venerdì 1 giugno 2012

Azienda del legno con il pretesto del terremoto scappa in Romania. - Giovanni Stinco



Blitz della dirigenza alla Curved Plywood di San Matteo della Decima: invitano gli operai a rimanere a casa per il sisma, intanto sgomberano i macchinari dai capannoni per trasferirli all'Est. I dipendenti corrono davanti agli stabilimenti e con le proprie auto impediscono ai tir dell'azienda di partire.

E’ la nuova frontiera della shock economy. Arriva il disastro e subito dopo quello che prima sembrava impossibile diventa di colpo giustificabile, a cominciare dalle delocalizzazioni all’estero. Succede nell’Emilia-Romagna messa in ginocchio dal terremoto. Succede a San Matteo della Decima, nel bolognese. A San Matteo, piccola frazione di San Giovanni in Persiceto, c’è la sede di una piccola azienda, la Curved Plywoods, impresa specializzata nella lavorazione del legno curvato multistrato.
“Dopo il terremoto hanno detto a tutti gli operai di stare a casa perché avrebbero dovuto verificare i danni, invece hanno chiamato un tir per trasferire tutti i macchinari in Romania”. A parlare è Cristina Raghitta,  segretario generale della Cisl-Filca di Bologna. Lei assieme ai sette dipendenti è di fronte ai cancelli della Plywoods per impedire al tir di lasciare la fabbrica. “Con la scusa del terremoto tentano di fare quello che vogliono. L’imprenditore prima del sisma aveva già ventilato l’ipotesi di un trasferimento in Romania ed ora non vuole nemmeno avviare una trattativa con noi per poter avviare gli ammortizzatori sociali”. Insomma un blitz in piena regola, tentando di mettere tutti di fronte al fatto compiuto. Un blitz che per il momento sembra essersi arrestato. Dentro i cancelli il tir pronto a portare tutto in Romania, fuori gli operai che fisicamente impediscono al mezzo di uscire.
Quello della Plywoods non è però l’unico caso. Ieri a tentare il trasferimento lampo è stata la Magneti Marelli di Crevalcore, azienda del gruppo Fiat che dà lavoro a più di 500 persone nel bolognese. “Ci hanno spiegato che non potevano fermare l’attività, che l’attività sismica non dava sufficienti garanzie di continuità produttiva, e che il 30% delle linee doveva essere spostato a Bari”, raccontata Francesco Di Napoli della Fiom. Ovvio l’allarme. Molti degli operai di Crevalcore hanno perso la casa e ora dormono nei campi di accoglienza. “Non vogliamo perdere anche il lavoro. Qui non si parla più di Bari, ma di delocalizzazione in Slovacchia”, raccontava ieri al telefono un operaio dello stabilimento.
“Ho visto con i miei occhi- spiega sempre Di Napoli- le linee impacchettate e pronte ad essere caricate sui tir. E questo mentre l’azienda si vantava di aver smontato una linea in soli 45 minuti”. Poi un presidio di centinaia di lavoratori, l’arrivo di Maurizio Landini e la mobilitazione dei colleghi degli stabilimenti Magneti Marelli di Bari ha fatto il resto, costringendo così la Fiat a rimangiarsi una decisione che sembrava già presa. “Ci hanno detto che per questa volta non sarebbe cambiato nulla, ma che in caso di un altro forte sisma la produzione sarà spostata. Ovviamente non glielo faremo fare”. “Un comportamento vergognoso”, aggiunge il segretario della Fiom di Bologna Giordano Fiorani. “Dalla più grande azienda italiana ci si aspetterebbe un minimo di responsabilità, invece nulla”.

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