Nel 2009 il Comune di cui era sindaco è stato sciolto per condizionamento camorristico. Dopo due anni di commissione prefettizia il primo cittadino di allora, Giuseppe Corcione, si ricandida alla guida di Pago del Vallo di Lauro, un piccolo paese in provincia di Avellino nel quale il clan Cava è padrone indiscusso e dove ora si torna ora a votare. E sulla scheda c’è ancora lui, Corcione. Una competizione contrassegnata da minacce e intimidazioni. Già a febbraio scorso a un altro candidato, Michele Casciello, è stata incendiata l’auto. Episodio finito anche in un’interrogazione parlamentare e poi scivolato nell’archivio dei casi irrisolti. Tanti da queste parti.
Qui comanda il clan Cava. Un sodalizio criminale, impegnato per anni in una faida sanguinaria contro i rivali dei Graziano. I Cava sono in rapporti militari e di affari con il clan Fabbrocino, egemone nel vesuviano. Il boss Biagio Cava oggi è in carcere. Ed è con lui che Corcione ha stretto contatti, secondo la procura. E’ il settembre 2008 quando l’allora sindaco, oggi candidato, riceve un avviso di conclusione indagine e finisce sotto inchiesta per abuso di ufficio con l’aggravante di aver favorito un clan di camorra, tra gli indagati anche il boss Biagio Cava. Sotto i riflettori dell’antimafia napoletana finisce il puc, piano urbanistico comunale, una vicenda pienamente inserita nelle motivazioni che portano all’azzeramento dell’ente. In sede di rinvio a giudizio, nello scorso ottobre, è caduta l’aggravante per mafia, ma non è bastato per bloccare le procedure di scioglimento. Corcione si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda. L’ex sindaco ha fatto ricorso al Tar contro la decisione del ministro degli Interni e poi al Consiglio di Stato. Il provvedimento di scioglimento ha retto ai giudizi della magistratura amministrativa.
La relazione parla chiaro. “Gli aspetti di condizionamento risultano evidenti in una serie di elementi quali: a) episodi di intimidazione che, ad un’analisi successiva, hanno denotato l’assoggettamento degli organi elettivi alle scelte operate dai sodalizi criminali; b) numerose illegittimità poste in essere dall’amministrazione in riferimento al piano urbanistico comunale, con indubbi vantaggi per taluni esponenti della criminalità locale; c) permessi di costruire privi dei necessari presupposti legittimanti, rilasciati in favore di soggetti controindicati”. Il Consiglio di Stato, lo scorso aprile, ha confermato l’azzeramento nonostante in sede penale sia caduta l’aggravante per mafia “il rilievo di tale vicenda – scrivono i magistrati di Palazzo Spada – per quanto isolatamente possa risultare meno grave di quanto affermato nel provvedimento di scioglimento, non può essere trascurato all’interno di un vasto insieme di elementi indiziari univoci”. La misura dello scioglimento ha, infatti, natura preventiva e censura frequentazioni, parentele, vicinanze, assenza di trasparenza, ben presenti nel caso Pago.
Il massimo organo della giustizia amministrativa si è soffermato su un episodio: “Particolarmente significativa l’aggressione al consigliere, capogruppo di minoranza, Amato Carmine (è il terzo candidato in competizione, ndr), oggetto di denunzia(…), con querela nei confronti di soggetto pluripregiudicato, Vitale Luigi di Sabato, affiliato al clan Cava. Secondo le indagini compiute, l’aggressione sarebbe collegabile all’atteggiamento assunto da parte del capogruppo di minoranza nell’ambito di sedute comunali, tendente a contrapporsi alla volontà del gruppo di maggioranza volta a favorire gli interessi della famiglia Vitale”. Ancora. Nella sentenza che conferma lo scioglimento si cita una delibera di giunta che ampliava la piana organica con la previsione di inserire un posto di autista da affidare al fratello di Vitale, il quale già lavorava nella ditta che gestiva i rifiuti. Edilizia, amicizie, frequentazioni e appalti, la cornice solita dei comuni condizionati dal crimine organizzato. In questo scenario si svolge la campagna elettorale, nel piccolo paese che conta poco più di duemila abitanti. E Corcione al primo punto del suo programma ha inserito la riapprovazione del Puc. Lo stesso piano urbanistico comunale che ha portato l’amministrazione al commissariamento. E così la sfida, più che elettorale, sembra rivolta alla giustizia.
Qui comanda il clan Cava. Un sodalizio criminale, impegnato per anni in una faida sanguinaria contro i rivali dei Graziano. I Cava sono in rapporti militari e di affari con il clan Fabbrocino, egemone nel vesuviano. Il boss Biagio Cava oggi è in carcere. Ed è con lui che Corcione ha stretto contatti, secondo la procura. E’ il settembre 2008 quando l’allora sindaco, oggi candidato, riceve un avviso di conclusione indagine e finisce sotto inchiesta per abuso di ufficio con l’aggravante di aver favorito un clan di camorra, tra gli indagati anche il boss Biagio Cava. Sotto i riflettori dell’antimafia napoletana finisce il puc, piano urbanistico comunale, una vicenda pienamente inserita nelle motivazioni che portano all’azzeramento dell’ente. In sede di rinvio a giudizio, nello scorso ottobre, è caduta l’aggravante per mafia, ma non è bastato per bloccare le procedure di scioglimento. Corcione si è sempre dichiarato estraneo alla vicenda. L’ex sindaco ha fatto ricorso al Tar contro la decisione del ministro degli Interni e poi al Consiglio di Stato. Il provvedimento di scioglimento ha retto ai giudizi della magistratura amministrativa.
La relazione parla chiaro. “Gli aspetti di condizionamento risultano evidenti in una serie di elementi quali: a) episodi di intimidazione che, ad un’analisi successiva, hanno denotato l’assoggettamento degli organi elettivi alle scelte operate dai sodalizi criminali; b) numerose illegittimità poste in essere dall’amministrazione in riferimento al piano urbanistico comunale, con indubbi vantaggi per taluni esponenti della criminalità locale; c) permessi di costruire privi dei necessari presupposti legittimanti, rilasciati in favore di soggetti controindicati”. Il Consiglio di Stato, lo scorso aprile, ha confermato l’azzeramento nonostante in sede penale sia caduta l’aggravante per mafia “il rilievo di tale vicenda – scrivono i magistrati di Palazzo Spada – per quanto isolatamente possa risultare meno grave di quanto affermato nel provvedimento di scioglimento, non può essere trascurato all’interno di un vasto insieme di elementi indiziari univoci”. La misura dello scioglimento ha, infatti, natura preventiva e censura frequentazioni, parentele, vicinanze, assenza di trasparenza, ben presenti nel caso Pago.
Il massimo organo della giustizia amministrativa si è soffermato su un episodio: “Particolarmente significativa l’aggressione al consigliere, capogruppo di minoranza, Amato Carmine (è il terzo candidato in competizione, ndr), oggetto di denunzia(…), con querela nei confronti di soggetto pluripregiudicato, Vitale Luigi di Sabato, affiliato al clan Cava. Secondo le indagini compiute, l’aggressione sarebbe collegabile all’atteggiamento assunto da parte del capogruppo di minoranza nell’ambito di sedute comunali, tendente a contrapporsi alla volontà del gruppo di maggioranza volta a favorire gli interessi della famiglia Vitale”. Ancora. Nella sentenza che conferma lo scioglimento si cita una delibera di giunta che ampliava la piana organica con la previsione di inserire un posto di autista da affidare al fratello di Vitale, il quale già lavorava nella ditta che gestiva i rifiuti. Edilizia, amicizie, frequentazioni e appalti, la cornice solita dei comuni condizionati dal crimine organizzato. In questo scenario si svolge la campagna elettorale, nel piccolo paese che conta poco più di duemila abitanti. E Corcione al primo punto del suo programma ha inserito la riapprovazione del Puc. Lo stesso piano urbanistico comunale che ha portato l’amministrazione al commissariamento. E così la sfida, più che elettorale, sembra rivolta alla giustizia.
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