Dagli atti viene fuori una fitta rete di rapporti con figure di primo piano per spingere con un aiutino le richieste che il colonnello riceveva in cambio di denaro.
POTENZA - La «diva» infermiera, l’«ingegnere» in minigonna offerto dall’amico imprenditore, e poi soldi, tanti soldi, per «consulenze» di vario tipo: dall’aiutino per il concorso da maresciallo, a quello per il trasferimento da una struttura sanitaria a un’altra, passando dalle pratiche per i fondi alle imprese. Merito del rango di alto ufficiale della Finanza e dei contatti, veri o presunti, negli uffici che contano: dalla Regione al Ministero.
E’ ai domiciliari da ieri mattina Mario Zarrillo, colonnello 60enne ed ex capo di stato maggiore della Fiamme gialle in Basilicata.
Per lui le accuse parlano di traffico di influenza, millantato credito, falso, peculato e accesso abusivo al sistema informatico.
L’inchiesta è la seconda tranche di quella soprannominata “Vento del Sud” che a febbraio ha portato ad altri 3 arresti, appena confermati dal Tribunale del Riesame, e agli avvisi di garanzia per 20 persone tra cui sindaci, assessori e funzionari di comuni come Avigliano, Brienza, Potenza e Pietragalla. Oltre a diversi imprenditori tra cui il potentino Leonardo Mecca, che da ieri è sottoposto all’obbligo di firma in Questura.
E’ proprio grazie a lui che gli investigatori della Squadra mobile di Potenza sono arrivati a Zarrillo. O meglio grazie al figlio che a dicembre del 2012 si era accorto di essere pedinato da un auto civetta della polizia e ha avvisato il padre.
Negli atti dell’inchiesta coordinata dal pm Francesco Basentini c’è la trascrizione della telefonata partita un attimo dopo verso «il comandante», in cui Mecca gli detta la targa del mezzo sospetto chiedendogli di verificare a chi appartenesse.
Ma i rapporti tra loro due stando al gip Rosa Larocca sarebbero stati «particolamente “intimi”, al punto che Mecca più volte si prodigava (e verosimilmente lo aveva fatto altre volte in passato) a reperire donne che fossero eventualmente “disponibili” ad intrattenere Zarrillo».
Di più secondo il magistrato «la contestualità della richiesta lascia desumere che le eventuali prestazioni sessuali» della ragazza di turno, che loro chiamano in codice l’«ingegnere», potessero costituire «una sorta di riconoscenza per le informazioni riservate che Zarrillo gli stava dando».
Al riguardo gli inquirenti non parlano di corruzione in senso stretto, ma è chiaro che proprio da questo episodio le indagini nei confronti del colonnello hanno avuto un grosso slancio, con la collaborazione anche dei colleghi del colonnello. Così è venuto fuori che quello di raccogliere informazioni dalle banche dati della Finanza era un vero e proprio vizietto.
Il suo «bersaglio» di solito erano belle signore. Si segnava il numero di targa e poi chiedeva al 117 generalità e indirizzo della proprietaria.
Prima del piacere, però, venivano gli «affari», e in particolare gli amici che avvalevano delle sue «consulenze». Per loro il colonnello si sarebbe mosso anche all’Agenzia delle entrate e su questioni giudiziarie. Poi si dà il caso, sempre in assenza di una contestazione specifica, che in tanti di loro avrebbero contribuito alla sua nuova villa di Policoro. «Una raccolta di beni e servizi - la definisce il gip - ottenuti da Zarrillo grazie alla “disponibilità” di vari imprenditori».
Per esempio «la caldaia» che gli avrebbe offerto Leonardo Mecca. O «il divano» che gli doveva dare «Basile», identificato nel negozio di arredamento di Potenza per cui lavora una dei «clienti» del colonnello, Rossella Capobianco, molto preoccupata per un «controllo» subito. Poi c’è Vito Zaccagnino, per cui il gip ha respinto la richiesta di misure cautelari avanzata dal pm.
Ma è per un’infermiera di Tito Scalo che il colonnello avrebbe mosso mari e monti: Veronica Vasapollo, 26 anni più giovane di lui, e molto bella. Al punto da spacciarsi per suo padre per provare farle cancellare una multa per la Ztl dai vigili di Potenza. O da usare il telefono di servizio per prenotarle il parrucchiere. O ancora da esplodere in accessi di folle gelosia come quando ha scoperto che lo tradiva con un altro, grazie sempre a un repentino controllo sulla targa della Mercedes parcheggiata sotto la sua abitazione.
Al telefono con la cugina lui la chiama la «diva», e per ottenere il suo trasferimento da Lagonegro a Potenza è intervenuto personalmente sul direttore della Asp Mario Marra e quello del San Carlo Giampiero Maruggi, soprannominato «il grande capo». C’è anche la loro voce nei nastri delle intercettazioni. Come l’accordo tra Zarrillo e la sua amante per provare a farsi dare da un’ostetrica 20mila euro per assicurarle il trasferimento a Matera «tramite amicizie a Potenza, al San Carlo». In particolare «tale Maglietta» che non viene identificato ma con ogni probabilità va inteso come l’attuale direttore dell’Asm: Rocco Maglietta.
Per il gip senza «l’indicazione della persona corrotta, del pubblico funzionario “avvicinabile” o perlomeno la concreta disponibilità di quest’ultimo a farsi corrompere» è soltanto soltanto «vendita di fumo». Millantato credito. Manco traffico d’influenze.
Altra storia l’intervento al Ministero dello sviluppo economico a favore di Zaccagnino. O i buoni benzina intascati da un’imprenditrice del Lazio per aiutare il figlio al concorso per entrare nella scuola sottufficiali della Finanza, che avrebbe ricevuto del «materiale» per prepararsi e «le prime cinque righe» della prova scritta da ricopiare per «consentire ai commissari eventualmente contattati di individuare il compito del candidato».
Visto che gli esami si sono svolti a Palese il gip spiega che della questione «sarà opportunamente informata la Procura della Repubblica di Bari». Un episodio sintomatico «dell’indiscussa sensibilità di Zarrillo per ogni vicenda che si potesse tradurre in un “affare”».
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