venerdì 28 maggio 2021

Le Regioni che hanno vaccinato di più: in testa il Molise, in coda la Sicilia. - Riccardo Ferrazza

 

I punti chiave


In testa c’è il Molise, nelle ultime posizioni la Sardegna: è la graduatoria delle dosi somministrate ogni 100mila abitanti nella quale le due Regioni, pur accomunate dal ritorno lunedì in fascia bianca, hanno performance molto diverse. Su centomila molisani sono stati inoculati quasi 60mila vaccini anti-Covid, quelli registrati sull’isola sono meno di 52mila. Anche in Friuli Venezia Giulia dal 31 maggio cadranno tutte le restrizioni (ad eccezione del distanziamento e dell’utilizzo della mascherina): la Regione è sopra la media nazionale con quasi 57mila dosi. Ultima in questa classifica è la Sicilia, distanzata di 11mila dosi rispetto al Molise.

In Molise «lavoro di qualità»

Le somministrazione di dosi ogni 100mila abitanti è uno delle misure con cui poter giudicare la campagna di vaccinazione delle Regioni partita 150 giorni fa. Non l’unica, però. Perché conta anche il modo in cui sono state distribuite le dosi per fasce di popolazione. Sotto questo aspetto il Molise è stato “promosso” dal commissario all’emergenza Covid Francesco Paolo Figliuolo nel corso della sua visita: «Sono molto soddisfatto per il lavoro che si sta facendo in Molise - aveva detto il generale - e non solo perché in questa regione è stato raggiunto e mantenuto il target assegnato, che è di circa 2.500 vaccinazioni al giorno con potenzialità di oltre tremila, ma soprattutto perché si fa un lavoro di qualità. Siamo in media sugli over 80». In Molise il 91,2% degli ultra 80enni ha ricevuto una dose, il 79% ha completato il ciclo vaccinale.

Sicilia: -11mila (ogni 100mila abitanti) rispetto al Molise

La Regione siciliana è stata la prima a dare il via libera per le inoculazioni agli studenti maturandi, partite il 26 maggio su base volontaria e senza prenotazione. Ma è anche l’unica dove ci sono zone rosse (quattro comuni in provincia di Palermo in lockdown fino al 3 giugno). L’isola è nelle ultime posizioni per coperture vaccinale delle fasce prioritarie indicate dal commissario all’emergenza: la percentuale di over 80 con ciclo completo è pari al 66,2% (un ulteriore 11,9% con sola prima dose), quella di fascia 70-79 anni con ciclo completo è pari al 32,3% (a cui aggiungere un ulteriore 34% con sola prima dose). Infine, la percentuale di popolazione 60-69 anni con ciclo completo è pari al 24,4% a cui aggiungere un ulteriore 30,3% con sola prima dose.

La Sicilia ha somministrato 2,4 milioni di dosi. Ma guardando al numero di vaccini ogni 100mila abitanti si evidenzia il ritardo della Regione: 48.874 dosi: -5.700 rispetto alla media nazionale e -11mila rispetto al Molise. «Stiamo facendo tutto quello che era possibile fare. I vaccini in Sicilia vanno somministrati con sobrietà perché non arrivano in quantità» è la spiegazione del presidente regionale Nello Musumeci. «È anche vero che alcuni fattori hanno contribuito a creare situazioni diverse, prima fra tutti la diffidenza verso i vaccini» ha aggiunto.

Liguria in terza posizione.

A tenere il passo del Molise sulle vaccinazioni parametrate ogni 100mila abitanti è invece la Liguria, alla seconda settimana con dati da zona bianca e destinata a passare alla fascia senza restrizioni dal 7 giugno. La Regione è l’unica, insieme al Molise, a sfiorare le 60mila dosi ed è seguita dall’Abruzzo a quota 57mila.

IlSole24Ore

Fisco, con la flat tax al 15% in fuga dall’Irpef oltre 700mila contribuenti. - Marco Mobili e Giovanni Parente

 

È quanto emerge dall’analisi delle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2020 e relative all'anno d'imposta 2019 pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze.

Sono più di 700mila i contribuenti in fuga dall'Irpef. A tanto ammontano le adesioni delle partite Iva che hanno scelto la flat tax al 15% e che nel 2019, primo anno d'imposta di applicazione della tassa piatta introdotta dal Governo Conte 1 a trazione giallo-verde, ha fatto lievitare l'esercito dei contribuenti forfettari a 1.563.000. È quanto emerge dall'analisi delle dichiarazioni dei redditi presentate nel 2020 e relative all'anno d'imposta 2019 pubblicate sul sito del Dipartimento delle Finanze.

Crescono i redditi degli autonomi.

Grazie alla flat tax al 15% per chi ha ricavi o compensi fino a 65.000 euro, dunque, le Finanze sottolineano come crescano significativamente i redditi medi da lavoro autonomo (+25,4%) e quelli d'impresa (+6,8%). La fuga dalla progressività dell'Irpef in favore di una tassa piatta è l'opzione dei contribuenti che hanno ricavi e redditi più bassi. Nella tassazione ordinaria, dunque, restano solo i soggetti con redditi più alti, determinando così valori medi più elevati. Si mantengono invece sostanzialmente stabili i valori medi del reddito da partecipazione (+0,8%).

Tasse e mattoni.

Nel 2019 il reddito da fabbricati, fanno notare dal Dipartimento delle Finanze, tassato in via ordinaria, si è attestato a 26,1miliardi di euro. Anche sul mattone va comunque registrata una fuga dall'Irpef che per il 2019 è stata del 2,2% favorita soprattutto dalla cedolare secca sugli affitti.

«Quota 100» spinge i redditi da pensionati.

Il reddito medio da pensione dichiarato al Fisco cresce del 2,4%, confermando il trend degli anni precedenti, mentre, grazie a Quota 100 diversamente dagli altri anni è aumentato il numero di pensionati (oltre 18.500 soggetti in più, +0,1%).

iù contratti a termine.

La fotografia restituita dalle Dichiarazioni dei redditi prima della pandemia coronavirus mostra come sia cresciuto anche il reddito medio da lavoro dipendente (+1,1%). Un dato che conferma evidenzia da una parte l'aumento del numero di lavoratori con contratti a tempo indeterminato (+2,5%) e dall'altra una diminuzione dei lavoratori con contratti a tempo determinato (-2,6%).

Le dichiarazioni presentate.

I contribuenti Irpef che si sono dichiarati al Fisco sono circa 41,5 milioni e hanno presentato i modelli di dichiarazione “Redditi Persone Fisiche” e “730”, e risultano in aumento di oltre153.000 unità La dichiarazione più usata è il 730 scelto da oltre 22 milioni di persone fisiche. A spingere il modello semplificato è stata soprattutto la precompilata anche questa in crescita e scelta da altri 800mila contribuenti in più rispetto all'anno d'imposta 2018. Sono invece 9,1 milioni i soggetti che hanno presentato invece il modello “Redditi Persone Fisiche”, mentre i dati dei restanti 10,4 milioni di contribuenti sono transitati con le Certificazioni uniche.

IlSole24Ore

Vaccini: da 3 giugno si apre a tutte fasce età. Entro lunedì l'ok Aifa per gli adolescenti.


Atteso per oggi il via libera da parte dell'Ema.

Dal 3 giugno sarà possibile somministrare vaccini a tutta la popolazione fino ai 16 anni, senza più dover rispettare il criterio delle fasce di età. È quanto annuncerà una circolare della struttura Commissariale per l'Emergenza di Francesco Figliuolo, non ancora diffusa.

"Gli adolescenti li avevo già inseriti nel piano vaccinazioni presentato a marzo": a dirlo, rispondendo a una domanda dell'ANSA, è stato il commissario straordinario all'emergenza Covid, il generale Francesco Paolo Figliuolo, al termine della visita al centro vaccinale di Bastia Umbra.

"Il piano delle vaccinazioni include anche la classe degli adolescenti, quelli che vanno da 12 a 15 anni" ha ribadito. Figliuolo ha inoltre ricordato che "la popolazione di adolescenti tra 12 e 15 anni è di circa 2 milioni e 300 mila giovani". 

"Il 10 maggio l'Fda ha già approvato i vaccini per gli adolescenti, l'Ema li approverà oggi e l'Aifa recepirà questa autorizzazione - nell'arco di un paio di giorni - perché non c'è nessun'altra indicazione preferenziale. C'è già un'età, ci sono già i vaccini e credo che oggi si completerà il ciclo per gli adolescenti dai 12 ai 15 anni. Ci sono 8,5 milioni di adolescenti in questa fascia d'età". Lo ha detto a Sky TG24 Giorgio Palù, presidente dell'Aifa, ospite di 'Buongiorno'.

L'Aifa quindi, dopo l'Ema, autorizzerà questo vaccino nel giro di uno o due giorni, "come è sempre avvenuto. Domani o al massimo lunedì. Poi dipenderà dalla disponibilità dei vaccini, come sappiamo per questa età sono raccomandati i vaccini a mRna. Negli Usa si sta studiano anche per i bambini più piccoli, e quello che sappiamo è che la risposta immunitaria è molto elevata come ci si attende in un sistema immunitario che è ancora giovane. Non solo, ma la protezione dopo la prima dose è oltre il 90% ed è vicina al 100% se non al 100% dopo la seconda dose. I bambini rispondono benissimo e sono protetti".

"Per i ragazzi al momento verranno somministrati solo vaccini a mRna. L'indicazione è un po' difforme nei vari paesi europei. Gli inglesi prima sotto i 30, poi sotto i quaranta non usano vaccini a vettore adenovirale e noi lo consigliamo sopra i 60 anni, in Francia sopra i 55". "Per gli aspetti fisiopatologici sappiamo che i bambini e i giovani adolescenti si infettano meno, trasmettono relativamente anche meno perché hanno meno ricettori sulle cellule piteriali delle vie respiratorie superiori. Però abbiamo imparato che con le varianti che hanno un aumentata affinità per i ricettori, un maggiore indice di contagiosità anche i bambini si infettano e possono essere una via di trasmissione quindi possono essere un importante serbatoio. Questo vaccino - ha ricordato Palù - si aggiunge per fascia d'età ma non rientra ancora in quello che è il calendario vaccinale per la vita". 

"Per Curevax, secondo quanto dice l'Ema per giugno dovrebbe esserci l'analisi del dossier - ha aggiunto - e se tutto va bene il via libera per luglio. E' un vaccino a mRna, è una tecnologia che hanno i nostri colleghi tedeschi e speriamo che presto anche in Italia ci sia questa impostazione verso l'innovazione tecnologica e diventiamo autonomi per essere in grado di produrli".

"E' possibile che il Sars-Cov2 sia sfuggito dal laboratorio di Wuhan, ma non lo sapremo mai finché i cinesi non collaboreranno mostrandoci tutte le carte" ha proseguito Palù. "Sicuramente questo virus è originato dalla Cina. Non potremo mai dire con certezza se sia un virus naturale o artificiale, non ne abbiamo la prova sierologica, né abbiamo trovato un ospite intermedio rispetto al pipistrello 'zampa d'elefante' che vive nelle grotte dell'estremo sud della Cina".

ANSA

giovedì 27 maggio 2021

Cingolani, il grande equivoco “verde” nel governo Draghi. - Gianni Barbacetto

 

Il più grande equivoco del governo Draghi si chiama Roberto Cingolani. Ognuno può dare il giudizio che vuole sull’operato dei Migliori, ma nessuno potrà negare che i fatti del ministro della Transizione ecologica sono quantomeno sfasati, incongruenti, contraddittori rispetto alle promesse con cui Cingolani è stato catapultato al governo. Doveva essere il protagonista della svolta, la novità radicale, il mutamento epocale, la rivoluzione verde. È stato la giustificazione del sostegno dei Cinquestelle a Draghi. Si sta dimostrando invece il più grosso errore di Beppe Grillo (dopo il video sul figlio). E lo possiamo ormai sostenere anche andando oltre il suo curriculum, che non lo qualifica certo come uomo del rinnovamento.

Ha gestito per anni un centro di ricerca a Genova (Iit) finanziato non per i suoi meriti, con modalità competitive, ma per concessione dall’alto del governo. Ha avuto così tanti soldi da non riuscire a spenderli, nell’Italia in cui la ricerca ha finanziamenti scarsi e insicuri. Il risultato più esibito è stato un robottino dalla faccia carina che non abbiamo ancora capito bene a che cosa serva. Cingolani ha poi garantito a Matteo Renzi il suo “progetto petaloso”: la partenza a Milano, per coprire il vuoto progettuale del dopo-Expo, di Human Technopole, per fortuna subito strappato a “Cingo” per l’immediata insurrezione del mondo dell’università e della ricerca. Come risarcimento è stato mandato a fare il manager a Leonardo, dove ha piazzato anche il suo uomo-comunicazione. E infine, eccolo qua, a incarnare la promessa green del governo Draghi. Ma i fatti, purtroppo, smentiscono le promesse. Più che ministro della Transizione ecologica, sembra il ministro del greenwashing. Qualche esempio.

Nel Piano nazionale energia e clima è prevista una corsia preferenziale per i “nuovi impianti per la produzione di energia e vettori energetici da fonti rinnovabili, residui e rifiuti”. Le ultime due paroline (“residui e rifiuti”) significano inceneritori, i cari, vecchi, inceneritori. Resta pesante la presenza del gas, tanto che perfino John Kerry, inviato speciale per il clima del presidente Usa Joe Biden, ha osservato: “Il ministro Cingolani mi ha mostrato le mappe dei gasdotti, esistenti e in discussione. Ma attenzione: il gas naturale è comunque un combustibile fossile, composto all’87 per cento circa di metano, quando lo bruci crei Co2 e quando lo sposti possono esserci perdite molto pericolose”. Per non spremersi le meningi a inventare progetti verdi, “Cingo” e il governo hanno preso i progetti già pronti delle aziende: Eni, Snam, Enel, che per la natura del loro business non hanno proprio una spontanea vocazione verde. Così finanzieranno con i soldi del Pnrr (quelli dell’Europa per fare cose nuove e green) il vecchio progetto “waste to fuel” (dai rifiuti al carburante) già avviato dall’Eni a Gela e a Marghera. E quello, sempre dell’Eni, a Ravenna, per riconvertire “impianti finalizzati a ridurre le emissioni da parte del settore industriale, ivi compresa la cattura, il trasporto, l’utilizzo e/o stoccaggio della Co2”. Avanti tutta, così, con le trivelle in Adriatico, che invece di essere dismesse continueranno a operare. A Enel sarà concesso di operare nei suoi impianti con meno controlli. A Snam via libera per i suoi gasdotti, quelli che lasciano perplesso finanche l’inviato di Biden. In generale, pochi soldi alla ricerca pubblica (solo 11 miliardi dei 60 a disposizione del ministero da qui al 2027). E meno controlli per tutti, via libera a interventi rapidi e finanziati con una cascata di soldi pubblici, nella terra della corruzione e delle mafie. Le organizzazioni criminali si stanno già preparando. L’esperienza ci insegna che ne vedremo delle belle. Poi, al primo scandalo – ci scommetto – la politica comincerà a strillare che la magistratura deborda e frena lo sviluppo.

IlFQ

Massimo ribasso, minima sicurezza: sai che impresa… - Antonio Padellaro

 

Nel leggere l’accusa per gli arresti di Stresa – avere manomesso i freni d’emergenza per non bloccare l’impianto, e avere dunque provocato la tragedia del Mottarone – insieme al disgusto mi è venuta in mente questa frase: l’Italia del massimo ribasso. Procedura che probabilmente non c’entra nulla con la criminale decisione d’inserire sulla funivia il letale “forchettone” (termine molto italiano), ma che molto invece ha a che fare con quella cultura, diciamo così, d’impresa, che pur di aggiudicarsi un appalto – o di garantirsi gli incassi di giornata – non bada a spese. Nel senso che riduce i costi all’inverosimile, comprimendo i salari e favorendo il lavoro in nero.

Ma è soprattutto sulla minima sicurezza che si rivale il massimo ribasso, come dimostrano i numeri assurdi degli infortuni sul lavoro: 554.340 denunciati all’Inail nel 2020, leggermente in calo nell’anno della pandemia, ma con 1.270 morti, più 16,6% rispetto al 2019. Senza contare il problema delle infiltrazioni mafiose che nella deregulation trovano sempre un terreno più che fertile. Principio quello di risparmiare su tutto il risparmiabile sul quale si preferisce non sottilizzare troppo nel momento in cui l’Italia riprende a camminare. Infatti, se qualcuno prova a obiettare che la giusta necessità di accelerare il processo produttivo, evitando le lungaggini burocratiche, non può avvenire a discapito dell’incolumità dei dipendenti e degli utenti, apriti cielo. Nel migliore dei casi le osservazioni prudenziali sulla indispensabile incolumità delle persone saranno catalogate come “ideologiche” (ovvero stataliste e dunque anti-industriali). Come se chiedendo verifiche più rigorose avessi parlato male di Garibaldi.

Speriamo che dopo le aspre critiche di sindacati, Pd e sinistra sulla bozza del decreto Semplificazioni – con costi abbattuti in eccesso, subappalti a volontà e controlli affidati ai controllati – non si debba un giorno parlare del governo Draghi come del governo del massimo ribasso. E che l’auspicata ripresa non debba mai più consentire che le vite umane siano giocate sulla ruota della fortuna. Fino a quando succede che un cavo si spezza.

IlFQ

Farsa in Senato: sì unanime contro i vitalizi. - Tommaso Rodano

 

Palazzo Madama - Dopo aver abolito i tagli e restituito l’assegno ai corrotti come Formigoni, la destra di Salvini e B. vota con le altre forze le mozioni anti-privilegi.

Una burla, una recita gattopardesca: tanto fiato per nulla. Il Senato – che con Mario Draghi non tocca palla sulle questioni di sostanza – si riunisce per la prima volta sui vitalizi ai condannati, dopo che gli organi di giustizia interna hanno restituito l’assegno a Roberto Formigoni e a diversi colleghi che si sono macchiati di reati contro lo Stato.

Una seduta perfettamente inutile. In aula si fa solo fuffa, l’intervento sui vitalizi, in caso, dovrà spettare al consiglio di presidenza di Palazzo Madama. Al termine di una discussione a tratti surreale, il Senato approva, sullo stesso argomento, tre mozioni diverse. Firmate da gruppi che in teoria hanno posizioni molto differenti. I senatori – con maggioranze variabili e astensioni incrociate – dicono sì a tutto: al testo dei “giallorosa” (M5S, Pd e LeU), a quello di Italia Viva e pure al centrodestra. E quindi agli stessi partiti (Lega e Forza Italia) che hanno fatto restituire il vitalizio ai condannati col voto dei propri rappresentanti nella Commissione contenziosa e nel Consiglio di garanzia del Senato.

Cosa dicono le tre mozioni? Più o meno la stessa cosa, con qualche sfumatura. Quella di centrosinistra chiede che gli uffici del Senato trovino una soluzione per applicare la Legge Severino e revocare il vitalizio ai condannati; quella delle destre vuole “rivalutare” la direttiva del Senato del 2015 (firmata da Piero Grasso, toglieva i vitalizi agli ex senatori condannati). Infine c’è il testo bizantino dei renziani, che impegna il Senato “ad adottare tutte le opportune determinazioni, volte a disciplinare i casi di revisione o revoca del vitalizio dei senatori, cessati dal mandato, che siano stati condannati in via definitiva per delitti di particolare gravità”.

Fuffa, fuffa e ancora fuffa. Come denuncia il 5Stelle Primo Di Nicola, votando in dissenso dal suo gruppo: le mozioni sono inutili, un atto d’ipocrisia istituzionale. L’iniziativa appartiene al Consiglio di presidenza del Senato, scavalcato in modo illegittimo dalla sentenza dell’organo di giustizia interna (“Come se un tribunale avesse cancellato una legge ordinaria”). “Il Consiglio di presidenza – secondo Di Nicola – ha il dovere di sollevare un conflitto di attribuzione di fronte alla Corte costituzionale. Altrimenti è meglio uscirne”.

Il resto del dibattito è un lungo palleggio retorico. Le mozioni sono di facciata: i partiti di centrodestra – da Italia Viva fino alla Lega – votano per risolvere il problema dei vitalizi ai condannati, ma parlano esplicitamente in difesa delle prerogative parlamentari. Di tutti i parlamentari, compresi i Formigoni. I senatori di Salvini – che un tempo metteva il faccione sui proclami “anti Casta” – hanno cambiato versione da un pezzo. Persino nel Pd (come si vedrà nelle parole di Anna Rossomando) la difesa delle prerogative “repubblicane” è al di sopra di ogni cosa.

La maggioranza degli eletti ha intenzioni evidenti, nonostante provi ad annacquarle nel bicchiere di una retorica parlamentare terribile. L’argomento magico di chi difende l’assegno per chi ha disonorato la sua funzione pubblica, paradossalmente, è la Costituzione.

Luigi Vitali (Forza italia) – I diritti umani e la dignità della persona – “Secondo due sentenze della Corte costituzionale, la n. 3 del 1966 e la n. 78 del 1967, non è sufficiente la semplice condanna o la semplice interdizione dai pubblici uffici per perdere un vitalizio, una pensione, un assegno, uno stipendio, ma si deve guardare alla gravità del fatto, alla tutela della dignità e al rispetto dei diritti umani e della dignità della persona”.

Giuseppe Cucca (italia Viva) – E allora il reddito di cittadinanza? – “Ho difficoltà oggettivamente a pensare che possiamo privare del sostentamento una persona che vive in condizioni di indigenza totale in un sistema nel quale un condannato per reati gravissimi, come può essere l’omicidio o qualsiasi altro reato, continua serenamente a godere della propria pensione, dei propri emolumenti per sopravvivere. Ciò maggiormente in un sistema che ha introdotto degli istituti che sono quantomeno strani, se è vero come è vero (la cronaca è piena di esempi), che talvolta dei condannati per fatti gravissimi hanno goduto del reddito di cittadinanza”.

Anna Rossomando (Pd) – I tribunali speciali e il patriottismo repubblicano – “Vogliamo dire che siamo qui in una democrazia rappresentativa a rappresentare un’altissima funzione? È soltanto per questo motivo che abbiamo delle prerogative, a difesa della libertà del Parlamento, perché non è un caso che la Costituzione sia nata all’uscita dal fascismo, quando c’erano i tribunali speciali e chi dissentiva veniva messo in carcere. La prerogativa è nata esattamente con quel tipo di funzione e in quel senso (…). Ho visto sottolineare molto i termini ‘onore’ e ‘tradimento’. Ne vorrei aggiungere uno, con il quale ci troviamo anche molto bene, ‘il patriottismo repubblicano’. Ed è in questo che ci richiamiamo alla Costituzione, alle sue libertà e al suo inquadramento”.

Stefania Craxi (Forza Italia) – L’orda giacobina – “Una premessa: non cogliere la differente natura della pensione e del vitalizio dei parlamentari – spiegata anche in una sentenza della Corte costituzionale – dice già tutto di coloro che urlano e strepitano (…). Questo, a mio avviso, è anche frutto dell’orda giacobina e del moralismo imperante che da oltre vent’anni si sono abbattuti sulla vita civile e democratica del Paese (…). È il risultato di una lunga stagione di demonizzazione della democrazia rappresentativa, nella quale abbiamo sostituito coloro che vivevano per la politica con l’improvvisazione e il dilettantismo e con alcuni che, sì, senza arte né parte, vivono oggi solo di politica e la usano per carriere e destini personali.

Massimiliano Romeo (Lega) – Sullo stesso piano – “A un cittadino condannato in via definitiva per terrorismo o per mafia non si può toccare o sospendere la pensione o il reddito di cittadinanza; ma se c’è un politico condannato, a lui bisogna per forza toglierla. C’è qualcosa che stona (…). Si tratta semplicemente di mettere tutti sullo stesso piano”.

Giacomo Caliendo (Forza Italia) – Robespierre dove sei? – “Mi limito, in conclusione, ad osservare che si tenta di fare come nel peggior periodo della Repubblica francese, quello della rivoluzione, quando si pretendeva di imporre, attraverso la piazza, le regole del processo e di imporre ai giudici di rispettare la volontà del popolo”.

IlFQ

Processo a punti. - Marco Travaglio

 

Abbiamo sempre sostenuto che questo governo non dovrebbe neppure sfiorare la Giustizia, visti i guai con la medesima dei leader di tre partiti che lo sostengono: il pregiudicato e plurimputato B., l’imputato Salvini e l’indagato Innominabile, senza contare il resto della truppa. Ma ora, lette le proposte sul processo penale della commissione Lattanzi voluta dalla cosiddetta ministra Cartabia, un’altra formidabile ragione sconsiglia a lorsignori qualunque iniziativa: il pericolo che, quando le autorità europee le leggeranno, muoiano dal ridere. Già il fatto che l’Europa possa darci lezioni sui processi brevi è esilarante: la Corte europea dei diritti dell’uomo ha impiegato otto anni per esaminare il ricorso di B. contro la sua condanna definitiva del 2013 e non l’ha né accolto né respinto, ma due settimane fa ha chiesto al governo italiano di spiegare se il processo a B., iniziato nel lontano 2004, fosse giusto o no. Una barzelletta. È noto però che l’Ue ha più volte minacciato di sanzionare l’Italia per la sua prescrizione, fatta apposta per garantire l’impunità, per esempio agli evasori e frodatori fiscali. Quindi, se c’è una riforma che non va toccata è quella di Bonafede che blocca la prescrizione dopo la sentenza di primo grado. Infatti la commissione Lattanzi precisa, bontà sua, che non è urgente. Poi però, siccome non è urgente, fa due proposte per cancellarla. Geniale.

Per sveltire i processi, altra ideona: si stabilisce per legge che le indagini devono durare da 6 mesi per i reati minori a 1 anno e 6 mesi per i più gravi, con una sola proroga semestrale; e i processi 3 anni in primo grado, 2 in appello e 1 in Cassazione. E se sforano? In caso di condanna, l’imputato ha uno sconto di pena proporzionato al ritardo. Cioè ha tutto l’interesse a scatenare i suoi avvocati per farli durare di più, sempreché possa permettersi di pagarli in eterno. Così una norma concepita per abbreviare i tempi finirà per allungarli: più sono lunghi, più ci guadagni. Una specie di patente a punti all’incontrario. Notevole anche la norma, copiata dal piano di Rinascita democratica di Gelli, del Parlamento che detta alle Procure le “priorità nell’esercizio dell’azione penale”, cioè quali reati perseguire e quali no, “tenuto conto della realtà criminale territoriale”. Così la Lega escluderà il sequestro di migranti e il razzismo, FI la corruzione e la frode fiscale, Iv i finanziamenti illeciti alla fondazione Open e gli appalti truccati di Consip e così via. La comica finale è l’“archiviazione meritata” targata Pd: l’indagato può evitare il processo se chiede scusa alla parte lesa e risarcisce il danno o effettua lavori di pubblica utilità. Quindi: se non lo beccano, non rischia nulla; se lo beccano, neppure.

IlFQ