giovedì 15 giugno 2023

SILVIO BERLUSCONI: SE NE VA UN UOMO DI POTERE O DEL POTERE? - Megas Alexandros

 

E’ morto Silvio Berlusconi, per tutti il Cavaliere, e con lui certamente si chiude un’epoca!

Quando muoiono personaggi del calibro del Silvio nazionale i bilanci sono d’obbligo come o forse più delle condoglianze, e stante la prolungata influenza che il suo operato di uomo pubblico ha avuto sulle nostre vite, ognuno di noi ha tutto il diritto di non attendere la Storia, per giudicare un uomo piacevole e simpatico ma che ne ha fatte di cotte e di crude.

Silvio Berlusconi un uomo di potere o del “Potere”? Questa è la domanda che tutti noi ci siamo sempre posti pensando a cosa ha fatto e dov’è riuscito ad arrivare nella sua vita, ma soprattutto per quello che non ha fatto, per le nostre di vite, quando ha avuto tutto il potere per farlo.

Il percorso terreno di Berlusconi in relazione al suo operato, va diviso in modo netto in due parti: quello che ha fatto da imprenditore prima e quello da politico poi.

Fermo restando che anche i successi nel mondo imprenditoriale, quando raggiungono i livelli che ha raggiunto Berlusconi, sono sempre frutto di una liaison di interessi quanto mai stretti con il mondo politico e le lobby che lo comandano. La storia del Cavaliere, è l’ennesima conferma della totale metamorfosi che ogni uomo subisce quando da normale cittadino si trova catapultato nello spregevole mondo della politica.

L’imprenditore di grande successo nel campo immobiliare, il precursore dei tempi in quello televisivo ed il presidente di calcio più titolato al mondo, hanno lasciato il posto al politico che ha contribuito (naturalmente insieme agli altri che si sono alternati), a catapultare il nostro paese nei suoi anni peggiori, dal punto di vista del benessere comune e del degrado morale raggiunto negli ultimi trenta anni.

L’imprenditore che creava migliaia di posti di lavoro ed inanellava successi e miliardi uno dietro l’altro ed il presidente della squadra del Milan, che vinceva in tutti campi del mondo, ha lasciato il posto al politico che ha condotto l’Italia nell’euro, condividendo in pieno tutto il progetto europeo funzionale al saccheggio del paese messo in atto dalle nostre élite, che ha portato disoccupazione, precarietà ed un impoverimento generalizzato mai visto fin dai tempi delle guerre mondiali.

Tra la figura imprenditoriale e quella politica di Silvio Berlusconi c’è poi un comune denominatore, che unisce queste due parti inversamente proporzionali tra loro in fatto di risultati. Un comune denominatore, che si compone dalla classica invidia per chi ha successo. Elemento questo che ha però reso poi difficile decifrare dove sia la verità sulla reale provenienza dei capitali che hanno dato l’avvio alla sua ascesa e che, come sappiamo, sono a tutt’oggi ancora oggetto di indagini in alcune procure.

La classica e fisiologica invidia che alberga tra la gente non sarebbe stata un ostacolo alla verità, se le nostre istituzioni che gestiscono la “Giustizia” non fossero anch’esse state prese d’assalto dagli stessi poteri profondi a cui Berlusconi stesso apparteneva. Finendo per creare quella voluta confusione, dove indagini e processi servono più alle campagne elettorali che a determinare quella verità che uno stato di diritto ed il suo popolo meriterebbero.

Persino le accuse di contiguità con la Mafia che da anni vengono attribuite a Berlusconi, finiscono per lasciare il tempo che trovano, in un paese dove oggi il cancro mafioso è totalmente asservito alla metastasi massonica.

Non voglio e non mi interessa entrare su questi aspetti della vita di Berlusconi, lo faranno i magistrati di Firenze (dove ancora sono in corso le indagini sulle stragi di mafia); naturalmente, se riusciranno a staccarsi dal Sistema di potere che sappiamo ancora essere ben presente nei nostri luoghi di giustizia.

C’è una cosa però che mi interessa in modo particolare dell’operato del Berlusconi-politico; una cosa che, a dire il vero, interessa a tutti noi italiani e che ci dà la risposta alla domanda oggetto del titolo del presente articolo.

In questi giorni, dopo la sua morte, stiamo ascoltando di tutto sulla vita di Silvio Berlusconi. La stampa main- stream, come sempre si divide a metà tra i suoi detrattori e gli innamorati cronici, ma nessuno (e sottolineo nessuno) ricorda quel fatidico anno 2011, quando la nostra democrazia subì un vero e proprio “golpe bianco”.

Gli stessi poteri che nel 1992, con ancora caldo nelle strade il sangue di Falcone e Borsellino, abbatterono la prima Repubblica – e scelsero Silvio Berlusconi come l’uomo che a breve avrebbe fondato un nuovo partito dal nulla (Forza Italia) per condurre il paese – solo pochi anni dopo, con Draghi e l’allora presidente Napolitano al comando, decisero che per la democrazia nel nostro paese l’ora della fine era scoccata.

La storia la conosciamo tutti, Berlusconi se ne va ed arriva a Palazzo Chigi Mario Monti, per mettere in atto le famose politiche fiscali lacrime e sangue, per un massacro sociale funzionale al saccheggio del paese e tenersi l’euro; una valuta di stampo coloniale sostanzialmente a cambio fisso, con la quale è stato ricreato un “gold standard” di fatto, per mantenere intonsi i risparmi delle élite nostrane.

Berlusconi, che negli anni a venire ha poi dimostrato di conoscere il funzionamento della moneta moderna, e quindi cosa sarebbe successo al paese con l’arrivo del governo tecnico, di fronte al golpe ed in totale spregio al bene degli italiani, col quale sempre si sciacquava la bocca nei suoi innumerevoli discorsi pubblici, si fece da parte come un agnellino e addirittura andò anche in sostegno del governo-Monti.

Arrivarono immediatamente la distruzione della domanda interna e quella di un tessuto produttivo che ci aveva reso i migliori al mondo. A fermare lo spread ci pensò immediatamente Draghi, con le ormai note politiche monetarie che avrebbe potuto mettere in atto anche con Berlusconi. Ma quello che ai poteri interessava fermare, per continuare il saccheggio, erano le politiche fiscali e la certezza che gli stessi potessero ricevere 80 miliardi all’anno di interessi dal sangue degli italiani.

Tutto questo Silvio Berlusconi lo sapeva ma, come un vigliacco più totale, rinnegando se stesso e gli italiani, decise di tacere per ordine di scuderia e, naturalmente, per interesse personale.

Non solo, la discesa morale di uomo che invecchiando non si poteva più guardare – noi in TV e lui allo specchio – è continuata quando in seguito, per esclusiva finalità di campagna elettorale, ci ha fatto capire che sapeva benissimo come stavano le cose e cosa stava succedendo al suo popolo.

Basterebbe ascoltare il suo discorso del 2013 al Consiglio Nazionale del Popolo delle Libertà (che riporto qua sotto), per comprendere come Silvio Berlusconi sia stato un appartenente fedele, di quelli che tengo famiglia, alla stregua di un Bagnai qualsiasi (tanto per fare un nome, all’interno dei numerosi esemplari che il Parco della nostra politica contiene):

https://www.facebook.com/100008866261137/videos/638413197899476/

Era il 2012, aveva da poco ceduto la poltrona a Mario Monti quando, in vista della nuova campagna elettorale, Silvio fingeva di minacciare la UE con quello che non aveva fatto appena un anno prima sulla poltrona di governo:

«vi dico l’idea pazza: la Banca d’Italia stampi euro», se la Bce non vuole farlo. «Se l’Europa non dovesse ascoltare le nostre richieste – ha poi aggiunto – dovremmo dire “ciao ciao” e uscire dall’euro» [1]

L’ultima considerazione su Berlusconi la voglio fare a livello morale. Non vi è dubbio che in quel fatidico anno 2011 Berlusconi si è dimostrato tutt’altro che Uomo Vero, poiché invece che essere fedele agli italiani ed alla Repubblica, in virtù del giuramento fatto quando è divenuto Presidente del Consiglio, la sua fedeltà l’ha riservata alle oligarchie che hanno in mano il paese ed alle quali lui stesso apparteneva.

Questo lo rende a pieno titolo uomo del Potere!

Nel paese della normale devianza, come è il nostro attualmente; per molti certamente Berlusconi avrà scritto la storia in senso positivo. In un paese dove i deviati sono considerati normali ed i normali sovversivi, è giusto che Berlusconi si sia meritato i funerali di Stato…..

non per il sottoscritto!

di Megas Alexandros

https://comedonchisciotte.org/silvio-berlusconi-se-ne-va-un-uomo-di-potere-o-del-potere/

Cinque cose da sapere sulla villa di Silvio Berlusconi: a chi andrà ora? - Fabrizio Gatti


Da un duplice omicidio, con suicidio dell'assassino, all'arrivo di Silvio Berlusconi. RaiTre ha ricostruito il passato di Villa San Martino ad Arcore, la bella tenuta che ha ospitato la camera ardente del Cavaliere in attesa dei funerali. Il luogo simbolo di trent'anni di politica, dei vertici di Forza Italia e di tante riunioni riservate, affonda la sua storia in un sanguinoso caso di cronaca nera. L'avevano rivelato due libri di Giovanni Ruggeri e Mario Guarino: “Berlusconi, inchiesta sul signor Tv” nel 1987 e “Berlusconi – Gli affari del Presidente” nel 1994 non ebbero però vita facile, inseguiti per anni dai legali del protagonista. È andata molto meglio vent'anni dopo a un documentario della tv del servizio pubblico, intitolato “I marchesi Anna e Camillo Casati Stampa”, firmato da Marco Marra e trasmesso nel 2014 durante la prima puntata del programma "Stelle nere".

1 – Il giallo di via Puccini.

Sono le sette e un quarto di una domenica sera, il 30 agosto 1970, in via Giacomo Puccini 9 a Roma. È l'ultimo cancello a sinistra, una meraviglia in ferro battuto, prima di via Pinciana e di Villa Borghese. Agli ultimi due piani vivono il ricco marchese brianzolo, Camillo Casati Stampa, 43 anni, e la moglie Anna Fallarino, 41.

Sposati da undici anni, non hanno figli. Ma frequentano un'ampia cerchia di amici e amiche con cui condividono tutto. Anche le loro intimità, come scopriranno le indagini. La vita di Anna diventa ancor più complicata quando nel suo cuore entra un pariolino romano, Massimo Minorenti, 25 anni, il suo giovane amante.

2 - Anna Fallarino e l'amante.

La sera del 30 agosto si ritrovano tutti e tre nell'appartamento di via Puccini. Forse Camillo ha intenzione di chiudere con Anna e suicidarsi. Lo lascia intendere un biglietto trovato durante le perquisizioni. Forse Anna e Massimo hanno l'obiettivo di farsi mantenere da Camillo. Non ci sono testimoni. Il marchese prende uno dei suoi fucili da caccia è spara sei colpi calibro dodici. Uccide per primo il ragazzo. Due colpi. Poi il suo amore. Tre colpi. L'ultimo sparo è per sé.

I Casati Stampa sono una famiglia nobile lombarda. Camillo Casati Stampa di Soncino aveva ereditato una distesa di terreni a Segrate, appena fuori Milano. Palazzi e appartamenti ovunque. Un'intera isola nel Tirreno, la scenografia naturale per le sue trasgressioni con Anna e gli amici. E una villa antica ad Arcore, in viale San Martino, nelle campagne appena fuori Monza. Una dimora che quando era proprietà dello zio, il conte Alessandro Casati, aveva ospitato più volte il filosofo Benedetto Croce.

3 - Due minuti per l'eredità.

Una volta uccisi la moglie, l'amante e se stesso, rimane una sola discendente: Anna Maria Casati Stampa di Soncino, nata dal primo matrimonio di Camillo. Ma la ragazza ha 19 anni e, per la legge di allora, è ancora minorenne e non può toccare nulla. Il testamento di Camillo, aperto davanti a un notaio, tra l'altro dichiara la moglie erede universale. Il patrimonio per miliardi di lire rischia così di finire alla modesta famiglia di Anna Fallarino, partita a 16 anni da Amorosi, un piccolo paese in provincia di Benevento. Ma è necessaria una condizione: che Anna, pur ferita gravemente, sia morta dopo Camillo. In caso contrario, l'erede sarà la figlia del marchese.

Come spiegare ai nostri figli i funerali di Stato - di Fabrizio Gatti

“È l'autopsia a ristabilire la verità – spiega Marco Marra nel documentario di RaiTre – a calcolare la manciata di secondi che separa le vite dei due amanti”. La differenza, stimano i medici legali, è di due minuti e mezzo a favore del marito.

4 – Cesare Previti, ministro.

La giovane figlia di Camillo Casati Stampa è quindi la legittima proprietaria dell'immenso patrimonio. Ma anche dei debiti del padre con il fisco. Poiché è ancora minorenne, come tutore le viene assegnato un amico di famiglia: il senatore liberale Giorgio Bergamasco, avvocato a Milano e ministro per i Rapporti con il Parlamento nel secondo governo di Giulio Andreotti. Ma nella gestione delle sue proprietà è seguita personalmente da un avvocato nato a Reggio Calabria e cresciuto professionalmente a Roma, Cesare Previti, 36 anni, futuro parlamentare e ministro della Difesa nel primo governo di Silvio Berlusconi. Rimaniamo a quegli anni.

L'avvocato Cesare Previti nel documentario di RaiTre

La ricostruzione della tv pubblica entra nei dettagli: “Nel 1973 è proprio l'avvocato a fare una proposta alla sua assistita – sostiene il documentario di RaiTre –. Anna Maria, infatti, insieme al patrimonio del marchese Camillo, ha ereditato un discreto debito che il padre ha contratto con il fisco italiano. Un debito pari a un miliardo 278 milioni e 520mila lire. E se vendessimo quella villa in Brianza? Non sappiamo che farcene di quel casale diroccato”.

5 – Il giovane Silvio Berlusconi.

Le condizioni di Villa San Martino non sono infatti quelle attuali. Anche se all'interno ci sarebbero una biblioteca con migliaia di volumi, arredi e opere d'arte di grande valore non ancora valutati. Secondo la stima comunicata alla figlia del marchese, non merita più di cinquecento milioni di lire, circa 260 mila euro, al valore di allora. Troppo poco per coprire il debito con lo Stato. Ci sono però i terreni della dinastia Casati Stampa. Quelli a sud di Milano e gli altri a est, a Segrate. Ettari di campi agricoli. Si arriva così a un accordo preliminare per la compravendita.

“La società interessata – dice il conduttore di RaiTre – è una società immobiliare di Milano che fa capo a un giovane e ambizioso imprenditore edile milanese”. Il costruttore si chiama Silvio Berlusconi, ha 37 anni e un progetto tra i tanti: realizzare a Segrate una seconda Milano, ma a misura di persona, per chi se lo può permettere. Con il verde, il lago artificiale, gli appartamenti, i balconi grandi, la chiesa e le scuole sotto casa. La futura Milano 2.

Anna Maria accetta, ma passano gli anni. “Dopo varie peripezie, nel 1979 – sostiene il documentario – si sancisce con un ennesimo atto notarile che la tenuta verrà pagata con 800 azioni di una delle tante società dell'imprenditore milanese. Le dicono che varrebbero queste azioni la bellezza di un miliardo e settecento milioni. Ma quando Anna Maria, dal Brasile dove si è trasferita per sempre tenta di venderle, solo uno si fa avanti. È proprio quell'imprenditore che però le riprende a metà prezzo. Alla fine la villa sarà venduta, terreni a parte, per cinquecento milioni di lire. Oggi sfiora i cinquantadue milioni di euro”. Se la stima è corretta, cinquantadue milioni attuali equivalgono, dopo i lavori di restauro e l'allargamento del parco, a una dimora di oltre cento miliardi di lire: a chi andrà ora?

https://www.today.it/attualita/silvio-berlusconi-funerali-villa-arcore.html

mercoledì 14 giugno 2023

CAIMANI DI FATA: LA SCOMPARSA DI BERLUSCONI. - Di Accattone il Censore, per comedonchisciotte.org

 

L’uomo che ha inventato la tv commerciale in Italia non è riuscito a mandare la sua morte in pubblicità. Forse perché non c’era già più Costanzo a lanciare i consigli per gli acquisti.

Il clown felliniano delle declinanti stagioni ha fatto l’ultimo capitombolo della sua vita.

Nei commenti del poi, tutto si trasfigura e qualcuno lo innalza addirittura al ruolo di statista. Ma i rialzi che pare portasse nelle scarpe non possono fare tanto.

Ci lascia da uomo di spettacolo, con un giallo che non avrà soluzione come ogni giallo italiano che si rispetti. Chiunque abbia visto quel suo ultimo video di 21 catatonici minuti, palesemente manipolato, ha avuto più di un sospetto: quando è morto Silvio Berlusconi? Dopo l’uscita dal San Raffaele sono apparsi comunicati, ma non si è più vista una fotografia… Simbolico contrappasso per un uomo che ha fatto della propria immagine un culto da vendere a un popolo in cerca di un Messia finalmente mondano e vincente sui campi di calcio.

La fine di Berlusconi, che ha portato l’America in televisione e da lì nella testa degli italiani, è degna di una commedia hollywoodiana: Week end con il morto. Dietro le quinte, forse c’erano troppe faccende da sistemare: equilibri familiari e internazionali. E il coro doveva fare le prove per il de profundis al governicchio Meloni: sotto il belletto appaiono già i foruncoli del governo tecnico.

Sicuramente Berlusconi era già morto dal 2011, quando a Dauville si dice che Obama gli avesse sussurrato: «O non cadi, o cadi in piedi». E così ci fu il golpe Monti e la magica interruzione della persecuzione giudiziaria. Probabilmente, Berlusconi pagò una politica estera (Gheddafi e Putin) poco gradita ai padroni atlantici, contraria ai programmi che abbiamo visto svilupparsi fino ai giorni nostri.

Qualcuno avrebbe voluto che riuscisse a resistere, che, insomma, avesse la tempra dell'”eroe”. Ma quanti eroi abbiamo in Italia, oltre a quelli falsi che ci fanno studiare sui libri di storia?

La scomparsa di Berlusconi è tuttavia un evento, perché Berlusconi ha rappresentato un’era, un inganno, un sogno, una proiezione, che hanno inciso in profondità nella cultura italiana. È stato l’italiano più famoso degli ultimi trent’anni, forse insidiato da Francesco Totti e con questo abbiamo detto tutto sul degrado del Paese.

Dall’operazione Tangentopoli in poi – grande messa in scena con la quale si travestì da pulizia morale un colpo di Stato che prevedeva l’eliminazione di un ceto politico legato alla prima repubblica e ostile alla marginalizzazione dell’Italia prevista dal progetto europeo – la politica è cambiata: le parole d’ordine del marketing imperano e sono tutte telegeniche e tutte provenienti dall’America: spettacolarizzazione, personalizzazione, carisma.

Berlusconi e le sue convention le interpretano subito alla perfezione, maldestramente imitate dalle altre forze politiche. Arrivano gli appassionanti e reclamizzati duelli televisivi, rodati già da decenni sugli schermi del nuovo continente:  Occhetto contro Berlusconi, come Kennedy contro Nixon.

Berlusconi è il profeta della americanizzazione della tv e della politica: l’uomo che si è fatto da sé, che porta in Italia il sogno a stelle e strisce dell’uomo qualunque che ha costruito una fortuna e, in aggiunta, con sanguigno e indomito spirito latino, organizza, ultrasettantenne, festini orgiastici in grado di rivaleggiare con antichi baccanali o suggestioni da Mille e una notte. L’italiano medio va in visibilio di fronte a questa luccicante proiezione dei propri desideri elevata al cubo: donne, potere, miliardi. E il frustrato Nando Mericoni di Un americano a Roma è finalmente compensato e sublimato dal suo contraltare: l’imprenditore milanese che ha trovato una via italiana all’America e fonda città e imperi televisivi come un novello pioniere della frontiera del benessere.

Oggi la Milano da bere è finita in una flebo, nel triste sorriso chirurgico di un clown morente. L’ultimo rappresentate della Madison Avenue de noantri è stato Salvini, l’ex ragazzo prodigio de Il pranzo è servito; pallido imitatore del carisma cristallino, inimitabile dono di Dio, uomo sandwich che ha sostituito i cartelli pubblicitari con le felpe e del Milan può solo essere tifoso.

Eppure, nonostante il suo impero televisivo sembri l’attuazione del piano della loggia Propaganda Due di costituire un polo televisivo privato, alternativo alla Rai, Berlusconi è stato anche un perseguitato. Considerato un parvenu dalla nobiltà – si fa per dire – economico finanziaria italiana, isolato nei ricevimenti al Quirinale.  Bersaglio per decenni della stampa, utilizzato come capro espiatorio, con l’antiberlusconismo unico contenuto e cifra espressiva della pseudo sinistra italiana della seconda repubblica. Attraverso la militanza contro di lui – vera o falsa – si sono costruite le carriere di acclamati registi e giornalistucoli da strapazzo, che si sono arrogati il diritto spocchioso di un giudizio morale.

Berlusconi ha fatto molto comodo: è stato il paravento,  la cortina fumogena che ha coperto (oltre alle proprie) le malefatte altrui e la distruzione dell’Italia.

E veniamo al lascito culturale, secondo me l’aspetto più importante e deleterio del passaggio del nostro a queste latitudini. L’americanismo più deteriore (ce n’è forse un altro?), fatto di superficialità, vuotezza, volgarità, ha inondato attraverso i teleschermi le case, trovando facile asilo nei cervelli disabitati degli italiani. La televisione di Stato, che, fino a quel punto, aveva offerto – tra enormi limiti e condizionamenti – alcuni contenuti di indubbia qualità, anche sul piano della confezione e del gusto (pur tra palesi ammiccamenti alla BBC), ha rincorso sullo stesso terreno il nuovo modello.

Oggi l’esito di questa competizione al ribasso è sotto gli occhi di tutti: il deserto culturale, l’annichilimento del pensiero, la trasformazione antropologica dell’Italia in una colonia. Uno svuotamento culturale che ha accompagnato lo svuotamento istituzionale.

Questa transizione ha preparato anche la volgarità e il vuoto pneumatico di internet, che sarebbero altrimenti impossibili.

Consegnandoci un Paese culturalmente invivibile, l’opera e l’eredità di Berlusconi sono indelebili e imperdonabili.

Poi c’è il lato umano. Come quando regalò, durante il loro primo incontro, a Cossutta e Bertinotti una spilletta a forma di falce e martello. Di fronte a questi suoi gesti, si rimaneva sempre nel dubbio di essere di fronte all’ipocrita affabilità del venditore porta a porta, o ad una sincera sensibilità umana.

Ma sull’uomo, sulla sua interiorità, non è lecito alcun giudizio.

Qualcosa di tutti noi – chi lo ha amato e odiato – muore con lui. Muore un po’ il sogno, la falsa speranza cui ognuno di noi dentro di sè si aggrappa; e, dietro le promesse bugiarde, resta solo il tragico presente italiano.

Berlusconi andrà, forse, a fare spettacolo da qualche altra parte. Chissà se lassù dove si odono musiche celestiali, si potrà iniziare di nuovo dal piano bar; intanto, qui, la camera ardente sarà sostituita da una camera al dente, sponsorizzata da qualche nota ditta di pastasciutta.

Accattone il Censore


https://comedonchisciotte.org/caimani-di-fata/

Divina commedia - Dante - Middei

 

Ricordate l’espressione: «fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza?»
Dante le fa dire ad Ulisse. Sono forse le parole più celebri dell’intera Divina Commedia. Ma cosa significano? Che cosa vi sta dicendo Ulisse? Ecco è molto semplice: vivere per mangiare, respirare, soddisfare i bisogni primari della vita, significa vivere come animali. Non essere niente di più. In tanti scelgono questa sorta di vita: non pensano, fanno ciò che tutti fanno, non hanno curiosità, non hanno passione, si limitano a sopravvivere, capite? Dante invece vi sta dicendo: non vivete come bruti, perché non siete nati soltanto per questo!
Ricordate le parole di Kant: abbi il coraggio di servirti della tua intelligenza? Più di duemila anni prima invece un altro grande filosofo diceva: conosci te stesso. Il conosci te stesso di Socrate, il Sapere aude di Orazio (osa sapere!) vi stanno dicendo la stessa identica cosa. La vostra missione su questa terra è di arricchire il vostro bagaglio di conoscenze e di esperienze. Siate curiosi, pensate, indagate, ponetevi continui domande, esercitate e mettete in pratica la vostra intelligenza, perché è il pensare che vi rende umani!
Oggi invece c’è la televisione, ci sono i giornali, gli influencer: tutte queste persone fanno una cosa, una cosa soltanto: vi distraggono! Vi esortano a non pensare. Pensare non va più di moda. Non scegliete in questi nidi di mediocrità e conformismo i vostri modelli. Pensate ad Ulisse invece. Ulisse è il simbolo della curiosità, è l’eroe che per il l’instancabile desiderio di sapere non ha esitato a spingersi oltre i limiti del mondo conosciuto. Dante, Foscolo, Tennyson, D’Annunzio… generazioni di poeti e scrittori hanno parlato di Ulisse, per ricordarvi questo: vivere e sopravvivere non sono affatto la stessa cosa!
G.Middei, anche se voi mi conoscete come Professor X (Cari amici, con un senso di commozione vi comunico che il mio romanzo Clodio è alla sua ultima ristampa. Se vi piacciono la storia e la filosofia, vi lascio il link per leggerne un estratto gratuito: https://www.amazon.it/Clodio-G-Middei/dp/8832055848
#letteratura #filosofia #dante #scuola #istruzione #cultura

martedì 13 giugno 2023

Immagini emblematiche.

 

Immagini emblematiche che invitano a pensare e fantasticare. 

Francesco Nuti

 


Madonna che silenzio c'è stasera!

      Buon viaggio, Francesco.
Ieri te ne sei andato, ma resterai vivo nei miei ricordi.

Chiagni e Foti. - Marco Travaglio



La combriccola di “giornalisti” che parla di processi che non conosce ha emesso un’altra sentenza irrevocabile: siccome Claudio Foti, condannato in primo grado a 4 anni, è stato assolto in appello per la vecchia insufficienza di prove (art. 530 comma 2 Cpp) da un solo episodio del caso Bibbiano, sono innocenti pure gli altri 17 imputati tuttora a processo a Reggio Emilia per un centinaio di capi di imputazione, con 155 testi e migliaia di intercettazioni, già avallati da un gup, da 3 giudici del Riesame e da 5 di Cassazione; anzi, a Bibbiano non è successo niente.
Mentana “chiede scusa” a Foti a nome “di tutto il sistema dei mass media” (e parlare per sé?).
La Stampa dice che “il paese esce dall’incubo” (che non sono i bambini strappati alle famiglie con false accuse, ma il processo a chi le fabbricò).
Per il Messaggero “crolla il castello di carta”.
Merlo su Rep straparla di “sciacallaggio” dei “grillini” e dei “soliti giornalisti” (quindi lui non c’entra).
E, tanto per cambiare, dà ragione a Renzi che sul Riformatorio chiede a Meloni, Salvini e Di Maio di scusarsi per una delle poche cose giuste che han detto: cioè che rubare bambini ai genitori con la connivenza delle giunte targate Pd, che in Val d’Elsa affidarono senza gara a Foti&C. le terapie minorili per oltre 200mila euro, fu uno scandalo.
Questo bel quadretto illumina anche la credibilità dei “garantisti” all’italiana, che beatificano lo psicologo per ora assolto (c’è ancora la Cassazione). E fingono di non sapere che nulla è più “giustizialista” del metodo da lui teorizzato e praticato in varie parti d’Italia e proseguito a Bibbiano dai suoi seguaci, fra cui la moglie imputata a Reggio.
Le perizie della sua onlus “Hansel e Gretel” hanno accusato decine di genitori, nonni, zii, maestri di aver violentato, abusato, menato, persino coinvolto in riti satanici un’infinità di bimbi che per questo furono sottratti alle famiglie e affidati ad altre; dopodiché s’è scoperto che non avevano fatto nulla, sono stati assolti e i bambini son tornati in famiglia e a scuola, se intanto genitori e maestri non s’erano suicidati o ammalati.
Bel garantismo.
Ricordate le maestre, la bidella e lo scrittore di Rignano Flaminio, sputtanati come pedofili e poi assolti? C’erano pure le perizie di Foti.
Il sequel fu nella Bassa Modenese, dove però l’inchiesta giornalistica Veleno di Pablo Trincia ruppe il muro di omertà.
I fatti di Bibbiano – in attesa di sapere dalla sentenza principale se furono reati o solo vergogne penalmente irrilevanti – dicono che tutti i bambini dati in affido in base alle perizie dei fotiani sono tornati alle famiglie naturali e tutti i genitori processati per violenze e abusi sono stati assolti.
Siccome ora dovremmo tutti chiedere scusa a Foti, con quei bambini e con quei genitori chi si scusa?
FQ 9 giugno.