giovedì 30 giugno 2011

Camorra, indagato capo della mobile di Napoli Sequestrata una società di Cannavaro.

Emesso il divieto di dimora per il funzionario di Polizia accusato di favoreggiamento. Sono 14 le persone arrestate per riciclaggio e usura. Sequestrati 17 noti locali in cui veniva ripuliti i soldi dei clan. Tutti intestati a prestanome tra cui, secondo i pm, anche il calciatore che al momento non risulta indagato

Ci sono anche nomi eccellenti nell’operazione condotta stamattina dalla Direzione investigativa antimafia del capoluogo campano nei confronti di persone legate al clan camorristico Lo Russo. Gli agenti hanno sequestrato una delle società dell’ex campione del mondo Fabio Cannavaro, che al momento non risulta indagato. Posizione in cui si trova invece il capo della squadra mobile di Napoli, Vittorio Pisani, tra i 40 indagati dell’inchiesta, raggiunto anche da un provvedimento di divieto di dimora a Napoli. Gli uomini dei carabinieri e della guardia di Finanza stanno eseguendo dall’alba 14 arresti e sequestri di beni per oltre 100 milioni di euro. Tra questi, almeno 30 milioni in denaro contante trovati su 150 conti correnti e rapporti finanziari degli indagati in 81 agenzie o filiali di istituti di credito. Sequestrate anche attività imprenditoriali, società e immobili. Le indagini riguardano una ingente attività di riciclaggio e usura: i capitali illeciti così in possesso dell’organizzazione venivano poi reinvesti, secondo l’ipotesi degli inquirenti, in catene di ristoranti, pub e bar. Soprattutto sul lungomare napoletano, ma con filiali a Caserta, Bologna, Genova, Torino e Varese. Sono 17 i locali sequestrati oggi, tutti molto noti e frequentati. Come il bar ‘Ballantine’, i ristoranti-pizzeria ‘Regina Margherita’ in via Partenope, ‘I re di Napoli’ e la paninoteca ‘Dog Out’ in piazza Municipio, tutti a Napoli. E il ristorante ‘Villa delle Ninfe’ a Pozzuoli.

Per il capo della mobile napoletana l’accusa è di favoreggiamento nei confronti dei titolari di uno dei ristoranti coinvolti nell’inchiesta. Pisani avrebbe rivelato all’imprenditore Marco Iorio - al momento ricercato dagli agenti e forse negli Stati Uniti - notizie riservate sull’inchiesta in corso, consentendogli così di sottrarre beni al sequestro e di depistare le indagini. Iorio è considerato dagli inquirenti vicino al gruppo di Mario Potenza, legato a clan camorristici e dedito all’usura. A parlare di stretti legami di amicizia con Pisani è stato Salvatore Lo Russo, ex capoclan dell’omonima organizzazione criminale attiva nel quartiere partenopeo di Miano, che nel 2010 ha reso diverse dichiarazioni spontanee ai magistrati, decidendo di collaborare con la giustizia. “Ho rapporti con il dottor Pisani dalla seconda metà degli anni ’90″, ha raccontato il boss ai magistrati. Lo Russo era stato incaricato da Paolo Di Lauro – capo del clan da cui si stavano scindendo gli ‘spagnoli’ di Raffaele Amato e Cesare Pagano– di ricomporre la fazione e “fare il possibile per porre fine alla guerra”. Così Lo Russo si rivolse a Pisani. “In quell’occasione in cui ci siamo visti al ristorante – ha raccontato – il dottor Pisani mi diede il suo recapito telefonico, dicendomi che potevo rivolgermi a lui se avessi avuto bisogno di qualcosa”. Una circostanza strana per lo stesso boss, che chiamò il funzionario quella sera stessa da una cabina telefonica. “Fu così che ci incontrammo – ha spiegato ai pm – e lui disse che era sua intenzione catturare latitanti dell’Alleanza di Secondigliano”. A gettare acqua sul fuoco è adesso il capo della Polizia, Antonio Manganelli, che ha commentato così il coinvolgimento del funzionario: ”Confermo stima e fiducia nel dottor Vittorio Pisani che destinerò ad altro incarico per corrispondere alle determinazioni dell’autorità giudiziaria”. Come sede per il suo trasferimento è ipotizzata la Capitale.

Diverse le accuse per Marco Iorio, l’imprenditore che Pisani avrebbe avvertito delle indagini e ritenuto dagli investigatori amico e socio in affari di Fabio Cannavaro. E’ accusato di essere a capo di un’associazione per delinquere finalizzata al riciclaggio, al trasferimento fraudolento di valori, alle false comunicazioni sociali e alla corruzione di pubblici ufficiali. Avrebbe impiegato nelle sue attività denaro del boss del quartiere Santa Lucia, Mario Potenza e dei suoi figli, nonché due milioni di euro versati dall’ex capoclan Salvatore Lo Russo. Nell’ipotesi degli inquirenti, i soldi provenivano soprattutto dall’usura. Nel decreto di sequestro, emesso dal gip Maria Vittoria Foschini, sono contenute anche alcune intercettazioni telefoniche che provano l’attività usuraria dei Potenza. ”Ti devo levare tutti i denti da bocca… – diceva Salvatore Potenza a un imprenditore che non riusciva a saldare un debito -. Allora, io non voglio sentire niente. Digli a quel bastardo di tuo figlio che, dove lo vedo lo vedo, lo mando all’ospedale. Dove vedo a tuo figlio, lo devo fare a pezzi”.

I locali sequestrati, specifica il gip nell’ordinanza, sono tutti “nella titolarità di società le cui quote sono a loro volta intestate a prestanome”. Soggetti non collegati direttamente ai gruppi familiari Iorio e Potenza, “ma di fatto a loro legati da rapporto di dipendenza e subordinazione”, spiega il giudice. Tra questi, secondo gli investigatori, ci sarebbe anche Fabio Cannavaro, considerato il prestanome di Marco Iorio. Il calciatore al momento non risulta però indagato. Era l’inizio del 2009 quando alcune dichiarazioni di Cannavaro sulla camorra avevano suscitato non poche polemiche. A proposito del film ‘Gomorra’, tratto dall’omonimo libro di Roberto Saviano, il calciatore napoletano aveva dichiarato in un’intervista al settimanale ‘Chi’: “Per il cinema italiano spero che vinca l’Oscar. Ma non penso che gioverà all’immagine dell’Italia nel mondo. Abbiamo già tante etichette negative”. Ripresa dai maggiori quotidiani nazionali e da diversi siti web, la dichiarazione aveva suscitato non poche critiche. Tanto da costringere il calciatore a ritrattare. “La mia voleva essere una difesa nei confronti di chi non ha niente a che fare con la camorra – scriveva sul suo sito – e con quelli che vogliono investire in modo onesto, insomma di tutta la gente perbene che vive in quei territori”. “La mia paura è che invece all’estero – concludeva – Napoli e la Campania vengano associate alla Mafia, alla spazzatura e non invece alle tante cose belle che ci sono”.



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