I carabinieri perquisiscono l'ufficio di Emanuele Caldarera, direttore generale per la gestione e la manutenzione del palazzo. È accusato di aver sbloccato il pagamento di alcune fatture in favore dell'imprenditore napoletano in cambio dell'assunzione della figlia.
Per sbloccare il pagamento di alcune fatture, aveva ottenuto l’assunzione della figlia nell’azienda di Alfredo Romeo, l’imprenditore campano arrestato il primo marzo scorso per corruzione. L’ultimo rivolo corruttivo nell’indagine sull’imprenditore al centro dell’inchiesta Consip, conduce addirittura dentro gli uffici del palazzo di giustizia di Napoli. È qui infatti che sono arrivati i carabinieri inviati dai i pm Henry John Woodcock e Celeste Carrano. L’obiettivo era perquisire l’ufficio di Emanuele Caldarera, direttore generale per la gestione e la manutenzione del palazzo di giustizia.
Il motivo? Secondo l’ipotesi accusatoria per sbloccare il pagamento di alcune fatture a favore della Romeo Gestioni, che erano state congelate dal funzionario che l’aveva preceduto nell’incarico, avrebbe chiesto e ottenuto l’assunzione di una figlia presso l’azienda di Romeo. I fatti contestati si riferiscono a un periodo tra l’ottobre e il novembre dello scorso anno, mentre Caldarera è accusato di corruzione in concorso con lo stesso imprenditore napoletano. Romeo è l’imprenditore simbolo dell’affaire Consip, una presunta corruzione su un appalto da 2,7 miliardi di euro, vicenda per la quale sono indagati per rivelazione del segreto d’ufficio e favoreggiamento il ministro Luca Lotti e il comandante generale dei Carabinieri Tullio Del Sette. L’indagine a carico del braccio destro di Matteo Renzi e di Del Sette è finita per competenza alla procura di Roma. Proprio oggi, tra l’altro, al Senato si vota la mozione di sfiducia promossa contro il ministro dello Sport.
Oltre all’assunzione, Caldarera, stando al decreto di perquisizione emesso dalla Procura di Napoli, aveva chiesto a Romeo e agli altri due indagati, Agostino Iaccarino, manager della Romeo, e Tommaso Malerba, geometra e dipendente della ditta Romeo, il trasporto a carico della ditta Romeo di “masserizie presenti” dal suo ufficio romano al nuovo ufficio napoletano.
I pm napoletano Woodcock e Carrano, invece, continuano a indagare su presunti episodi di corruzione messi in atto dall’imprenditore. Una fetta importante dell’inchiesta è collegata ad appalti del gruppo Romeo per le pulizie dell’ospedale Cardarelli di Napoli, e al ruolo di dirigenti e funzionari del capoluogo campano che avrebbero favorito gli interessi dell’immobiliarista, ricevendone in cambio – secondo l’accusa – favori e soggiorni alberghieri. All’accusa di corruzione, si era sommata nelle scorse settimane anche l’ipotesi di concorso esterno in associazione camorristica (per l’assunzione nella ditta di pulizie impiegata nel Cardarelli di soggetti ritenuti vicini ai clan della zona collinare di Napoli) e associazione a delinquere. Anche in questo provvedimento i pm ricordano il “sistema Romeo“, “sistema ispirato tout court alla corruzione ovvero alla sistematica, abituale e seriale realizzazione di reati contro la pubblica amministrazione che hanno riguardato a trecentosessanta gradi, tutti i rapporti e tutte le relazioni intrattenute dallo stesso Romeo (e dai suoi collaboratori) con ogni soggetto della espressione della ‘cosa pubblica’ con il quale il predetto imprenditore ha avuto contatti e a tutti i livelli”.
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