mercoledì 9 gennaio 2013

C'è chi dice no ai diktat della nomenklatura. Merita tutto il nostro rispetto. - Sergio Di Cori Modigliani



Una buona notizia, vuol dire che c’è ancora della gente per bene in grado di ragionare. 
Chi segue la politica italiana, in questo periodo, non può non essere disgustato dalla orrenda kermesse di faccendieri, narcisisti, indagati, opportunisti, disoccupati, disperati, mascalzoni di turno, precari, che fanno la ressa per farsi candidare in qualunque lista, purchè si riesca a finire in parlamento con un buono stipendio. 
E’ uno spettacolo indecoroso e davvero osceno. 
Nessun media racconta ciò che sta accadendo all’interno del PD in questo periodo, dove c’è un numero sempre maggiore di persone che hanno dato se stessi per la politica, con la prospettiva di un futuribile buon governo, i quali, disgustati, si stanno dimettendo e se ne vanno. 
Si va configurando sempre di più la differenza tra un partito come il PD e il M5s, che potrei sintetizzare in mezza frase: “Bersani vuole vincere, Grillo vuole convincere”. Tanto più il PD va in giro per l’Italia a raccattare tutto ciò che “serve”, senza neppure annusare l’odore degli aspiranti alla candidatura, tanto più Grillo cerca di allertare gli italiani a una sveglia colossale nel nome di una dignità della propria presenza civica nell’agone politico. Sembrerebbe che le parti si siano capovolte
Tutti nel grande circo dell’anti-politica a fare affari e hanno lasciato Grillo, da solo, a parlare di politica. Una epopea davvero drammatica, e forse non è un caso che sia un grande comico di professione a cercare di cavalcare questa tragedia italiana. 
Questa, detto con il cuore, mi sembra sia la grande differenza. 
E’ chiaro ormai che la vecchia nomenclatura a sostegno dello status quo è disponibile a qualunque sorta di compromesso con chicchessia “pur di vincere”, esattamente come avviene nella squallida palestra della destra pidiellina, leghista, e in tutte le altre liste civiche al seguito. 
Qui di seguito, per intero, pubblico la lettera aperta di un soggetto politico attivo che si è sempre distinto per la sua capacità e dinamismo, onestà e serietà. Ha dato alla vita politica nazionale ben 40 anni della sua vita, facendo ciò che era per lui possibile. Prima nel Pci, poi nei DS, infine nel PD che ha contribuito a fondare. Ieri pomeriggio, disgustato dall’ultima riunione del direttivo nazionale del partito ha gettato la spugna e ha deciso di restituire la tessera e non rinnovarla. 
Ha scritto una lettera che ha indirizzato al segretario regionale del PD, ma ha scelto anche di renderla pubblica. Sulla stampa mainstream non la troverete. La pubblico qui per intero perchè, al di là del tono pacato e triste, assomiglia a un urlo civile e disperato di chi davvero non ce la fa più nell’essere testimone dello squallore narcisista che è diventato ormai, in questo paese, una seconda pelle esistenziale. Penso che questo cittadino, da sempre attivo in Sardegna, meriti il rispetto civile della intera comunità dei cittadini pensanti. Non è certo un ragazzino ingenuo, né tantomeno una persona confusa. E’ stato consigliere regionale del PCI in Sardegna, confermato dagli elettori nel PDS dal 1984 al 1994; è stato Assessore agli Affari Generali della Regione Sardegna e Assessore al Bilancio, distinguendosi per il suo buon ufficio, dal 2004 al 2009, ed è stato consulente personale dell’allora Presidente Soru. Uno che conosce la vita politica italiana come le sue tasche. Si chiama Massimo Dadea. Ecco la sua lettera aperta ai cittadini italiani di questa Repubblica.  

QUESTO PD È PEGGIO DELLA PEGGIORE DC. ECCO PERCHÉ NON RINNOVO LA TESSERA.
Caro Silvio,
dopo tanti anni di militanza nel "mio" partito – prima il Pci, poi il Pds, i Ds ed infine il Pd – ho deciso di non rinnovare la tessera. Una lunga militanza – spesso critica, sempre leale – in un partito che mi ha dato tanto e a cui penso di avere tanto dato.
La vicenda delle liste per la Camera e il Senato, il loro stravolgimento rispetto all'esito delle primarie, è solo l'ultimo atto di una serie di decisioni che hanno stravolto lo spirito, il DNA, di un partito che voleva essere autenticamente riformatore. Le primarie erano forse l'unico elemento veramente distintivo rispetto al desolante panorama dei partiti: la loro delegittimazione è una colpa grave che inficia in radice l'esistenza stessa del Pd.
Sarebbe facile, oggi, affermare che il PD è diventato un partito senza regole, ma non è così, le regole ci sono, solo che vengono stravolte, di volta in volta, a seconda delle necessità di un gruppo dirigente sempre più distante dal comune sentire degli iscritti e dei simpatizzanti. Questo vale per le primarie, ma come dimenticare il limite di mandato per i rappresentanti nelle assemblee elettive: una asticella che viene alzata o abbassata a seconda delle esigenze, in nome di un rinnovamento che deve interessare sempre gli altri, mai se stessi. Cosa dire poi dell'atteggiamento pilatesco rispetto a una "questione morale" che in Sardegna lambisce, non marginalmente, il Pd, alcuni dei suoi esponenti e dei suoi amministratori più in vista.
Un silenzio omertoso, squarciato da un qualche balbettio imbarazzato per giustificare candidature in palese contrasto non solo con il codice etico del partito, ma soprattutto in contrasto con il buon senso e l'intelligenza dei militanti. Un partito, il Pd, che finisce per punire la lealtà, la competenza, il fare disinteressato di quanti operano all'interno di una dimensione etica della politica, e premia, invece, l'incompetenza, l'ipocrisia, la furbizia, il pragmatismo bottegaio senza valori e ideali.
La vicenda delle candidature decise dalla Direzione nazionale ha dimostrato ancora una volta che il Pd rimane ancora la sommatoria delle vecchie appartenenze, dove a prevalere sono le cattive pratiche, le antiche consuetudini: il vecchio fare della peggiore Dc. Le liste "manomesse" a Roma sono la diretta conseguenza della inadeguatezza e della debolezza di un gruppo dirigente regionale che non è stato capace di costruire un Pd sardo, autonomo e federato con quello nazionale. Quella proposta, che tante aspettative e speranze aveva suscitato, si è infranta miseramente di fronte al "niet" pronunciato dalla Commissione Nazionale di Garanzia.
L'aver accettato supinamente quel "diktat" è stato un errore imperdonabile che peserà sul presente e sul futuro del Pd. E' con profonda tristezza che ho maturato la decisione di non rinnovare la tessera: una decisione sofferta, che ha il grande pregio di riconciliarmi con la mia coscienza.
Auguro a te, e ai tanti compagni di strada che mi sono stati vicini in questi 41 anni di militanza, un proficuo lavoro a favore della nostra.
Massimo Dadea

Nessun commento:

Posta un commento