sabato 19 maggio 2012

“Mannino temeva di essere ucciso e diede il via alla trattativa Stato-mafia”. - Giuseppe Pipitone (art. del 18 u.s.)

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Al processo di Palermo contro Mori e Obinu ha deposto Riccardo Guazzelli, figlio del maresciallo dei carabinieri ucciso nel 1992: "Dopo l'omicidio Lima, l'esponente Dc disse a mio padre: 'Il prossimo potrei essere io'". In aula anche la giornalista del Fatto Sandra Amurri, testimone di uno sfogo dell'ex ministro sui pm che ormai avevano "capito tutto".

Già prima del marzo del 1992 Calogero Mannino temeva di essere assassinato da Cosa Nostra. Preoccupato per la sua vita, l’ex ministro della Democrazia Cristiana avrebbe confidato i suoi timori al maresciallo dei carabinieri Giuliano Guazzelli, poi assassinato a Porto Empedocle il 4 aprile del 1992. A raccontarlo davanti la quarta sezione penale di Palermo è stato Riccardo Guazzelli, il figlio del maresciallo ucciso da Cosa nostra, che ha deposto come teste al processo contro il generale Mario Mori e il colonnello Mauro Obinu, accusati di favoreggiamento aggravato alla mafia per la mancata cattura di Bernardo Provenzano nel 1995.
Il dibattimento si è incrociato negli ultimi mesi con l’inchiesta della procura palermitana sulla “trattativa” avviata tra pezzi delle istituzioni e Cosa nostra nel 1992. Proprio in questa chiave rientra la testimonianza di Guazzelli Junior, che nonostante qualche “buco” di memoria, alla fine ha confermato quanto raccontato ai magistrati già nel 1994. Tra suo padre e Mannino ci sarebbero stati tre incontri: due prima dell’omicidio Salvo Lima e uno dopo l’agguato in cui il 12 marzo 1992 fu assassinato l’allora europarlamentare democristiano.
VIDEO: LE TESTIMONIANZE DI GUAZZELLI E  AMURRI
“Ricordo che, prima che uccidessero Lima, mio padre mi raccontò che l’onorevole Mannino gli disse: o uccidono me o uccidono Lima. Mannino aveva detto a mio padre di avere ricevuto a casa una corona di fiori e temeva per la sua vita” ha detto Guazzelli, all’epoca appena ventenne. Il pm Nino Di Matteo però ha fatto notare che in quel periodo l’ex ministro democristiano non denunciò nessuna intimidazione ai magistrati. L’esponente della Dc avrebbe incontrato di nuovo il maresciallo Guazzelli dopo l’agguato di Mondello in cui fu assassinato Lima. “In quell’occasione disse a mio padre: ‘Il prossimo potrei essere io’” ha raccontato Guazzelli Junior. In realtà dopo Lima, Cosa Nostra assassinò proprio il maresciallo dei carabinieri, in un agguato mai del tutto chiarito. Il figlio di Guazzelli ha anche fatto cenno agli stretti rapporti che suo padre aveva con l’allora capo del RosAntonio Subranni. “Mio padre e Subranni rimasero in buoni rapporti anche quando mio padre venne trasferito alla polizia giudiziaria di Agrigento”.
Secondo gl’investigatori Guazzelli, oltre a raccogliere le paure di Mannino, avrebbe fatto anche da trait d’union tra il leader della Dc e Subranni. L’ipotesi è che l’omicidio mai del tutto chiarito del maresciallo sarebbe stato un segnale inviato da Cosa Nostra a Mannino. Secondo gl’inquirenti da quel momento Mannino si sarebbe attivato tramite Subranni per trovare un “contatto” diretto con Cosa Nostra e salvarsi quindi la vita: è l’input originario di quella che sarà la trattativa. Per questo motivo l’ex ministro della Dc è indagato dallo scorso febbraio per attentato a corpo politico dello Stato nell’inchiesta sul patto sotterraneo tra la mafia e lo Stato.
Sempre a proposito del coinvolgimento di Mannino nell’inchiesta sulla trattativa è stata sentita come teste in aula anche la giornalista del Fatto Quotidiano Sandra Amurri, testimone diretta di un clamoroso fuori onda dell’esponente democristiano, svelato sulle pagine di questo giornale due mesi fa. La Amurri ha raccontato di aver carpito un colloquio tra Mannino e l’europarlamentare del Pdl Giuseppe Gargani la mattina del 21 dicembre 2011 al bar Giolitti di Roma. “Vidi per caso Mannino che parlava con quest’altra persona che poi appresi essere Gargani. Era molto concitato, nervoso, ripeteva sempre le stesse parole: ‘Hai capito, questa volta ci fottono, questa volta ci incastrano. A Palermo hanno capito tutto. Perché quel cretino del figlio di Ciancimino ha raccontato tante cazzate, ma su di noi ha detto la verità. Glielo devi dire a Ciriaco de Mita, dobbiamo stare uniti e dare tutti la stessa versione, perché lui ora i magistrati lo sentiranno”. 
De Mita fu sentito dalla procura di Palermo nel gennaio scorso, ma in effetti già a dicembre i magistrati avevano deciso di interrogarlo nell’ambito dell’indagine sulla trattativa. Il pm Nino Di Matteo ha depositato la notifica con cui la procura aveva convocato De Mita il 19 dicembre 2011. Appena due giorni dopo la Amurri avrebbe assistito al clamoroso fuori onda in cui Mannino fa cenno proprio all’audizione dell’ex presidente del consiglio.  

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