Il governo non si tiri indietro su tasse “verdi” e virtuose.
Al netto del balletto quotidiano, insopportabile, di quello che entra e di quello che esce dalla manovra, dell’approccio un po’ democristiano di voler accontentare tutti – con tanti piccoli provvedimenti poco incisivi (tipo una rivalutazione delle pensioni che porterà in saccoccia ben 3 euro l’anno e manco per tutti i pensionati, da scialare…) – col rischio di non accontentare nessuno, e al netto del racconto strumentale su presunte stangate, il primo dato di fatto su cui bisogna insistere per difendersi dalla propaganda è che la Legge di Bilancio, che arriva in Parlamento la prossima settimana, toglie 26 miliardi di tasse pronte a scattare (23 solo di Iva) e ne mette 5. Toglie, non mette. Il secondo dato di fatto è che è ispirata a principi di coerenza ed equità, che il nostro Paese attendeva da tempo: intanto mantenere le promesse e le cose (buone) già fatte, perché la parola e le persone contano e non si può giocare sulla loro pelle (in questo senso vanno il sospirato disinnesco dell’aumento Iva nel 2020 e la conferma del Reddito di Cittadinanza, Quota 100 e Flat Tax sulle partite Iva); poi aiutare i lavoratori, prima delle imprese (taglio del cuneo fiscale, per rimpolpare buste paga tra le più basse d’Europa); aiutare le famiglie e i redditi più bassi (gratuità degli asili nido, abolizione del superticket, taglio delle detrazioni per redditi più alti, fondi per scuola e ricerca); tutelare l’ambiente e la salute, perché non ci si può riempire la bocca di peana per Greta e insieme ingolfarsi di zucchero, plastica e petrolio (Sugar Tax sulle bevande zuccherate, come hanno paesi civili come Francia, Danimarca, Irlanda, Regno Unito, la Norvegia addirittura dal 1922 e come impone il triste record italiano in Europa di bambini obesi o sovrappeso, uno su tre nella fascia 6-9 anni; Plastic Tax, come stanno facendo tutti i Paesi europei per adeguarsi alla direttiva Ue che, a partire dal 2021, metterà al bando prodotti di plastica monouso; bonus/malus per chi lascia/usa auto e scooter inquinanti); combattere seriamente l’evasione fiscale, abbassando la soglia sull’uso del contante e prevedendo premi per i contribuenti onesti e chi usa pagamenti tracciabili (cashback e lotteria degli scontrini) e punizioni per chi non usa il Pos (non prima di aver tagliato le commissioni delle banche) e per i grandi evasori (inasprimento delle pene e carcere per reati fiscali come dichiarazioni fraudolente), invece del classico ritornello nostrano dei premi per gli evasori (con condoni, scudi, voluntary disclosure, paci fiscali…).
Il terzo e ultimo dato di fatto è la retorica dominante che accompagna queste misure e che negli anni ha soffocato qualunque tentativo di cambiamento verso la civiltà nel nostro Paese: si ripete ossessivamente che è una “manovra delle tasse” di un “governo delle tasse”, che “si usano le imposte come strumento di indirizzo al Paese, persino per agevolare comportamenti virtuosi”, “una strada punitiva” e via a sostenere i soliti grumi di interesse, che sono “sul piede di guerra” e pretendono “una marcia indietro del governo”. E negli anni l’hanno sempre ottenuta, usando il ricatto del rifarsi sui cittadini.
Mi auguro che il governo, per una volta, dica basta e vada a avanti lo stesso. Anche con le tasse, ebbene sì. Se un principio è giusto, è giusto. Se un comportamento è virtuoso, è virtuoso. Punto. Gli imprenditori aumenteranno i prezzi dei prodotti? Prendiamocela con chi lo fa, tuteliamo i consumatori e le imprese serie, non smontiamo una rivoluzione possibile. In un Paese incancrenito come il nostro – lo sappiamo bene – non si riescono a cambiare le cose con le buone. Chi ci ha provato ha fallito. Per un ambiente, un lavoro, una società, un fisco, una vita e un futuro sostenibili, in Italia – ormai è chiaro – ci vogliono (anche) le cattive.
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