

L'Aula della Camera ha negato l'autorizzazione all'applicazione della misura cautelare degli arresti domiciliari nei confronti del deputato di Forza Italia Diego Sozzani. I voti a favore sono stati 235, 309 i contrari, un astenuto. A fine luglio la Giunta per le Autorizzazioni di Montecitorio si era invece espressa per l'ok ai domiciliari a maggioranza, con il voto a favore di M5S e Pd: una decisione annullata oggi dall'Assemblea, a scrutinio segreto.
L'Aula della Camera ha anche negato l'uso delle intercettazioni delle conversazioni del deputato di Fi Diego Sozzani, chiesta nell'ambito di un procedimento per finanziamento illecito relativo ad una fattura di diecimila euro. Il voto dell'Assemblea conferma la decisione assunta dalla Giunta per le Autorizzazioni presieduta da Andrea Delmastro (Fdi), nel senso del diniego dell'uso delle intercettazioni, che sono state realizzate dagli inquirenti 'a strascico' con un Trojan installato su un dispositivo di un collaboratore del deputato di Forza Italia. L'autorizzazione è stata negata con 352 sì, 187 no e due astenuti. Solo i deputati M5S hanno votato per la concessione dell'autorizzazione. L'Assemblea dovrà ora esprimersi sulla richiesta di arresti domiciliari nei confronti di Sozzani.
"Qualcuno dice che il voto odierno "è tema di Governo", io rispondo "è tema di valori". Oggi chi ha votato contro l'arresto di Sozzani dovrebbe risponderne davanti all''opinione pubblica - il leader M5S Luigi Di Maio su facebook ha commentato il voto su Sozzani -. E invece a causa del voto segreto, non ne risponderà davanti agli italiani. È proprio in questi casi che emerge tutta la differenza tra noi e il resto del sistema. Qui non si tratta di giustizialismo o di presunzione di innocenza. Qui si tratta di normalità, di regole".
"Il voto segreto va abolito. Ognuno deve assumersi le sue responsabilità - spiega Di Maio - . Da parte nostra, orgogliosi di aver dimostrato ancora una volta di essere l'unica forza politica in grado di interpretare un principio sacrosanto e inderogabile, quale è quello della giustizia sociale". Voto sul quale, spiega Di Maio, "solo il MoVimento 5 Stelle ha votato compatto a favore degli arresti domiciliari e sulla richiesta di autorizzazione dei giudici a utilizzare intercettazioni".

venerdì 26 luglio 2019

Sozzani & zozzoni. - Marco Travaglio -

Sozzani salvato da Pd, Lega e Forza Italia: no all’uso di intercettazioni del deputato forzista indagato per finanziamento illecito e corruzione

Cari lettori, quando vedete un esponente del Pd stracciarsi le vesti per le presunte tangenti alla Lega, quella di 30mila euro di Arata&Nicastri a Siri e quella di 65 milioni di dollari dai russi a Savoini, non credetegli. É tutta commedia, sceneggiata, ammuina. L’altroieri, mentre i pidini gonfiavano le giugulari per inveire in diretta tv alla Camera e al Senato contro il vicepremier Salvini e il premier Conte che lo sbugiardava, in Giunta per le autorizzazioni a procedere i loro compagni di partito votavano lontano da occhi indiscreti a braccetto con Lega e FI per negare ai giudici di Milano il permesso di usare le intercettazioni a carico di Diego Sozzani, deputato forzista indagato per finanziamento illecito, corruzione, traffico d’influenze e turbativa d’asta. 
Gli unici sì ai giudici sono arrivati dai 5Stelle. É la regola aurea della Casta, anzi della Cosca: cane non morde cane, ladro non disturba ladro. Lo scandalo Sozzani, rispetto a quelli leghisti, è illuminante perchè tutto fa pensare che il deputato forzista abbia intascato soldi illeciti, mentre Siri e Savoini pare di no: penalmente fa poca differenza, essendo reato anche la tentata corruzione. Ma politicamente chi si indigna per le mazzette promesse ma non incassate dovrebbe farlo, a maggior ragione, per chi i soldi li ha presi. Invece Sozzani è stato salvato dalle intercettazioni e quasi certamente anche dal processo, visto che le conversazioni sono la prova regina dell’accusa. Motivo: “fumus persecutionis”. E allora vediamolo, questo perseguitato dai giudici (e dal trojan).
Il 6 febbraio 2018 manca un mese alle elezioni del 4 marzo. Sozzani, ex presidente della Provincia di Novara, coordinatore piemontese di FI, consigliere regionale e candidato alla Camera, ha bisogno di soldi per la campagna elettorale. I pm dell’Antimafia di Milano lo ascoltano nell’inchiesta “Mensa dei poveri” mentre batte cassa da un imprenditore che gli sgancerà 10 mila euro in nero. É Daniele D’Alfonso, titolare di Ecol-Service srl, ora accusato di aver corrotto politici e amministratori, ma anche agevolato il clan ‘ndranghetista dei Molluso di Buccinasco: secondo il gip, è il tipico “rampante” la cui “avidità di soldi e di potere imprenditoriale lo spinge ad ampliare la sua rete di relazioni per svilupparsi ulteriormente”. Sozzani non sa che il galantuomo ha il trojan nel cellulare, che registra tutto quel che dice e fa. Per convincerlo dell’utilità della mazzetta-investimento, precisa all’imprenditore di avere “il seggio sicuro“, grazie al Rosatellum che consente ai capipartito di nominarsi i parlamentari che vogliono.
E si dice interessato ad approfondire i rapporti con Ecol-Service, dandogli il nome di Mauro Tolbar, collaboratore di Greenline Srl, la società di Sozzani e del fratello Stefano, che seguirà gli aspetti pratici della faccenda. Poi viene al dunque: “L’eventuale tuo aiuto quanto potrebbe essere? La cifra finale”. D’Alfonso risponde che glielo dirà di persona a Novara. Il 5 marzo, giorno dopo il voto, Tolbar chiama D’Afonso per il lieto annuncio: “Siamo dentro, Diego è passato!”. Eletto deputato. Il 9 marzo Tolbar gli illustra il percorso della mazzetta per il neoeletto. Cioè -scrive il gip- tramite l’amministratore della E.s.t.r.o. Ingegneria di Milano, “il quale invierà via mail una fattura per operazioni inesistenti a D’Alfonso – che quest’ultimo pagherà come concordato con bonifico bancario – al preciso fine di celare l’illecito finanziamento promesso al neo parlamentare”. La fattura è datata 8 marzo. Il 22 marzo D’Alfonso bonifica 12.688 euro: 10mila per Sozzani, 2.500 per il mediatore E.s.t.r.o e gli altri 188 “aggiunti per non indicare una cifra tonda e rendere credibile il pagamento per la fatturazione di un’operazione aziendale”. Il titolare di E.s.t.r.o “monetizza l’incasso e lo consegna, in contanti e in diverse tranche, a Tolbar che provvederà alla consegna al destinatario finale”: il neodeputato. Che, secondo il gip, ha promesso di “far ottenere alla società di D’Alfonso agevolazioni nell’ottenimento di appalti in provincia di Novara”.
Però sperava di raccattare ben di più, infatti il 12 aprile piagnucola al ristorante con Nino Caianiello, ras forzista a Varese e gran manovratore della nuova Tangentopoli lombarda: “Sto cercando i soldi perché è una fatica, credimi! 15 anni fa qualcuno veniva lui di sua sponte da me, a dirmi ‘se entri in quel partito, che posso fare?’. Adesso non si può più mettere le mani… mi inginocchio per chiedere tre lire! Tremila, cinquemila, diecimila, quando avevo bisogno centomila!”. Poi, quando scatta il blitz dell’Antimafia, giura di non aver mai saputo nulla della tangente e assicura: “Se scoprissi anche solo un’ombra mi dimetterei immediatamente da deputato”. Ma pm e gip escludono che chi parla con la sua voce sia un bravo imitatore che vuole incastrarlo. Anche perchè ritengono di aver trovato pure “un riscontro agli indizi del sistema illecito di incarichi pilotati a favore della società Greenline srl riconducibile al deputato, da parte delle società in-house operanti in provincia di Varese eterodirette da Caianiello”. Così chiedono alla Camera l’autorizzazione a usare le intercettazioni indirette di Sozzani e poi ad arrestarlo, come han già fatto per altri 43 indagati sfortunatamente senza scudo. Ma non hanno fatto i conti con Lega, Pd e FI, che a favore di telecamere se le danno di santa ragione, ma nel chiuso della giunta si salvano i rispettivi inquisiti.
No ai giudici, anche per le conversazioni registrate prima che Sozzani agguantasse il seggio e l’immunità. Vano il sì dei 5Stelle. Che hanno mille difetti, commettono mille errori e forse si sono persino scordati perchè esistono. Poi però provvedono sempre gli altri a ricordarglielo. E a ricordarcelo.
Marco Travaglio FQ 26 luglio