martedì 20 settembre 2011

Standard & Poor’s declassa l’Italia. Ma per B. è solo colpa della stampa.







Crescita debole e governo troppo fragile, queste le motivazioni del declassamento del deficit del nostro paese. La notizia è arrivata questa notte poco dopo l'una. Fonti del ministero del Tesor però minimizzano: lo avevamo mesos in conto
Il rating italiano viene tagliato e Silvio Berlusconi ha subito la soluzione in tasca: “E’ tutta colpa della stampa italiana”. Inizia così la mattinata che segue la decisione dell’agenzia americana di declassare il nostro paese. Inizia con una nota di palazzo Chigi nella quale si legge come il governo ha sempre ottenuto la fiducia dal Parlamento, dimostrando così la solidità della propria maggioranza”. Per questo “le valutazioni di Standard & Poor’s sembrano dettate più dai retroscena dei quotidiani che dalla realtà delle cose e appaiono viziate da considerazioni politiche”. E quindi “vale la pena di ricordare che l’Italia ha varato interventi che puntano al pareggio di bilancio nel 2013 e il governo sta predisponendo misure a favore della crescita, i cui frutti si vedranno nel breve-medio periodo”.

La scure di Standard and Poor’s così si abbatte sull’Italia. Mentre tutti gli occhi erano infatti puntati su Moody’s – che giorni fa ha rinviato la sua decisione sul nostro paese – S&P ha deciso a sorpresa di tagliare il rating sulla capacità dello Stato di far fronte all’elevatissimo debito pubblico. Motivo: una crescita economica sempre più debole e una situazione di incertezza politica che ostacola la ripresa. Incertezza che – secondo gli analisti di S&P – rende molto difficile raggiungere gli obiettivi fissati nel programma di austerity.

In particolare il rating di lungo termine viene abbassato da A+ ad A, ma con outlook negativo. Ciò significa che in futuro il rating potrà ulteriormente essere tagliato. Anche perchè le previsioni per il debito sono decisamente peggiorate: il picco – spiegano gli analisti dell’agenzia – è atteso più in là nel tempo e raggiungerà un livello ancor più elevato del previsto. Nel rapporto di Standard and Poor’s non si usano mezzi termini: “La fragilità della coalizione di governo in Italia – si legge – limita la capacità di risposta dello Stato” nell’affrontare una crisi economica e finanziaria che sta colpendo il nostro Paese come altri dell’Eurozona.

E i vari tentativi che hanno caratterizzato la messa a punto da parte del governo Berlusconi della manovra ‘lacrime e sanguè da 60 miliardi di euro lasciano intravedere come non sarà per nulla facile attuare in maniera efficace il programma di consolidamento di bilancio. Anche perché – evidenzia Standard and Poor’s – le autorità italiane appaiono “riluttanti” nell’affrontare quelle che vengono considerate le “questioni chiave” della crisi economica italiana: dagli ostacoli strutturali che da sempre rallentano la crescita al basso tasso di partecipazione al lavoro, alla eccessiva rigidità sia del mercato del lavoro sia di quello dei servizi. Il dito viene puntato non solo sul governo e sulle lotte intestine alla coalizione di maggioranza, ma anche sulle divisioni all’interno del Parlamento “che – sottolinea S&P – continueranno a limitare la capacità del governo di rispondere in maniera decisa alle sfide macroeconomiche interne ed esterne”. Di qui l’outlook, con la possibilità di abbassare ulteriormente il rating dell’Italia nelle settimane a venire.

Tutto questo, però, non sembra preoccupare il governo. Fonti del Tesoro, infatti, fanno sapere che la decisione di S&P era prevista. Mentre il presidente del Consiglio chiude (momentaneamente) la partita sostenendo che “L’Italia ha varato interventi che puntano al pareggio di bilancio nel 2013 e il governo sta predisponendo misure a favore della crescita, i cui frutti si vedranno nel breve-medio periodo”.



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