giovedì 28 aprile 2011

Il Cav. addebita ai pm pure il biotestamento. - di Alessandro Calvi


Testamento biologico. Prima Berlusconi scrive una lettera ai suoi e li richiama alla «responsabilità» per far passare la legge (da ieri a Montecitorio). Poi, però, la getta nel limbo. Se ne riparla dopo le amministrative. Insorgono i democrat. Respinte le pregiudiziali di costituzionalità presentate da Radicali e Idv.

Dice Silvio Berlusconi che la legge sul fine vita lui proprio non l’avrebbe voluta. Però, poi, c’è da fare i conti con i magistrati - ancora loro - i quali «pretendono di scavalcare il Parlamento e usurparne le funzioni».
Così, ieri il Cavaliere ha preso carta e penna e ha scritto ai suoi deputati per richiamarli alla «responsabilità» e a portare a casa la legge sul testamento biologico. Insomma, siamo alle solite: il centrodestra parla di fine vita quando serve, magari per fare campagna elettorale, tenersi buono un certo mondo cattolico o dividere le opposizioni le quali, peraltro, non si fanno pregare: Fli ieri si è spaccata al primo stormir di fronde e il Pd, se per ora si salva, è soprattutto per l’essere di fatto ininfluente. Tutto già visto, o quasi.
La lettera del premier è arrivata proprio mentre a Montecitorio ci si preparava a un’altra giornata campale dopo le schermaglie dei giorni scorsi sulla legge sul testamento biologico. «È una legge parlamentare - è la premessa di Berlusconi - su cui il governo non è tenuto a intervenire, ma allo stesso tempo è una legge che nasce da circostanze particolari su cui non solo il governo ha preso posizioni chiare e coraggiose, ma io personalmente mi sono adoperato ed esposto con assoluta convinzione». «La gran parte di noi - va avanti il premier - ritiene che sul fine vita, questione sensibile e legata alla sfera più intima e privata, non si dovrebbe legiferare, e anch’io la penserei così, se non ci fossero tribunali che, adducendo presunti vuoti normativi, pretendono in realtà di scavalcare il Parlamento e usurparne le funzioni».
Sembrava, insomma, che il Pdl avesse tutta l’intenzione di accelerare decisamente, almeno sul passaggio a Montecitorio per riconsegnare in tempi rapidi il ddl al Senato per l’approvazione definitiva. Ma tutta questa fretta si è esaurita nel corso dello stesso pomeriggio di ieri. Si partiva infatti dalla richiesta, appoggiata dal centrodestra ma avanzata dall’Udc, di invertire l’ordine dei lavori per dare la precedenza all’esame del biotestamento e si è finiti per rinviare tutto probabilmente a dopo le amministrative.
Già dalla mattina il Pd aveva annunciato il no alla inversione dell’ordine dei lavori. «Buttate i temi che riguardano la vita e la morte nel tritacarne della campagna elettorale», aveva detto Dario Franceschini nel corso del dibattito. Ma, poi, il Pd si era dovuto arrendere e l’aula aveva dato via libera alla inversione.
E, però, la notizia era soprattutto la spaccatura nel Terzo Polo, con Fli che ha votato contro l’inversione richiesta dall’Udc. Poco dopo, la Camera ha respinto le pregiudiziali di costituzionalità presentate da Radicali e Idv e anche la richiesta di sospendere il dibattito presentata dal Pd. E anche in questo caso Fli si è trovata a votare coi democrat. Infine, il colpo di scena. Giancarlo Giorgetti, presidente della commissione Bilancio e leghista, ha chiesto infatti una sospensione per consentire alla commissione di esaminare alcuni emendamenti. A quel punto, il presidente della Camera, Gianfranco Fini, ha fermato tutto. Sarà la capigruppo di oggi a stabilire come si procederà. Ma, certo, col Def da approvare entro fine maggio, è lecito immaginare che il testamento biologico possa tornare a galleggiare nel limbo. E, infatti, Fabrizio Cicchitto ieri sera faceva sapere che «l’importante era marcare una direttrice chiara», ma ormai se ne potrebbe riparlare soltanto dopo le amministrative.
Ma non è soltanto una questione di campagna elettorale, seppure di una campagna giocata all’attacco anche per nascondere almeno un po’ i danni prodotti all’immagine del Cavaliere dai processi milanesi, cosa che i toni della lettera - e l’attacco ai magistrati - fanno immaginare. Questa, infatti, è anche una ghiotta occasione per puntellare gli incerti rapporti con le gerarchie ecclesiastiche. Soltanto un paio di mesi fa, l’incontro tra la delegazione italiana e quella vaticana, entrambe al massimo livello, in occasione della celebrazione dei Patti Lateranensi, si era svolto tra molti imbarazzi proprio a causa delle vicende giudiziarie del Cavaliere, e del caso Ruby in particolare. Si parlò di «gelo» nei confronti di Berlusconi, tanto che non vi fu nessun faccia a faccia. Il premier, comunque sia, fece sapere che il governo era disposto ad accogliere gli orientamenti del Vaticano sui temi non negoziabili. In cima alla lista, oltre alla scuola - sulla quale di lì a poco Berlusconi si sarebbe lanciato in affermazioni che avrebbero fatto letteralmente saltare sulla sedia gli insegnanti - c’era proprio il fine vita.
Ieri don Luigi Verzè, buon amico del presidente del Consiglio, è stato prosciolto per prescrizione dal reato di omicidio del consenziente. In una intervista al Corriere della Sera aveva rivelato di aver fatto staccare la spina a un amico malato. Eutanasia, dunque. Ed è inutile stare qui a ricordare la crociata condotta dal Pdl contro la povera Eluana Englaro, e quella notte di due anni fa quando il corpo della ragazza cessò di vivere e in Senato si assistette a reazioni scomposte, e si ascoltarono certe inutili promesse su una legge che ancora non ha visto la luce e che viene tirata in ballo soltanto quando serve. Di quella storia c’è una eco evidente nella lettera di ieri di Berlusconi. Nel caso di don Verzè, però, nessuno a Palazzo Grazioli si lamenterà dei giudici.




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