martedì 10 dicembre 2019

De Raho: “Mafie sparirebbero senza contante. In Italia non si vuole eliminare l’evasione, combatterla è uno strumento contro i clan.”

De Raho: “Mafie sparirebbero senza contante. In Italia non si vuole eliminare l’evasione, combatterla è uno strumento contro i clan”

Il procuratore nazionale antimafia: ""Eliminare del tutto il denaro contante sarebbe la soluzione migliore per eliminare le mafie. In tanti Paesi del mondo anche il giornale si paga con la carta di credito e si tracciano tutti i pagamenti. Una parte degli italiani pensa che si deve consentire l’evasione come forma di arricchimento per una parte della popolazione."
L’eliminazione del denaro contante come “soluzione migliore” per combattere i clan. E una constatazione: “In Italia non si vuole eliminare l’evasione”. L’equazione è del procuratore nazionale antimafia Federico Cafiero De Raho: “Eliminare del tutto il denaro contante sarebbe la soluzione migliore per eliminare le mafie. In tanti Paesi del mondo anche il giornale si paga con la carta di credito e si tracciano tutti i pagamenti”, ha sottolineato il magistrato.
Quindi l’interrogativo: “Mi chiedo perché non si interviene sulla legislazione tributaria prevedendo che tutte le spese si debbano inserire nella dichiarazioni di redditi e perché l’imposta non si paga sul reddito conservato anziché sul reddito speso. Questo consentirebbe di controllare tutti i pagamenti”. Se la mossa non viene effettuata, riflette Cafiero De Raho, “evidentemente non si vuole eliminare l’evasione”.
A suo avviso, una parte degli italiani “pensa che si deve consentire l’evasione come forma di arricchimento per una parte” della popolazione. “Si vuole che la legalità sia osservata da tutti? – si chiede il magistrato – Si assumano certe determinazioni altrimenti vuol dire che si vuole che tutto continui così”. Anche perché combattere l’evasione “sarebbe anche lo strumento per combattere la criminalità organizzata”.
Cafiero de Raho ha ricordato anche che “oggi la camorra non fa quasi niente con la violenza ma allarga il suo potere economico attraverso imprenditori compiacenti”. Mentre “una volta nella camorra c’erano imprenditori affiliati direttamente”, oggi “si aggrega una parte dell’impresa che trova conveniente lavorare con le organizzazioni mafiose e droga il mercato”. Il procuratore ha spiegato anche il sistema di approccio: “I servizi che le mafie forniscono sono il modo di contatto con il mondo dell’economia e della politica”.
Costituire un sistema economico che riesca a mimetizzare la presenza mafiosa è “certamente colpa”, secondo il procuratore nazionale antimafia, di quella “parte dei professionisti che si pone al soldo delle mafie e gli consente di raggiungere l’inquinamento dell’economia che si sta constatando nei nostri territori. Ricordiamoci che in realtà la lotta tra i clan è per gestire il potere economico e quindi avere influenza sul sistema politico”.

Mattarella: “Chi evade le tasse sfrutta chi le paga. È una cosa davvero indecente. Problema anche di norme, interventi e controlli.”

Mattarella: “Chi evade le tasse sfrutta chi le paga. È una cosa davvero indecente. Problema anche di norme, interventi e controlli”

Il presidente della Repubblica risponde ad alcuni studenti in visita al Quirinale sul tema di chi non paga il fisco: “I servizi comuni, la vita comune è regolata dalle spese pubbliche. Se io mi sottraggo al mio dovere di contribuire sto sfruttando quello che gli altri pagano, con le tasse che pagano.”

“Una cosa davvero indecente” legata anche a un “poblema di norme, di interventi, di verifiche” ma soprattutto “di cultura e mentalità“. È in questo modo che Sergio Mattarella definisce uno dei mali atavici del sistema Italia, cioè l’evasione fiscale. Il presidente della Repubblica ha spiegato come la pensa su chi non paga le tasse rispondendo a una domanda posta da alcuni studenti ospiti del Quirinale. “Presidente, perché in Italia è così difficile combattere la piaga dell’evasione fiscale?”, ha chiesto un alunno, secondo la nota pubblicata sul sito della presidente della Repubblica.
Il capo dello Stato ha replicato con una risposta articolata e netta. “L’evasione fiscale è l’esaltazione della chiusura in sé stessi, dell’individualismo esasperato. È un problema serio in molti Paesi. Lo è nel nostro. Vi sono Paesi in cui è molto più grave, vi sono Paesi in cui invece il senso civico di ciascuno lo ha quasi azzerato”, ha detto Mattarella. “È un problema grave – ha continuato – perché significa ignorare che si vive insieme e che la convivenza significa contribuire tutti insieme – come dice la Costituzione, secondo le proprie possibilità – alla vita comune”. Per il presidente “chi evade cerca invece di sottrarsi a questo dovere, di sfruttare le tasse che pagano gli altri per i servizi di cui si avvale”. E questa, ha continuato il capo dello Stato “è una cosa, a rifletterci, davvero indecente, perché i servizi comuni, la vita comune è regolata dalle spese pubbliche. Se io mi sottraggo al mio dovere di contribuire sto sfruttando quello che gli altri pagano, con le tasse che pagano. E questa è una cosa di particolare gravità”.
Ma non solo. Approfittando dell’incontro con gli studenti di quattordici scuole superiori, provenienti da tutta Italia (da Catania a Milano, passando per Roma, Siena e Portici, in provincia di Napoli), il capo dello Stato ha anche ricordato quanto pesano gli evasori sulle casse dello Stato: “L’evasione fiscale – ha detto- è calcolata nell’ultimo documento ufficiale dell’anno passato circa 119 miliardi di euro: una somma enorme. Se scomparisse, le possibilità di aumentare pensioni, di aumentare stipendi, di abbassare le tasse per chi le paga, e così via, sarebbero di molto aumentate”. Quindi ha concluso con quello che sembra un vero e proprio messaggio alla classe politica: “Per questo, anche lì il problema è di norme, di interventi, di controlli, di verifiche – che stanno dando qualche risultato – ma è soprattutto di cultura e di mentalità, di capire che in un’associazione, in una società, in una convivenza, tutti devono contribuire allo sforzo comune. C’è chi lo fa con onestà e c’è chi lo fa sfruttando quanto gli altri fanno: e questo non è giusto”.
A essere ricevuti da Mattarella sono stati gli studenti della Istituto Caterina da Siena e dell’Itas Giulio Natta di Milano, del Montauti Delfico di Teramo, del liceo Artistico Preziotti Licini di Fermo – Porto San Giorgio, del liceo Classico Dante Alighieri di Roma, del Liceo Amaldi di Roma, del liceo Scientifico Filippo Silvestri di Portici, del Piria di Rosarno (Rc), del Convitto Cutelli di Catania e le delegazioni dei licei Albertelli, Keplero, Kennedy e Visconti di Roma.

La lettera minatoria. - Marco Travaglio

L'immagine può contenere: 3 persone, persone che sorridono

Domenica ci siamo occupati dell’ultima impresa, in ordine di tempo, di Maria Elisabetta Alberti Casellati, inopinatamente presidente del Senato: una photo opportunity con un’amica stilista e col di lei figlio, che malgrado la tenera età ha già collezionato due condanne per molestie sessuali su giovani modelle (16 mesi Tribunale e altri 16 mesi patteggiati).

Da quando l’avvocatessa padovana devota a San Silvio è assurta alla seconda carica dello Stato, che ne fa una sorta di vicepresidente della Repubblica (se Mattarella ha un impedimento, subentra lei), non s’è fatta mancare nulla: dal vitalizio extralarge all inclusive (pure il periodo trascorso al Csm), al mega-staff che manco Sardanapalo, alle marchette per il figlio direttore d’orchestra e la figlia giornalista rampicante, ai voli Alitalia ritardati per i suoi capricci, all’ascensore senatoriale ad personam.

Ma l’unica testata che osa occuparsi di lei è il Fatto. Senza di noi, nessuno saprebbe nulla delle gesta di Lady casta. Così ha pensato bene di minacciare personalmente i nostri cronisti che scrivono di lei: Ilaria Proietti e Carlo Tecce. Non con la consueta denuncia. Ma con una lettera minatoria in triplice copia, recapitata a domicilio a Proietti e Tecce (a proposito: come conosce i loro indirizzi di casa?) e in redazione a me (se madama vuole il mio indirizzo di casa per mandare qualcosa o qualcuno anche a me, sarà mia cura fornirglielo).

La missiva è firmata dall’“avv. Gian Paolo Belloni Peressutti”, su carta intestata dello studio padovano che allinea ben 14 avvocati, quasi tutti della famiglia Belloni Peressutti (lei si muove solo coi portatori di doppio cognome, tipo la contessa Pia Serbelloni Mazzanti Vien Dal Mare).

Lo squisito legale ci avverte che “la Presidente del Senato, avvocato Maria Elisabetta Alberti Casellati, mi ha conferito l’incarico di avviare la procedura di mediazione obbligatoria nei Vostri confronti. Si tratta della condizione di procedibilità per la successiva azione civile risarcitoria che il Senatore Alberti Casellati intende intraprendere con riguardo a Vostre pubblicazioni ritenute lesive dei suoi diritti”. Quali, non è dato sapere. Segue, come in ogni avvertimento che si rispetti, un beffardo “Gradite distinti saluti”. Manca soltanto una carezza ai bei bambini dei destinatari.

Ora, se uno si ritiene leso nell’onore o nei calli, avvia la mediazione e, se questa fallisce, l’azione civile, indicando chi, come e quando l’avrebbe offeso. Ma nessun codice o procedura o prassi prevede che uno preannunci l’intenzione di fare causa, tantomeno a domicilio, per giunta senza indicare un solo articolo, circostanza, sillaba falsi o diffamatori.

Dunque prendiamo quest’irrituale letterina per quello che è: un amorevole consiglio a “stare accorti”, cioè tenerci a debita distanza dalla Presidentessa, che ha già “conferito l’incarico” di farci causa e, se non la smettiamo, sono guai. Ovviamente ci vuol altro per spaventare un quotidiano libero nel mirino di tutte le peggiori bande del Paese da quando è nato. Infatti abbiamo respinto al mittente sia la lettera sia gli sgraditi distinti saluti. E fin da domani continueremo a raccontare gli scandali di madama Alberti nonché Casellati. Che, detto per inciso, contattiamo ogni volta che ci occupiamo di lei per concederle il diritto di replica, ma lei non lo esercita mai, evidentemente sprovvista di argomenti.

Segnaliamo la cosa all’Ordine dei giornalisti e alla Federazione della stampa, casomai volessero farsi sentire. Ma soprattutto agli eventuali parlamentari interessati alla libertà di stampa, perché l’arroganza del potere è ormai intollerabile per chi voglia informare i cittadini con serenità.

I democristiani, consci del loro enorme potere, rispettavano la funzione critica della stampa ed evitavano di intimidirla trascinandola in tribunale ogni due per tre. Invece Craxi nei primi anni 80 querelò il direttore del Corriere Alberto Cavallari, reo di avere scritto ciò che tutti sapevano – i craxiani rubavano –, ma con troppo anticipo, quando non c’erano ancora le prove poi emerse con Mani Pulite: infatti fu condannato a 5 mesi di carcere e 100 milioni di lire di risarcimento. Persino D’Alema, non proprio un fan della categoria pennuta, da premier si spogliò di tutte le liti.

Poi venne B. con la sua banda e si dedicò con gran cura e impudenza a terrorizzare i pochi giornalisti che osavano descriverlo com’era: raffiche di querele e cause firmate da lui, Mediaset, Fininvest, Rti, Publitalia, Forza Italia, Previti, Dell’Utri, Confalonieri e il resto della combriccola; epurazioni nei giornali del gruppo (da Montanelli in giù), alla Rai e persino a Mediaset (i pochi esseri pensanti superstiti). Esempio prontamente seguito dai due Matteo, Renzi e Salvini, con ampio battage mediatico di annunci di querele e attacchi personali a questo o quel reprobo, per distrarre l’attenzione dai loro scandali e spaventare una categoria già pavida e asservita di suo.

Il risultato lo vedono tutti: interviste in ginocchio senza domande, patetiche processioni sui social di giornalisti penitenti che si umiliano e si scusano con Renzi per aver nominato il nome di Open invano, ricambiati con lodi ai loro mea culpa e promesse di risparmiarli se fanno i bravi.

L’unico che non denuncia i giornalisti è il premier Conte, ma in questo contesto fa la figura del fesso, calunniato ogni giorno da iene più o meno dattilografe specializzate nella fabbrica del falso. Intanto, in Parlamento, vaga da anni una legge sulle liti temerarie, che le proibisce in caso di rettifica o replica esaustiva e impone al denunciante di depositare una cauzione proporzionata alla richiesta-danni, destinata al denunciato se il giudice dà ragione a lui.

Chissà se vedrà mai la luce, con tanti graditi saluti a B., ai due Matteo e alla Casellati Mazzanti Vien Dal Mare.

https://www.facebook.com/TutticonMarcoTravaglioForever/photos/a.438282739515247/2960546427288853/?type=3&theater

lunedì 9 dicembre 2019

Céline Dion & Barbra Streisand - Tell Him



Amenità.





Verdini battezza i due Matteo. E’ il salvarenzi per le elezioni. - Wanda Marra



I leader di Lega e Italia Viva si parlano e s’incontrano per una legge elettorale con soglie basse.


Non si saranno visti nella villa di Denis Verdini al Pian dei Giullari sulle colline intorno a Firenze, Matteo Renzi e Matteo Salvini. Ma che i due si parlino spesso e volentieri dall’inizio della legislatura non è un segreto. I bene informati si dicono certi che l’incontro a tre (riportato ieri da La Stampa) ci sia stato, magari in un’altra location. D’altra parte, la legislatura traballa, Salvini ha tutto l’interesse ad andare a votare, Renzi comincia a prendere in considerazione l’ipotesi. E a cercare di capire come rivolgere a suo vantaggio quello che in realtà è un incubo.
Ci sono almeno due dossier che il fu Rottamatore ha posto all’attenzione del leader della Lega: la legge elettorale e le Regionali in Toscana. Renzi ha bisogno di un proporzionale, con soglia elettorale bassa (3-4%), dati i sondaggi non esattamente favorevoli. Dato da non dimenticare: fu proprio Verdini, ai tempi del Nazareno, a studiare il sistema elettorale per l’allora segretario dem. Per quel che riguarda la Toscana, l’ex premier deve trovare il modo di garantire Eugenio Giani (suo candidato, che però rappresenta il centrosinistra) visto che quella Regione è la roccaforte del sopravvissuto renzismo. E il centrodestra può dargli una mano, con un candidato debole o magari dividendosi.
Il leader di Iv è pronto a promettere a Salvini di far saltare il banco? Conoscendolo, non si può escludere. Anche se poi che lo faccia davvero è tutto da dimostrare. Insomma, anche se non si può parlare di un vero e proprio patto (troppe le variabili in campo), i due sono pronti ad aiutarsi l’un altro.
Intanto i protagonisti smentiscono, pure se non proprio all’unisono, l’incontro di ieri. “È una balla spaziale”, si sfoga il presunto padrone di casa in privato. “Ho tanti difetti, ma se devo sorseggiare un rosso lo faccio in buona compagnia: non ho mai incontrato Renzi nemmeno per 12 secondi”, chiarisce Salvini. Mentre la nota di Iv è più morbida: “Renzi e Salvini non si sono incontrati a Firenze, meno che mai nella casa di Denis Verdini. I due senatori si sono invece incrociati in Senato”.
Lunedì, in occasione dell’informativa di Conte sul Mes, i due omonimi hanno parlato per una decina di minuti. E da quel giorno, Renzi ha cambiato strategia, cominciando a disseminare segnali per cui sarebbe pronto ad andare alle urne. In genere, garanzia certa che vuol fare il contrario. Cosa che poi sarebbe logica: le elezioni con il Rosatellum vorrebbero dire tornare in Parlamento con truppe ridottissime, senza contare nulla; l’indagine su Open lo mette in difficoltà sia mediaticamente che economicamente: in questa situazione, chi dovrebbe finanziare la sua campagna elettorale? D’altra parte, anche andare avanti così non è brillante: Iv non cresce, il Pd lavora a una riforma elettorale che lo tagli definitivamente fuori. Meglio tenersi aperti tutti gli spiragli possibili. Impensabile un’alleanza con Salvini oggi, ma un domani, dopo le elezioni, le cose potrebbero cambiare.
L’obiettivo del 10% per Iv oggi è una chimera, ma fare l’ago della bilancia in una futura legislatura, grazie a un proporzionale, no. A proposito di richiami, nella manifestazione di Iv a Pistoia sabato, Renzi indossava il maglioncino scuro girocollo stile Berlusconi. Qualche giorno fa, Salvini è andato all’inaugurazione del Consolato israeliano a Firenze da Marco Carrai. Sulla manovra, il leader di Iv terremota il governo più che mai. E l’occasione per mandare sotto la maggioranza potrebbe essere dietro l’angolo: il voto sulla legge Costa che ferma l’entrata in vigore dello stop alla prescrizione il primo gennaio. Iv ha già annunciato il suo sì.
Intanto, la prima data da cerchiare sul calendario è giovedì 12 dicembre: Renzi interverrà nel dibattito straordinario in Senato sui finanziamenti alla politica. Altro tema rispetto al quale condivide qualche problema con il “compagno” Salvini (definizione sua, lunedì a Palazzo Madama).

https://infosannio.wordpress.com/2019/12/07/verdini-battezza-i-due-matteo-e-il-salvarenzi-per-le-elezioni/

Ma mi faccia il piacere. - Marco Travaglio

Risultati immagini per ma mi faccia il piacere

Bei tempi. “Un tempo i magistrati della Procura di Firenze cercavano il mostro di Scandicci, non vorrei che avessero adesso fatto confusione con il senatore di Scandicci” (Matteo Renzi, senatore e segretario Italia Viva, 27.11). Non ci sono più i criminali di una volta. Bisogna accontentarsi.
Suicidio assistito. “Questi ragazzi delle Sardine credono nella politica. Se me lo chiedono darò il mio contributo” (Giuliano Pisapia, Repubblica, 2.12). Casomai meditassero di farla finita.
Calippato di Calabria. “Calippo può innescare la rivoluzione dolce” (Nicola Zingaretti, segretario Pd, parlando del suo candidato in Calabria, il “re del tonno” Giuseppe Callipo, 30.11). Il famoso gelato al tonno.
Family Day. “Al comma 2 dell’art. 8, le parole ‘famiglia’ sono sostituite dalle seguenti: ‘rete formale e informale della persona’” (emendamento a una legge regionale presentato dal gruppo del Pd alla Regione Friuli Venezia Giulia, riportato da Libero, 7.12). Urge una visita del medico di rete formale e informale della persona.
Tutti latitanti. “Su papà Bettino basta meline ridicole. Ora ad Hammamet tutti i leader politici. Anche la Lega, perchè no” (Stefania Craxi, figlia d’arte, Corriere della sera, 1.12). Con tanti saluti alla presunzione di innocenza.
La parola all’esperto. “I fondi pubblici ai partiti sostengono la democrazia. La corruzione si previene con la democrazia all’interno dei partiti. I partiti dovrebbero tornare a essere una scuola civica e comportamentale” (Primo Greganti, tre condanne definitive per corruzione e finanziamento illecito, La Stampa, 1.12). Quando c’era lui, caro lei.
Dolce stil novo. “Sei un coglione, te e tutta la tua famiglia. Vieni qua, ti aspetto fuori, ti faccio un culo così… Ai terroni non devi toccargli la famiglia: impazziscono” (Gian Marco Centinaio, senatore Lega, a Vincenzo Santangelo, senatore 5Stelle, nell’aula del Senato, sotto gli occhi esterrefatti di alcune scolaresche in visita a Palazzo Madama, 3.12). É il prossimo ministro della Cultura.
Lo spirito guida. “I due Mattei grandi politici. Voterei Renzi o Salvini. Il primo è intelligente e il secondo sa parlare alla gente. Un governo insieme? Bella combinazione” (Flavio Briatore, La Stampa, 26.11). Sono soddisfazioni.
Miracolo a Bibbiano. “…la scarcerazione del sindaco di Bibbiano…” (il Foglio sulla revoca dell’obbligo di dimora, 7.11). Primo caso al mondo di un tizio scarcerato senza mai essere stato incarcerato.
Polli del Balcone. “Conte è venuto dal nulla e nel nulla tornerà” (Ernesto Galli della Loggia, 5.12). Raggiungendo Ernesto Galli della Loggia.
Esodo biblico. “5S in rivolta: golpe anti Di Maio con lo zampino di Conte”, “Salvini in campagna acquisti va per saldi tra i 5stelle” (il Giornale, 26.11). “I grillini si scannano sul salva Stati. Pronta la scissione dell’ala pro Conte. In 86 sarebbero sul punto di mollare Di Maio” (La Verità, 6.12). “Di Maio fonda Forza Sud per salvare la sua leadership: una rete di fedelissimi pronti a seguirlo in caso di scissione” (il Giornale, 6.12). “‘Sfiducia al capo politico’: il documento dei grillini contrari alla linea Di Maio” (Repubblica, 6.12). “Di Maio perde 12 filodem: ‘Pronti a lasciare il M5S’. 10 deputati e 2 senatori contro la crisi e pro Pd” (Il Dubbio, pag. 1, 7.12). “Di Maio perde pezzi: 10 grillini filo-dem pronti a lasciare i 5S” (Il Dubbio, pag. 7, 7.12). “I 14 che sfidano Di Maio” (Corriere della sera, 7.12). Quindi se ne vanno in 86, anzi in 12, anzi in 10, anzi in 14. Anzi, nessuno.
Ah Sudamerica! “Sui rapporti tra giustizia e politica non possiamo diventare un Paese sudamericano” (Renzi, 1.12). Tipo le repubbliche delle banane dove i politici prendono soldi senza far sapere da chi e poi danno ordini ai giudici.
Dare i numeri. “Quella lettera del 2002 che inguaia ‘Giuseppi’ sulla sua nomina a prof nel 2002” (il Giornale, 3.12). Ah sì, la lettera del 2009.
Giornalismo investigativo. “C’è poco da fare… la Meloni ha sempre ragione” (Alessandro Giuli, Libero, 4.12). Slurp.
Il titolo della settimana/1. “Bonafede cancella 2 mila anni di civiltà giuridica” (Renato Farina, Libero, 3.12). Quella che ci ha regalato 2 milioni di processi prescritti negli ultimi 15 anni.
Il titolo della settimana/2. “Una grande coalizione blocca i rifiuti della Raggi” (Libero, 3.12). Li porta tutti lei da casa.
Il titolo della settimana/3. “Disastro lettura: un ragazzo su 20 sa distinguere fatti e opinioni” (Repubblica, 4.12). Gli altri 19 leggono Repubblica.
FQ 9 dicembre