martedì 16 agosto 2011

Pensieri e parole. - di Claudia Petrazzuolo



Mi pare fosse Leibniz, filosofo a cavallo tra il 1600 ed il 1700, a dire, ma non ci giurerei, che la perfezione di Dio è dimostrata da un fatto semplicissimo ed inconfutabile: il mondo non è la sintesi della perfezione. Ora, volendo restare nella più semplice delle spiegazioni la cosa si risolve in questo modo: essendo questo mondo imperfetto, vuole dire che non era possibile crearne un altro migliore, quindi questo è il migliore dei mondi possibili, quindi chi lo ha creato è una entità perfetta (avendo scelto o creato il meglio possibile) e siccome non può esserci perfezione lì dove non ci fosse esistenza allora ecco dimostrata l’esistenza di Dio. Fatta salva la memoria e la sua fallibilità, nel caso chiedo venia, questa premessa è il prologo ad una mia affermazione, del tutto arbitraria e personale, che fa capo ad uno scambio on line di vedute intercorso con alcuni amici ieri sera : la realtà che viviamo è la migliore possibile, in questa realtà la politica espressa è la migliore possibile, nell’ambito di questa politica il copione in scena è il migliore possibile, gli attori in gioco, ciascuno per la sua parte, sono i migliori possibili; il che, pur dando una origine addirittura trascendente alla nostra, amara ndr, condizione ci tufferebbe nello sconforto più totale e ben sintetizzato dal detto napoletano “ chi ha avuto ha avuto e chi ha dato ha dato …”, dunque assaporando come inutile ogni tentativo di cambiare le cose.
A questa filosofia evidentemente si ispirano tutti coloro che continuano a professare, su face book ed ovunque gli ne sia data la possibilità, il loro distacco dalla situazione corrente, che dichiarano di non credere più a nulla, che sbandierano ai quattro venti la convinzione dell’inutilità del voto, che vedono vano e vuoto di ogni significato il desiderio di aggregazione verso un obbiettivo ed una meta comune. Nella fattispecie nel mirino c’era l’appello ad una mobilitazione generale fatto da Maurizio Landini segretario del Fiom/Cgil. Qualcuno ha ipotizzato che l’effettivo interesse fosse dettato non dalla tutela dei lavoratori, quanto dall’aver preso coscienza del fatto che, esautorati i diritti, di conseguenza, cessava la ragion d’essere del sindacato stesso il quale quindi non faceva altro che tutelare la sua stessa esistenza. L’interlocutore impegnato a sostenere questa tesi, tra le tante più su accennate, invitava implicitamente ad affossarne l’iniziativa proponendo in alternativa una non meglio specificata rivoluzione espressa contro tutto e tutti incurante delle probabili e possibili implicazioni quali: una repressione sistematica e, forse anche, violenta del sistema, una recrudescenza nel sentire degli animi, un allontanamento degli obiettivi da raggiungere, la stagnazione della situazione stessa. Una rivoluzione che sia degna di questo nome deve rispondere a dei requisiti assoluti: una tempistica unitaria, un coordinamento generale, degli obiettivi strategici preordinati e prefissati, dei referenti a vari gradi cui fare capo, un seguito di popolo che sia reale e sentito e non aleatorio o frutto dell’indignazione del momento; mancando questi presupposti, parlare di rivoluzione non è da sognatori ma è da irresponsabili. Questo insieme di pensieri e parole, quindi, è un ulteriore invito a
1) stare attenti a non farsi subornare da coloro che, magari in buona fede, si attestano e professano posizioni apparentemente arrabbiate e rivoluzionarie
2) perseguire e continuare nei tentativi di aggregazione, gli unici utili alla creazione di una forza che sia poi effettivamente capace di raggiungere degli obiettivi
3) non arrendersi a quella che sembra una realtà ineluttabile
4) continuare a lottare ognuno come sa, come può e ovunque può
5) resistere, resistere, resistere …
perché solo così avremo modo dire alla fine che Leibniz era si un gran pensatore ma era uno che però aveva sbagliato la sua analisi.


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