giovedì 1 ottobre 2020

Conte ha detto cose di sinistra. - Daniela Ranieri

 














I “moderni”. Eravamo abituati ad ascoltare “premier” che, citando a vanvera La Pira, parlavano col vocabolario della banca d’affari JP Morgan e del Centro Studi Confindustria e flirtavano con la finanza.

Se uno è povero e disoccupato è un po’ colpa sua. Bisogna lasciar fare al mercato. Il Reddito di cittadinanza crea un esercito di fannulloni. Dobbiamo aiutare le imprese, basta sussidi a pioggia. Quanto vi urtano queste asserzioni? Se poco, è perché ormai le abbiamo introiettate; ce le hanno somministrate per via intramuscolare per quarant’anni.

Il 27 settembre, in collegamento col Festival nazionale dell’Economia civile di Firenze, Giuseppe Conte ha fatto un discorso al cui centro erano invece queste parole: giustizia sociale; sviluppo sostenibile; spesa pubblica; valorizzazione della dignità del lavoro opposta al consumismo individualista. “Negli ultimi decenni – ha detto – il capitalismo si è avviluppato in una prospettiva neoliberale, inadeguata ad affrontare le crisi recenti”. Noi eravamo rimasti che il capitalismo era l’igiene del mondo e il neoliberismo lo Spirito del Tempo, e non bisognava mostrarsi schizzinosi ad abbracciarlo, altrimenti si finiva come in Cina.

“Distruzione del valore d’impresa, massimizzazione del profitto di breve periodo, l’uomo ridotto a una visione economicistica”, ha proseguito, impongono di “rimeditare il nostro agire in politica economica e sociale”, per rompere il “fallace incanto del benessere” secondo “l’obiettivo della giustizia sociale”. Sono parole da tempo impronunciabili, anche a sinistra; a parte Bersani, che infatti dal Pd è uscito, governanti e oppositori del centro(-)sinistra, dal D’Alema di Nanni Moretti in poi, si sono ben guardati dal dire “cose di sinistra”, convinti dai guru della comunicazione che ogni idea radicale fosse “massimalismo” e “pregiudizio ideologico” (del resto già De Gasperi, nel 1958, veniva accusato dai liberali e dal Sole 24 Ore di aver concesso all’opposizione, in nome della giustizia sociale e del solidarismo cristiano, troppe restrizioni all’economia di mercato); parimenti, i politologi spiegavano che “si vince al centro”, e intanto vinceva la Lega. Berlusconi ha insegnato a generazioni di servitori dello Stato che l’elettore appena sente l’espressione “giustizia sociale” pensa alla patrimoniale, e non bisogna spaventare il ceto medio produttivo, sennò poi quello si offende e porta i soldi all’estero (intanto i ricchi lo facevano lo stesso, impuniti o condonati, e la politica servile e cieca creava 8 milioni di poveri assoluti). Eravamo abituati a sentire “premier” che, citando a vanvera La Pira e vantandosi di guidare “il governo più di sinistra degli ultimi 30 anni”, parlavano col vocabolario della banca d’affari JP Morgan e del Centro Studi Confindustria e flirtavano coi magnati e gli squali apolidi della finanza, mentre la destra additava ai poveri i poverissimi quali causa della loro miseria, così da spezzare ogni solidarietà tra disgraziati. Non era solo questione di linguaggio: secondo alcuni leaks stranoti, la nostra Costituzione andava rivista in senso meno “socialista”, manovra peraltro tentata e per fortuna fallita. Norberto Bobbio, in Destra e Sinistra (1994), scrisse che la diade destra/sinistra va vista nell’ottica della dicotomia tra eguaglianza e diseguaglianza; per ironia crudele della sorte, l’edizione del 2014 uscì con un commento di Matteo Renzi, che dichiarava “superati” i confini stabiliti da Bobbio e li sostituiva con altri: “Aperto/chiuso”, come “dice oggi Blair. Avanti/indietro, chissà, innovazione/conservazione, movimento/stagnazione”. E invece no: la pandemia ha reso vieppiù chiaro che esiste una destra, nazionalista, individualista, antiscientifica, che difende il profitto a ogni costo ed è tarata sul singolo (persino sulla sua presunta libertà di infettare), e una sinistra che tutela la collettività e i diritti sociali, prevede l’intervento dello Stato in economia e a soccorso dell’indigenza e valuta le autonomie regionali nell’ottica di un’amministrazione pragmatica e funzionale, non di un’egemonia monetaria su questioni fondamentali di salute pubblica. Ci voleva un evento mondiale di portata catastrofica per demolire le farneticazioni su terze vie e “problemi né di destra né di sinistra”, perché se è vero che il virus non fa distinzioni di ceto, i suoi effetti sono diversi su fasce diverse della popolazione (e per fortuna il Reddito di cittadinanza dei “grillini” ha attutito il colpo per 3 milioni di cittadini), e le soluzioni per contenerlo e limitare i danni economici del lockdown sono eccome di destra o di sinistra. Ci sono gli squinternati, i minimizzatori devoti al Pil, Bolsonaro e Trump, Gallera e Fontana, “Milano non si ferma” e “Bergamo non fermarti”; oppure c’è la soluzione di Speranza e Conte di ascoltare gli esperti e adottare misure d’emergenza e di Sanità pubblica mettendo in secondo piano il Pil. Ogni terza via ambigua, come quella di Macron in Francia, si è rivelata non efficace. L’ha capito pure il premier inglese Johnson: “Non risponderemo a questa crisi con ciò che la gente chiama austerità”, e ha specificato: “Non sono un comunista”. Ci voleva tanto, per pronunciare l’indicibile: esiste un problema di distribuzione della ricchezza, di sfruttamento schiavistico del lavoro, di erosione del welfare e quindi dell’uguaglianza e della dignità umana. Questo perché la sinistra ha fallito proprio nell’interpretazione nel suo ruolo dentro la globalizzazione, omettendo di rappresentare la sua base d’elezione – i poveri, gli operai, i disoccupati, i precari, gli insegnanti – e consegnandola allegramente agli aguzzini dei finti contratti e dell’indegno salario, condividendone e ricalcandone pedissequamente il lessico e i non-ideali. Così la giustizia sociale, sotto la scure di una manipolazione progressiva, è diventata “invidia sociale”, mentre il lavoro è (ri)diventato una concessione dei padroni e il mero luogo della riproduzione della loro ricchezza, in una sudditanza psicologica che gli elettori hanno fatto pagare, da ultimo, al Pd di Renzi, il più alacre nel rinforzo ai forti col sacrificio dei deboli (vedi Jobs Act). La Lega di Salvini, che aveva preso i voti come forza di aggregazione dei popoli contro le élite e i poteri forti, si è rivelata invece una propaggine neoliberista del potere a guardia dello status quo, con, in più, innesti di furbo provincialismo finanziario. In un momento in cui i soliti rottweiler competitivisti (spesso “progressisti”) attaccano quotidianamente e con ferocia i lavoratori, il settore pubblico, il blocco dei licenziamenti e le misure di sostegno al reddito (anche con volgari spiritosaggini da bar, come fa il dottor Bonomi) e assolvono bonariamente gli imprenditori che hanno finto la Cassa integrazione per rubare soldi pubblici, Conte ha pronunciato parole-tabù, liberandole da decenni di interdizione; sarebbe bene che il M5S e il Pd le facessero proprie e le traducessero in politica vera, invece di allontanare sempre più il popolo con astratti bizantinismi identitari.

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Da Natangelo...

 


Costituzione italiana.

 


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Coronavirus, Conte: 'Proporremo proroga dello stato d'emergenza'.

 















La proposta riguarda uno slittamento dei termini fino al 31 gennaio.

Il Governo starebbe valutando l'ipotesi di una proroga dello stato d'emergenza per il Covid-19 fino al 31 gennaio.
La proroga al momento scade il 15 ottobre, ma il perdurare dell'emergenza ha suggerito agli esperti del Cts di allungare i tempi dello stato d'emergenza.

E il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte ha confermato quella che era fino a questa mattina solo un'ipotesi. "Andremo in Parlamento a chiedere la proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio" ha detto il premier ai giornalisti a margine della visita alla scuola media 'Francesco Gesuè' a San Felice a Cancello (Caserta).

Il premier nella stessa occasione ha ribadito che per il Governo "Quota 100 scadrà nel 2021" e ha annunciato "altre formule per gestire un problema che è oggettivo". Rispondendo alla domanda di un giornalista, Conte ha detto: "Non è che ho rinunciato a quota 100, è che ho sempre annunciato che si tratta di una misura triennale, in scadenza nel 2021. Troveremo poi altre formule - ha proseguito - per gestire questo problema. Con il ministro Catalfo, siamo al lavoro sull" APE sociale e su altri provvedimenti". E sulla sua pagina Facebook, il presidente del Consiglio ha fatto sapere che "oggi entrerà in vigore la "Fiscalità di vantaggio" per tutte le aziende del Sud. Tutte le imprese che operano nelle regioni del Mezzogiorno potranno contare su un taglio del 30% del costo lavoro per tutti i loro dipendenti. I lavoratori non subiranno nessuna riduzione delle proprie retribuzioni". "E' una misura che abbiamo introdotto anche grazie all'impegno del Ministro Peppe Provenzano. Vogliamo rendere questa boccata di ossigeno stabile e duratura in modo da favorire la ripartenza e il rilancio produttivo del Sud. Un Sud più solido e competitivo renderà più forte l'Italia intera", aggiunge.

"Da quanto ho capito, si protrarrà". Così Roberto Fico, presidente della Camera, risponde in merito a una proroga dello stato di emergenza, legato alla pandemia da coronavirus. "È una cosa - ha affermato - di cui si occuperà il Governo. 

"Sulla proroga dello stato di emergenza discuteremo in Parlamento molto presto come è giusto che sia e io sarò in Aula all'inizio della settimana. Io sono sempre per la linea della massima prudenza e ho sempre mantenuto questa impostazione ma credo che sia corretto che ne discuta il Parlamento e che se ne discuta nel governo perchè in una grande democrazia si fa così". Lo ha detto il ministro della Salute, Roberto Speranza, in visita allo stabilimento Sanofi di Anagni, dove partirà la produzione del vaccino anti-Covid a cui stanno lavorando in collaborazione le multinazionali Sanofi e Gsk.

Il ministro della Sanità Roberto Speranza terrà nell'Aula del Senato comunicazioni sul nuovo DPCM sull'emergenza coronavirus nel pomeriggio del prossimo 6 ottobre. Sulle comunicazioni saranno votate risoluzioni dall'Assemblea. Lo ha deciso la conferenza dei capigruppo di Palazzo Madama.

(Nella foto ANSA Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte in visita alla scuola Francesco Gesue' di San Felice a Cancello)

https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2020/10/01/ipotesi-di-proroga-dello-stato-demergenza-al-31-gennaio_5b4c2437-a8f2-4be7-b827-299e74275cc8.html

Il governo ha deciso: revoca Atlantia, 10 giorni per cedere. - Carlo Di Foggia


 










Rottura totale. I Benetton minacciano l’apocalisse finanziaria.

Nel dossier Autostrade per l’Italia ogni giorno ha la sua pena e il suo ultimatum. La strada però sembra tracciata verso una nuova escalation. Il governo ha deciso di procedere alla revoca della concessione ed entro 10 giorni porterà la decisione in Consiglio dei ministri. In questo lasso di tempo si attende da Atlantia, la holding controllata dai Benetton, un passo indietro. Dal canto suo il colosso ha reagito ieri paventando l’apocalisse finanziaria: “Una simile mossa causerebbe un default gravissimo per l’intero mercato finanziario europeo”, ha fatto filtrare alla stampa. È l’ultima trincea dei Benetton ed è anche l’aspetto che spaventa di più il governo. In ambienti finanziari filtra che Altantia stia facendo il diavolo a quattro per spingere la Commissione europea a intervenire, tanto più che al netto dei Benetton, il 70% della holding è in mano soprattutto ai grandi fondi esteri.

Andiamo con ordine. Ieri è servito un ennesimo vertice a Palazzo Chigi. Al tavolo, il premier Giuseppe Conte e i ministri di Tesoro e Infrastrutture Roberto Gualtieri e Paola De Micheli con i rispettivi capi di gabinetto. Ieri scadeva l’ultimatum dato ad Atlantia per accettare le condizioni previste dall’accordo del 14 luglio scorso per chiudere la ferita del Morandi con la vendita di Aspi e la presa di controllo da parte della Cassa Depositi e Prestiti. La trattativa si è arenata sulla richiesta di Cdp di essere manlevata dai rischi legati ai contenziosi giudiziari sul ponte di Genova, che possono ammontare a miliardi di euro. Atlantia martedì ha risposto che la manleva è inaccettabile e si può trattare solo sul prezzo. Poi ha bollato come “illegale” la decisione del governo di subordinare tutti gli atti amministrativi, necessari ad aggiornare la concessione e chiudere il contenzioso del Morandi, alla cessione di Autostrade alla Cassa Depositi e Prestiti. Mossa che la holding ha denunciato a Bruxelles.

A Palazzo Chigi, ministri, premier e tecnici hanno fatto il punto. Ne è uscita una lettera spedita ieri ad Atlantia in cui il governo respinge le accuse, e avverte che porterà gli atti conseguenti in un Cdm che sarà convocato entro dieci giorni. In serata il premier ha fatto il punto nel Consiglio dei ministri convocato, già previsto per approvare alcuni provvedimenti in scadenza.

Nelle stesse ore, Atlantia riuniva la stampa e paventava l’apocalisse finanziaria: “La revoca – ha fatto sapere – provocherebbe un default sistemico gravissimo, esteso a tutto il mercato europeo, per oltre 16,5 miliardi di euro (i debiti di Atlantia, ndr), oltre al blocco degli investimenti. Verrebbero così messi a serio rischio 7.000 posti di lavoro di Autostrade. Bisogna assolutamente evitare questo scenario nefasto”. Il colosso si appella “all’equilibrio del premier Giuseppe Conte”, ma conferma di non voler accettare le condizioni dettate dal governo, anche perché “gli azionisti di Atlantia, dei quali il 70% è rappresentato da fondi istituzionali, hedge fund, investitori internazionali, non sono disposti ad approvare in assemblea soluzioni che non siano trasparenti e di mercato”. È questa l’ultima trincea. I grandi fondi stanno premendo a Bruxelles perché intervenga inibendo l’esecutivo italiano. Tutti guardano a Margrethe Vestager, la commissaria europea alla Concorrenza, assai sensibile alle istanze francesi. Tra gli azionisti colpiti ci sarebbero anche gruppi d’oltralpe. Tra i soci di minoranza di Aspi, per dire, oltre ai cinesi di Silk Road c’è un altro 7% detenuto da un veicolo, Appia Investment, sottoscritto dal gruppo assicurativo tedesco Allianz e dal colosso francese Edf Invest e Dif, con due suoi fondi infrastrutturali. Nei giorni scorsi Atlantia ha fatto sapere che la Commissione le ha inviato una lettera in cui spiega di star monitorando attentamente la situazione. La speranza è che un intervento più deciso blocchi la strada al governo italiano.

La palla, come sempre, è nelle mani dell’esecutivo. Se manterrà fede alla minaccia, la prossima settimana sarà convocato un Cdm per decidere sulla revoca. Tecnicamente sarà un’informativa del premier, la revoca vera e propria arriverà con un decreto interministeriale firmato da Gualtieri e De Micheli. Servirà però sciogliere il nodo di cosa fare di Aspi e della gestione dei 3mila km di autostrade in mano al concessionario. In base al decreto Milleproroghe di fine 2019 dovrebbe passare in mano all’Anas, ma si ipotizza anche di commissariare Aspi. Un primo punto verrà fatto già lunedì, quando è in programma il Consiglio dei ministri che deve approvare la Nota di aggiornamento al Def e le modifiche ai decreti Sicurezza. Parte del governo, specie i 5Stelle, premono però per decidere già in quella data.

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/01/il-governo-ha-deciso-revoca-atlantia-10-giorni-per-cedere/5950014/

Dalla D'Urso? - Massimo Erbetti

 



Eh si, non vi scandalizzate, c'è un motivo se la memoria difensiva è stata data alla D'Urso. Niente avviene mai per caso e niente è fatto con leggerezza, come vogliono farvi credere. Tutti a sorridere, a fare battute, tutti a prendere in giro il "soggetto"...dalla D'Urso? Eh si...ma ve lo siete dimenticato quell'altro che l'8 maggio 2001, cinque giorni prima delle elezioni politiche, nel corso della trasmissione televisiva Porta a Porta firmò il famoso "contratto con gli italiani"? Con esso l'allora capo dell'opposizione si impegnava, in caso di vittoria elettorale, a varare varie riforme riassunte in 5 punti e, in caso di mancata realizzazione di almeno 4 punti, a non ricandidarsi alle successive elezioni politiche. Ve lo ricordate vero?
E l'altro? Quello che per rispondere a The Economist che lo aveva ritratto in un fotomontaggio con un gelato, fece arrivare un carrettino dei gelati direttamente nel cortile di Palazzo Chigi? Che poi è lo stesso che per spiegare a un milione di insegnanti, a 600 mila precari e a venti milioni di famiglie, la riforma della scuola come un maestrino dalla penna rossa, pubblicò sul sito del Governo un video che lo ritraeva davanti ad una lavagna con i gessetti in mano? E ancora lui...quando per presentare la sua "svoltabuona" fece le famose slide..ma ve le ricordate? Quelle che realizzò per far vedere, tra le altre cose, che metteva in vendita su EBay 100 auto blu...poi ne vendette una sola...Vabbe...fa niente, mica le doveva vendere davvero, doveva solo farlo credere..
Ecco il nostro passato recente è pieno di Leader che per farsi notare, fanno cose che al momento sembrano ridicole, assurde, incomprensibili...fanno cose per cui vengono derisi per giorni e giorni...ma credete veramente lo facciano perché sono degli idioti? Eh no cari miei, è una scelta ben precisa: far parlare di loro e tutti ci sono riusciti, hanno fatto centro...se noi per due giorni parliamo della memoria difensiva del "soggetto", è solo perché lui lo ha dato alla D'Urso e visto che lo avremmo potuto dimenticare, ce lo ha anche ricordato su Twitter, con tanto di link per scaricarlo...sarei veramente curioso di sapere in quanti lo hanno scaricato e quanti italiani ha raggiunto questa notizia...sicuramente 100 volte in più di quelli che hanno seguito la puntata di Report di lunedì scorso...Capito come funziona la propaganda? Report lancia la bomba e non succede nulla..."l'essere" porta la memoria difensiva dalla D'Urso e tutto il paese ne parla...
Vi fa ancora sorridere sta cosa?...

https://www.facebook.com/photo?fbid=10218436091519234&set=a.2888902147289

Storie horror: confindustria applaude un 5s. - Antonio Padellaro

 


Stentiamo a crederci, eppure è successo davvero. Martedì, a Roma, all’assemblea di Confindustria. Sono brutte storie di cui non vorremmo mai occuparci. Inaudite. Inconcepibili. Un segno inequivocabile del degrado dei tempi. Eppure, la cronaca del Corriere della Sera non lascia dubbi, e a essa ci affidiamo increduli ma, sia ben chiaro, declinando ogni responsabilità per ciò che siamo costretti a riportare. “I primi timidi applausi per Patuanelli sono arrivati quando il ministro ha detto: ‘che un terremoto si è abbattuto sul mondo delle imprese e ora lo Stato deve fare la sua parte’. Una volta rotto il ghiaccio per altre sette volte la platea ha battuto le mani”.

Fermiamoci qui per favore e riprendiamo fiato perché, non ci crederete, ma lo Stefano Patuanelli di cui si parla è un grillino. Sì, un ministro dello Sviluppo economico targato 5stelle, e già questo dovrebbe interrogarci sull’enormità dell’episodio. Poiché costui è un componente di quel cosiddetto movimento che non pago di aver fuorviato il settanta per cento degli elettori inducendoli a tagliare il numero dei parlamentari – e dunque a pugnalare al cuore la democrazia – si è reso ultimamente protagonista di comportamenti indecorosi che più che alla politica appartengono alla cronaca nera. Grillino è infatti quel Pasquale Tridico che ha arraffato la poltrona dell’Inps per raddoppiarsi gli emolumenti e incamerare i pingui arretrati (e anche se non è andata così non fa niente, sono cavoli suoi). Purtroppo lo spazio è tiranno e per comprendere di chi stiamo parlando – di una casta ancora più casta di quella casta che essi volevano aprire come una scatoletta di tonno (che poi hanno ingurgitato con tutta la confezione) – citeremo un paio di significativi episodi. La faccia tosta per non dire peggio di quell’Alessandro Di Battista che dopo aver rifiutato a più riprese una poltrona da ministro (ma chi si crede di essere?) apprendiamo che “vestirà i panni di ‘professore’ di giornalismo per la testata online Tpi, previo pagamento di 185 euro”. Previo, e abbiamo detto tutto. E non ci sono parole neppure per commentare quanto accaduto all’agriturismo Cobragor, in borgata Ottavia a Roma, dove al termine dell’allegra tavolata della nuova casta, “i ragazzi del governo un po’ distratti lasciano un totale di 50 euro di mancia. In trenta, 1,6 euro a testa” (Il Foglio). Pazzesco. Alle luce di tutto ciò gli otto applausi confindustriali a un esponente di questa conventicola di tirchi e incompetenti destano ancora più stupore. Ma ’sti industriali chi li paga?

https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2020/10/01/storie-horror-confindustria-applaude-un-5s/5950020/