di Paolo Flores d’Arcais.
L’articolo 2, comma 8, dello Statuto Pd è chiarissimo: “Sono esclusi dalla registrazione nell’Anagrafe degli iscritti e nell’Albo degli elettori le persone che siano iscritte ad altri partiti politici o aderiscano a gruppi di altri partiti politici all’interno di organi istituzionali elettivi”. Beppe Grillo non è iscritto ad un altro partito e non è membro di alcun “organo istituzionale elettivo”, nel quale aderire a un “gruppo di un altro partito politico”. Se non gli venisse data la tessera dalla sua sezione territoriale si tratterebbe di una violazione smaccata dello Statuto da parte di coloro che lo hanno formulato. Sarebbe insomma una “interpretazione ad personam” degna delle berlusconiane leggi ad personam, azione con la quale la nomenklatura del Pd confesserebbe coram populo la sua assimilazione dei “valori” del regime berlusconiano.Chiunque abbia a cuore la democrazia, perciò, ha il dovere di ribellarsi a un atto che suonerebbe infamia verso tutti i militanti del Pd e verso tutti coloro che intendono iscriversi. Chi stabilisce una regola deve poi rispettarla, questo è l’abc di chiunque pretenda di usare il termine “democrazia” e “democratico”. Il resto è feccia.Lasciano perciò increduli gli “argomenti” usati per impedire a Grillo di iscriversi. “Per iscriversi al Pd bisogna condividerne il progetto politico”, ha detto il tale. Ma i contenuti di questo progetto, e il leader che lo dovrà realizzare, lo stabiliranno milioni di cittadini il 25 ottobre, e potrà essere un progetto indigeribile per i Franceschini e i Bersani, i D’Alema e i Veltroni e i Marini, perché così stabilisce lo Statuto che essi stessi hanno imposto. Chi pretende di escludere qualcuno a priori pensa di essere il proprietario del partito (ecco un altro tipico tratto berlusconiano), la cui linea invece dovrà essere decisa da tutti i liberi “elettori” tra alcuni mesi, con il voto nei gazebo. “Il Pd non è un taxi”, ha detto il talaltro. No, non è un taxi, dove si sale e si scende quando fa comodo. Ma volendo stare alla metafora, non è stabilito in anticipo chi lo guida e quale sia l’indirizzo a cui si reca. Ambedue le cose verranno decise il 25 ottobre, e a trattare il Pd da taxi non è stato Grillo ma la signora onorevole Binetti, Opus Dei, che ha già detto che se vince Marino lei se ne va.Infine, questi inveterati signori delle tessere confondono evidentemente il Pd con il regime dei mullah iraniani, dove per candidarsi bisogna prima essere approvati dal “Consiglio dei Guardiani”. Insomma, cercando di impedire a qualcuno, in regola con lo Statuto, di iscriversi, i dirigenti del Pd dimostrano di avere la vocazione dei cacicchi anziché dei leader, e facendo strame della legalità trascinano il Pd nel fango. Si disonorano rispetto alla democrazia di cui si riempiono la bocca. Ma sono anche stupidi: violando le regole che essi stessi hanno stabilito, otterranno l’unico risultato che per settimane si parli solo di questa loro indecente illegalità, e Berlusconi potrà sguazzare tranquillo nella sua, perché i “dirigenti” del Pd con il loro comportamento avranno legittimato la peggior opinione qualunquista che recita “il più pulito c’ha la rogna”.Sappiano, questi signori, che proprio in questi giorni ci sono cittadini democratici che a decine di migliaia si stanno iscrivendo al Pd proprio per liberarlo dalla nomenklatura e dai gerarchi che lo hanno ridotto al lumicino in cui è. E per trasformarlo di nuovo in una forza di opposizione degna del nome.
(14 luglio 2009)
http://temi.repubblica.it/micromega-online/l%e2%80%99arroganza-suicida-dei-cacicchi-del-pd/
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